In ordine al requisito della fondatezza del pericolo di fuga[5] ,è necessario specificare che esso non debba avere la conformazione di un elemento di certezza bensì ,che lo stesso sia concretamente prevedibile; quindi il pericolo della fuga del soggetto sopra descritto (in base alle indagini svolte) deve essere <<effettivo, concreto, dedotto da precise circostanze di fatto,da cui si evinca il chiaro intento dell’indagato di eludere la giustizia dandosi alla fuga>>[6] quindi tale pericolo deve essere reale, particolarmente elevato e non immaginario. Sin qui si è descritto lo schema dispositivo dell’istituto in commento ,ma per avere un’idea quanto più completa del fenomeno precautelare sopra descritto è d’obbligo trattare la fase di convalida dello stesso disciplinata dal codice di rito .La fase della convalida del fermo di indiziato di delitto si apre con la richiesta da parte del pubblico Ministero all’organo giurisdizionale (giudice per le indagini preliminari), il quale dovrà compiere delle valutazioni in ordine alla fondatezza della misura pre- cautelare in parola, avendo cura di riscontrare nel caso di specie ogni elemento caratterizzante i requisiti necessari all’emissione del decreto ad oggetto la misura pre-cautelare in oggetto .Nello specifico l’organo giurisdizionale della fase deve prodursi in un’accurata indagine qualitativa e quantitativa sugli elementi portati alla sua conoscenza nella richiesta di convalida in parola. Nel far questo il g.i.p. dovrà esaminare ogni singolo elemento acquisito nel corso delle indagini espletate dall’autorità giudiziaria menzionato nella suddetta richiesta, utilizzando i criteri propri della semeiotica penalistica al fine di riscontrare nel caso di specie i segni tipici del periculum al quale la norma procedimentale, sopra richiamata, fa espresso riferimento. I criteri anamnestici che l’organo giurisdizionale dovrà utilizzare sono quelli tipici della fase investigativa, degli dovrà infatti accertare la presenza di gravi indizi di colpevolezza , i quali dovranno poi essere gravi, precisi,concordanti tali da giustificare una presunzione di colpevolezza dell’indagato (per chi scrive un’anamnesi scevra di concordanza e precisione di presunti elementi di colpevolezza non giustifica l’emissione di un decreto di fermo di indiziato di delitto tantomeno di una convalida dello stesso proprio perché, la presunzione d’innocenza assume un’importanza ancor più pregnante in sede di indagini preliminari dato che dal risultato di queste può scaturire anche una richiesta di rinvio a giudizio e una eventuale conseguente condanna del soggetto indagato)[7]; contestualmente dovrà valutare ,sulla base di una presunta colpevolezza dell’indagato, il rischio di fuga dello stesso al momento in cui la misura in parola sia stata decretata ,anche qui seguendo i criteri tipici dell’istituto del 273 c.p.p.
Divieto di fermo in determinate circostanze
Fin qui si è dato conto della disciplina del 384 c.p.p. nelle sue linee applicative generali, ora approfondiremo ogni singola sezione funzionale del macroistituto, sopra richiamato, iniziando con l’esegesi dell’istituto del 385 c.p.p. “Divieto di arresto o di fermo in determinate circostanze”. Nonostante la sua importantissima e quasi insostituibile importanza per l’evoluzione e proficua conclusione delle investigazioni di matrice giudiziaria, l’istituto del fermo di indiziato , in determinate circostanze , trova un primo invalicabile limite applicativo costituito dai divieti codicistici propri del su menzionato art. 385 c.p.p.:1) fatto di reato compiuto nell’adempimento di un dovere ex.art 51 c.p.;2)esercizio di una facoltà legittima o in[8] presenza di causa di non punibilità ex art. 47 ss, 85 ss c.p..Nella specie, l’istituto in commento, prescrive che in determinate circostanze fattuali ,anche se in presenza di un ipotetico fatto di reato con chiari segni positivi ad una prognosi applicativa del fermo di indiziato di delitto, questo non possa essere disposto e di conseguenza applicato e convalidato ,in ragione di una mancata antigiuridicità dell’azione criminosa (requisito essenziale ai fini della pretesa punitiva da parte statale).In ordine alla prima ipotesi sopra richiamata , in materia della causa di giustificazione disciplinata dall’art.51 c.p. ,alla quale l’istituto del 385 c.p.p. fa specifico riferimento , si specifica che le condotte giustificate dalla scriminante in parola , anche se fossero obiettivamente antigiuridiche, non possono esserlo pienamente sotto un profilo giuridico penalistico (è prerogativa dello scrivente richiamare in questa sede la sistematica quadripartita del reato proposta dai prof Marinucci e Dolcini nel loro manuale [9],che da sempre ha ispirato le considerazioni dello scrivente e la sua personale concezione scientifica della definizione di reato ).
