La prima è quella prevista dalla legge n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, secondo cui il Comune può chiedere l’intervento dell’Agenzia delle Entrate per ottenere la revisione del classamento di un immobile, sia quando il classamento stesso risulti non aggiornato sia quando esso risulti palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche.
Altra ipotesi è quella prevista dall’articolo 1, comma 336, della legge 311 del 2004 e riguarda il classamento di immobili non dichiarati ovvero di immobili che abbiano subito variazioni edilizie non denunziate.
La terza ipotesi è prevista dal comma 335 del medesimo articolo 1 della legge 311 del 2004, che così dispone:
“La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138 (in realtà tale regolamento non fornisce prescrizioni idonee a stabilire le modalità di rilevazione e di determinazione dei valori medi di mercato, neppure attraverso il richiamo agli articoli da 145 a 26 del regolamento approvato con D.P.R. 1142 del 1949), e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339 (il comma 339, in realtà, riguarda il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate con cui sono stabilite le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 336 e 337: nulla quindi che interessi l’aggiornamento dei valori medi di mercato. Tale incongruenza testuale aggiunge un elemento di ulteriore difficoltà al già non agevole compito di interpretare con precisione la norma per quanto riguarda la definizione ed il calcolo dei suoi parametri numerici e quindi, in definitiva, per quanto riguarda la definizione e l’accertamento dei presupposti per l’applicazione di essa).
L’Agenzia del Territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima”.
E’ necessario sottolineare, in premessa, che le tre ipotesi di revisione del classamento sono, tra loro, distinte ed hanno presupposti, condizioni e procedure diverse.
Ne consegue che, se l’amministrazione ha fatto ricorso ad una di tali ipotesi, non può poi, nel corso del giudizio, legittimare la sua pretesa invocando condizioni e fattori che non siano rilevanti per la specifica procedura di revisione intrapresa, anche se essi siano in ipotesi idonei a giustificare la revisione del classamento nel quadro di una procedura diversa.
Le ipotesi di revisione
In definitiva, le causae petendi delle tre diverse ipotesi di revisione non sono interscambiabili tra di loro e non possono essere sostituite in itinere.
In questa prospettiva è stato infatti affermato che l’attribuzione d’ufficio di un nuovo riclassamento impone all’amministrazione di specificare in modo chiaro nell’avviso di accertamento le ragioni della modifica senza alcuna possibilità per l’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto nell’evidente fine di delimitare l’oggetto dell’eventuale giudizio contenzioso (Cass. 2017 n. 22900).
Con riferimento a ciascuna delle tre ipotesi di revisione del classamento sopra indicate la Corte di Cassazione ha avuto più volte modo di enunciare la regola della necessità di una rigorosa e cioè completa, specifica e razionale motivazione dell’atto di riclassamento.
Ma questa esigenza di rigore e di specificità si pone anche nel senso della illegittimità di improprie commistioni tra i profili motivazionali funzionali ad un tipo di riclassamento con quelli invece collegabili a riclassamenti di tipo diverso.
Va in particolare considerato, a tal riguardo, che, mentre le prime due delle tre suddette ipotesi di revisione del classamento dipendono da (e debbono quindi essere motivate con riferimento a) fattori intrinseci specificamente riguardanti il singolo immobile considerato, la terza ipotesi prevede, invece, un riclassamento dovuto, almeno in via principale, a fattori estrinseci di carattere per così dire generale o collettivo.
Con riferimento a tale ultima previsione le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7665, p. 11) hanno chiarito che, quando si procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano, trattandosi di uno dei possibili presupposti del classamento e cioè di uno dei possibili fattori che possono determinare un aumento straordinario (superiore alla media) del valore economico medio delle unità immobiliari presenti nella zona.
In particolare, quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, né la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339 ed elaborate con la det. direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.
Nello specifico, l’intervento è possibile nelle microzone “per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato (…) e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali” (comma 335).
Per il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 2, comma 1, la microzona è una porzione del territorio comunale, spesso coincidente con l’intero Comune, che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socioeconomici, nonchè nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane; in ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti.
Questo insieme di disposizioni ribadisce e presuppone che il singolo classamento debba avvenire mediante l’utilizzo e la modifica del reticolo di microzone, avente portata generale in ambito comunale.
Si tratta di atti amministrativi, non dissimili da altri di valenza urbanistica e di natura pianificatoria o programmatoria per la P.A., essendo volti a risolvere specifici problemi tecnico-estimativi posti in astratto dall’ordinamento fiscale e destinati ad operare nei confronti di una generalità indeterminata di destinatari, individuabili solo ex post.
