L’ approccio ermeneutico iniziale della Corte Suprema di Cassazione
Sin dal primo istante della propria entrata in vigore, l’ Art. 131 bis CP si è dimostrato antinomico o, perlomeno, pleonastico nei confronti del comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000, ai sensi del quale “ il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all’ interesse tutelato, l’ esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l’ esercizio dell’ azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l’ ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’ imputato “.
In effetti, ben presto, in Dottrina e nella Giurisprudenza di legittimità, nacque il dubbio esegetico circa la possibile coesistenza dell’ Art. 131 bis CP e dell’ assai simile Art. 34 DLVO 274/2000. Anzi, non è mancata l’ ipotesi drastica di abrogare una delle due norme per ridondanza. Come prevedibile, una prima soluzione giurisprudenziale affermava la non-problematicità dell’ equivalenza contenutistica di tali due norme, a condizione che l’ applicazione dell’ Art. 131 bis CP fosse riservata al giudice ordinario e, dall’ altro lato, che quella dell’ Art. 34 DLVO 274/2000 venisse limitata alla sola cognizione processuale del GdP. Ciononostante, a parere di chi scrive, la summenzionata risoluzione lasciava insanata quella che era una vera e propria anomalia bizzarra ed anti-ordinamentale dal punto di vista logico-giuridico. Assai interessante è Cass., sez. pen. II, 24 marzo 2016, n. 25101, la quale, alla luce degli Artt. 15 e 16 CP, qualifica l’ Art. 34 DLVO 274/2000 alla stregua di una normativa speciale riservata al GdP, mentre l’ Art. 131 bis CP costituirebbe un dato precettivo ordinario, ovverosia, sempre secondo Cassazione 25101/2016, “ in virtù del principio di specialità dettato dagli Artt. 15 e 16 CP [ … ] la tenuità del fatto rappresenta un nucleo comune, attorno al quale la previsione generale, prevista dall’ Art. 131 bis CP, e quella speciale dettata per il giudice di pace dettano previsioni non sovrapponibili e contemplanti notevoli differenze in ordine alla natura giuridica, all’ individuazione dei presupposti ed al ruolo che viene riconosciuto alla persona offesa [ ex commi 2 e 3 Art. 34 DLVO 274/2000 ] ”.
Analoga è la tesi recente sostenuta in Cass., sez. pen. I, 25 novembre 2016, n. 8736, Cass., sez. pen. V, 13 dicembre 2016, n. 1724 e Cass., sez. pen. VII, 26 gennaio 2017, n. 21776. In effetti, se si pone attenzione alle cause di non procedibilità ex comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000, si può notare, rispetto all’ Art. 131 bis CP, che la normazione del 2000 riservata al GdP non contiene una ridondanza totalmente pedissequa, bensì parla di esiguità del danno o del pericolo [ rispetto all’ interesse tutelato ], occasionalità [ del danno o del pericolo ], grado di colpevolezza e pregiudizio [ … ] alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’ indagato o dell’ imputato. Dunque, non sussiste una convergenza semantica totale tra il comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000 ed i cinque diversi commi dell’ Art. 131 bis CP. Pertanto, necessita una ben più approfondita analisi sotto il profilo del / dei rapporto/i tra i significanti ed i significati nel comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000, poiché l’ equivalenza contenutistica, rispetto all’ Art. 131 bis CP, non è né automatica né scontata.
Non va sottovalutata nemmeno Cass., sez. pen. V, 14 luglio 2016, n. 45996, la quale, con afferenza ai limiti edittali della pena, ha giustamente differenziato, e non di poco, le due disposizioni qui in parola, in tanto in quanto “ la delimitazione dell’ area dei reati suscettibili di declaratoria di improcedibilità per la particolare tenuità del fatto ex Art. 34 DLVO 274/2000 non conosce alcuna limitazione quoad poenam, atteso che l’ ambito applicativo [ nel DLVO 274/2000 ] è riferito all’ intera gamma delle fattispecie demandate alla cognizione del GdP, [ invece ] la causa di non punibilità di cui all’ Art. 131 bis CP è applicabile ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni “.