In altri termini come per la punizione di un fatto criminoso acclarato (provato)si assume imprescindibile la sussistenza dei quattro elementi qualificanti un fatto di reato( fatto,antigiuridico,colpevole,punibile,) allo stesso modo i suddetti requisiti devono essere congiuntamente considerati dal soggetto operante anche in materia di fermo di indiziato di delitto.Pertanto ,alla luce delle superiori considerazioni, in presenza della suddetta causa di giustificazione non c’è reato e quindi non può essere disposto ed eventualmente convalidato il fermo in commento per difetto dell’antigiuridicità della condotta.
Doveri della polizia giudiziaria in caso di fermo di indiziato di delitto
Come già specificato nell’analisi sin qui eseguita, la polizia giudiziaria, in determinati casi, ha potestà di restrizione della libertà personale del soggetto indagato, anche tramite la disposizione del fermo di indiziato di delitto. Se da un lato questa licenza procedurale ,di fatto, legittima l’organo di polizia giudiziaria alla restrizione (seppur temporanea) della libertà personale dell’indagato (in sostituzione temporanea del dominus delle indagini preliminari),dall’altro obbliga la p.g. all’applicazione di stringenti prescrizioni previste opportunamente dal legislatore nell’istituto del 386 c.p.p.[10] .Proprio l’istituto in parola, già dalla sua architettura dispositiva,si mostra all’interprete come un invalicabile muro costituito di obblighi procedurali finalizzati a porre in atto l’esercizio di garanzie difensive (princialmente di matrice costituzionale )[11] e l’applicazione di specifiche pratiche procedurali destinate a salvaguardare la supremazia procedurale dell’organo dell’azione penale in nome di un corretto svolgimento della procedura restrittiva in commento. Analizzando la struttura giuridica del 386 c.p.p. si nota subito la sua composizione complessa, cosituita da prescrizioni normative multilivello culminanti in una clausola di chiusura (ultimo livello prescrittivo) che racchiude , al proprio interno , il senso dell’istituto in commento.Al primo livello troviamo la prima prescrizione normativa la quale specificatamente prevede che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, che hanno eseguito l’arresto o il fermo o che hanno avuto in consegna l’arrestato debbano darne immediata e puntuale comunicazione al pubblico Ministero del luogo dove è avvenuto l’arresto o il fermo ,contestualmente si impone all’organo di polizia giudiziaria di informare il fermato o l’arrestato, della facoltà di nominare un difensore di fiducia.Da quanto sin qui descritto, si possono svolgere le seguenti considerazioni:1)la polizia giudiziaria ,in sede di disposizione (di propria iniziativa)del fermo o dell’arresto, ha l’obbligo di informare, il magistrato titolare delle attività investigative , dell’avvenuta restrizione della libertà personale del soggetto indagato pertanto non è minimamente consentito all’organo di polizia giudiziaria nascondere al dominus inquirente iniziative restrittive della libertà personali altrui(anche se effettuate ottemperando al rigore dispositivo e impositivo delle previsioni sancite nell’istituto del 384 p.p.).
