La razionalità dello Stato moderno
Weber individua tre forme ideali di potere a cui collegare i procedimenti di legittimazione: il tradizionale, il carismatico e il razionale.
Nel tradizionale vi è la credenza nell’immutabilità della validità delle tradizioni, nel carismatico vi è l’appoggiarsi sulle ritenute qualità straordinarie di un soggetto, mentre il razionale si fonda sulle procedure di formazione dell’autorità da cui ne deriva la legalità dei comandi.
La formazione dello Stato moderno a partire dal XVII secolo, unito all’evoluzione nel XIX secolo dallo Stato autocratico allo Stato liberale, ha evidenziato l’agire degli apparati burocratici quali modelli di comportamento tipizzati, conducendo alla formulazione di comandi in termini altamente tecnicizzati, fondati su convinzioni di tipo etico ed economico.
La democratizzazione di massa avvenuta nel XX secolo ha introdotto a sua volta il concetto di legittimazione mediante elezione, un suffragio che allargandosi è diventato universale ha avuto la necessità della mediazione dei partiti di massa o di altre organizzazioni, nelle quali vi è stato il trasferimento delle capacità rappresentative e delle competenze decisionali necessarie alla selezione legittimante dei rappresentanti politici.
Tradizionale
Tralasciando il tradizionale, dove prevalgono le consuetudini e la sacralità delle procedure consolidate nel tempo, tipiche delle società antiche ed agricole, cristallizzate in lenti cambiamenti, l’attenzione si concentra sul carismatico ed il razionale.
Carismatico
Nell’attenzione sul carismatico, Kershaw osserva che, oltre alla capacità magnetica del leader, alla sua affabulazione oratoria, al “culto dell’immagine”, oltremodo accresciuto dalle moderne possibilità tecniche, interviene la stessa “massa umana” che subisce il fascino, la quale in termini dinamici va verso il leader.
I singoli si fanno portatori della volontà del leader mediante interpretazioni e “intuizioni”, che potenziano infinitamente la sua volontà senza che il leader debba decidere continuamente, rischiando per tale via il logoramento o l’errore. Ma, anzi, assumendone la responsabilità in caso di successo e misconoscendole, se inopportune o addirittura foriere di insuccessi.
Nel carismatico la società deve trovarsi in un contesto storico particolare, dove i valori tradizionali sono stati travolti senza che siano stati nel contesto sostituiti dal sorgere di nuovi valori, il vuoto viene così riempito dalle “intuizioni profetiche” di capi forti.
Insito nell’accumulo di potere che il capo carismatico possiede vi è il rischio del fallimento, man mano che evapora l’equilibrio dei poteri vi è la possibilità di una crescita esponenziale di errori non corretti da dibattiti, riflessioni e interventi terzi; questo tuttavia non esclude l’esistenza di un equilibrio interno al leader, frutto di preparazione ed esperienza, che nel sapere scegliere i collaboratori venga a ridurre i possibili errori.
La figura legittimante carismatica può essere senz’altro costruita a tavolino da forze economiche e sociali terze, tuttavia nel preciso momento che questa cresce e si rafforza sfuggirà al controllo impostato, che diventerà sempre più ipotetico, fino a capovolgerne i rapporti di forza.
Viene quindi a superarsi l’interpretazione “intenzionalista”, ma anche la “strutturalista”, fondata sul potere delle agenzie, non può essere accolta in quanto incompleta. Essa limita l’attenzione su un singolo aspetto, di potenziamento del potere carismatico, tralasciando le capacità affascinatorie e intuitive insite nel leader stesso.
Conflitto tra razionalità e carismatico
Il razionale, fondato sul valore della procedura quale garante della legalità, non può resistere al potere carismatico derivante da un movimento di massa, che permette al leader di rifondare le procedure, consolidandole o riplasmandole in continuazione.
L’attuale sviluppo si trova nella simbiosi tra l’organizzazione partitica ed altre strutture aziendali o in altre funzioni, che mantengono una doppia funzionalità parallela così da travasare i valori dalla struttura originaria a quella partitica, nella quale vi è una osmosi possibile tra utile e valori.
La normazione in formulazioni generalizzate è l’ultimo passaggio, del livello più generale di concettualizzazione dei valori, concepite come componenti normative essenziali ((Parsons).
In una società tecnologicamente aperta la conseguenza è la fluidità del consenso e dei valori collettivi, la risposta è l’irrigidimento del controllo psicologico indiretto tanto a livello dell’uso strumentale che sociale.
La legittimazione carismatica viene quindi a sovrapporsi completamente alla legittimazione razionale, che ne diventa la scatola di contenimento.