Inoltre, si consideri pure che il comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000 soggettivizza e contestualizza le ripercussioni eventualmente negative dell’ esercizio oltranzistico dell’ azione penale nei confronti del reo. Più precisamente, come specificato da Cass., sez. pen. V, 7 maggio 2009, n. 34227, “ per la declaratoria di improcedibilità [ ex Art. 34 DLVO 274/2000 ] [ … ] è richiesta la valutazione congiunta non solo dell’ esiguità del danno o del pericolo, del grado di colpevolezza e dell’ occasionalità del fatto, ma anche la sussistenza del pregiudizio che l’ ulteriore corso del procedimento può recare [ ex comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000 ] alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’ indagato o dell’ imputato, ossia la considerazione di interessi individuali in conflitto con l’ istanza punitiva [ … ]. Quest’ ultimo ambito valutativo è del tutto estraneo alla previsione contenuta dall’ Art. 131 bis CP “. A tal proposito, si vedano pure gli analoghi Precedenti esplicati in Cass., sez. pen. V, 14 luglio 2016, n. 45996, Cass., sez. pen. V, 15 settembre 2016, n. 47523, Cass., sez. pen. V, 15 settembre 2016, n. 47518 nonché in Cass., sez. pen. V, 16 giugno 2016, n. 40270. Tale personalizzazione accurata ed iper-fattualizzata ex comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000, del resto, era prevedibile, in un contesto giurisdizionale anti-retribuzionista com’ è, necessariamente e quasi ontologicamente, quello del GdP nell’ Ordinamento italiano. Nel DLVO 274/2000 si giuridificano fattispecie poco più che bagatellari e non delitti gravemente anti-sociali e/o anti-normativi.
Un altro segnale differenziatorio tra l’ Art. 131 bis CP e l’ Art. 34 DLVO 274/2000 consiste nel diverso ruolo potestativo della parte lesa, la quale, nei commi 2 e 3 Art. 34 DLVO 274/2000, è e rimane la parte processuale centrale e primaria, sia in caso di archiviazione del Procedimento ( comma 2 Art. 34 DLVO 274/2000 ), sia in caso di esercizio dell’ azione penale ( comma 3 Art. 34 DLVO 274/2000 ). Infatti, a tal proposito, Cass., SS.UU., 16 luglio 2015, n. 43264 precisa che “ la disciplina di cui all’ Art. 34 DLVO 274/2000 attribuisce alla persona offesa una facoltà inibitoria ricollegabile alla valutazione del legislatore circa la natura eminentemente conciliativa della giurisdizione di pace, che dà risalto peculiare alla posizione dell’ offeso dal reato [ … ]. Al contrario, l’ istituto previsto dall’ Art. 131 bis CP non prevede ( salvo per la particolare ipotesi di cui all’ Art. 469 Cpp [ proscioglimento prima del dibattimento ] ) alcun vincolo procedurale conseguente al dissenso delle parti “. Anche Corte Costituzionale, Ordinanza n. 349/2004 commenta i commi 2 e 3 Art. 34 DLVO 274/2000 rimarcando che “ la finalità conciliativa [ assente nell’ Art. 131 bis CP, ndr ] rappresenta un tratto fondamentale del sistema delineato dal DLVO 274/2000. Infatti, come più volte ha sottolineato la giurisprudenza costituzionale, la finalità conciliativa costituisce il principale obiettivo della giurisdizione penale del giudice di pace “. Analoghe osservazioni sono contenute pure in Cass., sez. pen. V, 25 maggio 2016, n. 29701 ed in Cass., sez. pen. IV, 20 maggio 2016, n. 26491. Di nuovo, quindi, l’ Art. 34 DLVO 274/2000 si distingue nettamente dall’ Art. 131 bis CP, il quale, peraltro, disciplina fattispecie penalmente rilevanti gravi, nelle quali non avrebbe alcun senso utilizzare la ratio conciliativa prevista dai commi 2 e 3 Art. 34 DLVO 274/2000. Similmente, Cass., sez. pen. IV, 14 luglio 2015, n. 31920 afferma che, tra l’ Art. 131 bis CP e l’ Art. 34 DLVO 274/2000, sussistono “ molte divergenze [ … ] con riguardo alla definizione normativa dei relativi presupposti applicativi “ Anzi, l’ assenza della conciliatività nell’ Art. 131 bis CP conferma di nuovo che, alla luce degli Artt. 15 e 16 CP, l’ Art. 34 DLVO 274/2000 è una norma speciale e, per conseguenza, “ quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito “ ( Art. 15 CP ). Ovverosia, esiste una tenuità del fatto ordinaria ex Art. 131 bis CP ed una tenuità del fatto speciale ex Art. 34 DLVO 274/2000.