Dell’avvenuto fermo o arresto , gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria devono informare il difensore di fiducia del soggetto inciso dalla misura precautelare in oggetto ,o in sua mancanza devono informare il difensore d’ufficio designato dal pubblico Ministero a norma dell’art. 97 c.p.p.[12]Da quanto appena enunciato si assume che l’organo di polizia giudiziaria operante debba obbligatoriamente[13] informare il soggetto fermato della sua facoltà di avvisare il proprio difensore di fiducia, e in mancanza di questo o di sua rintracciabilità , la polizia giudiziaria deve attivarsi per informare il pubblico Ministero al fine della nomina di un difensore d’ufficio.Il terzo livello prescrive che la polizia giudiziaria operante (quando non ricorra l’ipotesi prevista dall’art.389 comma II c.p.p.) ponga il fermato o l’arrestato a disposizione del magistrato del pubblico Ministero in tempi ragionevolmente brevi comunque entro ventiquattro ore dal fermo o dall’arresto.Contestualmente alla messa a disposizione del soggetto inciso dalla misura in parola, la polizia giudiziaria deve trasmettere il relativo verbale delle operazioni compiute al pubblico Ministero, ,entro lo stesso arco temporale sopra descritto (salvo che il pubblico Ministero autorizzi una dilazione maggiore).Detto verbale deve contenere l’eventuale nomina del difensore di fiducia, l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui l’arresto o il fermo è stato eseguito con l’enunciazione delle ragioni[14] che lo hanno determinato. 4)Il quarto livello prescrittivo dell’articolo in commento prevede che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono il soggetto inciso dalle misura precautelare in oggetto a disposizione del dominus delle indagini preliminari direttamente nella casa circondariale o mandamentale del luogo in cui l’arresto o il fermo è stato eseguito salvo i casi determinati previsti dall’art.558 c.p.p.[15]
Sul punto ,è opportuno ricordare all’interprete che il magistrato del pubblico Ministero (e siamo giunti al quinto livello dell’esegesi dell’articolo 586 c.p.p),può disporre che l’arrestato o il fermato sia custidito, in uno dei luoghi indicati nel comma dell’art.284 c.p.p.(arresti domiliari);a questa prescrizione normativa si aggiunge l’obbligo per gli ufficiali di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o il fermo (siamo così giunti al sesto livello prescrittivo del 586 c.p.p.)in un distretto giudiziario differente da quello in cui sono incardinare le indagini,di trasmettere il verbale delle operazioni anche al magistrato del suddetto distretto che lo ha disposto. Conclude l’analisi dell’articolo il comma sette (ultimo livello della costruzione normativa in parola) il quale chiude l’elenco di prescrizioni sin qui dettagliatamente riportate ;nella specie il comma in commento prescrive che le misure precautelare sopra richiamate divengano inefficaci in caso di mancata osservanza dei termini sanciti nel comma III dell’articolo sin qui richiamato.
La convalida del fermo di indiziato di delitto
La fase della convalida del fermo di indiziato di delitto si apre con la richiesta promossa da parte del magistrato del pubblico Ministero ed inoltrata al giudice delle indagini preliminari al quale il legislatore ha affidato un insostituibile funzione di garanzia che lo erge a censore e della legalità della fase inquisitoria del procedimento penale. Nella specie, nella richiesta di convalida, il magistrato procedente dovrà ,entro quarantotto ore dalla disposizione della suddetta misura precautelare(se non deve ordinare l’immediata liberazione del soggetto inciso dalla misura restrittiva in commento) deve richiederne( a norma dell’art.390 comma 1, c.p.p.) la convalida al g.i.p. competente in base al luogo dove il fermo è avvenuto; con tale richiesta l’organo dell’azione è obbligato a trasmettere ,contestualmente al verbale delle operazioni e al decreto di fermo ex art.384 comma I [16] , ogni singolo elemento probante acquisito in sede di indagini preliminari, giustificativo dell’emissione della suddetta misura oltre alla documentazione attestante l’avvenuta traslocazione presso il luogo di custodia prestabilito. Ricevuta la suddetta documentazione, il giudice della fase fissa l’udienza di convalida in tempi brevissimi (non oltre le quarantotto ore successive al ricevimento della richiesta in parola) dandone opportuna comunicazione al pubblico Ministero richiedente e al difensore senza ulteriori ritardi.[17]
L’udienza di convalida si svolge nel luogo in cui il fermato si trova ristretto, ad eccezione dei casi di restrizione nei luoghi di privata dimora o nel proprio domicilio.[18]Ricevuta la richiesta di convalida , il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui è stato operato il fermo o l’arresto , fissa l’udienza di convalida in parola, dandone avviso senza ritardo al pubblico ministero e al difensore .L’udienza di convalida si celebra in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria del difensore nominato dal soggetto sottoposto alla suddetta misura precautelare oppure designato d’ufficio dall’organo giurisdizionale de quo nei casi in cui il difensore di fiducia non sia stato nominato o non si sia presentato. All’udienza in commento , non è obbligato a partecipare ( a differenza del difensore del fermato o arrestato ) l’organo dell’azione penale il quale ben potrà , per iscritto, rappresentare al suddetto giudice della convalida le ragioni dell’emissione della suddetta misura precautelare; oppure potrà personalmente esporgli i motivi che hanno determinato la suddetta misura allegando (eventualmente) ove sussistano in specie specifiche esigenze cautelari, la richiesta di disposizione giudiziale di misure coercitive cautelari .