La norma, come è stato più volte evidenziato, prima dalla Corte di Cassazione (cfr sentenza 21176/2016) e poi anche dalla Corte Costituzionale (sentenza 249/2017), è diretta ad attenuare gli squilibri impositivi che possono verificarsi, per effetto della intrinseca variabilità dei valori di mercato degli immobili, nell’applicazione di un sistema impositivo basato invece su valori tendenzialmente stabili come sono di fatto le rendite catastali.
Il sistema in esame prende in considerazione, in particolare, il fattore di determinazione del valore economico dell’immobile e della sua redditività costituito dalla sua posizione, congiuntamente alla considerazione dell’esistenza di zone omogenee che registrano incrementi dei valori medi di mercato significativamente maggiori di quelli che interessano la generalità del territorio comunale.
Questi fenomeni di maggior crescita dei valori medi di mercato (con conseguente maggiore divaricazione rispetto alle corrispondenti rendite catastali) possono essere determinati da diversi fattori la varietà dei quali corrisponde alla varietà dei fattori che possono influenzare l’andamento della domanda e la diversificazione di essa (con riferimento sia alle compravendite che alle locazioni): vi può essere, ad esempio, la valorizzazione di centri storici prima degradati e tutta quella varietà di altre manifestazioni del fenomeno c.d. di gentrificazione per cui divengono appetibili come indirizzi residenziali di buon livello socio-economico anche zone prima considerate popolari o ultrapopolari o addirittura degradate, con conseguente generalizzazione di opere di restauro e ristrutturazione ad opera dei privati.
Oppure vi può essere la valorizzazione di zone abitative dovuta a particolari, specifiche migliorie urbanistiche o ambientali o ad altri fattori comunque idonei ad influenzare la domanda immobiliare.
Tali circostanze, peraltro, rilevano esclusivamente sul piano probatorio, nel senso che le stesse possono spiegare e quindi rendere verosimile l’affermazione di una crescita anomala (e cioè significativamente superiore a quella che si riscontra nella generalità del territorio comunale) dei valori di mercato degli immobili di quella specifica microzona.
Ma quel che conta sul piano sostanziale è la risultante economica e cioè il maggior incremento del valore medio di mercato di quella zona rispetto all’incremento del valore medio di mercato degli immobili nell’intero territorio comunale.
Per effettuare tale valutazione comparativa degli incrementi di valore, la norma utilizza come termine di partenza il valore della rendita catastale, sulla base dell’implicito presupposto che essa sia stata determinata a suo tempo, per tutti gli immobili, in misura equivalente al rispettivo valore di mercato o comunque ad una pari quota di esso.
In tal modo, la revisione di cui al comma 335 è funzionale alla presa in considerazione, a fini di perequazione e riallineamento, degli incrementi di valore di mercato interessanti l’intera microzona – e quindi, indirettamente, le unità immobiliari in essa comprese – e non anche a correggere eventuali errori di valutazione in sede di determinazione originaria della rendita catastale relativa alla singola unità immobiliare e neppure ad aggiornare il classamento di esse in dipendenza di migliorie edilizie ad esse apportate.
Ne consegue che se l’amministrazione intende procedere alla revisione del classamento ai sensi dell’articolo 1, comma 335 dovrà seguire un iter scomponibile, sul piano funzionale, in due fasi.
Nella prima l’amministrazione su cui grava sempre l’onere di dedurre e provare la “causa petendi” giustificativa dell’accertamento ha l’onere di accertare, e preliminarmente, di specificare in modo chiaro, preciso e analitico, e quindi di provare i presupposti di fatto che legittimano nel caso di specie la c.d. riclassificazione di massa.
Nella seconda fase l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare.
Relativamente alla prima fase è preliminare la suddivisione del territorio comunale in microzone che presentino al loro interno i caratteri di omogeneità previsti dall’articolo 2 del Regolamento emanato con D.P.R. 23 marzo 1998 n. 138.
Occorre poi che l’unità immobiliare oggetto di accertamento sia situata in una delle c.d. microzone anomale e cioè in una delle microzone nelle quali, come prevede il comma 335, il rapporto tra il valore medio di mercato delle unità immobiliari ivi esistenti e il corrispondente valore medio catastale è significativamente maggiore dell’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.
Nell’ipotesi di cui al comma 335, infatti, la causa petendi non è la mera evoluzione dei valori del mercato immobiliare.
Né altresì assume alcun rilievo il fatto che il valore di mercato della singola unità sia superiore di molto o di poco al suo valore catastale.
