(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 309)
Il fatto
Il Tribunale di Venezia, Sezione per il riesame, dichiarava inammissibile il riesame avverso la misura custodiale rilevando in particolare che rispetto al numero di procedimento menzionato nella richiesta di riesame, la cancelleria aveva richiesto gli atti e la Procura della Repubblica, dal canto suo, forniva la risposta, come risulta dal fascicolo, secondo cui al numero di procedimento 3331/19 non risulta iscritto il nominativo dell’istanza e, in senso analogo, interloquiva il G.I.P.
Pertanto, poiché l’impugnazione non conteneva i dati necessari per l’individuazione del provvedimento impugnato, questo Tribunale dichiarata l’inammissibilità di tale riesame con condanna al pagamento delle spese di fase.
Volume consigliato
Quando scegliere un rito penale alternativoIl presente volume tratta i procedimenti speciali, così come previsti dal codice di procedura penale, con un approccio pratico-applicativo, grazie anche alla presenza di tabelle riepilogative e tavole sinottiche, allo scopo di guidare il professionista nella scelta del rito (ove ciò sia possibile) e nell’affrontare le criticità cui può andare incontro durante l’iter processuale.Gli Autori, forti di un’esperienza professionale continua e attenta, offrono la propria competenza in materia, con lo sguardo di chi affronta quotidianamente questioni attinenti alla specialità dei procedimenti disciplinati dalle norme procedurali.Il volume tiene conto della riforma del rito abbreviato e affronta altresì la procedura nei confronti dei soggetti minori.Gabriele Esposito, Vice Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli. Avvocato penalista patrocinante in Cas- sazione. Cultore della materia in Diritto Processuale Penale. Autore di manuali giuridici.Alfonso Laudonia, Avvocato, Professore a contratto di Procedura Penale presso l’Università Tematica Pegaso. Si è specializzato in Diritto e procedura penale nonché in Progettazione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo degli Enti ed in Diritto sportivo. È stato Assegnista di ricerca in Economy Legal Security. È autore di plurime pubblicazioni in Diritto e procedura penale.Antonio Di Tullio D’Elisiis, Avvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB). Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica http://diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osserva- torio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica. Antonio Di Tullio DElisiis, Gabriele Esposito, Alfonso Laudonia | 2019 Maggioli Editore 36.00 € 28.80 € |
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Ricorreva per cassazione l’indagato, per il tramite del proprio difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi: 1) violazione della legge processuale in relazione agli art. 309, 581 comma 1, 591 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. atteso che la declaratoria di inammissibilità – alla stregua del contenuto dell’ordinanza impugnata – sarebbe stata generata dal fatto che l’impugnazione non avrebbe indicato i dati necessari per l’individuazione del provvedimento cautelare perché alla richiesta di rito di trasmissione del fascicolo, sia la Procura, sia il G.I.P., avevano risposto che “al numero di procedimento 3331/19 R.G.N.R. non risultava iscritto il nominativo di H. M.”; oltre a ciò, il ricorrente sosteneva che il Tribunale per il riesame, ma prima ancora gli uffici del P.M. e del G.I.P. avrebbero potuto individuare, attraverso i dati forniti, il provvedimento impugnato, segnalare la mancata corrispondenza del dato formale di numero di iscrizione al registro generale (non dipendente da negligenza o incuria del ricorrente, perché tratto dal provvedimento impugnato) e chiedere la trasmissione del relativo fascicolo e, a tal proposito, la difesa invocava l’interpretazione degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen. in senso maggiormente aderente alla salvaguardia sostanziale del diritto di difesa; 2) violazione della legge processuale in relazione agli artt. 309 comma 5 e 10 cod. proc. pen. con contestuale richiesta di declaratoria di inefficacia della misura personale in quanto, tenuto conto che il difensore presentava istanza di riesame in data 23/04/2019 e sino alla data di pronuncia della inammissibilità del 29/04/2019 non interveniva né da parte della Procura, né da parte del G.I.P., la trasmissione degli atti posti a fondamento della misura cautelare che, ai sensi del art. 309 comma 5 cod. proc. pen., devono essere inviati e pervenire entro il termine perentorio di cinque dal deposito dell’istanza difensiva, tale inerzia comportava l’effetto automatico della declaratoria di inefficacia della misura personale; 3) manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. poiché, secondo il ricorrente, l’argomentazione in base alla quale la Procura ed il G.I.P. veneziani, da intendersi le rispettive cancellerie, non avrebbero individuato il nominativo del prevenuto con riferimento al numero di R.G.N.R. indicato, ma che risultava dal provvedimento del G.I.P. di convalida dell’arresto e di applicazione di misura, non poteva essere posta da sola a base della declaratoria di inammissibilità stante l’importanza del bene giuridico tutelato e comunque posto che il ricorso ed il provvedimento oggetto di richiesta di riesame indicavano gli estremi per la corretta individuazione del ricorrente.