Conclude questa fase istruttoria dell’udienza di convalida l’interrogatorio del soggetto fermato o arrestato salvi i casi in cui lo stesso non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire innanzi al suddetto organo giurisdizionale e/o sia avvalso della facoltà di nor rispondere .Conclusa la suddetta fase di acquisizione degli elementi probatori giustificativi della misura precautelare de qua , il giudice per le indagini preliminari dovrà ripercorrere ogni singola sequenza del fenomeno precautelare determinandosi sicuramente in una decisione sull’ an della misura sopra citata, ma potrà, se il caso lo richiede, esprimersi anche sulla diagnosi giuridica del fatto criminoso ad oggetto (eseguita dal magistrato inquirente o dalla polizia giudiziaria) la misura in commento.In altri termini, è facoltà dell’organo giurisdizionale in sede di convalida, dare una sua differente valutazione giuridica del fatto di reato ( non vincolante per le ulteriori ,eventuali fasi del procedimento penale) . Le determinazioni del organo giudicante saranno esplicitate alle parti interessate tramite un’ordinanza , la quale potrà essere di convalida nei casi in cui la misura precautelare sia stata eseguita in ossequio di tutti i vincoli codicistici (già menzionati nelle superiori argomentazioni) ; contestualmente alla convalida potrà seguire l’emissione di una misura cautelare su richiesta del pubblico ministero .
Quel che in questa sede mi preme sottolineare, è la totale indipendenza dell’emissione di una misura cautelare in sede di convalida del fermo o dell’arresto; in specie , se l’organo giurisdizionale si determinasse in una convalida della misura precautelare e contestualmente ad una richiesta di emissione di misura coercitiva promossa dal magistrato del pubblico ministero , decidesse di accoglierla , questa decisione sarebbe totalmente disgiunta dalla precedente, pertanto le motivazioni che seguiranno all’emissione di una misura cautelare in sede di convalida di una misura precautelare, non dovranno mai essere a questa collegate a dimostrazione del fatto che la decisione sulla convalida attiene precipuamente fatti e circostanze già cristallizzati in sede di disposizione della misura in commento ; di altra natura è la decisione del giudice della fase ( in sede di udienza di convalida ) su possibili conseguenze che potrebbero verficarsi( data la situazione del soggetto fermato e la natura del fatto criminoso ipotizzato) se il soggetto, inciso dalla misura in commento ,non fosse sottoposto ad ulteriori misure restrittive della liberta personale.Pertanto , dalle considerazioni sin qui esposte, discende che la decisione sull’emissione di misure cautelari attiene a un ulteriore e autonoma valutazione dell’organo giurisdizionale , proprio su istanze investigative posteriori al fenomeno precautelare e da questo totalmente separata.La decisione sulla richiesta di convalida della misura precautelare deve essere emessa entro e non oltre le quarantotto ore successive al momento in cui il soggetto, inciso dalla misura in parola, sia stato posto a disposizione dell’ organo giudicante tramite la richiesta di convalida; se tale termine non fosse rispettato, la misura precautelare disposta perderebbe di efficacia anche in considerazione del disposto dell’art.13 comma 3 Cost[19].
