Escussione della garanzia definitiva ” per grave inadempimento contrattuale”. Non è necessaria la dimostrazione concreta dei danni subiti: il fideiussore deve immediatamente pagare!!! Il Tar per la Campania, sezione prima di Napoli, con la sentenza numero 431/2002 ci aiuta a capire il significato della dicitura “a semplice richiesta scritta” che sia le polizze provvisorie che quelle definitive, devono contenere a norma dell’articolo 30 della Legge 109/94 s.m.i.

Redazione 27/08/01
A cura di Sonia LAZZINI

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Il ricorso viene esercitato avverso il recesso esercitato dalla stazione appaltante di un contratto di appalto in essere per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, disposto a causa delle inadempienze imputatele nell’esecuzione del servizio medesimo.
La ditta ricorrente nel richiedere la condanna della pa al pagamento del corrispettivo contrattuale dei servizi resi ed al risarcimento del mancato guadagno oltre interessi nonché alla restituzione di tutta l’attrezzatura aziendale ed all’indennizzo per l’uso, fa altresì menzione della necessità di un accertamento negativo di qualsiasi obbligo della Compagnia di assicurazione di prestare la garanzia fideiussoria senza la previa dimostrazione dei danni subiti dal Comune ovvero di qualsiasi obbligo di rivalsa della Compagnia medesima delle somme eventualmente corrisposte senza le cennate prove.
Il giudice amministrativo adito, rigetta il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni:

Ø l’escussione della garanzia definitiva non richiedeva la dimostrazione concreta dei danni subiti, valendo relativa la clausola contrattuale – come tutte quelle della specie – quale liquidazione anticipata e forfettizzata del risarcimento dei danni insiti nello scioglimento prematuro del contratto;
Ø si tratta di fideiussione cd “a semplice richiesta” del soggetto garantito, per la quale la compagnia fideiubente è tenuta all’immediato pagamento dell’importo relativo, senza beneficio della preventiva escussione e nemmeno preventivo consenso di quest’ultima

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Napoli (sezione Iª)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi nn.10333/1998 e 10146/1999 R.G., proposti dalla **** s.a.s.,
in persona del rappresentante legale p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti R. e S. Di Salvo, presso il cui studio è elettivamente domiciliato;
c o n t r o
il Comune di Marano di Napoli,in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio con il patrocinio dell’avv. R. Marone, presso il cui studio è elettivamente domiciliato;
e nei confronti
della **** Angelo s.a.s.,in persona del rappresentante legale p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti A. D’Avino ed E. Silvestri, presso il cui studio è elettivamente domiciliato;
della **** Assicurazioni S.p.A. (n.c.);
per l’annullamento
della delibera di Consiglio Comunale n. 36 del 16.7.1998 di risoluzione del contratto di appalto in essere con la società ricorrente (ric. n.10333/1998)
e la declaratoria di illegittimità
del recesso esercitato dal Comune, con conseguente condanna del medesimo al pagamento del corrispettivo contrattuale dei servizi resi ed al risarcimento del mancato guadagno oltre interessi nonché alla restituzione di tutta l’attrezzatura aziendale ed all’indennizzo per l’uso ed accertamento negativo di qualsiasi obbligo della Compagnia di assicurazione di prestare la garanzia fideiussoria senza la previa dimostrazione dei danni subiti dal Comune ovvero di qualsiasi obbligo di rivalsa della Compagnia medesima delle somme eventualmente corrisposte senza le cennate prove;
VISTO i ricorsi, con i relativi allegati;
VISTO gli atti di costituzione in giudizio degli intimati;
VISTO le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive pretese;
VISTO gli atti tutti di causa;
Alla pubblica udienza del 23 maggio 2001 relatore il Cons. Scafuri e presenti gli avvocati di cui al relativo verbale;
RITENUTO e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO

La società ricorrente si duole dello scioglimento del contratto di appalto in essere con il Comune di Marano per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, disposto con la delibera impugnata a causa delle inadempienze imputatele nell’esecuzione del servizio medesimo.

A sostegno del primo gravame deduce la nullità assoluta delle clausole di cui agli artt 13 e 14 del capitolato – che non possono qualificarsi clausole risolutive espresse – l’inconsistenza e la pretestuosità degli addebiti mossi, l’inosservanza della procedura di contestazione contrattualmente prevista, l’avvenuto esproprio delle attrezzature senza indennizzo.

Con il secondo ricorso – nel far presente di avere adito anche l’Autorità giudiziaria ordinaria – la medesima società agisce per la declaratoria della natura di recesso della determinazione comunale onde trattasi, con conseguente diritto al corrispettivo per i servizi resi ed alla restituzione delle attrezzature nonché l’illegittimità dell’escussione della garanzia fideiussoria senza aver fornito prova dei danni subiti.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha resistito al ricorso, in una alla ditta controinteressata, attuale affidataria del servizio.

