L’impugnazione degli atti adottati dalle autorità indipendenti è soggetta al rito speciale disciplinato dall’art. 119 c.p.a. che prevede una procedura accelerata per la definizione del giudizio.
Il sindacato del giudice su tali atti è sinonimo della ricerca di un punto di equilibrio tra contrapposte esigenze: da un lato quella di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale e, dall’altro, quella di evitare che il giudice possa esercitare direttamente un potere in materie rimesse alla competenza tecnica delle autorità indipendenti violando, quindi, il principio di separazione dei poteri.
Il problema di individuare questo punto di equilibrio nasce dal fatto che la legge, nei settori regolati dalle autorità indipendenti, fa spesso riferimento a concetti giuridici indeterminati la cui concreta integrazione richiede l’utilizzo di regole tecniche specialistiche connotate dal requisito dell’elasticità e, quindi, dall’opinabilità delle relative applicazioni.
La valutazione dell’autorità amministrativa è imperniata, infatti, su elementi appartenenti anche a scienze non giuridiche, come in particolare le scienze economiche, che implicano l’esercizio di una discrezionalità tecnica.
E difatti le pronunce della giurisprudenza in tema di sindacato sugli atti delle autorità indipendenti hanno sempre riservato uno spazio centrale al tema della discrezionalità tecnica.
In relazione agli atti delle autorità indipendenti la problematica che ha visto contrapporsi diversi orientamenti sia in dottrina che giurisprudenza, riguarda, invece, le forme e l’intensità del sindacato.
In base ad un primo, e ormai superato orientamento, il giudice amministrativo poteva verificare la legittimità dell’iter logico seguito dall’autorità rilevando soltanto i vizi di manifesta illogicità e incongruenza, senza entrare nel merito della decisione (si parla, in questi casi, di sindacato estrinseco).
Per approfondire leggi anche “Il contenzioso su appalti e contratti pubblici” di Elio Guarnaccia.
Il sindacato giurisdizionale estrinseco
A partire dalla storica sentenza del Consiglio di Stato del 1999, invece, la giurisprudenza ha superato l’originaria assimilazione della discrezionalità tecnica alla discrezionalità amministrativa segnando il passaggio dal sindacato giurisdizionale estrinseco ad un tipo di sindacato intrinseco in cui si ammette che il giudice, pur senza potersi sostituire all’amministrazione, possa comunque censurare le valutazioni tecniche attraverso il controllo di attendibilità del criterio tecnico utilizzato e del suo esito applicativo.
Il giudice, quindi, può verificare direttamente l’attendibilità del criterio tecnico adoperato esercitando un sindacato intrinseco e avvalendosi a tal fine delle stesse conoscenze tecniche dell’autorità grazie all’introduzione nel processo amministrativo della consulenza tecnica d’ufficio ex art. 61 e 67 c.p.a.
E così a fronte di una norma che presenta margini di elasticità, e quindi è compatibile con una pluralità di soluzioni tecniche, il giudice non deve imporre la soluzione tecnica in cui crede di più (in quanto diventerebbe amministratore e violerebbe il principio di separazione dei poteri) ma deve verificare se l’amministrazione abbia rispettato quel margine di elasticità collocandosi entro i confini di attendibilità.
Acclarato che il sindacato del giudice amministrativo sugli atti delle autorità indipendenti è intrinseco la disquisizione del recente passato si è incentrata sull’intensità dello stesso.
Il sindacato forte e debole
Si è a lungo discusso, infatti, se il sindacato giurisdizionale possa essere sostitutivo (sindacato forte) o invece debba arrestarsi all’annullamento della decisione senza che l’autorità amministrativa possa sovrapporre la propria valutazione a quella in precedenza svolta dall’autorità (sindacato debole).
La dicotomia sindacato forte/debole può dirsi oggi superata in quanto al giudice amministrativo è attribuito un sindacato pieno ed effettivo. Egli, infatti, ha il compito di verificare se il potere attribuito all’autorità sia stato correttamente esercitato e, di conseguenza, il giudice può giungere a sindacare la congruità e l’attendibilità della scelta amministrativa ma mai la sua opportunità.
La conferma della pienezza del sindacato da parte del giudice si trae anche dal dato normativo: l’art. 7 del d.lgs. 3 del 2017 in materia di tutela della concorrenza stabilisce che il sindacato del giudice si estende anche ai profili tecnici che non presentano un oggettivo margine di opinabilità.
Leggi anche:”Il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti amministrativi”
Le linee guida Anac
Un problema di intensità e di natura del sindacato si pone in relazione ad una particolare categoria di atti: le linee guida dell’ANAC.