In conclusione si può affermare che l’udienza di convalida rappresenta in specie l’applicazione perfetta del contraddittorio in sede procedimentale; in altri termini , dalla descrizione dell’istituto della convalida , l’interprete avrà sin da subito percezione di un bilanciamento degli interessi delle parti.Infatti , a differenza di ogni altra istanza o determinazione di matrice investigativa, nell’udienza di convalida, gli elementi probanti posti a conoscenza del giudice della fase non sono contaminati da scorie inquisitorie , da convincimenti soggettivi della parte inquirente; da questo discende che l’attività difensiva potrà basarsi su una cognizione totalizzante degli elementi probatori posti a fondamento della richiesta in commento e , cosa più importante, il momento valutativo dell’organo giurisdizionale sarà libero da contaminazioni indesiderate ( di matrice investigativa) e totalmente finalizzato all’analisi di dati oggettivi ,tramite questa determinarsi liberamente in base ai propri meditati convincimenti.
Volume consigliato
[1] Sul punto cfr. G.Garuti ,Trattato di procedura penale,a cura di Giorgio Spangher,volume III, Le indagini Preliminari e l’udienza preliminare , ed.Utet giuridica, 2009,pag.430 .
[2] In relazione all’anamnesi remota dell’istituto in commento si rimanda allo studio del capitolo XI di Procedura penale, Franco Cordero, ottava ed.Giuffrè, nel quale a pag 499-500 si legge:<< Storia Legislativa del fermo. Nato dal codice Rocco (art. 238 ) metamorfosi in quarantanove anni . Primo testo: casi flagranti, ufficiali e agenti “fermano” (verbo da cui traspare l’idea del cogliere qualcuno a volo) i gravemente indiziati d’un delitto che importi cattura obbligatoria, esistendo «fondato sospetto di fuga >> e gli ufficiali li trattengono sotto custodia, finché abbia provveduto l’<< autorità giudiziaria», immediatamente informata; fin dove
applicabili, valgono le norme sull’arresto in flagranza. Sonda versione (artt. 1 sg. r.d.l. 20 gennaio 1944 n. 45): il fermato resta in « camera di sicurezza » nel «tempo strettamente neceessario all’interrogatorio » ad opera della polizia, indi passa al carcere giudiziario o mandamentale, se vi esiste « cella d’isolamento »; la sua sorte dipende da quanto disporranno procuratore del Re o pretore (quest’ultimo interviene ogniqualvolta l’ipotetico reato sia stato commesso fuori dal mandamento in cui ha sede il tribunale); e l’art. 238-bis esige interventi nei 7 giorni, comminando ai negligenti sanzioni disciplinari e penali (questo regio decreto dell’incipiente 1944, in piena guerra, inaugura l’epoca post-fascista), ma finché qualcuno non provveda, l’illegalmente detenuto resta tale.
Nel terzo testo (art. 7 1. 18 giugno 1955 n. 517) appare meglio regolato l’iter poliziesco: l’autore del fermo o l’ufficiale a cui la persona venga consegnata, lo segnala subito, indicando giorno e ora, al procu Tatore della Repubblica ovvero al pretore (se l’operazione è avvenuta ” dal mandamento nel quale ha sede il tribunale); ed entro 48 ore comunica «i motivi», con l’esito delle « sommarie indagini »; quel magistrato procede « immediatamente » all’interrogatorio, indi, « se riconosce fondato il fermo, lo convalida, motivando, al più tardi nelle 48 ore dal « ricevimento della notizia ». Novità importante: spirata la 48 ª ora ( dal ricevimento della comunicazione, prescritta entro le 48 dall’atto),sopravviene una revoca de iure del fermo non convalidato; <<resta privo di ogni effetto », come vuole l’art. 13′ Cost. Ma l’art. 238, testo del 1955, evade dai limiti contemplando provvedimenti interlocutori sul fermo, prorogatp fino al settimo giorno.
