Il contratto incompleto ed il contratto a formazione progressiva

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L’accordo è l’incontro della volontà di almeno due parti su un regolamento di interessi che presenta i lineamenti strutturali minimi del contratto, realizza il perfezionamento della fattispecie, identificando se, dove e quando risulti concluso il contratto. L‘art. 1326 c.c recita: “Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte.” In realtà, il perfezionamento del contratto è il risultato di diverse modalità di manifestazione del consenso. Questo può essere espresso in modo manifesto o tacito, attraverso un linguaggio verbale o non verbale, tra persone presenti o assenti, attraverso un procedimento a formazione istantanea oppure progressiva. Il contratto si forma a seguito del reciproco scambio di consensi tra persone presenti, oppure, nel caso in cui le parti non contrattino contestualmente, non trovandosi cioè nello stesso luogo, nello stesso momento, il contratto si concluderà quando il proponente venga a conoscenza dell’atto di accettazione. Al fine di bilanciare adeguatamente l’interesse delle parti, ovvero l’affidamento dell’accettante nell’espletamento delle attività necessarie alla formazione del contratto e l’interesse del proponente di essere messo a conoscenza dell’avvenuta accettazione, è stata elaborata la “c.d. presunzione relativa di conoscibilità”. Dunque si presume che il proponente sia venuto a conoscenza dell’accettazione, se esso non ne dimostri l’impossibilità, non per propria colpa.

Il contratto a formazione istantanea

Il contratto a formazione istantanea è il contratto che si forma a seguito del mero scambio di proposta ed accettazione, mentre, il contratto a formazione progressiva o successiva si caratterizza per il fatto che la conclusione del contratto si realizza attraverso un iter nel quale l’accordo delle parti è raggiunto gradualmente, sussiste, cioè, “uno stemperamento della nascita del rapporto attraverso alcuni stadi di formazione unificati da un ciclo formativo.” In particolare, le parti possono scambiarsi atti quali minute e puntuazioni allo scopo di indicare gli elementi sui quali hanno già raggiunto un accordo e poter, poi, prose- guire le trattative su ulteriori elementi. Tale modalità di formazione è utilizzata per regolare operazioni economiche particolarmente complesse che non possono essere disciplinate attraverso il semplice scambio di proposta ed accettazione.

L’analisi del procedimento di formazione del contratto, in particolare, il problema del contratto a formazione progressiva, interessa lo studio del contratto incompleto, in quanto quest’ultimo è stato considerato mera intesa precontrattuale e non definitivo regolamento di interessi tra le parti.

La Suprema Corte ha parlato, per la prima volta, del contratto a formazione progressiva nel 1959 affermando che “in un contratto formato progressivamente, un momento nel quale l’accordo raggiunto, anche se incompiuto rispetto a tutti gli intenti economici e pratici (ai quali corrispondono le accessorie determinazioni giuridiche) è voluto dalle parti come fonte di obbligazioni, come qualcosa di definitivamente distaccato dalle volontà individuali e concorrente a formare l’unitaria volontà negoziale; è da questo momento, quindi, che il contratto, anche se privo di precetti accessori e secondari, è perfetto e valido.”

All’inizio del secolo scorso fu Carnelutti ad elaborare il concetto della formazione progressiva o successiva del contratto, affermando che “quando le parti si sono accordate su quei punti essenziali, che costituiscono il contenuto minimo del contratto, il contratto è nato, può essere che i contraenti si accontentino di ciò, si rimettano, dunque, per il regolamento del rapporto a legge, uso o equità, oppure, che vi ritornino in un secondo momento.”Con l’espressione “contenuto minimo” l’autore fa riferimento al contenuto espressamente determinato dalle norme di legge, e, in particolare, dalle disposizioni che si occupano della definizione della singola fattispecie negoziale, ciò significa che un accordo parziale sugli elementi principali è sufficiente a perfezionare il contratto. In definitiva, l’accordo sugli elementi essenziali del contratto viene considerato sufficiente alla formazione del contratto, ma si ritiene, al contempo, che il disaccordo sugli elementi accidentali non permetta la venuta ad esistenza del contratto.

Tale teoria è stata fortemente criticata, in particolare, si è affermata l’impossibilità di dare rilevanza, per la formazione del contratto, alla distinzione tra elementi essenziali ed accidentali, in quanto “gli elementi essenziali del negozio sono soltanto quelli senza dei quali un negozio non può esistere in generale e non appartiene a quella determinata categoria giuridica; mentre per la formazione di un singolo contratto in concreto può avere per le parti valore decisivo uno degli elementi accidentali e l’ammissione o l’esclusione di uno degli elementi naturali”. E’ stato, inoltre, affermato che “la distinzione tra elementi essenziali e accessori è distinzione che ha senso fare, soltanto quando sia sorto il contratto,” infatti, durante le trattative distinzioni del genere non sono possibili a causa del loro valore meramente descrittivo; ad esempio, nel caso in cui le parti si siano accordate sul pagamento del prezzo in rate, ma, si siano riservate di discutere il numero e l’entità delle stesse. Tali elementi possono essere considerati accessori o riguardanti solo l’esecuzione del contratto esclusivamente in via teorica, mentre, in realtà, nella pratica, essi hanno un peso decisivo, se non determinante, per la conclusione del contratto.