L’ANAC, autorità indipendente istituita dalla legge 190 del 2012 per arginare il fenomeno corruttivo nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, nel corso degli anni ha visto ampliarsi notevolmente i suoi poteri in particolar modo con il d.l. 90 del 2014 e dal d.lgs. 50 del 2016 (ossia il nuovo Codice dei contratti pubblici) che le ha affidato anche le attività di regolazione, vigilanza e controllo sui contratti pubblici.
Nell’ANAC quindi si sommano due funzioni fondamentali: vigilare sul settore dei contratti pubblici e prevenire e contrastare l’illegalità nelle pubbliche amministrazioni. La prima missione è strumentale alla seconda in quanto la vigilanza sui contratti pubblici non è fine a sé stessa ma è funzionale al perseguimento della finalità di anticorruzione.
Il collegamento della materia dei contratti pubblici con quella dell’anticorruzione si riflette nell’attribuzione all’ANAC di funzioni molto eterogenee e, complessivamente più ampie di quelle assegnate alla precedente autorità di vigilanza sui contratti pubblici.
I poteri e i compiti dell’ANAC sono, in particolare, di indirizzo e regolazione, di vigilanza e di controllo, di segnalazione e sanzione, e di gestione del contenzioso.
La prima serie di poteri corrisponde all’adozione di un complesso di regole che costituiscono gli atti di riferimento per l’applicazione del D. Lgs. 50/2016 come le c.d. linee guida, i bandi-tipo, i capitolati-tipo, i contratti-tipo e altri strumenti di c.d. regolazione flessibile.
Tale attribuzione di potere, tuttavia, crea incertezza circa la natura e la reale forza giuridica degli atti emanati dall’autorità rendendo dubbia la collocazione degli stessi nel sistema delle fonti nonché il regime procedimentale e processuale ad essi applicabile.
Il sistema delle fonti del diritto amministrativo, infatti, basato sulla distinzione tra leggi e regolamenti e sull’ulteriore distinzione tra regolamenti e atti amministrativi generali ha subito negli ultimi anni una vera e propria destrutturazione dettata dall’esigenza di una regolazione più flessibile veloce e meno formale. Si tratta di un processo di progressiva erosione della sfera della regolazione formale, noto come fuga dal regolamento, in favore di strumenti di normazione flessibile, atipica e concentrata che si pongono ai margini del perimetro di operatività del principio di legalità.
Il più evidente esempio di questa fuga è rappresentato proprio dalle linee guida vincolanti ANAC con le quali l’autorità disciplina gli aspetti determinanti del regime normativo delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.
Riguardo a tali linee guida si pone il problema, tuttavia, della loro qualificazione giuridica e proprio la difficile catalogazione della natura giuridica di tali atti complica l’analisi del tema dell’intensità del sindacato giurisdizionale.
Il Consiglio di Stato, nel 2016, ha aderito all’opzione interpretativa che combina la valenza certamente generale delle linee guida vincolanti con la natura del soggetto emanante la quale si configura a tutti gli effetti come un’autorità amministrativa indipendente con funzioni anche di regolazione.
In questa prospettiva le linee guida vincolanti dell’ANAC sono state ricondotte alla categoria degli atti di regolazione delle autorità indipendenti che non sono regolamenti in senso proprio ma atti amministrativi generali e appunto di regolazione.
Si tratta quindi di una sorta di tertium genus: né regolamento né atto amministrativo generale.
Il problema che si pone a questo punto è quello della disciplina applicabile: occorre stabilire, infatti, se, per le linee guida, si segua il regime del regolamento o quello dell’atto amministrativo generale anche per quanto concerne la possibilità per il giudice amministrativo di esercitare il potere di disapplicazione dell’atto non ritualmente impugnato.
La giurisprudenza mostra di considerare che le linee guida più alla stregua di regolamenti che di atti amministrativi generali applicando il regime giuridico dei primi piuttosto che dei secondi.
La qualificazione delle linee guida vincolanti come atti amministrativi generali e di regolazione consente la loro giustiziabilità di fronte al giudice amministrativo. Di ciò si ha conferma anche nella legge delega del nuovo codice dei contratti pubblici e nel parere su di esso espresso dal Consiglio di Stato ove si chiarisce che le linee guida vincolanti sono impugnabili e disapplicabili dal giudice amministrativo laddove non ritualmente impugnate.
Il sindacato del giudice amministrativo sarà interamente sostitutivo e non diverso da quel che accade per i regolamenti governativi e tutti gli altri atti di normazione secondaria. Si tratterà, infatti, di vagliarne tout court la legittimità vigilando sull’istruttoria procedimentale e sulle relative garanzie.
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