L’istanza cautelare è stata respinta (ord. n. 873/1999).

Alla pubblica udienza del 23 maggio 2001 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente i ricorsi devono essere riuniti per le evidenti ragioni di connessione.

Sempre in via preliminare occorre procedere ad analizzare l’eccezione di difetto di giurisdizione, formulata dalla difesa dell’Amministrazione resistente.

Al riguardo occorre accertare la natura dell’atto impugnato e del rapporto su cui lo stesso è venuto ad incidere.

Oggetto dell’impugnativa è la delibera di accertamento dell’intervenuta risoluzione del rapporto di affidamento del pubblico servizio, quale deve essere qualificato quello relativo allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Ne consegue che non possono esservi dubbi sulla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che sussiste anche per il momento successivo alla conclusione del contratto in forza della previsione apposita dell’art. 33, commi 1 e 2, lettere b) ed e) del D.Lgvo n. 80/1998 come sostituito dall’art. 7 della legge n. 205/2000 (controversie in materia di pubblici servizi tra le amministrazioni pubbliche e gestori comunque denominati di pubblici servizi, controversie riguardanti le attività e prestazioni di ogni genere rese nell’espletamento di pubblici servizi), di immediata applicazione per la sua natura processuale alle cause in corso (Corte Costituzionale ord. n. 134 del 10 maggio 2000; Consiglio di Stato, V sez, ord. n. 4822 del 28 settembre 2000).

Invero il tenore volutamente generico della disposizione individua la natura esclusiva della giurisdizione, fondata con riferimento alla materia e non alla situazione giuridica soggettiva fatta valere, mentre alcuna rilevanza assume la fase del rapporto – se anteriore ovvero successiva alla stipula del contratto – come invece avverrebbe ove si trattasse di appalto di lavori pubblici (per i quali il medesimo art. 33 lett. d devolve al giudice amministrativo le sole controversie “aventi ad oggetto le procedure di affidamento”, con conseguente esclusione di ogni contestazione attinente alla fase successiva: amplius cfr. questa sezione n. 868/2001).

Nel merito, la società interessata deduce in primo luogo l’inconsistenza e la pretestuosità degli addebiti, riconducibili in parte a comportamenti del medesimo ente locale – la richiesta fornitura di cassonetti diversi da quelli previsti in capitolato, l’imposizione di assunzione di disoccupati, il territorio e la popolazione risultati più vasti di quelli appaltati- ed in parte ad imprevisti, quali gli scioperi del personale.

In secondo luogo rileva che non sarebbe stata rispettata la procedura di contestazione prevista dal capitolato, essendo in particolare stato omesso il preventivo accertamento degli uffici comunali.

Ne deriverebbe l’inapplicabilità della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 13 del capitolato, per cui la manifestazione di volontà espressa dall’Amministrazione con la delibera impugnata non può che intendersi come dichiarazione di recesso, con le conseguenze previste dal codice civile e l’illegittimità dell’apprensione delle attrezzature, vcro e proprio esproprio senza indennizzo.

Il secondo ricorso è volto proprio a tale declaratoria della natura di recesso della determinazione comunale, con conseguente condanna al corrispettivo per i servizi resi ed alla restituzione delle attrezzature nonché illegittimità dell’escussione della garanzia fideiussoria senza dimostrazione dei danni subiti.

I ricorsi sono infondati.

La delibera impugnata rileva che “il servizio sin dal suo inizio non è stato mai svolto nel rispetto dei termini contrattuali” in quanto la ditta **** si è limitata,” peraltro con discontinuità unicamente alla rimozione ed allo smaltimento dei r.s.u. ma non anche al servizio di spezzamento ed a tutti gli altri servizi previsti dal capitolato speciale d’appalto”, per cui si è resa “responsabile di gravi inadempienze ed ingiustificate sospensioni del servizio”.

Invoca “a riprova di quanto sopra” il “voluminoso carteggio dal quale emergono le continue contestazioni e denuncie dell’Amministrazione comunale” e “le rilevazioni quotidiane effettuate dall’u.t.c.”, evidenziando che alle dette contestazioni “non è stato mai fornito adeguato e giustificato riscontro, anzi più volte l’Amministrazione ha dovuto avvalersi della possibilità di applicare penali in relazione a carenze nello svolgimento del servizio ovvero ad intervenire in via surrogatoria, con ribaltamento dei costi sulla ditta appaltatrice, utilizzando le facoltà offerte dal capitolato speciale d’appalto agli artt. 16 e 22”.