Non occorrono ordini dal magistrato ed essendo illegittima una persistente custodia non costituirebbe reato (art. 385′ c.p.: « chiunque, essen arrestato o detenuto… »).
Attuano un disegno moderatamente liberale queste microriforme culminando nell’art. 238, quarta versione (art. 6 l. 5 dicembre n.932): cadono interrogatorio ad opera della polizia e proroga del fermo. Al punto alto segue una parabola involutiva: l’art. 225 (interpolato dall’art. 7 1. 14 ottobre 1974 n. 497) restituisce alla polizia l’interrogatorio; e siamo al quinto art. 238 (art. 3 1. 22 maggio 1975 n. 152) Occorrevano « gravi indizi » d’un reato implicante cattura obbligatoria (delitti la cui pena edittale fosse d’almeno 5 anni, alla soglia minima, o 10, al massimo, oltre ai titoli enumerati nell’art. 253). Gli interpolanti abbassano precipitosamente la soglia: basta una pena massima non inferiore a 6 anni; e affievoliscono a « sufficienti » i «gravi indizi » (formula risalente al 1930, quando nessuno coltivava manie garantisti che); questa manovra sull’aggettivo è un invito a non pensarci due volte; “gravi” inoculava impulsi alla cautela autocritica; “sufficienti” li diluisce.
Siamo al punto basso della parabola. L’art. 238, sesta versione (art. 7 d.1. 15 dicembre 1979 n. 624), contiene varianti in peius: « gli ufficiali possono trattenere i fermati… il tempo necessario » (è caduto l’avvero “strettamente”) alle prime indagini, «non oltre le 48 ore»; l’«immediata notizia » decade a « notizia », tout court , purché parta entro 48 ore; nelle 48 seguenti lo stesso ufficiale deve comunicare al magistrato l’esito delle « sommarie indagini >>; e siccome questo termine dalla scadenza del precedente, può darsi che glielo comunichi alla 96ª, nell’ultimo istante utile alla convalida. In ogni caso la polizia ha 48 ore interamente sue. >> estratto da Procedura penale, Franco Cordero, ottava ed.Giuffrè
[3]In ordine alla supremazia potestativa (riguardo all’istituto in parola) riconosciuta all’organo dell’azione penale dal codice di rito è opportuno sottolineare che la stessa può subire un’attenuazione quando lo stesso magistrato non possa intervenire puntualmente tramite l’intervento della polizia giudiziaria ,la quale potrà disporre l’applicazione dell’istituto de quo in supplenza delle funzioni del magistrato inquirente, anche quando lo stesso abbia già assunto la direzione delle indagini e in relazione a casi specifici che non gli consentano un tempestivo intervento.
[4] Sul punto mi preme specificare che il raggio d ‘azione del magistrato del pubblico Ministero in ordine alla disposizione del fermo indiziato di delitto copre l’intero territorio dello stato; pertanto se il soggetto indagato (gravemente indiziato) sia stato individuato in un distretto giudiziario differente da quello in cui opera il suddetto p.m. lo stesso potrà emettere il decreto di fermo.Nella specie in tali circostanze ,dopo che il provvedimento precautelare sia stato eseguito, la polizia giudiziaria dovrà trasmettere il relativo verbale al pubblico Ministero che lo ha disposto (a distanza) e al pubblico Ministero del luogo in cui il suddetto provvedimento è stato eseguito in quanto sarà quest’ultimo (per ragioni di competenza territotiale) a chiedere al giudice della fase, la convalida della misura suddetta.
[5] Sul punto in commento si specifica che la fuga del soggetto inciso dalla suddetta misura precautelare determina la caducazione ab origine della stessa; pertanto il relativo decreto che l’aveva disposta perde di efficacia ex tunc. Da ciò discende che il suddetto decreto rimasto inseguito non è suscettibile di convalida da parte dall’organo giurisdizionale della fase, stessa considerazione è da farsi in merito all’atto di impugnazione della stessa.
