Cannabis light: stop dalle Sezioni Unite alla vendita

Redazione 24/07/19
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Con l’entrata in vigore della legge n. 242/2016 si è sviluppato rapidamente un nuovo mercato di prodotti derivanti dalla canapa indiana.

Questa normativa è volta a facilitare la coltivazione di canapa al fine di consentire l’uso di alcune parti, ammettendo anche la possibilità (quantomeno in via interpretativa) di commercializzazione di parti della pianta notoriamente contenenti principi attivi droganti.  Nello specifico, la norma fissava un limite specifico di principio attivo entro il quale la coltivazione sarebbe da ritenersi lecita.

L’intervento delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno sancito il seguente principio di diritto:

La commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53 Ce del Consiglio, del 13 giugno 2002, e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati”.

Così stabilendo “integrano il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4 del dpr 309/1990, le condotte di cessione, di vendita e in genere la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante”

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