Liquidazione del patrimonio vincente rispetto all’asta e il debitore, vittima di reato, resta nell’immobile liquidato

Redazione 24/05/19
a cura dell’Avv. Cira Di Feo

Il Tribunale Ordinario di Latina, sezione prima civile – procedure concorsuali, con ordinanza n. 938 del 9 maggio 2019 (Giudice dott. F. Cina) nel trattare della domanda di liquidazione dei propri beni presentata da un imprenditore agricolo indebitato provvedeva all’apertura della procedura, ai sensi della legge 3 del 2012.

Tale procedura traeva origine da una istanza di accesso alla procedura di sovraindebitamento presentata presso l’organismo della composizione della crisi da sovraindebitamento istituito presso il comune di Lenola, n. 57 del registro degli organismi della composizione della crisi da sovraindebitamento, sezione B, tenuta presso il Ministero della Giustizia.

La sospensione della procedura esecutiva

Tale provvedimento ha determinato la sospensione della procedura esecutiva, prevista per l’indomani, nonché ha consentito al debitore di rimanere all’interno della casa fino al completamento delle operazioni di liquidazione, che potranno avere durata massima di quattro anni.

La peculiarità della procedura di cui trattasi, è che il soggetto indebitato è vittima di reato, e, pertanto, non è stato costretto a subire la esecuzione forzata, ma ha avuto la possibilità di rimanere all’interno della propria abitazione, di contro alla previsione della precedente normativa che prevedeva l’obbligo di rilascio dell’immobile pignorato.

Va, infatti, ricordato che il decreto semplificazioni ha modificato l’art. 560 c.p.c., prevedendo che il debitore e i familiari che con lui convivono non perdano il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento che conclude l’espropriazione forzata dell’immobile pignorato. Prima di tale provvedimento, il giudice non potrà mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato che sia abitato dal debitore e dai suoi familiari. Stesso principio varrà, quindi, anche nel caso di liquidazione del patrimonio controllata ai sensi della legge 3.2012, nonché nell’ipotesi di sospensione della esecuzione in caso di piano del consumatore o di accordo con i creditori.

Nel caso in questione, dopo aver tentato l’ipotesi di accordo con i creditori, svanita a causa della mancanza di liquidità, il debitore (difeso dall’avv.to Cira Di Feo) chiedeva di accedere alla liquidazione controllata del patrimonio.

Il gestore della crisi nominato, il dr. Sergio Scipione, provvedeva al deposito della proposta di liquidazione del patrimonio, correlata di apposita relazione e attestazione, veniva depositata richiedendo l’apertura della procedura.

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I presupposti di accesso alla liquidazione del patrimonio

I presupposti di accesso alla liquidazione del patrimonio sono rappresentati da un perdurante stato di sovraindebitamento , dalla meritevolezza, dal non aver commesso atti in frode ai creditori , dal non aver commesso reati contro il patrimonio e dal non aver già avuto accesso alla procedura di sovraindebitamento negli ultimi 5 anni.

La peculiarità della procedura di liquidazione del patrimonio è rappresentata dal fatto che essa venga attivata quando il debitore non disponga dei mezzi e della liquidità per poter soddisfare i creditori, motivo per il quale si procede alla liquidazione del patrimonio che può essere rappresentato da aziende, immobili, mobili, beni, e anche da semplici redditi.

Con la procedura di liquidazione del patrimonio, attraverso un iter controllato dal gestore della crisi che assume funzione di liquidatore, si assicura che il bene venga venduto ad un prezzo di mercato, allo scopo di consentire la tutela sia dei creditori che del debitore.

Mentre nel caso del piano del consumatore e dell’accordo con i creditori, qualora sia pendente una procedura esecutiva e l’alternativa liquidatoria sia più conveniente rispetto al prezzo di realizzo derivante dalla procedura esecutiva, il giudice designato per la procedura di sovraindebitamento è titolare del potere discrezionale della sospensione delle procedure esecutive, nel caso della liquidazione del patrimonio, il giudice all’atto dell’apertura tutte le procedure, dichiarando la nullità di ogni atto o procedura in essere o avviata, in violazione del provvedimento di apertura.

Si specifica che, in relazione alla sospensione delle procedure esecutive, ai sensi della legge 3.2012, essa spetta al giudice titolare della procedura di sovraindebitamento.

Il provvedimento di apertura della liquidazione e la contestuale sospensione delle esecuzioni dovrà essere portato a conoscenza del giudice dell’esecuzione, sia attraverso deposito del provvedimento, da parte del difensore del soggetto esecutato, nel fascicolo telematico del processo, che a mezzo comunicazione da parte della cancelleria civile o fallimentare, incaricata per le procedure di composizione della crisi, alla cancelleria del giudice dell’esecuzione immobiliare.

Il Giudice titolare della procedura esecutiva sarà tenuto a prendere atto della sospensione della esecuzione disposta col provvedimento di liquidazione, e non potrà disattenderlo. Si tratta dello stesso meccanismo che viene attuato in caso di sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 20 della legge 44 del 99, in materia di antiusura: il provvedimento di sospensione viene adottato dal Pubblico Ministero e il giudice dell’esecuzione è tenuto a dare esecuzione al medesimo, senza poter contestare il merito. Egli, infatti, dovrà solo verificare che vi sia corrispondenza tra gli estremi del provvedimento di sospensione ed i riferimenti della procedura esecutiva.

Va rilevato che, entrambi gli iter, sono disciplinati dalla legge 3.2012, nota anche come legge salvasuicidi, la cui peculiarità è la tutela dei soggetti indebitati non per propria colpa.

Indubbiamente, la liquidazione del patrimonio assolve oltre che ad una funzione giuridica, anche ad una funzione economica e sociale, poiché attraverso l’esdebitazione e la liquidazione ad un prezzo di mercato consente all’imprenditore di esdebitarsi, riprendere l’attività e, soprattutto, di riprendere a vivere. Del resto, la natura volontaria del provvedimento essendo frutto di una scelta, sarà di gran lunga più accettabile, anche a livello emotivo, di contro ad un provvedimento imposto dall’autorità giudiziaria, dal quale deriva la perdita del proprio patrimonio.

 

 

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