precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 13184 del 24/6/2016; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2943 del 17/10/1967
La vicenda
La vicenda prendeva l’avvio quando un condomino frazionava il suo appartamento in due unità immobiliari che poi vendeva.
Questa situazione veniva ignorata dal condominio che continuava a ripartire le spese come se vi fosse ancora un appartamento.
Di conseguenza gli acquirenti delle due nuove unità immobiliari si rivolgevano al tribunale per richiedere l’annullamento della delibera condominiale che aveva ripartito le spese attribuendo valori millesimali ad un’unità immobiliare non più esistente in quanto frazionata in due distinti appartamenti.
Il Tribunale dava ragione al condominio rilevando che la ripartizione delle spese era stata correttamente effettuata sulla base delle tabelle millesimali esistenti, modificabili soltanto con delibera assembleare o per provvedimento giudiziale, che richiedeva la proposizione di apposita domanda nei confronti di tutti i condomini, ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c.
I proprietari dei due nuovi appartamenti ricorrevano in cassazione, sostenendo che la divisione dell’appartamento non impone la revisione delle tabelle millesimali, trattandosi di attribuire il valore millesimale proporzionale a ciascuna singola nuova proprietà individuale; del resto si notava come le tabelle millesimali possano essere rivedute o modificate solo in caso di notevole alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano. In ogni caso contestavano l’inerzia dell’amministratore per non essersi attivato per adeguare i valori millesimali, costituenti parte del regolamento condominiale, alle unità immobiliari esistenti.
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La questione
La divisione di un appartamento facente parte di un condominio in due unità abitative incide automaticamente sulle tabelle millesimali ai fini della revisione dei valori delle unità immobiliari?
La soluzione
In via preliminare la Cassazione ha osservato che l’articolo 69 disp. att. c.c., prima della riforma attuata con la L. n. 220 del 2012, prevedeva la revisione dei valori tabellare in caso di errore o di sopravvenute modifiche strutturali che avessero notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.
Il testo vigente, modificato dalla L. n. 220 del 2012, ha chiarito la nozione di “notevole alterazione” prevedendo che l’incremento/diminuzione di unità immobiliari impone la revisione delle tabelle solo se comporta un’alterazione per più di un quinto del valore proporzionale dell’unità immobiliare.
Alla luce di quanto sopra i giudici supremi osservano che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di secondo grado, nell’ipotesi di divisione orizzontale in due parti di un appartamento in condominio, non si determina alcuna automatica incidenza dell’opera sulle tabelle millesimali ai fini della revisione dei valori delle unità immobiliari.
In ogni caso – come precisa la Cassazione – le spese devono gravare esclusivamente sul proprietario effettivo dell’unità immobiliari, e l’amministratore è tenuto ad aggiornare i propri dati alla realtà della composizione dell’edificio, ai fini del riparto, eventualmente consultando i registri immobiliari.
Le riflessioni conclusive
In via preliminare bisogna ricordare che, anche quando si divide un appartamento e si ricavano due unità che poi vengono vendute a terzi, il singolo condomino deve informare l’amministratore dell’avvenuta vendita.
Infatti, ai sensi dell’articolo 63 disp. att. c.c., ultimo comma, il condomino che cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.
È possibile sostituire la comunicazione della copia autentica dell’atto di compravendita con la dichiarazione di avvenuta stipula che può essere rilasciata dal notaio, a condizione che tale dichiarazione sia provvista di tutte le indicazioni utili all’amministratore di condominio ai fini della tenuta del registro di anagrafe condominiale.
In ogni caso il progetto di dividere l’appartamento non può essere realizzato se una clausola del regolamento, di natura contrattuale, vieta espressamente di compiere modifiche interne alle unità immobiliari.
Tale clausola non può essere aggirata né facendo leva su una delibera a maggioranza che autorizzi comunque i lavori, né provando che nel passato altri condomini hanno violato il limite posto dal regolamento.
In assenza di un regolamento contrattuale o in mancanza di specifici divieti regolamentari, il singolo condomino può liberamente realizzare opere nella sua proprietà esclusiva a condizione che non procuri danni (anche di ordine estetico) alle parti comuni.
In altri termini, il condomino ha il diritto di godere e disporre dell’appartamento, apportando modifiche o trasformazioni che ne possano migliorare l’utilizzazione, con il limite di non ledere i diritti degli altri condomini.
Qualora divida l’appartamento in due alloggi sembra difficile che siano posti a repentaglio stabilità o sicurezza dello stabile, ma si potrebbe porre la questione della diminuzione della fruibilità dei beni e servizi comuni.
Tuttavia, i condomini che lamentano tale inconveniente devono provare se l’intervento edilizio, compiuto nell’appartamento, abbia determinato o sia comunque in concreto, seppure potenzialmente, in grado di arrecare pregiudizio all’utilizzazione e al godimento delle cose comuni con conseguente violazione dell’articolo 1102 c.c.
Da tenere conto che, salvo situazioni particolari da valutare in concreto, come precisato dalla sentenza in commento, se l’intervento non comporta aumenti di superfici e di volumi ma si concretizza in sole modifiche interne sarà sufficiente dividere il valore millesimale riferito all’unità intera sulle due unità risultanti dal frazionamento.
È possibile, poi, che una clausola del regolamento, di natura contrattuale stabilisca che le spese generali e di manutenzione delle parti comuni dell’edificio vadano ripartite in quote uguali tra i condomini.
Questa pattuizione è pienamente valida, posto che il diverso e legale criterio di ripartizione di quelle spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino è liberamente derogabile per convenzione, cioè per effetto di una clausola accettata da tutti i condomini nei rogiti d’acquisto.
Se ricorre questa situazione, la sopravvenuta divisione di un’originaria unità in due distinti appartamenti, ciascuna in proprietà di persona diversa, comporta l’aumento del numero quote con cui si dividono le spese.
In altre parole se le unità immobiliari in origine erano 7 ma dopo un appartamento viene diviso in due, dal momento in cui avviene la trasformazione le spese condominiali andranno ripartite in 8 quote uguali. Un’eventuale delibera che continuasse a dividerle per il numero di quote originarie sarebbe invalida.
Infine, per quel che concerne l’eventuale incidenza sulla costituzione dell’assemblea e sulla formazione delle maggioranze, che potrebbe derivare in futuro dall’inserimento di un ulteriore condomino, si può osservare che tale mutamento non dovrebbe avere rilevanti conseguenze a livello dei quorum costitutivi e deliberativi, in quanto, sul versante oggettivo, il peso all’interno dell’assemblea risulterebbe sempre dalla somma delle quote millesimali dei nuovi appartamenti (salvo particolari situazioni), mentre sotto il profilo soggettivo, in caso di cessione a terzi di un’unità immobiliare, si avrebbe una nuova testa.
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