precedenti giurisprudenziali: Cons. Stato, Sez. VI, sentenza n. 4824 del 18/10/2017; Cons. Stato, Sez. VI, sentenza n. 705 del 7/3/2016
La vicenda
L’amministratore di un condominio, anche nell’interesse di una condomina portatrice di handicap presentava al sindaco il permesso a realizzare un ascensore esterno e, contestualmente la domanda di rilascio dell’autorizzazione edilizia per la costruzione di un ballatoio in struttura metallica di smonto dall’impianto ascensore, da realizzarsi in corrispondenza del secondo piano dello stabile medesimo. L’istanza era stata debitamente corredata dal progetto completo di documentazione fotografica e di relazione tecnica, nonché dalla documentazione medica attestante l’handicap della condomina. L’amministratore del condominio otteneva l’autorizzazione alla sola installazione dell’ascensore; il Comune richiedeva infatti esplicitamente di non realizzare anche il predetto ballatoio. Tale divieto veniva peraltro violato mediante la realizzazione del manufatto. Successivamente il condominio chiedeva il rilascio di un’autorizzazione edilizia in sanatoria per la realizzazione del ballatoio predetto e con ulteriore istanza integrava la pratica edilizia in corso con la richiesta di installare un ulteriore ballatoio per le necessità di altro condomino portatore di handicap. L’autorità comunale respingeva le richieste, facendo presente che già in precedenti decisioni era stato chiesto di non realizzare ballatoi per evitare l’alterazione della facciata laterale dello stabile. I condomini si rivolgevano al Tar richiedendo l’annullamento di tale provvedimento sostanzialmente per carenza assoluta di motivazione. Il Tar dava ragione ai condomini facendo presente che il Comune resistente, nell’esaminare le due richieste di autorizzazione in sanatoria relative all’esecuzione (per comprovate e non contestate esigenze di eliminazione di barriere architettoniche) di due balconate in corrispondenza degli smonti dell’impianto di ascensore, avrebbe potuto legittimamente negare l’autorizzazione richiesta nella sola ipotesi in cui le opere in questione avessero arrecato grave e serio pregiudizio all’intero fabbricato.
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La questione
Anche se il caseggiato è un immobile di interesse storico e architettonico il Comune può rifiutare al condominio l’autorizzazione a realizzare un ballatoio in struttura metallica di smonto all’impianto dell’ascensore volto all’eliminazione delle barriere architettoniche sulla base di un generico parere negativo e limitandosi unicamente a prospettare una soluzione alternativa dell’installazione?
La soluzione
Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione di primo grado, condividendo pienamente le ragioni del condominio.
I giudici di secondo grado hanno ricordato infatti che, sulla base della normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche, l’interesse alla protezione della persona svantaggiata può soccombere di fronte alla tutela del patrimonio artistico, a sua volta previsto dall’art. 9 Cost., soltanto in casi eccezionali. In ogni caso, il Consiglio di Stato nota come in nessuna delle decisioni prese dal Comune emergesse un qualche riferimento a quanto esplicitamente e puntualmente chiesto dalla legge, ossia la compiuta enunciazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l’opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall’interessato condominio.
Del resto, non era neppure realizzabile la proposta del Comune di installare le strutture nelle scale per la presenza delle volte a botte e a crociera presenti all’interno dello stesso stabile e ugualmente assoggettate a tutela.
Le riflessioni conclusive
La speciale disciplina contenuta nella l. 9 gennaio 1989, n. 13, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, esprime il principio secondo il quale i problemi delle persone affette da una qualche specie invalidità devono essere assunti dall’intera collettività, e in tal senso ha imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti, le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili, trattandosi comunque di garantire diritti fondamentali (così Corte Cost., 10 maggio 1999, n. 167) alle persone disabili in quanto tale (Cass. civ., Sez. II, 26/02/2016, n. 3858). In ogni caso, secondo l’art. 4 della legge 13/89, gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche previsti dall’art. 2, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate nel senso descritto, si possono effettuare anche su beni sottoposti a vincolo come beni culturali, e la relativa autorizzazione, come previsto dal comma 4 di tale articolo, può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato, precisandosi quindi al comma 5 che il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l’opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall’interessato”.
Si è in tal modo introdotto nell’ordinamento, in ordine ai peculiari valori protetti dalla legge 13/89 (tra l’altro non soltanto inerenti all’art. 32 Cost., ma anche di rilievo internazionale, in quanto stabiliti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti per le persone con disabilità adottata dall’Assemblea Generale con risoluzione n. 61/106 del 13 dicembre 2006 e ratificata con l. 3 marzo 2009, n. 18) un onere di motivazione particolarmente intenso.
La normativa è chiarissima e non consente una diversa interpretazione.
Tra l’altro, l’obbligo di una specifica ed esplicita motivazione, in caso di diniego di autorizzazione, delle ragioni del pregiudizio al bene tutelato è coerente con la ratio della citata legge 9 gennaio 1989, n. 13 (recante ‘disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati’), che è rivolta a favorire, il miglioramento delle condizioni di vita dei soggetti portatori di handicap negli edifici con più piani (non a caso stabilendo, all’art. 1, comma. 3, che la progettazione relativa alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici, deve comunque prevedere: a) accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala; b) idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità immobiliari; c) almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento; d) l’installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini’).
In ogni caso se è in passato intervenuto un provvedimento di diniego di costruire un determinato manufatto e tale atto non è stato impugnato, non risulta precluso l’accertamento di conformità per chi successivamente, e malgrado il diniego, abbia realizzato abusivamente lo stesso manufatto. Naturalmente purché sussista la c.d. “doppia conformità” (e cioè la rispondenza di quanto edificato alla strumentazione urbanistica vigente sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria, sia al momento della realizzazione dell’abuso, nonché sotto il profilo procedimentale la non ancora intervenuta irrogazione delle sanzioni amministrative previste per la realizzazione dell’abuso.
In ogni caso è fondamentale che le opere realizzate abbiano comunque conseguito un risultato conforme alle finalità della legge, comportando una sensibile attenuazione delle condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione, rispetto alla precedente situazione.
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