In più risultano “gravi comportamenti anomali nella gestione del servizio”, tra i quali vengono evidenziati la “rilevante esposizione debitoria..nei confronti del Consorzio di Bacino NA 1-Giugliano” – non avendo la **** pagato regolarmente le competenze afferenti il servizio di conferimento dei rifiuti nella discarica gestita da detto Consorzio, che ha più volte minacciato la sospensione del servizio di discarica – l’essere stati costretti “a sostituirsi alla ditta per il pagamento delle spettanze alle maestranze”, “l’inidoneità sotto il profilo delle autorizzazioni regionali ex DPR 915/82..degli automezzi in dotazione della ditta”, “l’assunzione del personale avvenuta in violazione del c.s.a.”.

Tutto ciò ha determinato il ricorso alla risoluzione “per grave inadempimento contrattuale” prevista dall’art.13 del Capitolato Speciale, in particolare per i casi di “abituale deficienza e negligenza nell’effettuazione del servizio tali da compromettere le condizioni igienico-sanitarie e di decoro della città” (punto 2), “sospensione anche parziale del servizio per un periodo superiore alle 24 ore” (punto 4), “revoca delle autorizzazioni regionali di cui all’art. lett d) del DPR n. 915/1982” (punto 5) e “altre situazioni previste dall’art. 1453 c.c.” (punto8).

Ferma l’insindacabilità del giudizio dell’amministrazione inerente la gravità delle infrazioni espressamente ribadito in contratto (cfr. citato punto 2 art. 13 capitolato speciale), gli elementi concreti addotti a sostegno del provvedimento impugnato appaiono rilevanti di per sé e comunque sintomatici delle concrete disfunzioni determinatesi nell’espletamento del servizio.

Di contro le repliche di parte non negano gli addebiti onde trattasi ma tendono per lo più a sminuirne il valore ovvero a fornire generiche giustificazioni.

In definitiva risulta confermata la mancata attivazione dei servizi previsti dal capitolato in aggiunta a quello base di rimozione smaltimento (di lavaggio e disinfezione dei cassonetti, di spazzamento e lavaggio delle strade e di raccolta differenziata e di pulizia del mercato ortofrutticolo).

Del pari risulta che non v’è stata regolare retribuzione dei dipendenti – i quali hanno più volte sospeso il servizio per scioperare – e che non sono stati versati al Consorzio dei Comuni di Bacino Napoli 1 i contributi di conferimento in discarica di importo pari ad un miliardo e mezzo, per i quali ha dovuto provvedere il Comune con delibera consiliare n. 1 del 25.1.2001.

Ciò senza considerare che l’Amministrazione in varie occasioni ha dovuto sostituirsi alla ditta interessata sia per il pagamento delle spettanze alle maestranze sia per l’espletamento del servizio a mezzo di sostituzione con altra ditta, con applicazioni delle penali contrattualmente previste e non contestate.

Si tratta di infrazioni che non appare illogico ritenere gravi per le quali, numerose e perpetrate nel tempo, da un lato alcuna rilevanza assumono il preteso concorso di colpa del Comune – peraltro indimostrato – e tantomeno gli imprevisti di cui sopra – anch’essi indimostrati e comunque rientranti nella normale alea imprenditoriale – dall’altro si configurano gli estremi per il ricorso allo scioglimento anticipato ed alle altre conseguenze contrattualmente previste (escussione della polizza fideiussoria, acquisizione attrezzature connesse al servizio).

Del pari risulta rispettata la procedura indicata dal contratto per la messa in mora della parte inadempiente, avendo il comune sempre formulato per iscritto le proprie contestazioni (cfr. documentazioni in atti).

Infine nessun vizio può riscontrarsi nell’escussione della polizza fideiussoria, anch’essa contrattualmente prevista quale conseguenza dell’inadempimento.

Invero tale escussione non richiedeva la dimostrazione concreta dei danni subiti, valendo relativa la clausola contrattuale – come tutte quelle della specie – quale liquidazione anticipata e forfettizzata del risarcimento dei danni insiti nello scioglimento prematuro del contratto.

D’altra parte per la quantificazione dei danni pende altro giudizio dinanzi a questo Tribunale, promosso dal Comune interessato (ricorso n. 4929/2000).

Sotto altro profilo si tratta di fideiussione cd “a semplice richiesta” del soggetto garantito, per la quale la compagnia fideiubente è tenuta all’immediato pagamento dell’importo relativo, senza beneficio della preventiva escussione e nemmeno preventivo consenso di quest’ultima (cfr. polizza fideiussoria onde trattasi, artt.5, 6 e 9, confermati in sede di sottoscrizione ai sensi degli artt.1341 e 1342 c.c.).

Le spese di causa seguono la soccombenza.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania-sede di Napoli, sez.I,

RESPINGE

previa riunione, i ricorsi in epigrafe proposti dalla **** s.r.l.

Le spese del giudizio, liquidate in L.10.000.000.=(diecimilioni.=), sono poste a carico della ricorrente soccombente ed in favore, ciascuno in parti uguali, dell’Amministrazione e della controinteressata resistenti.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 23 maggio 2001.

IL PRESIDENTE

IL CONSIGLIERE estensore

Redazione

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