(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 99)
Il fatto
La Corte d’appello di Palermo aveva confermato l’appellata sentenza con cui il Tribunale di Palermo aveva condannato l’imputato alla pena di legge per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, per il tramite del difensore eccependo la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’applicazione della recidiva ed alla determinazione della pena in prossimità del massimo edittale.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
Veniva prima di tutto dichiarato inammissibile il rilievo in punto di determinazione della pena-base ribadendosi al riguardo il principio più volte affermato dalla Cassazione secondo il quale la determinazione della pena entro il minimo e il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è pertanto insindacabile nella sede di legittimità allorchè non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013) trattandosi di arbitrio ed irragionevolezza che non sono certamente ravvisabili nel discorso giustificativo svolto a fondamento della pena inflitta in sentenza, là dove la Corte distrettuale aveva congruamente argomentato l’applicazione di una pena non sul minimo editale in ragione della detenzione di sostanze di tipologia diversa e del non esiguo quantitativo di esse.
Il ricorso veniva di contro stimato fondato quanto al rilievo concernente la recidiva
Difatti, posto che nella sentenza di primo grado il Giudice dell’udienza preliminare aveva applicato all’imputato l’aumento di pena di 54 mesi di reclusione e 9000 euro di multa, poi ridotti per il rito, in relazione alla contestata recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, senza motivare in ordine ai presupposti dell’istituto, nonostante la specifica doglianza mossa con l’atto d’appello, il Collegio del gravame, ad avviso del Supremo Consesso, era incorso in un’analoga mancanza di motivazione sul punto là dove – nel confermare la sentenza appellata – si era limitato a rilevare che l’aumento per la recidiva qualificata era stato calcolato dal primo giudice in misura inferiore al limite di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen. senza tuttavia dare conto dei requisiti di operatività dell’istituto.
Tal che, secondo il Supremo Consesso, risultavano integrati i denunciati vizi ex art. 606, comma 1 lett. c) ed e), cod. proc. pen. atteso che costituisce un principio di diritto acquisito che l’aumento di pena per effetto della recidiva postula una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo di tal che, pur rientrando nell’esercizio dei poteri discrezionali del giudice, deve essere sorretto da un’adeguata motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere dell’imputato che giustifichi l’aumento di pena fermo restando come sia pacifico che lo specifico onere motivazionale da parte del giudice possa essere adempiuto anche implicitamente facendo richiamo a circostanze dimostrative della maggiore capacità a delinquere dell’imputato (Sez. 6, n. 14937 del 14/03/2018).
A fronte di ciò, gli Ermellini rilevavano come nella sentenza impugnata non vi fosse alcuna traccia di una motivazione, né esplicita né implicita, in tema di recidiva, non potendo questa evincersi dal richiamo fatto dalla Corte territoriale ai precedenti penali del ricorrente per negare l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, non essendo detti precedenti di per sè soli indicativi di una maggiore pericolosità sociale dell’imputato.
I giudici di piazza Cavour, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, disponevano come la sentenza impugnata dovesse essere annullata limitatamente alla recidiva con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo per nuovo giudizio sul punto.
Conclusioni
La sentenza in questione è assai interessante nella parte in cui spiega quale verifica deve essere compiuta al fine di disporre l’aumento di pena per effetto della recidiva.
In particolare, in siffatta pronuncia, viene postulato come ciò debba essere fatto attraverso una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo la quale, pur rientrando nell’esercizio dei poteri discrezionali del giudice, deve essere sorretta da un’adeguata motivazione con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere dell’imputato che giustifichi l’aumento di pena fermo restando che lo specifico onere motivazionale da parte del giudice può essere adempiuto anche implicitamente facendo richiamo a circostanze dimostrative della maggiore capacità a delinquere dell’imputato.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in questa decisione, proprio perché chiarisce questa specifica tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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