La formazione del contratto

Il problema della formazione del contratto è stato tradizionalmente affrontato con una particolare attenzione alla distinzione tra elementi accidentali ed elementi essenziali del contratto, conseguentemente, il tema della completezza contrattuale ha avuto rilievo di elemento caratterizzante l’intero fenomeno della formazione del contratto. Sarebbe, quindi, la completezza contrattuale a permettere l’affermazione dell’avvenuto passaggio dalla fase meramente precontrattuale al contratto definitivamente completo, attraverso il superamento di quella soglia di contenuto contrattuale la cui presenza è considerata necessaria. Tale posizione ha contribuito alla sovrapposizione dei concetti di conclusione del contratto e di completamento tanto che tali espressioni sono utilizzate come sinonimi, mentre, si ritiene che tali due profili, quello della completezza e quello della conclusione del contratto siano e debbano restare ben distinti tra loro. Infatti, il problema della verifica della completezza del contenuto contrattuale, della sua sufficienza e della meritevolezza dell’interesse che esso esprime sorge esclusivamente quando il contratto sia venuto ad esistenza, quando cioè esso possa già dirsi concluso, ed è funzionale a determinare la validità e l’efficacia del contratto. La prospettiva secondo la quale la completezza contrattuale è sintomo dell’avvenuto perfezionamento del contratto deve essere rovesciata a favore dell’affermazione che l’accordo è elemento determinante della formazione del contratto. L’affermazione secondo la quale il profilo della completezza contrattuale non incide sull’avvenuta conclusione del contratto ci permette di affermare che il contratto incompleto non consiste in una mera in- tesa precontrattuale ma che esso sia una fattispecie perfezionata.

La natura di fattispecie non perfezionata dei contratti incompleti è stata particolarmente argomentata per quanto riguarda il contratto con clausola di arbitraggio, in quanto unica opzione di contratto incompleto, ad essere stata disciplinata dal legislatore.

Il contratto con clausola di arbitraggio non fosse un contratto concluso. Ciò era sostenuto perché la sua struttura era assimilata a quella di un contratto condizionato, essendo entrambe le figure caratterizzate da una situazione di incertezza derivante dalla presenza di un ostacolo esterno al negozio cui è subordinata la produzione degli effetti. La venuta ad esistenza del negozio era, di conseguenza, ritenuta connessa alla de- terminazione del soggetto terzo.

Pertanto il contratto con clausola di arbitraggio diviene perfetto soltanto al momento dell’avvenuta determinazione.

Inoltre, è sostenuto che il contratto con clausola di arbitraggio debba dirsi concluso perché in esso sono presenti tutti i suoi elementi costitutivi, anche se non determinati, e che affermare che tale contratto non sia concluso fa venire meno la logica di aver disciplinato una tecnica di determinazione successiva del contratto. In particolare, si afferma che un contratto nel quale si deferisce al terzo la determinazione dell´oggetto non è un contratto incompleto (in tal caso le espressioni completo ed incompleto vengono utilizzate come sinonimi di contratto concluso, non concluso) o in via di formazione, il contratto è completo perché sono presenti tutti gli elementi costitutivi di esso, ivi compreso l´oggetto, anche se questo debba ancora essere ulteriormente determinato. La natura di contratto a formazione progressiva per quanto riguarda il contratto con clausola di arbitraggio è stata fugata affermando che “pur integrando una tipica fattispecie di atto a formazione storicamente rilevante e dunque formandosi attraverso un processo che può durare nel tempo, non rientra nella categoria degli atti a formazione progressiva. Questo, in definitiva, perché l’intervento determinativo della fonte esterna è già stato attratto per volontà preventiva delle parti all’interno del programma negoziale.”

Per incompleto si intende in questo senso non perfezionato, questo è un esempio della problematica anche terminologica che si è andata a creare a seguito della confusione tra profilo della conclusione e della completezza del contratto non valido che non ha, e non ha mai avuto, alcuna efficacia. Il profilo del perfezionamento del contratto non ha niente a che vedere con quello della validità e della produzione di ef- fetti, infatti, per poter valutare la validità di un contratto esso deve essere venuto ad esistenza.

Quindi, non si può utilizzare l’argomento della nullità del contratto con clausola di arbitraggio, qualora questo non sia stato determinato, come elemento a favore della mancata conclusione del contratto, in quanto il fatto che se ne valuti la validità è elemento che permette di affermarne la venuta ad esistenza. Inoltre, la rimessione delle determinazione secondo mero arbitrio è, al pari di quella secondo equo apprezzamento, una tecnica di successivo completamento del contratto che il legislatore ha offerto alle parti al fine di giungere al perseguimento dei loro obiettivi economici; non si può, quindi, ritenere che il legislatore abbia previsto una simile opportunità limitando, al contempo, la venuta ad esistenza del contratto nel caso in cui si utilizzi il criterio del mero arbitrio.

