precedenti giurisprudenziali: Trib. Salerno – sentenza del 8 febbraio 2012; Trib. Milano – sentenza del 7 dicembre 2001;
La vicenda
Un condominio deliberava lavori straordinari di rifacimento di un muro perimetrale. Per meglio eseguire le opere era necessario installare i ponteggi nella proprietà esclusiva di alcuni condomini. Quest’ultimi però impedivano al personale della ditta incaricata dei lavori di accedere al loro giardino per installare i ponteggi.
Inoltre posteggiavano la loro automobile in modo tale da ostacolare alle maestranze della ditta incaricata dei lavori condominiali l’accesso alla chiostrina comune (cortile interno). Il condominio otteneva un provvedimento d’urgenza che sbloccava la situazione. In ogni caso i condomini nel giudizio di merito pretendevano il risarcimento dei danni subiti in quanto ritenevano che il ritardo causato dai condomini “ribelli” avesse determinato un aggravamento della situazione.
Il Tribunale dava ragione al condominio e condannava i convenuti al risarcimento dei danni; la Corte d’appello accoglieva parzialmente l’impugnazione e respingeva la domanda di risarcimento dei danni che non riteneva fossero adeguatamente provati, non reputando convincente il generico riferimento contenuto nella ctu e la documentazione acquisita.
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La questione
Quali possono essere le conseguenze del comportamento di un condomino che ostacola l’installazione dei ponteggi nella sua proprietà per eseguire opere di manutenzione straordinaria di una parte comune?
La soluzione
La Cassazione riconosce la responsabilità dei condomini che hanno ostacolato la ditta incaricata dei lavori condominiali.
In particolare i giudici supremi hanno notano che all’esito della ctu era stato chiaramente accertato che per l’esecuzione dei lavori condominiali era necessario installare “ponteggi o sistemi elevatori” sul giardino di proprietà delle resistenti e che il rifiuto di questi ultimi era venuto meno solo a seguito dell’emissione di un provvedimento giudiziale.
Tale fatto – come notano i giudici supremi – si fonda, non su presunzioni, come sostenuto dalle ricorrenti, ma su deposizioni testimoniali, documentazione fotografica e risulta anche dalla ctu.
Tuttavia, sebbene non fosse in discussione la responsabilità dei condomini “ribelli”, la Cassazione condivide la scelta dei giudici di secondo grado di non accogliere la domanda proposta dalla collettività condominiale per il risarcimento dei danni connessi al maggior aggravio alle parti comuni interessate dai lavori edili in conseguenza della dilatazione dei tempi di esecuzione dei lavori dovuto al comportamento dei resistenti.
Infatti, la liquidazione dei danni, richiede, comunque, la prova, gravante sulla parte che richiede il risarcimento, sia dell’an, ovvero della concreta esistenza di un pregiudizio, che del quantum, ossia della sua quantificazione o, quantomeno, la desumibilità di tali elementi dagli atti di causa.
I condomini invece si sono limitati a sottolineare il generico riferimento ai danni contenuto nella ctu e nella documentazione acquisita.
Le riflessioni conclusive
I lavori di ristrutturazione delle parti comuni condominiali che prevedono l’installazione di ponteggi sono, da sempre, vissuti con disagio dalla collettività condominiale.
Questo sia per il disturbo obiettivamente provocato dalla presenza del cantiere (che può riguardare anche porzioni di proprietà esclusiva) ma, soprattutto, per il timore che simili infrastrutture vengano utilizzate dai ladri per introdursi all’interno delle unità immobiliari.
In tal caso per i danni subiti dai condomini può essere chiamata in causa l’impresa che deve evitare tutti quei comportamenti che possono agevolare i malintenzionati, compreso l’abbandono delle strutture dopo la conclusioni dei lavori.
Per quanto riguarda il problema “collocazione” accade spesso che l’utilizzo dei ponteggi necessari per la manutenzione alle parti comuni richieda l’occupazione temporanea del suolo pubblico: in tal caso è necessario rispettare l’iter previsto dal Comune che normalmente comporta, oltre al pagamento di una tassa, la presentazione di un’apposita domanda all’ufficio competente, corredata di tutta la documentazione richiesta (stralcio planimetrico della località in scala con indicata l’area interessata dall’occupazione, planimetria con evidenziata la dimensione della sede stradale, dell’occupazione e il posizionamento delle strutture provvisionali, copia contratto per l’esecuzione dei lavori ecc.).
Problemi maggiori sorgono quando i ponteggi devono essere installati all’interno di un cortile privato situato a piano terra allo scopo di espletare un’attività edile condominiale.
In tal caso infatti può presentarsi un conflitto tra il diritto del condominio all’esecuzione di opere ritenute necessarie e l’assoluto rispetto del diritto del singolo condomino.
In assenza di prescrizioni regolamentari, a norma dell’art. 843 c.c., però, il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare il muro o altra opera propria del vicino o comune.
Si noti che l’obbligo di consentire l’accesso ed il passaggio nella sua proprietà non trova la sua fonte in un diritto di servitù a favore del fondo confinante, integrando, invece, gli estremi di una obligatio “propter rem” che si risolve in una limitazione legale del diritto del titolare del fondo, funzionale al soddisfacimento di una utilità occasionale del vicino e consistente nel dovere di consentire l’accesso e la momentanea occupazione degli spazi necessari al compimento delle operazioni di manutenzione e rifacimento di una parte comune tutte le volte in cui l’impedimento dell’accesso stesso renderebbe impossibile il compimento delle necessarie riparazioni (Trib. Milano, 7 dicembre 2001).
L’accesso ed il passaggio del vicino nel fondo altrui sono, quindi, sempre consentiti purché l’attività di immissione nell’altrui proprietà sia essenzialmente temporanea e giustificata dall’esigenza di non poter altrimenti eseguire la riparazione del bene comune .
Di conseguenza in sede giudiziale il giudice di merito deve verificare se la soluzione prescelta sia l’unica possibile o, tra più soluzioni, quella che consenta il raggiungimento dello scopo con minor sacrificio sia di chi chiede il passaggio, sia del proprietario del fondo che deve subirlo .
Naturalmente l’accesso al fondo del vicino, consentito dall’art. 843 c. c., permette implicitamente che l’accesso sia accompagnato dal deposito di cose, operazione necessariamente strumentale alla costruzione.
A fine lavori, però, deve essere eliminata, a cura e spese del depositante (cui, sin dall’inizio, fa carico l’obbligo del ripristino) ogni conseguenza implicante una perdurante diminuzione del diritto del singolo condomino che, invece, deve riprendere la sua originaria ampiezza.
In ogni caso, come prevede il secondo comma dell’art. 843 c.c., se l’accesso causa danno è dovuta un’indennità al condomino danneggiato.
In particolare considerato che l’obbligo del proprietario di consentire l’accesso o il passaggio del vicino costituisce un’obbligazione propter rem, appare più confacente alla lettera della legge, considerare l’espressione “indennità” come preventiva liquidazione del danno che potrebbe derivare al proprietario del fondo dal passaggio e dal protrarsi dell’occupazione, fermo restante l’obbligo del vicino di ripristinare lo stato dei luoghi ad opera finita (Cass. civ., Sez. II, 27/01/2009, n. 1908).
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