Quel che conta è esclusivamente la considerazione comparativa dell’andamento dei valori di mercato (in rapporto ai valori catastali) delle varie microzone, nel senso che sono soggette alla revisione del classamento in oggetto solo quelle microzone nelle quali la crescita dei valori di mercato ed il conseguente loro scostamento dai valori catastali sono stati significativamente (nel senso specificato in seguito) superiori alla crescita di valore economico e allo scostamento di esso dal valore catastale che si sono verificati, in media, nella generalità delle microzone in cui è suddiviso il territorio comunale.
A fronte di una norma che, come si vede, identifica in modo astratto i presupposti per l’identificazione delle microzone “anomale” e per la determinazione quantitativa della rispettiva “anomalia”, l’Amministrazione finanziaria deve assolvere, secondo la regola generale, l’onere di dedurre e provare la sussistenza in fatto dei medesimi presupposti; ma preliminarmente ha l’onere di dichiarare in modo preciso e specifico quale sia l’interpretazione applicativa della normativa da essa concretamente adottata, perché solo così il contribuente è posto in grado di verificare ed eventualmente contestare o riconoscere la legittimità, in diritto e in fatto, dell’operato dell’Amministrazione.
L’intervento della Corte Costituzionale
E la Corte Costituzionale, nel convalidare la legittimità del peculiare strumento introdotto con la legge finanziaria 2005, (C. Cost, 1 dicembre 2017, n. 249), afferma che l’obbligo della motivazione in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento (p.7.3).
Di conseguenza, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati (cfr fra le tante Cass. n. 3156 del 17/02/2015, Cass. n. 22900 del 29/09/2017; Cass. 2018 n. 16368; Cass. 2019 n. 10403; Cass. 2019 n. 361; Cass. 2019 n. 11577; tutte concordi nell’affermare la necessità che nell’atto di accertamento l’obbligo motivazionale sia assolto in modo rigoroso con la precisa indicazione delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario e non già facendo richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura).
In tal senso, anche la Corte di Cassazione – Sez. Tributaria Civile – con la sentenza n. 22671 depositata l’11 settembre 2019 ha confermato i suddetti principi.
L’amministrazione comunale è tenuta ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione non essendo sufficiente far richiamo ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 3156 del 2015; n. 16643 del 2013; n. 9626 del 2012; n. 19814 del 2012; n. 21532 del 2013; n. 17335 del 2014; n. 16887 del 2014).
Occorre invece che il contribuente sia posto in grado di conoscere gli elementi concreti idonei a specificare quei criteri di massima.
Per quanto riguarda, ad esempio, il parametro costituito dal valore medio di mercato delle unità immobiliari comprese nella singola microzona, è necessario che l’amministrazione specifichi e documenti con precisione quali dati sono stati utilizzati ed in quale modo ne è stata effettuata la rilevazione e l’elaborazione per determinare tale valore medio.
La norma non fornisce infatti alcuna specificazione al riguardo né appare sufficiente a tal fine il richiamo al regolamento di cui al D.P.R. 138 del 1998, ovvero al comma 339 del medesimo articolo.
Al fine di consentire al contribuente il controllo sulla legittimità dell’operato dell’amministrazione, così come non è sufficiente il mero richiamo ai termini generici impiegati dalla norma neppure è sufficiente la mera indicazione in cifra dei risultati, ma è necessario dar conto in modo chiaro e specifico dei metodi con cui sono stati ottenuti tali risultati, dei criteri impiegati e delle tecniche statistiche applicate oltre che della attendibilità dei dati di fatto sui quali si è basata l’elaborazione statistica.
Qualora poi, ai fini dell’individuazione del valore medio di mercato della singola microzona sia stato fatto ricorso oltre che alla rilevazione documentata dei dati reali quali i prezzi delle compravendite e delle locazioni, anche (oppure in luogo ovvero in aggiunta e integrazione di essi) a fattori indiziari e inferenziali (urbanistici, ambientali o simili ovvero riguardanti le variazioni delle preferenze della clientela) dai quali siano stati inferiti componenti di maggior valorizzazione economica delle unità immobiliari comprese nella microzona, allora l’amministrazione ha l’onere di specificare con precisione e di provare la sussistenza e l’efficacia di tali condizioni fattuali e la correttezza del metodo inferenziale adottato.
In definitiva, il contribuente deve essere posto in condizione di poter compiutamente controllare e se del caso contestare sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento di cui al comma 335.
E’ evidente infatti che per la correttezza della revisione in parola è necessario che siano esattamente identificati, calcolati, rilevati ed elaborati i quattro parametri prescritti dalla norma e cioè: il valore medio di mercato della microzona (per mq); il valore catastale medio della microzona; il valore di mercato medio per l’insieme di tutte le microzone; il valore catastale medio per l’insieme di tutte le microzone. In particolare, per questi due ultimi parametri occorre che sia specificato se la media dei valori di mercato e catastali per la generalità degli immobili del territorio comunale sia stata effettuata sulla base dei valori delle singole unità immobiliari ovvero facendo la media dei valori medi delle singole microzone: in questa seconda ipotesi, infatti, il metodo sarebbe stato erroneo se attuato senza i necessari meccanismi di correzione, data la diversa composizione quantitativa delle singole microzone ed i conseguenti ovvi effetti distorsivi.
