Autoriciclaggio configurabile anche in caso di bancarotta fraudolenta con distrazione delle attività societarie

Nel caso di reato di bancarotta fraudolenta con distrazione dell’azienda, commesso distraendo le attività dell’impresa dapprima attraverso un contratto fittizio di affitto di azienda, successivamente con altro atto fittizio di trasferimento della stessa, la successiva gestione dell’azienda ceduta da parte del cessionario configura autonomo reato di autoriciclaggio per l’impiego in attività economiche ovvero finanziarie dell’utilità di provenienza illecita.

Decisione: Sentenza n. 37503/2019 Cassazione Penale – Sezione 2

Nel caso di reato di bancarotta fraudolenta con distrazione dell’azienda commesso distraendo le attività dell’impresa dapprima attraverso un contratto fittizio di affitto di azienda, successivamente con altro atto fittizio di trasferimento della stessa, la successiva gestione dell’azienda ceduta da parte del cessionario configura autonomo reato di autoriciclaggio per l’impiego in attività economiche ovvero finanziarie dell’utilità di provenienza illecita.

La composizione del compendio aziendale (mobili ed arredi non univocamente identificabili) già di per sé impone di ritenere che la cessione sia in concreto idonea ad ostacolare la provenienza illecita degli stessi.

Osservazioni

La vicenda traeva origine dal fallimento di una SRL, per il quale la Procura della Repubblica procedeva per il reato di bancarotta fraudolenta e di riciclaggio a carico degli amministratori di fatto e di diritto.

Il reato di bancarotta ipotizzato sarebbe stato commesso distraendo le attività della società attraverso una serie di condotte sostanzialmente ed in sintesi consistite nella stipula, dapprima, di un contratto di affitto di azienda e, poi, con un atto di trasferimento, entrambi fittizi ed in favore della società fallita.

Per la difesa, entrambe le contestazioni formulate dall’accusa si sarebbero riferite alla medesima attività, cioè la distrazione, avvenuta attraverso i contratti di affitto, prima, e di cessione poi, dell’intera azienda della società fallita in favore di a ltra SRL all’uopo costituita.

Il Collegio non accoglie la tesi difensiva, e così ne spiega le ragioni: «Lo scopo che ha voluto perseguire il legislatore con l’inserimento della fattispecie punita e prevista dall’art. 648 ter.1 cod. pen. è quello di “congelare” ogni utilità economica proveniente da delitto, cioè di impedire che tali beni siano in qualsiasi modo reimmessi nel circuito economico e possano così produrre e determinare ulteriori ed illeciti profitti. A tal fine la norma, come sollecitato anche in sede internazionale, superando la tradizionale clausola di esclusione prevista per l’autore del reato presupposto, ha introdotto questa specifica e peculiare ipotesi di reato. La formulazione della norma, prevedendo le condotte di “impiego”, “sostituzione” e “trasferimento” in attività economiche e finanziarie è coerente con la citata impostazione che, d’altro canto, risulta anche confermata dalla previsione del quarto comma secondo il quale la punibilità è esclusa per le sole condotte finalizzate all’esclusivo godimento personale, quelle attraverso le quali, quindi, neanche l’autore del reato presupposto esercita attività economica ovvero finanziaria.»

La Suprema Corte chiarisce che «l’analisi delle condotte di volta in volta poste in essere dall’autore del reato non possa prescindere da una verifica, in prospettiva che si potrebbe definire dinamica, della specifica natura del bene ovvero della “utilità” oltre che delle caratteristiche e delle modalità concrete dell’operazione realizzata»: solo in tal modo può in effetti essere individuato l’eventuale quid pluris che distingue la condotta costituiva del reato presupposto da quella successiva, ulteriore e distinta, sanzionata ai sensi dell’art. 648 ter.1 cod. pen.

Più in dettaglio, la Cassazione spiega che «Qualora il reato originario riguardi il trasferimento di beni “statici”, come anche il denaro, la condotta attraverso la quale la somma è stata conseguita non è evidentemente idonea a configurare anche il reato di autoriciclaggio.

Non integra il delitto di autoriciclaggio il versamento del profitto di furto su conto corrente o su carta di credito prepagata, intestati allo stesso autore del reato presupposto che, invece, sarà configurabile in ogni ulteriore e successivo trasferimento, impiego e reimmissione nel circuito economico, evidentemente non finalizzato ad un godimento esclusivamente personale».

Ma la situazione cambia radicalmente nel caso in cui «il bene conseguito con il reato presupposto sia per sua natura, in virtù delle sue intrinseche caratteristiche “dinamiche”, idoneo a determinare l’impiego dell’utilità illecita conseguita in attività economiche o finanziarie. Sotto tale dirimente profilo, quindi, la distrazione di una azienda, costituita da un complesso di beni aziendali finalizzati ad una attività imprenditoriale, impone di procedere ad una verifica che non può prescindere dalla effettività o meno della gestione della stessa. La mera distrazione dell’azienda, non seguita da alcuna ulteriore e diversa attività configura il reato presupposto. La successiva gestione della stessa, l’esercizio di una attività imprenditoriale attraverso l’azienda oggetto della distrazione, configura il reato di autoriciclaggio sub specie di impiego in attività economiche ovvero finanziarie dell’utilità di provenienza illecita».

Il reato di autoriciclaggio è configurabile relativamente alla successiva gestione, che è è un’attività ulteriore, successiva e distinta da quella di distrazione.

Il ricorso viene quindi rigettato.

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Giurisprudenza rilevante.

  1. Cass. 8851/2019
  2. Cass. 33074/2016
  3. Cass. 5719/2018
  4. Cass. 25979/2018
  5. Cass. 3414/2014
  6. Cass. 13085/2013

Graziotto Fulvio

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