Analisi organizzativa di un comune di piccole dimensioni demografiche. descrizione di un processo di cambiamento in atto.

Redazione 17/09/02
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inserito in Diritto&Diritti nel marzo 2002
di Annalisa Di Piazza
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Sommario: 1. La situazione di fatto. 2. Obiettivi organizzativi. 3. Analisi del processo di riorganizzazione e motivazione delle scelte. 3.1 Modificazione dell’assetto strutturale. 3.2 Riorganizzazione delle competenze. 3.3 Formazione. 4. Politiche motivazionali. 5. Il sistema incentivante. 6. I livelli di criticità. 6.1 La rigidità della struttura. 6.2. Le dimensioni. 6.3 La leadership. 7. Conclusioni
1. La situazione di fatto
Il comune in esame ha una struttura organizzativa estremamente elementare, con un’organico di quattro dipendenti ed un segretario comunale.
Viene da un lungo periodo in cui la gestione del segretario (anziano per età e servizio e titolare della sede per numerosi anni) era stata molto accentratrice. Ciò aveva portato ad un progressivo svuotamento delle competenze dei dipendenti, relegati a ruoli meramente esecutivi, per cui questi hanno tralasciato il loro aggiornamento e hanno perso la capacità di prendere decisioni assestandosi su competenze e funzioni meramente esecutive.
Il pensionamento del Segretario e l’arrivo del nuovo titolare (giovane per età e per servizio) ha portato ad un progressivo processo di assestamento e di riorganizzazione, fortemente voluto anche dall’organo politico che aveva verificato, nell’immediatezza del pensionamento del segretario, l’incapacità della macchina amministrativa di procedere autonomamente.
Inizialmente aveva sopperito l’organo politico colmando con le specifiche competenze degli assessori e del sindaco (casualmente fortemente specializzati nelle materie cardine dell’attività comunale) le carenze della struttura burocratica ed accentrando su di se tutte quelle decisioni e funzioni prima esercitate dal Segretario.
Successivamente, con l’individuazione del nuovo Segretario, tali competenze si sono gradualmente incentrate nuovamente in tale organo di vertice, pur se affiancato ancora fortemente dall’organo politico nelle decisioni più importanti.

2. Obiettivi organizzativi
Poiché il nuovo assetto normativo dei segretari comunali fa di questi figure tendenzialmente non definitive nell’assetto organizzativo di un comune, ma con incarichi temporalmente limitati, e poiché il principio di separazione tra politica e gestione relega l’organo politico su un piano diverso e distinto da quello gestionale, l’Amministrazione ha acquisito la necessità normativa, ma ancor prima organizzativa, di ristrutturare la macchina comunale in modo da renderla veramente autonoma e indipendente dalle variabili esterne dei mutamenti delle figure di vertice (amministrativo e politico).
Si è pensato allora ad una riorganizzaione che contribuisse a ridurre le decisioni routinarie a favore di un ampliamento delle decisioni strategiche in capo agli organi burocratici dell’ente (FIG.1).

FIG.1
3. Analisi del processo di riorganizzazione e motivazione delle scelte
Il processo di riorganizzazione che si sta tentando di attuare rende necessario gestire in nuovo modo le mansioni, gli incentivi, la formazione, secondo una linea di intervento che nel caso concreto può essere schematizzata per punti, così come segue.

1) Modificazione dell’assetto strutturale
Pur senza modificare la pianta organica si è tentato di riorganizzare il sistema di relazioni all’interno dell’ente di modo da individuare due livelli di funzioni e competenze e meglio evidenziare distinti livelli decisionali. Si è così passati da una strutturazione indifferenziata ed elementare, con competenze malamente accorpate su un unico livello, ad una struttura a gradini per livelli di complessità distinti e sostanzialmente paralleli alle concrete conoscenze professionali dei dipendenti (FIG. 2).

FIG.2
2) Riorganizzazione delle competenze
Pur senza cadere nel mansionario si sta tentando di stabilire “chi fa cosa”.
Si tenta cioè di creare una ripartizione degli spazi discrezionali in proporzione a capacità, formazione e back ground lavorativo.
In questo processo di distribuzione delle competenze le stesse vengono riallocate in modo conforme al principio di separazione tra politica e gestione. Si è tentato inoltre di lasciare al segretario comunale la supervisione generale delle scelte e la funzione di supporto legale alle stesse accentrando, però, la maggior parte delle competenze gestionali sul livello intermedio dell’organizzazione (FIG. 3).