Così pure è necessario che siano specificati i criteri in base ai quali è stato operato il rapporto tra valori catastali e valori di mercato: posto che i primi fanno riferimento ai vani ed i secondi ai metri quadri di superficie, il rapporto tra due misure così disomogenee ha bisogno di essere in qualche modo corretto ed occorre dar conto di come ciò sia stato fatto.
Infine, occorre che sia specificata la data alla quale fa riferimento la rilevazione della media dei valori medi catastali e la data della rilevazione della media dei valori di mercato.
Senza una piena coincidenza delle date di rilevazione le comparazioni tra zona e zona ipotizzate dalla norma non hanno infatti alcun senso. Inoltre, la data di rilevazione dei valori medi di mercato deve essere prossima al provvedimento di riclassificazione e comunque non precedente rispetto ai fenomeni di decrescita dei prezzi degli immobili e dei canoni di locazione quali si sono avuti nei tempi recenti e che, presumibilmente, non erano stati previsti dal legislatore.
Comunque la mancata specificazione dell’anno di riferimento impedisce al contribuente di effettuare il controllo del dato e di svolgere al riguardo le sue difese.
Come si è detto all’inizio del presente articolo, infatti, una volta accertata la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione di cui al comma 335, l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare.
Anche per questo profilo la norma non contiene disposizioni applicative espresse e tanto meno disposizioni di dettaglio.
Il problema interpretativo che qui si pone appare peraltro risolvibile sulla base della finalità perequativa e di riallineamento tra le varie microzone che rappresenta l’obiettivo della revisione prevista dalla norma in esame.
Il presupposto è la sussistenza di microzone nelle quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente (e cioè per più del 35 per cento, salva maggiore determinazione comunale) dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.
La finalità della revisione è quella di riallineare i rapporti tra valori medi di mercato e valori medi catastali, riducendo il rapporto (e cioè aumentando il denominatore rappresentato dalle rendite catastali) delle microzone in cui esso è attualmente maggiore di oltre il 35 per cento rispetto al rapporto tra valore di mercato e valore catastale mediamente presente sul territorio comunale.
Ne consegue che la rendita catastale di ciascuna unità immobiliare compresa nella microzona “anomala” potrà essere aumentata in misura percentualmente corrispondente a quella necessaria e sufficiente per rendere il rapporto tra il valore medio di mercato ed il valore medio catastale delle unità immobiliari della microzona non superiore per più del 35 per cento rispetto all’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.
L’amministrazione deve quindi dedurre e dimostrare di aver utilizzato, per la riclassificazione in esame, criteri e metodi corrispondenti alle finalità meramente perequative e di riallineamento della procedura in esame, specificando quali siano state le operazioni compiute e i dati utilizzati, al fine di consentire al contribuente il controllo e la difesa, in fatto e in diritto, anche rispetto a questa fase applicativa della revisione per microzone.
Il mero richiamo ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta non soddisfa l’obbligo motivazionale nei termini sopra precisati, a seguito delle sentenze della Corte di Cassazione.
Si tratta, come è evidente, di formulazioni del tutto prive di specificità e determinatezza ed in ordine alle quali sarebbe impossibile l’opera di traduzione in una precisa percentuale di aumento della rendita catastale delle singole unità immobiliari.
Tali formule, infatti, non sono idonee ad indicare i criteri e i modi con cui sono identificati, calcolati, rilevati ed elaborati i quattro parametri prescritti dalla norma e cioè: il valore medio di mercato della microzona (per mq); il valore catastale medio della microzona; il valore di mercato medio per l’insieme di tutte le microzone; il valore catastale medio per l’insieme di tutte le microzone.
Infine, cito le seguenti sentenze della Corte di Cassazione che, nella nota vicenda degli estimi catastali notificati dal Comune di Lecce, in accoglimento delle mie tesi di diritto e di merito, hanno totalmente annullato gli avvisi di accertamento perché immotivati alla luce dei sopra esposti principi:
- ordinanza n. 25590, depositata il 12 ottobre 2018;
- ordinanza n. 29676, depositata il 14 novembre 2019;
- ordinanza n. 34305, depositata il 23 dicembre 2019;
- ordinanza n. 3206, depositata l’11 febbraio 2020;
- ordinanza n. 3987, depositata il 18 febbraio 2020.
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