precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 21307 del 20/10/2016; Cass., Sez. 6, Sentenza n. 19229 del 11/09/2014; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 9564 del 1/10/1997
La vicenda
Una condomina, svolgente attività medica, aveva adibito una stanza del suo appartamento a studio medico.
Secondo gli altri condomini però tale utilizzo dell’appartamento si doveva considerare in contrasto con la clausola del regolamento contrattuale di condominio che consentiva “soltanto l’uso residenziale abitativo” e vietava “a titolo esemplificativo … le attività commerciali, le esalazioni nocive, le immissioni di fumi, gas, scarichi, rumori …”.
Il condominio, dunque, citava in giudizio la professionista sanitaria al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimità di tale adibizione ad uso medico della stanza.
Il Tribunale dava torto al condominio, rilevando come l’uso di una stanza come luogo di visita di pazienti occasionali, non costituendo un’infrastruttura logistica, non violasse il regolamento condominiale che pur consentiva soltanto l’uso residenziale di tipo abitativo.
Secondo il giudice di primo grado un’interpretazione contraria avrebbe comportato una limitazione illecita dei diritti del proprietario dell’appartamento.
Al contrario la Corte d’Appello, sulla base della natura assoluta del divieto posto dal regolamento e il carattere meramente esemplificativo delle attività vietate, riteneva che fosse stato violato il regolamento, non considerando rilevante che solo una stanza avesse destinazione diversa da quella abitativa.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il medico-condomino.
La questione
Se il regolamento di condominio ammette soltanto l’uso residenziale abitativo” e vieta “a titolo esemplificativo le attività commerciali, le esalazioni nocive, le immissioni di fumi, gas, scarichi”, un condomino – medico può visitare i pazienti in una stanza del suo appartamento?
La soluzione
La Cassazione ha ritenuto errate le motivazioni della Corte d’Appello.
Secondo i giudici supremi infatti la Corte d’Appello non ha correttamente valutato la clausola del regolamento contrattuale di condominio che consentiva “soltanto l’uso residenziale abitativo”, omettendo di valutare la possibilità di usi promiscui compatibili con la funzione dell’abitare.
In altre parole secondo la Cassazione i giudici di secondo grado avrebbero dovuto valorizzare il fatto che solo una stanza era destinata a studio medico e che l’appartamento comunque non era diventato un vero e proprio ambulatorio.
In ogni caso secondo i giudici supremi l’attività del medico non è assimilabile a quelle attività, seriamente invasive rispetto alle esigenze abitative degli altri compartecipi, vietate dal regolamento.
In conclusione, la Cassazione, accogliendo il ricorso della condomina, ha stabilito che il giudice del rinvio, in sede di riesame, debba ampliare la propria opera interpretativa della nozione di uso residenziale abitativo, valutando in particolare se in esso siano ricompresi usi promiscui compatibili con la funzione dell’abitare e se, stante l’elencazione delle attività espressamente vietate, seriamente invasive rispetto alle esigenze abitative degli altri compartecipi, sia da ritenersi vietata quella del condomino-medico.
Le riflessioni conclusive
Il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare (ad esempio il rumore).
In quest’ultimo caso per evitare ogni equivoco in una materia atta ad incidere sulla proprietà dei singoli condomini, i divieti e i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sé alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela.
Infatti, la compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, deve risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo ad incertezze (Cass. civ., Sez. II, 20/10/2016, n. 21307).
Alla luce di quanto sopra è da ritenersi lecita la destinazione a studio medico dentistico data ad un appartamento, qualora il regolamento condominiale si limiti a vietare la destinazione “a sanatori, gabinetti operatori o per la cura delle malattie infettive.
Nessun accostamento è possibile fra uno studio dentistico e i sanatori o i gabinetti di cura delle malattie infettive, trattandosi di presidi sanitari profondamente distinti fra loro.
Del pari, uno studio dentistico non è riconducibile al concetto di “gabinetto operatorio”.
Infatti, se è vero che anche in un gabinetto dentistico si compiono talvolta piccoli interventi chirurgici, deve rammentarsi che ciò accade in via del tutto sommaria e per fatti di modesta rilevanza, sì che esso non deve intendersi come destinato in via normale a tali attività (esistono presso gli ospedali o presso ambulatori particolarmente attrezzati reparti per le operazioni nella bocca e sull’apparato dentario): ed invero, nella comune accezione, lo studio dentistico non è un gabinetto operatorio né alcuno userebbe tale termine per designarlo.
È pacifico poi che la clausola, secondo cui è vietata la destinazione degli appartamenti e dei locali “ad uso di qualsiasi industria, ambulanza, sanatori, gabinetti per la cura di malattie infettive o contagiose, case di pegno, case d’alloggio o ad uso non consono al decoro e al riserbo proprio di una casa di civile abitazione” non possa essere violata da colui il quale esercita una attività medica di ortopedico.
In particolare, tale attività non può certo comportare insoliti assembramenti di persone oppure altre fonti di disturbo, né rappresenta di per sé un rischio o comunque non un rischio maggiore di quello connesso con altri usi degli appartamenti, non essendovi ragione di credere che l’ortopedico consenta indiscriminato accesso più di quanto ciò non facciano altri condomini che nello stabile abbiano l’abitazione o l’ufficio (Trib. Genova, 15 giugno 1999).
Si osserva poi che di per sé uno studio ortopedico non pone problemi di ordine igienico.
Allo stesso modo la destinazione di un appartamento a studio medico dentistico non viola la norma del regolamento condominiale di natura contrattuale che vieta l’esercizio negli immobili di proprietà esclusiva di attività rumorose, maleodoranti ed antiigieniche, atteso che tale attività non presenta in concreto tali caratteri (Cass. civ., Sez. II, 07/01/2004, n. 23).
Del resto in presenza di un regolamento condominiale contrattuale che consente “studi privati professionali” ma vieta “ambulatori”, deve valutarsi in concreto se la particolare specializzazione del medico lo porti o meno a svolgere un’attività che rivesta le caratteristiche di un’attività ambulatoriale.
Potrebbe infatti non essere attività ambulatoriale quella del pediatra che abitualmente non dispone di organizzazione ed attrezzature tecniche per accertamenti diagnostici ed interventi terapeutici tali da consentire di erogare al paziente un’assistenza ed una cura completa e risolutiva (Trib. Milano, 28 maggio 1990, n. 4145).
In ogni caso il divieto contenuto nel regolamento di adibire le unità immobiliari ad “ambulatorio” non può riguardare lo studio medico.
Infatti deve qualificarsi come ambulatorio, ogni struttura aziendale destinata alla diagnosi e/o alla terapia medica extraospedaliera, mentre deve ritenersi semplice studio medico quello nel quale si eserciti un’attività sanitaria il cui profilo professionale risulti assolutamente prevalente rispetto a quello organizzativo.
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