(Riferimenti normativi: Cod. pen., art. 131-bis; d.P.R. n. 309/1990, art. 73, c. 5)
Il fatto
Il Tribunale di Lanusei, pronunciando in relazione ad un imputato del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, dichiarava non doversi procedere nei confronti del predetto per essere la punibilità esclusa per particolare tenuità del fatto.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lanusei articolando un unico motivo con il quale si deduceva l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. osservandosi che se la sentenza impugnata aveva motivato l’applicazione della tenuità del fatto sulla base della insussistenza di elementi ostativi (pena edittale, abitualità della condotta) e dell’esiguità del quantitativo di sostanza stupefacente detenuto, era mancata, invece, ad avviso del ricorrente, una congrua motivazione in ordine alla ritenuta tenuità del fatto distinguibile dagli elementi posti a fondamento della riconducibilità del fatto al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 posto che il solo elemento della modestia del quantitativo della sostanza stupefacente rinvenuta non poteva essere ritenuto un elemento sintomatico della tenuità della condotta posta in essere dall’imputato.
Si chiedeva, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata
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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto infondato.
Si osservava a tal proposito come la Corte di Cassazione avesse postulato il principio di diritto secondo il quale, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018).
Orbene, a fronte di ciò, si faceva presente come, nel caso di specie, il Tribunale avesse ritenuto applicabile la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen rimarcando sia l’occasionalità della condotta, che l’esiguo quantitativo di sostanza stupefacente detenuto dall’imputato (di pochissimo al di sopra della quantità massima detenibile per l’uso personale) ed aveva desunto, quindi, da tali elementi della condotta che l’offesa al bene giuridico era di particolare tenuità, e dunque siffatte argomentazioni venivano considerate dagli ermellini, da un lato, congrue e prive di illogicità in guisa tale che la motivazione si sottraeva al sindacato di legittimità, dall’altro, non in contrasto con la previa qualificazione della condotta posta in essere dall’imputato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 posto che, per un verso, tale qualificazione era stata correttamente basata sulla diversa e più ampia considerazione sia degli elementi concernenti l’azione (mezzi, modalità, circostanze della stessa) che di quelli relativi all’oggetto materiale del reato (qualità e quantità della sostanza stupefacente), per altro verso, si rammentava come la stessa Cassazione avesse postulato che la fattispecie di lieve entità di cui al comma quinto dell’art. 73, d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309 e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. sono fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti atteso che, mentre ai fini della concedibilità della prima, il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile e l’entità del danno o del pericolo ed altresì il carattere non abituale della condotta (Cass. pen., Sez. 4 n. 48758 del 15/07/2016).
Oltre a ciò, si evidenziava come non cogliesse nel segno la deduzione che il dato quantitativo della sostanza stupefacente, già considerato per la qualificazione del reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, non potesse essere considerato anche ai fini della applicazione della causa di esclusione della punibilità in oggetto atteso che costituisce principio consolidato che il giudice può tenere conto di uno stesso elemento che abbia attitudine a influire su diversi aspetti della sua valutazione ben potendo un dato polivalente essere utilizzato più volte sotto differenti profili per distinti fini senza che ciò comporti lesione del principio del “ne bis in idem“ (Sez. 2, n.24995 del 14/05/2015).
Conclusioni
La sentenza in commento è assai interessante nella parte in cui viene chiarito che il modo in cui deve essere accertata l’ipotesi di lieve entità di cui al comma quinto dell’art. 73, d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309 è diverso da quello con cui deve essere appurata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. stante il fatto che queste fattispecie sono strutturalmente e teleologicamente non coincidenti.
La Cassazione, difatti, in tale pronuncia, stabilisce che, per la fattispecie di cui all’art. 73, c. 5, d.P.R. n. 309, deve aversi riguardo ai mezzi, alle modalità e alle circostanze dell’azione nonché alla quantità e alla qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa mentre, per la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., devono invece essere esaminate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile, l’entità del danno o del pericolo nonchè il carattere non abituale della condotta.
Ma vi è di più dal momento che in siffatta decisione gli ermellini fanno presente che il modesto quantitativo di sostanza stupefacente può essere considerato sia per la qualificazione del reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, che ai fini della applicazione della causa di esclusione della punibilità consistente nella particolare tenuità del fatto, non rilevandosi in ciò alcuna violazione del principio del “ne bis in idem“.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale provvedimento, di conseguenza, proprio perché chiarisce in che modo può essere accertata questa fattispecie di reato e può essere applicata tale causa di non punibilità, non può che essere positivo.
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