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Tenuità del fatto e conciliativa nella giurisprudenza recente
E’ assai interessante notare che l’ Art. 131 bis CP e l’ Art. 34 DLVO 274/2000 sono contenutisticamente simili, ancorché proceduralmente distinti. In altre parole, come asserito da Cass., sez. pen. IV, 14 luglio 2015, n. 31920, “ la non punibilità per tenuità del fatto costituisce l’ estensione al processo ordinario dell’ istituto tipico del procedimento penale dinanzi al giudice di pace, previsto dall’ Art. 34 DLVO 274/2000 [ quindi ] la scelta legislativa, volta a calibrare diversamente i presupposti richiesti dall’ Art. 131 bis CP, dimostra di per sé che i due istituti sono sostanzialmente autonomi tra di loro “. Quindi, tale autonomia affonda la propria radice strutturale nel principio di specialità delineato nell’ Art. 15 CP. Ciò significa, in definitiva, che l’ equipollenza sostanziale della materia giuridificata non impedisce la diversità nonché l’ autonomia applicative. Infatti, sotto il profilo contenutistico, l’ Art. 131 bis CP e l’ Art. 34 DLVO 274/2000 sono quasi sovrapponibili, ma, sotto il profilo rituale, tali due norme rimangono autonome, giacché l’ Art. 34 DLVO 274/2000 rimane riservato alla sola giurisdizione del GdP, il quale deve perseguire una ratio conciliativa estranea alla previsione normativa ordinaria di cui all’ Art. 131 bis CP. Pure Cass., sez. pen. I, 14 luglio 2016, n. 37551, in sintonia con Cassazione 31920/2015, sostiene che “esiste una sicura diversità tra i due istituti [ … ] [ e questa diversità ], per essere affermata, non richiede neppure un analitico vaglio delle differenze di disciplina – pur esistenti – essendo sufficiente osservare che la disciplina dell’ Art. 131 bis CP, siccome espressamente prevista per il procedimento ordinario, è inapplicabile per i reati di cognizione del giudice di pace “.
Altrettanto stimolante è Cass., sezione feriale, 20 agosto 2015, n. 38876, la quale sottolinea che “ la scelta di non disciplinare i rapporti tra i due istituti è stata presa in modo consapevole durante la fase di progettazione dell’ Art. 131 bis CP, essendo stato anche disatteso il suggerimento avanzato da talune precedenti commissioni ministeriali di abrogare espressamente l’ Art. 34 DLVO 274/2000, abrogazione che, tuttavia, non è stata prevista dal DLVO n. 28/2015 e neppure dalla legge delega n. 67/2014, con la conseguenza che è stata consapevolmente valutata la coesistenza di due modelli profondamente diversi di irrilevanza penale per tenuità del fatto “. Ognimmodo, a parere di chi scrive, il grande elemento veramente differenziante, contenuto nel comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000, consta nella tutela delle “ [ … ] esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’ imputato “. Tale capoverso, infatti, introduce elementi valutativi filo-abolizionistici tipici dell’ attività del GdP e, viceversa, nemmeno immaginabili nel contesto dell’ Art. 131 bis CP, il quale non tutela, e non è tenuto a tutelare, il valore della ricerca di una soluzione conciliatoria. Ciò vale soprattutto nei confronti del reo minorenne e del giovane adulto, o dell’ incensurato, la cui protezione è normale nell’ ambito della giurisdizione del GdP, il tutto senz’ altro alla luce dell’ Art. 15 CP.