Tal che se ne faceva conseguire come provvedimento impugnato fosse privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità per non avere dato atto che comunque doveva essere svolta una ricerca per meglio individuare il destinatario della convalida dell’arresto e della pedissequa misura che era stata adottata nei suoi confronti.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
Il ricorso veniva stimato fondato con riferimento al primo e terzo profilo di doglianza a differenza del secondo motivo che era rigettato.
Si osservava a tal proposito prima di tutto come, nel dichiarare inammissibile l’istanza, il Collegio del riesame avesse citato genericamente la norma di cui all’art. 309 cod. proc. pen., che indica le modalità di accesso al Tribunale del gravame cautelare, e prevede al comma quarto, gli artt. 582 e 583 cod. proc. pen., che disciplinano la presentazione o la spedizione dell’impugnazione.
Premesso ciò, si evidenziava pur tuttavia come la mancata trasmissione del fascicolo, ritenuto non individuabile, come nel caso di specie, per inspiegabile disguido, non potesse ridondare, per effetto della dichiarazione di inammissibilità, in danno dell’impugnante che aveva dato contezza dell’assenza di negligenza da parte sua.
Pertanto, una volta assodato che l’anomalia riscontrata si sarebbe concretizzata nella mancata corrispondenza tra il numero di registro generale notizie di reato ed il nome dell’autore dell’atto di impugnazione, il provvedimento consequenziale, ad avviso della Corte, non poteva essere certamente il riconoscimento di una violazione processuale sanzionata con l’inammissibilità dell’atto introduttivo poiché l’esito di un ricorso al Tribunale del riesame non può dipendere dalla mera attestazione delle cancellerie degli uffici interessati di tale evenienza, pedissequamente ripresa e posta a base del provvedimento poi impugnato, senza verificare con uno sforzo di diligenza se era possibile l’individuazione del fascicolo attraverso gli altri dati quali il nominativo del ricorrente e gli altri elementi tratti dall’ordinanza del tanto più che le allegazioni difensive escludevano che l’incertezza della individuazione del procedimento dipendesse da negligenza del ricorrente.
A sostegno di tale assunto, gli Ermellini rilevavano che, secondo la giurisprudenza della stessa Cassazione, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di riesame, l’indicazione errata od omessa degli elementi richiesti (provvedimento impugnato, data del medesimo e giudice che lo ha emesso) non ha rilievo di per sè sola, ma esclusivamente in quanto può determinare incertezza nell’individuazione dell’atto posto che solo in quest’ultimo caso l’errore o l’omissione costituiscono causa di inammissibilità dell’impugnazione (cfr. già pronunce risalenti quali Sez. 1, n. 4698 del 16/11/1992, e, per la mancata indicazione, nell’atto di impugnazione, della data del provvedimento impugnato, Sez. 3, n. 17673 del 21/02/2003).
Difatti, se è vero che, in più recenti sentenze, è stato stabilito che l’inammissibilità dell’impugnazione cautelare, prevista, in quanto tale, come sanzione specifica delle sole irregolarità attinenti al rapporto di impugnazione – ovvero delle irregolarità che riguardano l’impugnabilità oggettiva e soggettiva del provvedimento, il titolare del diritto di gravame, l’atto di impugnazione nelle sue forme e termini, l’interesse ad impugnare – va dichiarata “de plano“, senza cioè la necessità di fissare l’udienza camerale e di avvisare i difensori trovando applicazione l’art. 127 dello stesso codice il cui nono comma prescrive che l’inammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento è dichiarata dal giudice con ordinanza, anche senza formalità di procedura, salvo che sia diversamente stabilito (Sez. 3, n. 34823 del 30/01/2017; Sez. 2, n. 18333 del 22/04/2016), è altrettanto vero però che la fattispecie in esame è caratterizzata da un errore dell’impugnante “indotto” dalla errata indicazione del numero di registro generale apposto nel provvedimento impugnato, atto che risultava essere comunque suscettibile di identificazione con uno sforzo di approfondimento, in virtù delle altre indicazioni del ricorso, cosicché deve riconoscersi che le allegazioni difensive potevano consentire l’individuazione certa del provvedimento impugnato e del procedimento a cui il medesimo si riferisce superando ogni incertezza nell’individuazione dell’atto.
L’ordinanza impugnata, conseguentemente, veniva annullata con rinvio al Tribunale di Venezia per la delibazione dell’istanza di riesame.
Conclusioni
La sentenza in esame è assai interessante in quanto in essa è stabilito che, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di riesame, l’indicazione errata od omessa degli elementi richiesti (provvedimento impugnato, data del medesimo e giudice che lo ha emesso) non ha rilievo di per sè sola se tale errata indicazione non determini l’incertezza nell’individuazione dell’atto.
In particolare, per evitare una declaratoria di inammissibilità di tale istanza, come ermerge nella decisione in esame, è sufficiente che le allegazioni difensive siano in grado di consentire l’individuazione certa del provvedimento impugnato e del procedimento a cui il medesimo si riferisce superando ogni incertezza nell’individuazione dell’atto.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché fa chiarezza su tale tematica processuale, dunque, non può che essere positivo.
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