“Il capo carismatico è colui che costituisce il centro etico del gruppo e che viene riconosciuto come capace di dare una soluzione al dilemma etico dei singoli e del gruppo” (F. Alberoni, 220, Genesi, Garzanti, 1989).
Il capo supera il rischio del dissolvimento del gruppo, evitando da un lato, il riassorbimento nelle istituzioni e dall’altro la liquefazione in una serie di scissioni.
Mediante la sua azione il gruppo acquista un valore salvifico, divenendo fonte di nuovi valori e reinterpretazioni del mondo, esso costituisce la nuova legittimazione del potere risolvendo le tensioni etiche formatesi nello stato nascente.
Egli fornisce la verità necessaria a cancellare il dubbio divenendo un “salvatore”, risolve il conflitto insito nello stato nascente e crea coesione.
Diviene necessario al confluire di diversi gruppi e alla conseguente tensione che si crea, ma non emerge immediatamente e in forma evidente all’interno del gruppo, bensì risulta con più chiarezza ad un osservatore esterno.
Ma lo stato nascente è qualcosa che ha una vita breve e deve istituzionalizzarsi, se non vuole scomparire a seguito del suo esaurirsi per stanchezza, non potendo essere inteso come una possibile forma di governo, questo anche con il mutare delle tecnologie usate.
Per evitare l’asservimento che il potere carismatico porta con sé non resta che garantire i diritti individuali attraverso il loro riconoscimento e la creazione di istituzioni che siano in grado di garantirli, evitando gli automatismi propri del potere carismatico.
“Sono proprio le dottrine politiche che più sottolineano il momento fondante collettivo, assembleare, consigliare senza mediazioni, che tendono a realizzare l’uguaglianza assoluta, quella che, di fatto, producono poi i fenomeni carismatici, di asservimento morale e, quindi, istituzioni politiche totalitarie”. (F. Alberoni, 252, Genesi, Garzanti, 1989).
Altro discorso è lo sfruttamento economico dei diritti che in una democrazia può sempre manifestarsi, quale squilibrio tra autorità e libertà, una spinta che può favorire, nel suo eccesso, richieste di autoritarismo nel tentativo di trovare una via veloce al riequilibrio.
Conclusione
Attraverso il processo innanzi descritto si ha il superamento della norma quale vincolo all’azione del leader e, quindi, di coloro che lo rappresentano o che da esso ne traggono legittimazione.
La tecnicità diventa elemento di supporto alla sua volontà e alla elité che in essa si riconosce, vi è così un continuo allargarsi sugli altri poteri che vengono progressivamente riassorbiti.
Nella simbiosi tra potere carismatico e potere economico quello che viene a realizzarsi è il solo utile, anche a costo dell’equilibrio istituzionale, tanto che la norma esiste finché confacente alla prospettiva carismatica, la quale si pone come la sola fonte etica, in un potenziale conflitto la norma cessa di valere essendo ostacolo e come tale è semplicemente ignorata ed eventualmente cancellata.
Si ottiene una potenziale “feudalizzazione”, in cui necessita e rientra il controllo degli stessi poteri di garanzia.
La fedeltà da partitica, quale intreccio tra ideologia e interessi diventa personale, fondata sullo scambio di interessi in reti clientelari dalla struttura capillare, né la tecnologia è di per sé sufficiente a superare questa forma ancestrale di fedeltà.
La razionalità scientifica in espressioni altamente tecnicizzate, propria del diritto moderno, e la diffusione di sistemi di convinzioni etiche, religiose o laiche che siano, come nel caso del riconoscimento dei diritti naturali, diventano strumenti di legittimazione subalterni e integrati al potere di legittimazione carismatico.
Anche la stessa strategia di legittimazione degli apparati burocratici, che forniscono modelli mentali tipizzati per un consenso automatico, diventa funzionale alla conferma della virtù carismatica del leader secondo antiche esigenze di sicurezza proprie di un branco.
La stessa attività politica, nell’incrociarsi del potere carismatico con il potere tecnologico dell’immediato, porta a scindersi tra la pianificazione programmatica a lungo termine e il momento della contrattazione insita nel pur necessario “coordinamento”.
La contrattazione si trasforma nel “contratto”, con valore autonomo ma a tempo limitato, leader diversi possono quindi accordarsi per risultati a breve, riservandosi di capovolgere le alleanze su termini più lunghi, si crea pertanto una incertezza e un senso di precarietà con la conseguente necessità dell’incasso immediato di cui la stessa attività normativa ne risente, già di per sé sottoposta ad attività lobbistica.
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