Va precisato pure che l’ Art. 131 bis CP esclude la punibilità, ma non predispone alternative od eccezioni sotto il profilo della Procedura Penale, allorquando, viceversa, l’ Art. 34 DLVO 274/2000, soprattutto nei commi 2 e 3, incide sul corso ordinario del Procedimento, giacché dispone l’ interruzione dell’ esercizio dell’ azione penale, alla luce della tenuità materiale o morale della lesione giuridica. In effetti, anche Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13681 nota, giustamente, che “ la tenuità del fatto ex Art. 131 bis CP e l’ analoga fattispecie prevista dall’ Art. 34 DLVO 274/2000 si differenziano nettamente sotto il profilo della natura giuridica [ … ] [ perché ] è evidente la natura sostanziale [ e non rituale ] della previsione contenuta all’ Art. 131 bis CP [ … ]. La tenuità del fatto disciplinata dall’ Art. 34 DLVO 274/2000 attiene, invece, alla procedibilità ed è stata espressamente collocata dal legislatore nel Capo V [ DLVO 274/2000 ], dedicato alle definizioni alternative del procedimento, proprio per sottolineare la natura eminentemente processuale dell’ istituto “. In altre parole, l’ Art. 131 bis CP svolge il proprio ruolo precettivo nell’ alveo del Diritto Penale sostanziale, mentre l’ Art. 34 DLVO 274/2000 afferisce all’ aspetto processual-penalistico e prevede, nel comma 2, la dichiarazione di non doversi procedere, con conseguente decreto di archiviazione. Quindi, l’ Art. 131 bis CP si limita alla valutazione della tenuità del fatto criminoso, mentre l’ Art. 34 DLVO 274/2000 accerta la tenuità e, contestualmente, autorizza pure il GdP a cessare l’ intera fase del Procedimento.
Per conseguenza, l’ Art. 131 bis CP costituisce, rispetto al DLVO 274/2000, una norma speciale ex Art. 15 CP non estensibile all’ ambito giurisdizionale del GdP, in tanto in quanto, come asserito da Cass., sez. pen. V, 28 novembre 2016, n. 54173, “ è conseguentemente inapplicabile la previsione generale [ di cui all’ Art. 131 bis CP ] ai reati di competenza del giudice di pace “, il quale deve attenersi esclusivamente alla normativa non ordinaria ex Art. 34 DLVO 274/2000. A questo proposito, è analogo il parere espresso nelle Motivazioni di Cass., sezione feriale, 6 agosto, 2015, n. 34672. In effetti, la mera sostanzialità dell’ Art. 131 bis CP e la diversità autonoma insita nell’ Art. 34 DLVO 274/2000 sono ribadite pure in Cass., sez. pen. VII, Ordinanza n. 1510/2015, nel senso che “ nel procedimento avanti al GdP, si osservano, di regola, le norme contenute nel codice di procedura penale [ … ] in quanto applicabili e salvo le specifiche eccezioni relative ad istituti e procedimenti speciali ad esso espressamente dichiarati non applicabili “ Dunque, anche Cassazione Ordinanza n. 1510/2015 distingue l’ Art. 131 bis CP, di matrice valutatoria, e l’ Art. 34 DLVO 274/2000, di matrice valutatoria nel comma 1, ma rituale nei commi 2 e 3. Altrettanto illuminante ed assai pertinente è pure Cass., sez. pen. I, 14 luglio 2016, n. 37551, la quale chiarisce che “ le differenze esistenti tra i due istituti, pur ruotanti intorno al nucleo comune consistente nella particolare tenuità del fatto, precludono al giudice di pace di utilizzare uno dei due istituti indifferentemente, stante, come detto, la natura speciale [ ex Art. 15 CP ] della causa di improcedibilità prevista dall’ Art. 34 DLVO 274/2000 “. Del pari, Cass., sez. pen. V, 27 maggio 2016, n. 44632 destina l’ Art. 131 bis CP al Procedimento Penale ordinario, poiché “ la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto [ ex Art. 131 bis CP ] ha natura sostanziale “, a differenza dei commi 2 e 3 Art. 34 DLVO 274/2000. In definitiva, l’ Art. 34 DLVO 274/2000, per effetto dell’ Art. 15 CP, risulta precettivamente riservato al GdP, mentre l’ Art. 131 bis CP costituisce una norma sostanziale ordinaria con valenza qualificatoria, non processuale ed utilizzabile soltanto dal giudice ordinario.
