Il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione, sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale, non è ammissibile avverso la sentenza resa, nell’esercizio della propria funzione nomofilatticadall’Adunanza Plenaria che, ai sensi dell’art. 99 comma 4 c.p.a. abbia enunicato uno o più principi di diritto e restituito per il resto il giudizio alla sezione rimettente, non avendo tale statuizione carattere decisorio e definitorio del giudizio di appello. Una volta pronunciata la regola di diritto da parte delle Sezioni Unite, sarà la sezione rimettente a svolgere un’operazione di riconduzione della regola iuris al caso concreto.
I fatti oggetto del giudizio
Viene impugnata la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 13 de 2017 che ha affrontato la questione del regime applicabile alle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico avanzate prima del 2006 e in particolare se anche a questa vada applicata la norma generale sulla decadenza delle misure di salvaguardia che comportano il divieto di apportare modificazioni al territorio oggetto della proposta in difetto di autorizzazione delle autorità compententi.
Nel codice dei beni culturali e del paesaggio è stata, infatti, introdotta nel 2006 una disposizione che ha previsto la decadenza delle misure di salvaguardia nel caso di superamento del termine di 180 giorni, nel caso di mancata adozione del provvedimento finale.
Prima della pronuncia si contrapponevano due tesi.
Secondo le tesi prevalente le proposte di vincolo avanzate prima delll’entrata in vigore del d.lgs. n.42 del 2004 conservavano efficacia ancorchè i relativi procedimenti non si fossero conclusi nel termine legale, in quanto non essendo previsto un temine di efficacia della misura di tutela paesaggistica l’adozione del provvedimento poteva essere anche avvenire a notevole distanza di tempo.
La tesi minoritaria affermava invece la cessazione degli effetti di tali provvedimenti, poichè non è possibile assicurare una durata senza termine a tali provvedimenti.
L’Adunanza Plenaria ha aderito a tale secondo indirizzo, affermando che, anche prima dell’intervento normativo, “il vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico cessa qualora il procedimento non si sia concluso entro 180 giorni”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione affermano l’inammissibilità del ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione avverso la sentenza resa dall’adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nell’esercizio della propria funzione nomofilattica
La giustizia amministrativa, come è noto, si compone soltanto di due gradi di giudizio, ammettendo il ricorso alla Suprema Corte soltanto per motivi inerenti la giurisdizione.
Il primo grado trova esecuzione dinanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali ed il secondo, relativo al controllo sulle decisioni del giudice di prime cure, viene garantito dal Consiglio di Stato che, nelle sue tre sezioni giurisdizionali, svolge funzioni di giudice di appello.
L’art. 111 comma 8 della Costituzione, enuncia il principio giuridico in base al quale contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti è ammesso il ricorso alla Corte di Cassazione soltanto per motivi inerenti la giurisdizione.
La Corte di Cassazione Civile, intervenuta sulla materia, ha stabilito che il sindacato dei giudici di legittimità sulle decisioni del Consiglio di Stato, previsto dal nostro ordinamento, ai sensi dell’art. 111 ultimo comma della Costituzione o dell’art. 362 c.p.c., è ammesso nel caso in cui la sentenza del Consiglio di Stato abbia violato i c.d. limiti esterni della propria giurisdizione oppure l’ambito della giurisdizione in generale.
La prima ipotesi si verifica quando il Consiglio di Stato ha giudicato su una materia della giurisdizione ordinaria o su una materia di un’altra giurisdizione speciale. Si verifica nel caso in cui il Consiglio di Stato abbia negato la propria giurisdizione ritenendo che la stessa appartenesse ad un altro giudice o quando abbia giudicato nel merito su una materia attribuita alla propria giurisdizione limitatamente al solo sindacato della legittimità di un atto amministrativo.
La seconda ipotesi si concretizza invece quando il Consiglio di Stato abbia violato, in senso negativo o positivo, l’ambito della giurisdizione generale giudicando in merito alla giurisdizione riservata al legislatore oppure quando abbia negato la giurisdizione su un erroneo convincimento.
In particolare, nella sentenza in commento la ricorrente affermava che l’Adunanza Plenaria avesse sconfinato nelle attribuzioni riservate al legislatore, superando i limiti esterni della giurisdizione amministrativa.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 27842 del 30 ottobre 2019 afferma che il ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione, sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale, non è ammissibile avverso la sentenza resa, nell’esercizio della propria funzione nomofilattica dall’Adunanza Plenaria che, ai sensi dell’art. 99 comma 4 c.p.a. abbia enunicato uno o più principi di diritto e restituito per il resto il giudizio alla sezione rimettente, non avendo tale statuizione carattere decisorio e definitorio del giudizio di appello.
Una volta pronunciata la regola di diritto da parte delle Sezioni Unite infatti sarà la sezione rimettente a svolgere un’operazione di riconduzione della regola iuris al caso concreto.
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