Escluso, quindi, che il completamento del contenuto contrattuale sia elemento di esclusiva e fondamentale rilevanza per il fenomeno della conclusione del contratto, ad oggi, “la dottrina dominante ritiene di offrire un’appagante spiegazione del fenomeno della formazione del contratto affermando che il perfezionamento del contratto coinciderebbe con la formazione di una volontà comune, realizzata attraverso un intimo consenso, attraverso, cioè una fusione delle singole volontà dei contraenti.”

Ulteriori elementi a conferma della centralità dell’accordo nel fenomeno della formazione del contratto sono: la definizione del contratto come accordo tra due o più parti, e la lettera dell’articolo 1362 del codice civile che recita: “Nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole”. Per risolvere il problema della formazione del contratto bisogna, necessariamente, far capo all’accordo perché esso costituisce il mezzo attraverso cui le parti esprimono la loro adesione ad un determinato regolamento contrattuale e la volontà di realizzare una determinata operazione contrattuale; l’accordo è il passaggio obbligato per la formazione del contratto, mentre la completezza contrattuale non è considerata elemento fondamentale.

Questa posizione è stata condivisa dalla Cassazione che ha posto al centro della formazione del contratto la volontà delle parti di vincolarsi. Da un lato non escludendo “la possibilità, il cui accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito (non censurabile ove sorretta da una motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici), di ritenere concluso un contratto quando, nel caso concreto, le parti abbiano voluto considerare come vincolante un determinato assetto di interessi, nonostante che per taluni aspetti possano rendersi necessarie ulteriori specificazioni, il cui contenuto può configurarsi quale oggetto di un obbligo che trova la sua fonte nel contratto già concluso.

Dall’altro lato, sostenendo che anche un atto con un completo regolamento dell’assetto negoziale possa essere considerato, esclusivamente, preparatorio, se manca l’”attuale effettiva volontà delle parti di considerare il contratto concluso. “Infatti, si ritiene che il problema relativo al completamento del contratto sia un problema che attiene al contratto già concluso e riguardi piuttosto il problema della validità in relazione al grado di determinabilità degli elementi contrattuali non ancora determinati.

Risolti positivamente gli interrogativi riguardanti perfezionamento e validità del contratto incompleto, sorge un ulteriore interrogativo: se il contratto incompleto possa essere produttivo di effetti al momento della venuta ad esistenza oppure esclusivamente a seguito della determinazione dell’elemento non determinato.

Secondo parte della dottrina, che si è specificatamente occupata del tema della determinazione del terzo, l’efficacia del negozio doveva essere considerata sospesa fino alla determinazione degli elementi mancanti, si affermava infatti che “l’incompletezza di un elemento della situazione effettuale vale come la sua inesistenza allo stato e dunque ne impedisce l’attuazione, differendola al momento della determinazione”; ed inoltre che “il rinvio alla determinazione esterna non incide sulla perfezione della vicenda ma sulla sua efficacia (…)

Tale mancata efficacia veniva ricostruita attraverso il meccanismo della condizione sospensiva, dell’invalidazione successiva ovvero della validità sospesa

Più recentemente è stato affermato che “il contratto può, in forza di alcune sue clausole, per disposizione di legge e ancora per il suo deferimento ad una situazione effettuale ancora incompleta essere destinato a produrre i suoi effetti (finali) in un momento successivo. Si assiste, a siffatta stregua, per vari aspetti e sotto spinte diverse, al superamento dell’antico e formalistico principio, secondo cui l’intera fattispecie del contratto deve venire ad esistenza nella fase della sua conclusione e nello stesso momento devono prodursi immediatamente i suoi effetti.”

Ad oggi, si ritiene che l’inefficacia si limiti al solo elemento che non è stato determinato. Se l’incompletezza attiene alla prestazione principale o al suo oggetto questa non è esigibile, ma le prestazioni accessorie potrebbero essere dovute prima della determinazione. Si afferma, ad esempio, che se Tizio vende 1000 azioni al prezzo che verrà fissato a fine mese, nulla impedisce che il trasferimento delle azioni avvenga ora. Lo stesso vale se Caio si impegna a pagare subito un appartamento, da sorteggiare una volta ultimata la costruzione del grattacielo. Tra le prestazioni efficaci prima della determinazione dell’elemento contrattuale non determinato deve essere annoverata la determinazione successiva.

Per i casi di incompletezza successiva, invece, il contratto è completo ed efficace sin dal momento della sua venuta ad esistenza ma, tale efficacia può venire meno. E’ quanto accade qualora siano stati previsti meccanismi volti a reagire all’avverarsi di sopravvenienze che sconvolgono l’equilibrio contrattuale, ad esempio, nei casi in cui si inseriscano clausole di “hard ship”, che al verificarsi di eventi imprevedibili che alterano in modo sostanziale la distribuzione dei rischi tra le parti prevedono la sospensione temporanea dell’efficacia dei contratti durante la quale le parti procedono alla rinegoziazione del contenuto contrattuale.

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