FIG. 3
Questa fase ha presentato particolari aspetti problematici perché presuppone un processo rieducativo non soltanto del livello intermedio, che vede ampliate le proprie competenze, ma anche e soprattutto del vertice amministrativo e politico.
Il passaggio da una dimensione organizzativa verticale e accentrata comporta, infatti, il trasferimento del potere discrezionale che trova spesso resistenze sul falso presupposto che maggiore è il grado di intervento e di controllo dei capi, migliori sono i risultati produttivi e che, pertanto, il lavoro svolto in condizioni di maggiore sorveglianza e controllo sia migliore del lavoro svolto in condizioni opposte.
Nel delineare il nuovo assetto organizzativo si è scelto di semplificare le variabili in campo dando per pienamente realizzato il principio di separazione tra politica e gestione.
Si è valutato che in un piccolo comune può essere più utile operare il cambiamento dal basso verso l’alto piuttosto che il contrario.
A fronte di una struttura competente e efficiente la parte politica dovrebbe acquisire una maggiore fiducia nelle capacità decisionali e nelle competenze tecniche dei dipendenti
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3) Formazione
La creazione di una struttura maggiormente decentrata rimane lettera morta se non ci si adopera per permettere ai dipendenti di diventare più capaci di utilizzare effettivamente le loro conoscenze attraverso un opportuno aumento degli investimenti in attività di formazione.
Quest’ultima è, dunque, una componente essenziale dei sistemi di lavoro in cui si vuole incentivare l’assunzione di responsabilità e la capacità risolutiva dei problemi gestionali.
Il possibile contenuto della formazione può essere identificato essenzialmente in due aree:
a) Acquisizione di imput tecnici necessari per il miglioramento delle funzioni esercitate e per l’ampliamento delle stesse,
b) implementazione delle capacità di relazioni interpersonali e con gli utenti.
La seconda area di intervento formativo appare meno ovvia rispetto alla prima ma risponde a precise esigenze organizzative.
E’ stato dimostrato, infatti, che il clima ambientale e lavorativo interno ad una struttura produttrice di servizi, quale è essenzialmente il Comune, è percepito all’esterno in quanto trascende i confini organizzativi per avere un impatto diretto sulla qualità dei servizi gli utenti.
Diventa pertanto essenziale prevedere un’area di intervento che abbia come oggetto il miglioramento delle relazioni reciproche tra i dipendenti e gli uffici all’interno dell’organizzazione, nonché i rapporti tra l’organizzazione ed i consumatori che sono gli utenti finali.
Sotto il primo aspetto si è convinto l’organo politico ad investire in formazione coinvolgendo gli stessi dipendenti nella individuazione dei settori e delle materie in cui ritengono di dovere colmare delle carenze o di necessitare di approfondimenti.
Perchè il momento formativo, infatti, sia veramente produttivo bisogna che la stessa individuazione delle carenze cognitive coinvolga attivamente i potenziali destinatari dell’intervento formativo stesso.
Sotto il secondo aspetto si è tentato di individuare un sistema di implementazione dello spirito di gruppo e di cooperazione.
Se in situazioni statiche il bisogno formativo si avverte quasi esclusivamente in forma di addestramento o aggiornamento, e cioè per gestire o tenere aggiornati gli strumenti di conoscenza, in situazioni di cambiamento, invece, nelle quali si chiede alle risorse umane non solo la conoscenza ma anche altre abilità, il bisogno formativo si amplia notevolmente, andando ad esplorare aree più intangibili ma che possono impattare sui comportamenti del singolo o del gruppo, in modo molto più marcato, se non altro nel medio – lungo termine, di qualsiasi intervento sul sapere fare.
E’ certamente vero che, se la politica scelta è quella di responsabilizzare i dipendenti, è necessario adoperarsi per fornire loro gli adeguati strumenti di conoscenza.
Ma è anche importante “fare apprendere” la consapevolezza del ruolo che cambia.