[6] Estratto da: Colamussi, Sugli effetti della presentazione spontanea dell’indagato ai fini della permanenza del pericolo di fuga richiesto per il fermo, in Cass.pen, 1995, 3375.
[7] Sul punto cfr.Fidelbo, “La legge 1 marzo 2001 n.63 sul <<giusto processo>> nelle prime applicazioni della Corte di Cassazione”, Cass.pen., 2002, p.2252.
[8] In ordine alle cause di non punibilità si rimanda l’interprete agli artt. 308,309,384,387,398,463,598,599,649 c.p.
[9] Cfr.sul punto G. Marinucci, E. Dolcini, in Manuale di diritto penale parte generale, II ed. Giuffrè pagg.141 e ss.
[10] Cfr.art.386 c.p.p. il quale prescrive che:<< 1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto o il fermo o hanno avuto in consegna l’arrestato, ne danno immediata notizia al pubblico ministero del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito. Avvertono inoltre l’arrestato o il fermato della facoltà di nominare un difensore di fiducia.2. Dell’avvenuto arresto o fermo gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria informano immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato dal pubblico ministero a norma dell’articolo 97 [c.p.p. 104].3. Qualora non ricorra l’ipotesi prevista dall’articolo 389 comma 2, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e comunque non oltre ventiquattro ore dall’arresto o dal fermo. Entro il medesimo termine trasmettono il relativo verbale, anche per via telematica, salvo che il pubblico ministero autorizzi una dilazione maggiore. Il verbale contiene l’eventuale nomina del difensore di fiducia, l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo in cui l’arresto o il fermo è stato eseguito e l’enunciazione delle ragioni che lo hanno determinato.4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero mediante la conduzione nella casa circondariale o mandamentale del luogo dove l’arresto o il fermo è stato eseguito [c.p.p. 566], salvo quanto previsto dall’articolo 558.5. Il pubblico ministero può disporre che l’arrestato o il fermato sia custodito, in uno dei luoghi indicati nel comma 1 dell’articolo 284 ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale o mandamentale.6. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria trasmettono il verbale di fermo anche al pubblico ministero che lo ha disposto, se diverso da quello indicato nel comma 1.7. L’arresto o il fermo diviene inefficace se non sono osservati i termini previsti dal comma 3.>> estratto da Commentario breve al codice di procedura penale, Conso, Grevi, nona edizione, Cedam.
[12] Cfr.art. 97 c.p.p. il quale dispone che:<< 1. L’imputato che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo è assistito da un difensore di ufficio.2. Il difensore d’ufficio nominato ai sensi del comma 1 è individuato nell’ambito degli iscritti all’elenco nazionale di cui all’articolo 29 delle disposizioni di attuazione. I Consigli dell’ordine circondariali di ciascun distretto di Corte d’appello predispongono, mediante un apposito ufficio centralizzato, l’elenco dei professionisti iscritti all’albo e facenti parte dell’elenco nazionale ai fini della nomina su richiesta dell’autorità giudiziaria e della polizia giudiziaria. Il Consiglio nazionale forense fissa, con cadenza annuale, i criteri generali per la nomina dei difensori d’ufficio sulla base della prossimità alla sede del procedimento e della reperibilità.
Il giudice, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, se devono compiere un atto per il quale è prevista l’assistenza del difensore e la persona sottoposta alle indagini o l’imputato ne sono privi, danno avviso dell’atto al difensore il cui nominativo è comunicato dall’ufficio di cui al comma 2.4. Quando è richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o di ufficio nominato a norma dei commi 2 e 3 non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa, il giudice designa come sostituto un altro difensore immediatamente reperibile per il quale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 102. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, nelle medesime circostanze, richiedono un altro nominativo all’ufficio di cui al comma 2, salva, nei casi di urgenza, la designazione di un altro difensore immediatamente reperibile, previa adozione di un provvedimento motivato che indichi le ragioni dell’urgenza. Nel corso del giudizio può essere nominato sostituto solo un difensore iscritto nell’elenco di cui al comma 2.
Il difensore di ufficio ha l’obbligo di prestare il patrocinio e può essere sostituito solo per giustificato motivo.
