La Corte di Cassazione, infatti, pronunciandosi sull’art. 219, comma 3 ter, del Codice della Strada, ha fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale più sfavorevole agli automobilisti, ritenendo che in caso di revoca della patente per guida in stato di ebbrezza sia necessario attendere tre anni dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che ne dispone la revoca della patente prima di poter conseguire un nuovo documento di guida.
Questi i fatti
Un automobilista si era rivolto al Giudice di Pace di Rovereto contestando il provvedimento con cui il Commissariato di Governo per la Provincia Autonoma di Trento aveva disposto la revoca della sua patente di guida, facendola “decorrere dalla data di notifica” della revoca stessa e non dal giorno dell’incidente e del ritiro provvisorio del documento di guida.
La Suprema Corte, però, interpretando il citato art. 219, comma 3 ter C.d.S., ha stabilito che la revoca della patente per guida in stato di ebbrezza deve decorrere non dalla data dell’incidente, quando comunque scatta il ritiro provvisorio del documento di guida, ma “da quando la sentenza penale di condanna è passata in giudicato”.
L’art. 219, comma 3 ter C.d.S., infatti, stabilisce che “quando la revoca della patente di guida è disposta a seguito delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187, non è possibile conseguire una nuova patente di guida prima di tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato”.
Interpretano la citata disposizione normativa, pertanto, la Suprema Corte ha stabilito che la “data dell’accertamento del reato” decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che dispone la revoca della patente e non dal momento del ritiro del documento di guida, coincidente normalmente con la data dell’infrazione.
La questione non è di poco conto e dilata in maniera considerevole i tempi di attesa necessari per riavere un nuovo documento di guida.
Nell’interpretazione fornite dalla Suprema Corte, infatti, il periodo di sospensione temporanea della patenta di guida previsto dagli art. 186, 186 bis e 187 C.d.S. non viene computato ai fini del calcolo dei tre anni necessari per poter conseguire un nuovo documento di guida.
Secondo la Corte, infatti, “il provvedimento di «revoca» della patente non viene materialmente in esistenza prima che il Giudice penale lo pronunci (altro essendo, per natura, finalità ed effetti diversi, il provvedimento prefettizio, cautelare, di «sospensione provvisoria» della patente); e, logicamente, il suo procedimento di applicazione da parte della competente autorità amministrativa non può iniziare prima che la sentenza penale sia passata in giudicato”.
La revoca della patente, pertanto, conclude la Suprema Corte, “è un atto ad efficacia istantanea adottabile dell’autorità amministrativa solo una volta che la sentenza penale di condanna sia, appunto, passata in giudicato”.
Così pronunciandosi, la Corte di Cassazione fornisce un primo chiaro orientamento in merito ai contrasti giurisprudenziali che si erano registrati in materia (cfr: Tar Veneto, Sentenza n. 393/2016; Tribunale di Bologna, Ordinanza n. 11901/2018), in attesa di un definitivo pronunciamento sul punto.
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