4. Politiche motivazionali
Il cambiamento richiede sforzo, e questo crea stress se non fa intravedere un raggiungibile e migliore stato di equilibrio che giustifichi e motivi lo sforzo per raggiungerlo.
Le politiche motivazionali concretamente adottabili da un ente locale di piccole dimensioni sono abbastanza intuitive e consistono essenzialmente nella politica delle mansioni, delle progressioni in carriera e nelle politiche monetarie (FIG. 4)

FIG. 4
La politica delle mansioni consiste nel ridistribuire le funzioni di modo da procurare un allargamento o arricchimento delle stesse in capo al soggetto.
Questa linea di intervento è praticabile soltanto quando le aspettative del dipendente riguardino la varietà del lavoro o del contesto ambientale e relazionale in cui viene svolto. Ciò significa che il lavoro deve essere visto come una rilevante fonte di realizzazione personale e che le risorse devono essere per temperamento disposte al cambiamento e all’assunzione di responsabilità. Si tratta, invece, di una strada difficilmente percorribile quando i dipendenti abbiano una bassa propensione all’apprendimento e leghino la loro ambizione soltanto all’aspetto economico.
Gli aspetti caratteriali sopra delineati sono assenti nell’organizzazione in esame e hanno reso non utilmente utilizzabile tale leva.
Oltretutto, poi, nel caso in esame, il cambiamento delle mansioni nel senso di un loro ampliamento e approfondimento, è proprio l’aspetto fondante del processo riorganizzativo che si sta tentando e, dunque, ciò che deve essere fatto accettare sfruttando le altre due leve.
La politica delle mansioni, però, si è rivelata paradossalmente efficace al livello esecutivo ( cioè alla base della piramide delineata nella figura 1) in cui si è riscontrato che l’ampliamento “ufficiale” e formalizzato delle mansioni assegnate è valso, almeno in un caso, a costruire un maggiore senso di appartenenza e partecipazione alla struttura ed una maggiore spinta in senso motivazionale.
La leva dell’avanzamento in carriera è generalmente ritenuta meno percorribile nell’amministrazione pubblica in quanto, per principio consolidato, le promozioni passano necessariamente attraverso il concorso.
Ciò non toglie, però, che sia possibile per l’ente attivare politiche del personale che favoriscono lo sviluppo professionale dei dipendenti e nel contempo creino dei percorsi di carriera.
Il nuovo contratto collettivo del comparto degli enti locali ha dato un nuovo ruolo alla politica del personale prevedendo due linee di progressione, una c.d. verticale e l’altra orizzontale.
La progressione orizzontale sembra però maggiormente assimilabile ad una politica monetaria in quanto, in questo caso, la conseguenza monetaria non è l’effetto derivato della progressione ma l’essenza della stessa.
La progressione orizzontale del nuovo contratto rappresenta quindi un particolare modo di gestire le politiche retributive.
Il ruolo della retribuzione come portatrice di energia e agente sul comportamento dei dipendenti è noto ma da più parti si ritiene che la motivazione derivante da politiche monetarie è, con sfumature più o meno accentuate, essenzialmente di breve termine.
Ma d’altra parte questi meccanismi sono stati introdotti in maniera pesante dai nuovi CCNL e spesso rappresentano gli unici strumenti veramente praticabili.
In un comune di piccole dimensioni l’uso delle politiche retributive assume degli aspetti particolarmente delicati in quanto in un gruppo piccolo è più facile che maturi un senso di ingiustizia che rende scontenti gli esclusi che, lungi dal sentirsi spronati nel proprio lavoro, viceversa rallentano la propria attività.

