Danno da ritardo
Il danno da ritardo può concretizzarsi in due diverse ipotesi, a seconda che il pregiudizio derivi dal ritardo con cui la pubblica amministrazione ha emanato il provvedimento favorevole richiesto o dal fatto che l’amministrazione non emani alcun provvedimento ovvero emani in ritardo un provvedimento negativo, pur se legittimo.
Nel primo caso il pregiudizio deriva dall’adozione tardiva del provvedimento richiesto; nella seconda ipotesi il danno promana dalla mera inerzia della p.a. o dalla tardiva adozione di un provvedimento che nega definitivamente il bene della vita richiesto dal privato.
Nella prima ipotesi non sorgono problemi di ammissibilità della tutela risarcitoria, poichè l’illegittimità si ravvisa nel conseguimento tardivo del bene della vita da parte del privato a seguito dell’esercizio non tempestivo della funzione amministrativa.
Danno da mero ritardo
Questioni più delicate si pongono per il danno da mero ritardo, da identificarsi come il danno derivante al privato dalla lesione dell’interesse procedimentale alla tempestiva definizione del procedimento nel termine previsto ai sensi dell’art. 2 della L. 241/1990, indipendentemente dalla lesione del bene finale della vita al cui conseguimento era rivolta l’istanza non tempestivamente riscontrata.
Sul punto si sono registrati due orientamenti.
L’orientamento prevalente afferma che “il risarcimento del danno da ritardo non può essere avulso da una valutazione concernente l’effettiva spettanza del bene della vita anelato dal privato, con la conseguenza che il presupposto dell’ingiustizia del danno, richiesto ai fini del risarcimento, si ritiene integrato soltanto ove risulti soddisfatto l’interesse pretensivo fatto valere dal privato (v. Cons. Stato, Sez. IV, 12 luglio 2018, n. 4260; Cons. Stato, Sez. IV, 8 febbraio 2018, n. 825; Cons. Stato, Sez. IV, 17 gennaio 2018, n. 240; Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 2017, n. 3068; oltre a Cons. Stato, Ad. Plen., 15 settembre 2005, n. 7)”.
Secondo altro orientamento talune disposizioni inducono a ritenere che il tempo assurga a bene della vita autonomo, la cui lesione è ex se rilevante ai fini risarcitori. Si pensi all’art. 2 bis della l. 241/1990 il quale avrebbe riguardo anche alla tutela del bene della vita costituito dal tempo dell’azione amministrativa, avente natura sostanziale, autonoma e distinta dalla correlata situazione di interesse legittimo (Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3407; Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271; Cons. Giust. Amm. Reg. Sicilia, 4 novembre 2010, n. 1368), con conseguente risarcibilità del danno da mero ritardo.
Una recente pronuncia sul silenzio serbato dall’Autorità sull’istanza di adeguamento delle tariffe
Una recente sentenza del Tar Sardegna (sez. I, 10 maggio 2019, n. 399), aderendo al primo orientamento, ritiene inammissibile l’azione di risarcimento per danno da ritardo sull’istanza rivolta all’Autorità d’ambito del servizio idrico di adeguamento delle tariffe se detta Autorità può ancora provvedere.
Secondo il giudice “ la giurisprudenza richiede la verifica della spettanza del bene della vita che il privato intende acquisire alla propria sfera giuridica attraverso l’esercizio del potere e l’emanazione del provvedimento amministrativo richiesto (nonchè, secondo certe ricostruzioni, oggetto sostanziale dell’interesse pretensivo fatto valere dal privato). Verifica che deve essere condotta (nel caso di attività amministrativa discrezionale) attraverso la formulazione di un giudizio prognostico del giudice, che deve apprezzare in termini probabilistici l’attribuzione dell’utilità oggetto del provvedimento.
Anche nell’ipotesi di inerzia dell’amministrazione, la risarcibilità del danno derivante dalla violazione del termine per provvedere postula un’indagine circa la spettanza del provvedimento richiesto e, quindi, un esito del procedimento in termini favorevoli per il privato”.
Risarcibilità dell’interesse legittimo
La sentenza delle S.U. n. 500 del 1999 ha riconosciuto la risarcibilità dell’interese legittimo, aderendo ad una concezione sostanzialistica di tale posizione giuridica di vantaggio. Secondo la Corte danno ingiusto è qualsiasi conseguenza pregiudizievole che incida negativamente sulla sfera giuridica del soggetto danneggiato e che trovi causa nella lesione di un interresse rilevante per l’ordinamento giuridico.
La risarcibilità dell’interesse legittimo ha trovato conferma nell’art 7 della L. 205 del 2000 che nel riscrivere l’art.7 della L. 1034 del 1971 ha attribuito al T.A.R. la cognizione delle questioni relative all’eventuale risarcimento del danno ed agli altri diritti patrimoniali consequenziali.
In seguito, l’art 30 del c.p.a., ha conferito esplicita tutela risarcitoria al danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria.
La disciplina posta dall’art. 30 c.p.a. conferisce alla responsabilità risarcitoria natura aquiliana. Tale assunto si può desumere dal richiamo alla clausola aquiliana del danno ingiusto e dal richiamo all’art. 2058 c.c. La natura aquiliana della responsabilità non è messa in discussione, peraltro, dalla previsione del termine decadenziale di centoventi giorni per l’esperimento della domanda.
Tutela risarcitoria degli interessi procedimentali
Per quanto attiene alla tutela risarcitoria degli interessi procedimentali di fronte a vizi formali e procedimentali e nell’ipotesi di mancata comunicazione di avvio del procedimento il g.a. è tenuto ad effettuare il giudizio sulla spettanza del bene finale della vita. A fondamento di tale assunto l’art. 21 octies della l. 241/1990, il quale esclude l’annullabilità del provvedimento inficiato da vizi meramente formali o procedimentali qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, data la natura vincolata dell’atto. L’esclusione della tutela caducatoria è estesa, inoltre, al vizio di omessa comunicazione di avvio del procedimento.
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