Gli orientamenti giurisprudenziali difformi in tema di (non ?)-applicabilità dell’ Art. 131 bis CP alla giurisdizione del GdP
Esaltando in misura ipertrofica il valore del favor rei, Cass., sez. pen. IV, 19 aprile 2016, n. 40669 ha sostenuto che “ è irrazionale la mancata applicazione della disciplina più favorevole prevista dall’ Art. 131 bis CP al settore dei reati di competenza del giudice di pace, che, per scelta legislativa, godono di una presunzione di minor gravità rispetto ai reati attribuiti alla cognizione del giudice ordinario “. Analogamente, nove mesi dopo, Cass., sez. pen. V, 13 gennaio 2017, n. 15579 ha inteso specificare che “ è altamente irrazionale e contrario ai principi generali che la disciplina sulla tenuità del fatto [ ex Art. 131 bis CP ] sia inapplicabile per i reati attribuiti alla competenza del GdP, ove, invece, dovrebbe farsi unicamente riferimento a quella specifica e più stringente di cui all’ Art. 34 DLVO 274/2000 [ … ] atteso anche che tutti i reati di competenza del GdP hanno una cornice edittale che rientra, a maggior ragione, nella previsione di cui all’ Art. 131 bis CP “. Quindi, Cassazione 40669/2016 e Cassazione 15579/2017 propongono, nel nome del favore penalistico verso il reo, di estendere l’ Art. 131 bis CP anche al potere applicativo del GdP, ma, in Dottrina, molti hanno notato che tale dilatazione applicativa oltrepassa i limiti ordinari e proporzionati del Garantismo penale. Alcuni Costituzionalisti, per la verità, hanno criticato, alla luce dell’ Art. 3 Cost., la sperequazione sanzionatoria o, comunque, lo jato troppo radicale e rigoristico tra l’ Art. 131 bis CP e l’ Art. 34 DLVO 274/2000. Ovverosia, non si comprende, secondo tale tesi minoritaria, il perché di una discrasia tra la tenuità del fatto avanti al giudice ordinario e quella avanti al GdP. Anche Cass., sez. pen. II, 22 novembre 2016, n. 9175 propone di estendere la precettività dell’ Art. 131 bis CP al campo applicativo del GdP, ma, purtroppo, non è ancora stata specificata la maniera di risolvere l’ eventuale antinomia logica tra l’ Art. 34 DLVO 274/2000 e l’ ordinario Art. 131 bis CP, che non presenta, comunque, il carattere di specialità enunziato nell’ Art. 15 CP. Provvidenzialmente, Cass., sez. pen. V, 12 gennaio 2017, n. 9713 ha richiamato, correttamente, la differenza tra punibilità penale-sostanziale e procedibilità penale-processuale, giacché “ l’ Art. 131 bis CP prevede una causa di esclusione della punibilità, allorché – per le modalità della condotta e per l’ esiguità del danno o del pericolo – l’ offesa all’ interesse protetto sia particolarmente tenue. Invece, l’ Art. 34 DLVO 274/2000 contempla una causa di esclusione della procedibilità quando il fatto – valutato nella sua componente oggettiva ( esiguità del danno o del pericolo ) e soggettiva ( occasionalità della condotta e grado di colpevolezza ) – sia di particolare tenuità “. Dunque, Cassazione 9713/2017 ri-collega, in modo pertinente e preciso, l’ Art. 131 bis al Diritto Penale sostanziale, mentre l’ Art. 34 DLVO 274/2000 attiene al profilo della sola Procedura Penale.