5. Il sistema incentivante
Per quanto sopra detto la messa a regime del sistema delineato e la sua concreta realizzazione passa per la costruzione di un efficace sistema incentivante.
Allo stato il Comune esaminato ha posto in essere tutti gli atti amministrativi necessari per delineare formalmente il nuovo assetto organizzativo (ridefinizione dotazione organica, decreti di nomina dei responsabili dei servizi, contratti individuali, individuazione degli obiettivi, ecc.) ma ha ancora in corso la creazione del sistema incentivante, delineato solo per grandi linee.
La progettazione di un sistema di compenso coerente con la forma organizzativa utilizzata risulta infatti un compito complesso ed un elemento fondamentale della regolazione della relazione di lavoro.
Il collegamento fra ricompensa e performance può essere reso efficacemente con una retribuzione legata al raggiungimento dei risultati prefissi, e tutto sommato rappresenta la parte più facile da costruire del sistema.
Nell’organizzazione in esame, però, i contributi richiesti devono essere espressi in modo da misurare e valutare anche elementi quali le capacità relazionai, la cooperazione, lo spirito di gruppo.
La realtà descritta, infatti, proprio a causa delle sue piccole dimensioni, può essere definita come un contesto c.d. debole.
Si tratta, cioè, di una organizzazione dove il controllo sull’individuo è piuttosto basso ed è più evidente l’effetto delle azioni della persona.
In una organizzazione di questo tipo lo spirito collaborativo è una condizione essenziale ed assurge a valore del contesto, per cui a fianco delle competenze sociali e relazionali, a fianco delle tradizionali capacità cognitive ed operative caratterizzanti i modelli più tradizionali, saranno necessarie altresì competenze per così dire “sociali”.
L’importanza che si dà a tali valori deve rispecchiarsi nei criteri di efficacia con cui verranno giudicate le persone all’interno dell’organizzazione.
Ciò significa che la progettazione dei sistemi di compenso deve presidiare non solo il processo di misurazione tecnica della prestazione (e dei compensi collegati) ma anche di comunicazione e di controllo reciproco. Dunque anche i comportamenti devono costituire utile oggetto di valutazione oltre che gli obiettivi. Quest’aspetto apre l’ulteriore problema di individuare i soggetti coinvolti nella valutazione e le tecniche della stessa.
L’amministrazione in esame ha ritenuto di esternalizzare il più possibile la funzione di valutazione mediante la costituzione di un nucleo di valutazione (peraltro in forma associata) con la partecipazione di esperti in tecniche di valutazione esterni rispetto all’ente.
Si ritiene, infatti, che la credibilità del momento valutativo giochi un ruolo molto importante nella realizzazione del progetto riorganizzativo delineato.

6. I livelli di criticità
Il processo riorganizzativo descritto può considerarsi ancora in corso e non concluso, pur tuttavia il suo stadio di avanzamento è tale da potere già mettere in evidenza alcuni punti di criticità che rappresentano altrettanti ostacoli al cambiamento o, almeno, alla sua realizzazione oltre che su un piano formale anche e soprattutto sul piano sostanziale della cultura organizzativa.
1) La rigidità della struttura
E’ ormai un dato acquisito che il livello di efficienza nelle organizzazioni dipende sempre più dalle abilità sociali e dalla c.d. cultura organizzativa.
Questo aspetto può essere in qualche modo “sviluppato” ma per lo più dipende da motivazioni ideali, cioè strettamente collegate al senso per cui vale la pena spendere il tempo nel lavoro quotidiano e collaborare in modo integrato col gruppo cogliendo il senso tra ciò che si fa e l’utilità per sé, per l’amministrazione e per i cittadini utenti.
Centrare l’attenzione sulle persone che operano negli enti presenta, dunque, un’ambivalenza.
Da un lato, infatti, le persone sono le risorse più flessibili, proprio per la loro capacità di apprendimento, di adattamento e di innovazione.
Dall’altro, però, esse stesse possono essere al contrario una risorsa molto rigida.
Ciò in quanto modificare comportamenti consolidati, abitudini radicate, sedimentati modi di porsi nei confronti degli altri non è facile.
Nell’organizzazione in esame il grado di rigidità delle risorse umane è estremamente alto e ciò rende difficile dosare anche l’utilizzo delle leve incentivanti prima richiamate.
Per usare una terminologia propria delle scienze “economiche” i dipendenti dell’ente esaminato si trovano su una linea di c.d. “ottimo paretiano” per cui ben difficilmente ed a caro prezzo sarebbero disposti a cambiare il loro modus operandi.

FIG.5
Per capire meglio questo tipo di limite si veda la FIG. 5.
La linea rossa A indica il livello massimo di retribuzione che l’ente può offrire (per vincoli di bilancio, disposizioni legislative o contrattuali ed ogni altro fattore non negoziabile).
La linea arancione B indica invece il livello massimo di prestazione che il dipendente, per i più svariati motivi, è disposto ad offrire, quale che sia la retribuzione offerta.
La leva retributiva può essere usata agevolmente per ottenere maggiori (o migliori) prestazioni soltanto quando l’organizzazione si trovi in una posizione similare a quella del punto 1, dove cioè con un aumento della retribuzione si possono ottenere dei risultati in termini di prestazioni.
Posto che la linea verde C rappresenta il punto di equilibrio tra retribuzione percepita e livello di prestazione offerta ne ricaviamo che a sinistra della linea C c’è l’area di forza del dipendente (in quanto per ottenere un miglioramento in prestazione la P.A. deve pagare una retribuzione più che proporzionale). A destra, invece, c’è l’area di forza della P.A. che riesce a pagare meno che proporzionalmente il miglioramento di prestazioni richiesto.
L’area in colore rappresenta, dunque, il margine negoziabile tra le parti. Oltre tale area la leva retributiva perde di rilevanza.
Se l’organizzazione si trova all’interno dell’area negoziabile (ad es. nel punto 1) lo spostamento della stessa nel punto 2 o nel punto 3 del grafico dipenderà dalla forza delle parti in gioco.
Nella realtà concreta che stiamo esaminando la posizione della struttura è quasi al punto di incrocio tra le retta A e B sia per la rigidità del bilancio comunale (legata anche alle piccole dimensioni dell’ente) sia per la particolare situazione dei dipendenti che per diversi motivi ritengono soddisfacente la loro posizione attuale e danno un importanza relativamente scarsa agli aumenti retributivi.
Questa situazione sposta l’equilibrio verso quegli elementi comportamentali e caratteriali che sono inducibili in minima parte.

