riferimenti normativi: art:2051, 2043 del codice civile
Fatto
Il condominio, rappresentato dal suo amministratore, veniva chiamato in giudizio davanti al Giudice di primo grado da parte di una signora che asseriva di aver subito dei danni a causa di una caduta verificatasi sul marciapiede del fabbricato condominiale.
In particolare la donna sosteneva di essere scivolata nel marciapiede in prossimità delle attività commerciali presenti all’interno del fabbricato condominiale a causa della presenza sul pavimento di una sostanza oleosa prodotta da residui di cibo e neve in via di scioglimento.
Chiamato a rispondere davanti al Giudici per i danni subiti dalla signora, il Condominio si costituiva in giudizio rigettando le accuse mosse a suo carico, negando qualsivoglia responsabilità e chiamando in causa a garanzia e manleva la compagnia assicuratrice.
Anch’essa si costituiva in giudizio chiedendo, proprio come il Condominio, il rigetto della domanda di risarcimento del danno proposto dalla danneggiata.
Il Giudice di primo grado si pronunciava a sfavore della richiesta avanzata dalla danneggiata, rigettando la richiesta di risarcimento del danno causato dalla caduta sul marciapiede condominiale.
In particolare il Giudice dichiarava di non ravvisare i presupposti di una condotta omissiva da parte del Condominio in riferimento all’esercizio dei poteri, su di esso incombenti, di vigilanza e custodia, che sono volti a evitare l’insorgenza di cause di pericolo. Secondo il Giudice, infatti, la presenza di residui di cibo sul pavimento, che secondo quanto riferito dalla signora, era stata la causa della caduta non poteva essere ascrivibile al Condominio, ma ad un comportamento maleducato di un condomino o di un estraneo.
La parte danneggiata, insoddisfatta della decisione assunta dal Giudice di primo grado, si rivolgeva alla Corte d’appello chiedendo la riforma della sentenza che l’aveva vista soccombente.
I Giudici della Corte d’Appello di fatti ribaltavano la sentenza di primo grado riconoscendo in capo al Condominio la responsabilità per i danni subiti dalla signora a causa della caduta, ritenendo esistente la responsabilità per i danni cagionati dalle cose in custodia, non avendo il Condominio dato prova del caso fortuito.
Il Condominio vistosi condannato in secondo grado al pagamento del risarcimento del danno subito dalla danneggiata, si rivolgeva alla Suprema Corte di Cassazione chiedendo la riforma della sentenza che riconosceva in capo ad Esso la responsabilità per la caduta subita dalla signora.
Il Condominio adiva la Corte di Cassazione con tre motivi di ricorso, ed in particolare con il primo motivo il Condominio sosteneva che il Giudice di secondo grado non aveva riconosciuto il giusto valore probatorio agli elementi emersi nella fase istruttoria, che andavano ad avvalorare l’assenza di responsabilità da parte del Condominio.
Con il secondo motivo di ricorso il Condominio sosteneva che la Corte d’Appello non aveva correttamente valutato la condotta della danneggiata. Secondo quanto sostenuto dal Condominio, infatti, se ella avesse usato maggiore diligenza la caduta, e dunque l’evento dannoso, non si sarebbe verificato.
Con l’ultimo motivo di ricorso il Condominio si duole del fatto che la Corte d’Appello avesse ritenuto come non riproposta la domanda di manleva, avendo, infatti, accolto l’eccezione, promossa dalla danneggiata, sulla mancata reiterazione nel grado di appello della domanda di manleva.
La Decisione della Corte di Cassazione
Presi in esame i motivi di ricorso presentati dal Condominio la Corte si è espressa in senso sfavorevole al ricorrente, rigettando il ricorso proposto e condannando quest’ultimo al risarcimento dei danni subiti dalla signora a causa della caduta verificatasi sul marciapiede del fabbricato condominiale.
In dettaglio i Giudici Ermellini hanno esaminato in modo congiunto i primi due motivi di ricorso – che come ricordato pocanzi facevano riferimento al mancato riconoscimento di valore probatorio agli elementi emersi in fase istruttoria e alla mancata corretta valutazione della condotta della danneggiata – ritenendoli entrambi infondati.
In primo luogo i Giudici della Corte di Cassazione rilevano come i due motivi di ricorso siano in realtà volti a chiedere un riesame nel merito della vicenda piuttosto che denunciare errori di diritto la cui correzione è affidata alla Corte di Cassazione, che resta estranea, invece, nella valutazione del merito della causa.
In secondo luogo i Giudici Ermellini, in riferimento al secondo motivo di doglianza, evidenziano come il Condominio non abbia dato la giusta importanza all’elemento emerso in giudizio e relativo all’abitudine dei condomini di gettare cibo dalle finestre per sfamare i piccioni.
Secondo la Corte Suprema di Cassazione, dunque, si deve dedurre che rientri nel dovere di custodia incombente sul Condominio quello di adoperarsi per impedire che una certa condotta tenuta dai condomini per altri scopi, come nel caso di specie quello di dar da mangiare ai piccioni, possa arrecare danno a terzi. Nella vicenda di cui si parla, dunque, il Condominio avrebbe dovuto prendere degli accorgimenti per impedire che il cibo presente sul marciapiedi e buttato dai condomini per i piccioni producesse una sostanza oleosa, tale da provocare la caduta della signora.
In riferimento all’ultimo motivo di ricorso, ovverosia l’aver considerato come non riproposta dal Condominio la domanda di manleva nei confronti della compagnia di assicurazioni, la Corte di Cassazione ricorda, in primo luogo, il principio di diritto secondo cui in fase d’appello non è necessario un ricorso incidentale inerente alla domanda di garanzia, ma è sufficiente la riproposizione della domanda di garanzia, quando in primo grado vi sia stato il rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda di garanzia, condizionata all’accoglimento della domanda principale. Nel caso di specie la Corte evidenzia che nella censura presentata dal Condominio questo si è limitato ad operare un generico rinvio alla domanda di manleva, omettendo la trascrizione, anche in forma riassuntiva, degli atti processuali, non rispettando quel principio di vincolatività del ricorso per Cassazione che impone alla parte ricorrente l’onere di formulare motivi specifici così da consentire alla Corte di cogliere il fondamento della censura sollevata. Su tali presupposti, quindi, i giudici supremi hanno ritenuto infondato anche il terzo motivo di ricorso.
La Corte di Cassazione ha così definito la causa rigettando il ricorso presentato dal Condominio, e confermando dunque la responsabilità di questo per i danni causati dalla cosa in custodia.
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