Provvedimento: Consiglio di Stato, sentenza n.3903 del 2019
Normativa: art. 3 del d.P.R. n. 184/2006; art. 24, comma 7, legge n. 241/90.
Giurisprudenza rilevante: Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2093; Consiglio di Stato, Sez. V, 23 marzo 2009, n. 1748; Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 maggio 2011, n. 2968.
La vicenda
Alcuni colleghi del primario del reparto di cardiochirugia dell’ Ospedale di Sassari avevano inviato alla Azienda ospedaliera una lettera con cui sostenevano che detto medico non fosse in grado di svolgere correttamente le proprie funzioni e in particolare di svolgere i principali interventi di chirurgia vascolare tanto da aver messo in pericolo di vita una paziente.
In ragione di tale segnalazione, l’Ospedale avviava una indagine nei confronti del primario, che si era svolta attraverso la audizione dei medici che avevano inviato la lettera e la effettuazione di una perizia da parte di un medico legale effettuata analizzando cinque cartelle cliniche di interventi eseguiti dal primario.
L’indagine si concludeva favorevolmente per il medico “indagato” e all’esito della stessa, a fronte della richiesta del medico di poter visionare la lettera di denuncia, l’Ospedale si limitava soltanto a dare comunicazione al medico del fatto che si era svolta nei suoi confronti l’indagine e che si era conclusa a suo favore.
Dopo aver ricevuto, in forma anonima la lettera di denuncia, il medico chiedeva all’Ospedale di poter accedere a tutti gli atti del procedimento svoltosi nei suoi confronti e di avere copia dell’originale della lettera e di tutti gli atti del procedimento stesso.
A fronte della suddetta richiesta, l’Ospedale forniva al richiedente copia dei verbali delle dichiarazioni rese dai medici ascoltati nel procedimento e della relazione/perizia del medico legale.
Non essendo stato soddisfatto dall’ostensione dell’Ospedale, il primario insisteva per poter prendere visione e estrarre copia anche delle cinque cartelle cliniche che erano state esaminate dal perito, motivando detta richiesta di accesso con il fatto che le stesse gli servivano per tutelare in via giudiziaria i propri diritti (in particolare, per dimostrare dal punto di visto medico che le accuse che gli erano state rivolte erano diffamatorie).
L’Ospedale però rigettava la richiesta di accesso, motivando che sarebbe stata prevalente la tutela della privacy dei pazienti cui si riferivano le cartelle cliniche (in quanto le stesse contengono dati sensibili).
Il primario ricorreva al TAR avverso la decisione dell’Ospedale, notificando il ricorso a quest’ultimo ma non ai pazienti cui si riferivano le cartelle cliniche.
Il TAR rigettava il ricorso dichiarandolo inammissibile per il fatto che non era stato notificato ad almeno uno dei pazienti cui si riferivano le cartelle cliniche in quanto dovevano essere qualificati come controinteressati.
Non soddisfatto della decisione, il primario impugnava la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato rilevando come secondo l’orientamento prevalente se la stessa amministrazione non ha consentito ai controinteressati di partecipare al procedimento amministrativo, non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per mancata notificazione se il ricorrente non ha notificato il ricorso a tali soggetti.
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La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello promosso dal primario di Chirurgia Vascolare dell’Ospedale di Sassari, ritenendo erronea la sentenza con cui il TAR aveva dichiarato inammissibile il ricorso finalizzato ad ottenere l’accesso alle cartelle cliniche.
Preliminarmente il Consiglio di Stato ha rilevato come nella richiesta di accesso alla cartella cliniche formulate dal primario, quest’ultimo avesse precisato che avrebbe voluto prendere visione delle cartelle con l’oscuramento dei nominativi dei pazienti.
Ciò detto, il Collegio ha evidenziato come l’amministrazione alla quale è rivolta una richiesta di accesso agli atti è obbligata a comunicare detta richiesta a coloro i quali ritiene che siano controinteressati (cioè che possono subire un pregiudizio dall’accoglimento della richiesta). In particolare, deve inviare una raccomandata con avviso di ricevimento oppure una e-mail (se tali soggetti hanno acconsentito all’uso di tale forma di comunicazione).
Nel caso di specie, l’Ospedale di Sassari aveva deciso di non inviare la comunicazione ai pazienti cui si riferivano le cartelle cliniche ed aveva poi respinto la richiesta di accesso ritenendo che dette cartelle contenessero dati sensibili di detti pazienti.
In ragione di detta mancanza di contraddittorio in sede amministrativa con i controinteressati – secondo il Consiglio di Stato – il primario ha notificato il ricorso al TAR soltanto all’Ospedale, ritenendo che la richiesta con oscuramento dei nomi dei pazienti fosse sufficiente ad escludere la sussistenza di controinteressati.
Il Consiglio di Stato ha quindi confermato la propria precedente giurisprudenza secondo cui non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per l’accesso ad atti amministrativi, per omessa notifica al controinteressato, quando la stessa amministrazione non abbia ritenuto di dover consentire la partecipazione di altri in sede procedimentale.
In altri termini, nel caso in cui sia la stessa amministrazione a valutare che non debbano essere coinvolti soggetti terzi (controinteressati) nel procedimento amministrativo avente ad oggetto l’accesso ad un documento, nel successivo giudizio di impugnazione del provvedimento amministrativo il ricorrente può notificare il ricorso solo all’amministrazione del cui atto si tratta, ma non è obbligato a notificare il ricorso ad alcun soggetto terzo.
Il Consiglio di Stato ha, poi, proseguito, ritenendo che la richiesta di oscurare i dati tutela pienamente il diritto alla privacy dei soggetti ai quali i dati ineriscono. Pertanto, non potendo essere identificati attraverso il documento (contenente i dati oscurati), tali soggetti non possono essere definiti controinteressati e conseguentemente il ricorrente non deve notificare anche a loro il ricorso giurisdizionale avverso il diniego di accesso al documento.
Il Collegio ha, infine, concluso entrando nel merito della richiesta del primario, poiché ha ritenuto che il vizio della sentenza di primo grado di cui sopra non comporta la rimessione della causa di nuovo al TAR e che pertanto la stessa può essere decisa direttamente ed immediatamente.
In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato il ricorso del primario poiché l’Ospedale si è limitato a negare l’accesso per motivi di privacy. Tuttavia, poiché la normativa in materia di accesso ai documenti amministrativi impone di permettere l’accesso a quelli che servono per curare o per difendere gli interessi giuridici del richiedente, anche qualora si tratti di dati sensibili (se l’accesso è indispensabile e il diritto da tutelare è di rango pari alla privacy dell’interessato o comunque riguarda un diritto della personalità del richiedente l’accesso).
Nel caso di specie, il diritto che il primario ha interesse a tutelare con l’accesso alle cartelle cliniche è afferente alla sua personalità, in quanto riguarda la tutela giudiziaria della sua reputazione professionale ed inoltre egli ha chiesto che i nominativi dei pazienti cui si riferiscono le cartelle vengano oscurati, così limitando l’accesso soltanto ai contenuti medici delle cartelle.
In ragione di ciò, il Consiglio di Stato ha ritenuto che sussistono i requisiti per permettere al primario l’accesso alle cartelle cliniche con i nominativi dei pazienti oscurati ed ha ordinato all’Ospedale di rilasciare al primario, entro giorni 30 dalla comunicazione della sentenza, copia delle cartelle cliniche con oscuramento dei nomi dei pazienti e di ogni altro dato o particolare dal quale possa risalirsi agli stessi.
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