Più latamente, il parere minoritario circa l’ estensione precettiva dell’ Art. 131 bis CP al GdP è da rigettare anche perché l’ Art. 131 bis CP non dispone alcunché a livello processualistico, mentre i commi 2 e 3 Art. 34 DLVO 274/2000 disciplinano il decreto di archiviazione per lieve entità nel corso delle indagini preliminari ( comma 2 Art. 34 DLVO 274/2000 ) oppure in sede dibattimentale ( comma 3 Art. 34 DLVO 274/2000 ). Certamente, sotto il profilo qualificatorio, non si può negare la notevole ricchezza di elementi valutativi esposti dall’ Art. 131 bis CP, ma essa rimane un dato normativo di Diritto Penale sostanziale e non processuale. Inoltre, la specialità ex Art. 15 CP del comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000 viene confermata dal parametro qualificatorio, peraltro assolutamente nuovo nella Giuspenalistica italiana, relativo al “ pregiudizio che l’ ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta alle indagini o dell’ imputato “ ( comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000 ). Si tratta di un beneficio decisamente riduzionista e garantista, assente nell’ Art. 131 bis CP, riservato, quest’ ultimo, ad atti anti-sociali molto più gravi di quelli disciplinati nel DLVO 274/2000. Per non parlare, poi, del prezioso ruolo del comma 1 Art. 34 DLVO 274/2000 nella fattispecie giuridico-criminologica del giovane adulto.
Sempre a proposito dell’ eventuale estendibilità precettiva dell’ Art. 131 bis CP, l’ orientamento maggioritario degli Anni Duemila è stato ribadito anche da Cass., SS.UU., 22 giugno 2017, n. 53683, a parere delle quali “ la causa di non punibilità prevista dall’ Art. 131 bis CP non si applica ai reati di competenza del GdP “. Più dettagliatamente, Cassazione 53683/2017 ha notato che i commi 2 e 3 Art. 34 DLVO 274/2000 conferiscono alle parti la possibilità di una soluzione conciliativa, poiché “ la peculiarità del processo penale innanzi al GdP [ quindi non nel caso dell’ Art. 131 bis CP ] è una preminente funzione conciliativa, per la cui realizzazione è evidentemente necessario dare un risalto peculiare alla posizione dell’ offeso dal reato [ ex commi 2 e 3 Art. 34 DLVO 274/2000 ]. [ Quindi ] il potere ostativo riconosciuto nella disciplina di cui all’ Art. 34 DLVO 274/2000 risulta funzionale alla diversa finalità che, in quel ben delimitato ambito normativo, assume l’ improcedibilità per tenuità del fatto. Se il processo innanzi al GdP persegue la composizione del conflitto tra imputato e persona offesa, l’ estensione dell’ Art. 131 bis CP e la conseguente minor tutela garantita al danneggiato integra di per sé un elemento di incompatibilità dell’ istituto rispetto alla giurisdizione del giudice di pace “.
Anzi, Cassazione 53683/2017 ha radicalmente rigettato, a titolo di corollario delle Motivazioni, anche ogni dubbio circa l’ estensione applicativa qui esaminata, in tanto in quanto “ l’ estensione dell’ Art. 131 bis CP ai reati di competenza del GdP non è consentita neppure valorizzando la prevalenza della lex mitior sopravvenuta [ … ]. La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’ Art. 131 bis CP, non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del GdP “.
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