2) Le dimensioni
Il comune in esame condivide poi tutti gli aspetti problematici tipici dei comuni c.d. polvere.
Si citano i più rilevanti:
Ø Ha una pianta organica rigida caratterizzata da posti unici, con conseguente impossibilità di utilizzare lo stimolo derivante dal confronto e dalla competizione;
Ø Il suo personale è assegnatario di mansioni multiple, che determinano una scarsa specializzazione e limitano la propensione all’apprendimento;
Ø la limitatezza delle risorse finanziarie rende difficile operare sulla formazione dei dipendenti in considerazione dell’alto costo praticato dai centri che si occupano della materia. L’attività di formazione diventa così episodica e non programmata.

3)La leadership
In questa situazione un elemento di aiuto per l’implementazione della riforma organizzativa sarebbe un’adeguata leadership.
Poiché il successo dell’organizzazione dipende da una molteplicità di variabili lo scostamento dalla posizione iniziale (A) verso l’obiettivo organizzativo (D) può essere ottenuto soltanto per fasi a slanci progressivi (FIG 6).
L’ampiezza dello scostamento nelle singole fasi varia nei gradi in ragione della rigidità delle variabili e della interazione fra le stesse.
Un cambio frequente di leadership può essere una buona leva per agevolare il processo di cambiamento in quanto introduce “nuova linfa” nell’organizzazione e con l’autorevolezza può supplire alla tendenziale ignavia della struttura.
I motivi per cui il processo di cambiamento può essere più veloce e meglio ottimizzabile se cambiano e si avvicendano le figure che dirigono il cambiamento è dovuto alle seguenti motivazioni:
Ø esaurimento capacità negoziale;
Ø esaurimento degli apporti innovativi;
Ø eccessiva assimilazione nell’organizzazione e progressiva perdita della posizione di terzietà.

FIG. 6
Nel caso in esame, poi, si aggiunga anche un elemento contingente e legato alla particolare storia dell’organizzazione.
Il fatto che l’attuale segretario sia arrivato in quella struttura privo di esperienza pratica ed operativa ha fatto si che i rapporti con l’organizzazione si siano impostati su un piano più paritario.
Non c’è stata dunque la possibilità di utilizzare l’autorevolezza del “capo” come fattore aggregante e motivazionale.

7. Conclusioni
In considerazione di quanto premesso si ritiene che il cambiamento nel Comune considerato è sottoposto a dei limiti esterni difficilmente removibili dall’amministrazione.
Quest’ultima ha ancora dei margini di manovra essenzialmente nell’utilizzo dei seguenti fattori:
Ø

Formazione per incentivare anche una diversa cultura organizzativa

Ø

Retribuzione utilizzando i margini negoziali ancora disponibili

Ø

Leadership realizzando un mirato cambio di vertice

In ogni caso la riorganizzazione formale (ridefinizione della struttura, ripartizione delle competenze etc.) ha già sortito degli effetti positivi perché progressivamente la struttura burocratica sta cominciando ad acquisire la consapevolezza di essere l’unico elemento veramente stabile dell’organizzazione comunale.
L’auspicio è che questa nuova percezione, unitamente alla formazione e alle politiche incentivanti, possa contribuire a creare una nuova consapevolezza del proprio ruolo e, per quanto possibile, un certo senso di partecipazione alla mission istituzionale dell’ente.
La valutazione finale del processo in atto deve, pertanto, essere necessariamente rinviata, anche se le osservazioni fin qui svolte hanno già contribuito a fornire importanti spunti di riflessione.

Redazione

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