Il difensore di ufficio cessa dalle sue funzioni se viene nominato un difensore di fiducia.>> estratto da Commentario breve al codice di procedura penale, Conso, Grevi, nona edizione, Cedam.
[13] Sul punto, chi scrive, prende le distanze da alcune correnti giurisprudenziali destabilizzanti le quali hanno alterato la portata normativa dell’istituto in commento in combinato disposto con l’art.178 lett. c.p.p. il quale disciplina l’istituto delle nullità di ordine generale.Nella specie, l’orientamento costante ( su tutti si ricorda :Cass.pen 14.01.2000 Sljivic in Cass.pen .2001,2042)della giurisprudenza ritiene di dover escludere dall’ambito applicativo dell’istituto del 178 c.p.p. lettera C . l’ipotesi di nullità di carattere generale (ipotizzabile in facto) in ordine al mancato avviso del difensore di fiducia (perché non comunicata al soggetto fermato o arrestato la suddetta facoltà di assistenza difensiva) da parte della polizia giudiziaria, in quanto (erroneamente) ritenuta non attinente all’assistenza del soggetto inciso dalla misura in commento. A parere di chi scrive, tale filone interpretativo ,è da rigettare in ogni sua parte; sin da un primo esame morfologico degli istituti in parola si percepisce l’oggettiva presenza di elementi giustificanti l’esercizio del diritto di difesa percepibile all’interprete dalla stessa condizione di indagato (preesistente a quella successiva eventualmente conseguenziale di soggetto sottoposto a fermo di indiziato di delitto o ad arresto)quindi in radice la suddetta interpretazione giudiziale delle norme in commento è totalmente errata perché inficiata sin dall’origine da una acclarata negazione di una condizione di fatto e diritto tipica del soggetto inciso dalle suddette misure restrittive.Proprio in favore di un riconoscimento del legittimo esercizio del diritto di difesa,che chi scrive svolge le sue considerazioni, ai fini din concreto esercizio del diritto di difesa, appunto, la polizia giudiziaria ha l’obbligo di informare il soggetto fermato o l’arrestato della facoltà di avvisare e/o nominare un difensore di fiducia ,allo stesso modo la polizia giudiziaria è obbligata a contattare il suddetto in qualunque modo sia opportuno e lecito pur di garantire al soggetto sopra richiamato l’esercizio pieno delle garanzie difensive.
[14] Sul punto si specifica che l’omissione delle ragioni giustificative la disposizione delle misure cautelari in commento, non siano determinanti cause di nullità generale ex.art 178 c.p.p.
[15] Cfr.art. 558 comma I c.p.p. il quale prescrive che: <<1. Gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto in flagranza o che hanno avuto in consegna l’arrestato lo conducono direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell’arresto e il contestuale giudizio, sulla base della imputazione formulata dal pubblico ministero. In tal caso citano anche oralmente la persona offesa e i testimoni e avvisano il difensore di fiducia o, in mancanza, quello designato di ufficio a norma dell’articolo 97, comma 3.>> estratto da Commentario breve al codice di procedura penale, Conso, Grevi, nona edizione, Cedam.
[16] Sul punto è necessario fare riferimento all’art 122 disp.di att. c.p.p.
[17] Sul punto cfr. art.390 comma II c.p.p. il quale prevede che:<< Il giudice fissa l’udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero e al difensore.>> estratto da Commentario breve al codice di procedura penale, Conso, Grevi, nona edizione, Cedam.
[18] In circostanze di estrema necessità e urgenza, l ‘organo giurisdizionale, con decreto motivato, può disporre il trasferimento del soggetto sottoposto a restrizione temporanea, la comparazione da anti a sé ex art 123 disp. Att, testo con modifiche ex art.2 comma I lett.a d.l 22 dicembre 2011, n 211 convertito con l.17 febbraio 2012, n.9.
[19] Cfr.art. 13 comma III Cost. il quale prescrive che:<< È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.>> estratto da https://www.quirinale.it/allegati_statici/costituzione/costituzione.pdf
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