Il giudice deve illustrare le motivazioni per cui ha quantificato secondo una certa forbice numerica la percentuale della perdita di chances

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Avv. Pier Paolo Muià – Dott.ssa Maria Muià

Fatto

Il caso oggetto di esame da parte della corte di cassazione origina da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di appello di Lecce, la quale aveva riformato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Lecce, diminuendo la quantificazione della percentuale di chances, perdute a seguito di una omessa diagnosi, e conseguentemente ridotto l’importo del risarcimento dei relativi danni, che era stata ottenuta dai ricorrenti in primo grado.

In particolare, i ricorrenti si erano rivolti al tribunale di Lecce chiedendo il risarcimento dei danni subiti, in proprio e quali eredi del paziente, per la responsabilità professionale medica dell’ASL di Lecce e del Presidio Ospedaliero dove al paziente, poi morto per una trombosi carotidea, non era stato eseguito un ecodoppler. Il Tribunale di Lecce aveva riconosciuto il diritto al risarcimento danni per perdita di chance dovuta proprio al fatto che la mancata effettuazione dell’accertamento terapeutico dell’ecodoppler aveva diminuito le possibilità che al paziente fosse diagnosticata la malattia in un tempo utile a poterla curare positivamente.

La suddetta decisione di primo grado veniva impugnata dai convenuti e il giudice di seconde cure accoglieva parzialmente l’appello riducendo la quantificazione della percentuale delle chances perdute dai ricorrenti, riducendola al 15 / 20 %, e conseguentemente dimezzava il risarcimento del danno a favore dei ricorrenti medesimi liquidandolo nella somma complessiva di €.100.000.

I soccombenti in secondo grado, quindi, proponevano riscorso in Cassazione chiedendo la riforma della sentenza di appello per il fatto che i giudici non avevano motivato il perché avessero ridotto la percentuale delle chance perse dal paziente e di conseguenza l’importo liquidato a titolo risarcitorio.

La decisione della Corte di Cassazione

Gli ermellini hanno ritenuto fondato il ricorso promosso dai ricorrenti ed hanno pertanto accolto la richiesta di cassazione della sentenza emessa dalla corte di appello di Lecce impugnata, rinviando alla stessa corte di appello, in diversa composizione, per una nuova decisione della causa.

La corte ripercorre preliminarmente la motivazione dell’ impugnazione proposta dai ricorrenti, secondo i quali la corte di appello aveva in realtà fornito una motivazione soltanto apparente laddove aveva ridotto – dimezzandolo – l’importo a titolo di risarcimento danni e la percentuale di perdita di chance, ciò in quanto non aveva indicato i criteri seguiti nella determinazione della suddetta percentuale.

In particolare, la corte di seconde cure si era limitata a fissare la percentuale di danno per perdita di chances nella misura del 15 – 20 % , senza tuttavia fornire spiegare il procedimento che aveva seguito per arrivare a tale decisione. La corte d’appello, infatti, si era limitata a citare la giurisprudenza di legittimità che stabilisce le modalità secondo cui il danno da perdita di chances deve essere liquidato nonché a riportarsi alla CTU medico legale che aveva confermato che l’effettuazione dell’ecodoppler avrebbe garantito al paziente “alcune chances” di curare positivamente la trombosi carotidea che lo aveva condotto alla morte. Detto ciò, la corte di appello aveva quantificato la perdita di chances.

In altre parole, la corte di appello nella sentenza impugnata aveva analizzato il nesso causale tra l’evento morte e la mancata effettuazione dell’esame diagnostico e quindi l’esistenza di un pregiudizio a carico del paziente che aveva perso delle chances di poter curare la malattia che lo aveva poi colpito (anche se non c’era la certezza che, con l’effettuazione dell’ecodoppler avrebbe potuto impedire la verificazione dell’ evento dannoso). Sulla scorta di tale valutazione aveva, quindi, ritenuto la corte che, a causa dell’ omissione, dei sanitari il paziente ha perso la possibilità che gli fosse diagnosticata precocemente la trombosi e quindi la possibilità di adottare un comportamento e uno stile di vita nonché delle cure mediche che gli permettessero di affrontare in maniera più proficua la malattia, anche se non avrebbe con certezza risolto la problematica.

Ebbene, secondo gli ermellini tale motivazione è effettivamente soltanto apparente, perché dopo aver analizzato i suddetti aspetti il giudice di secondo grado è passato immediatamente a quantificare la percentuale di perdita di chances, stabilendola nella misura del 15 / 20 %, e così dimezzando l’importo a titolo di risarcimento danni che era stato riconosciuto ai ricorrenti dalla corte territoriale di primo grado.

Detta quantificazione, infatti, secondo i giudici della corte suprema non contiene la spiegazione dei criteri seguiti dal giudice di merito per arrivare al numero suddetto. Ciò a maggior ragione, visto che il CTU aveva ritenuto che c’erano “alcune chances” di trattare proficuamente la malattia e quindi avesse a propria volta omesso di definire concretamente quante fossero queste chances: in particolare, a detta degli Ermellini, il CTU avrebbe dovuto indicare dal punto di vista numerico la percentuale, quanto meno in una forbice tra un minimo e un massimo. Tale mancanza da parte del CTU avrebbe dovuto indurre la corte di appello, non a quantificare detta percentuale senza spiegare le ragioni che hanno portato a quel numero, bensì a disporre una integrazione della CTU proprio perché il consulente aveva accertato l’esistenza del danno, ma non l’aveva quantificata (con l’indicazione del percorso logico e argomentativo della quantificazione).

La Corte di Cassazione ha, quindi, concluso ritenendo che la mancata indicazione delle ragioni che hanno indotto il giudice di seconde cure a quantificare la percentuale del danno in quei termini, comporta una violazione dell’obbligo di motivazione costituzionalmente previsto e che impone al giudice di illustrare il percorso di accertamento e di valutazione che egli compie. Ciò a maggior ragione, prosegue la Corte, visto che il giudice di appello aveva ritenuto di ridurre, addirittura dimezzandola, la quantificazione che era stata operata dal giudice di primo grado.

In considerazione di tali argomentazioni, gli ermellini hanno accolto il motivo di impugnazione promosso dai ricorrenti ed ha cassato la sentenza della corte di appello salentina rinviando alla stessa corte, ma in composizione diversa, la decisione della causa tenendo conto dei principi indicati nella sentenza in commento nonché la regolazione delle spese legale tra le parti di entrambi i gradi di giudizio.

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Avv. Muia’ Pier Paolo

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