Decreto ingiuntivo e omessa pronuncia sulle spese

Un lavoratore proponeva ricorso ex art. 633 e ss cpc al fine di ottenere l’ingiunzione nei confronti del suo ex datore di lavoro alla consegna di alcuni documenti (nello specifico, buste paga e attestati di corsi formativi frequentati). Il Giudice adito, accoglieva il ricorso, ingiungendo a controparte quanto richiesto (peraltro con la formula della provvisoria esecutività) ma ometteva – evidentemente per errore – di provvedere sulle spese legali.

Come rimediare? esclusa, per ovvie ragioni – l’opposizione ex art. 645 cpc, proponibile solo dal debitore ingiunto. Parimenti da escludersi la riproposizione del ricorso per decreto ingiuntivo, se non attesi i 60 giorni per la perdita di efficacia di quello già emesso.

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La questione è dunque la seguente:

Il decreto ingiuntivo viziato da errore materiale è correggibile tramite la procedura di cui agli artt. 287, 288 e 289 cpc?

Per rispondere a questa domanda ci si deve prima interrogare in ordine alla possibilità di proporre istanza di correzione dell’errore materiale in caso di mancata pronuncia sulle spese; ci si deve chiedere, in sintesi, se la suddetta omessa pronuncia rientri nel novero degli errori materiali correggibili. Al quesito hanno dato risposta affermativa le Sezioni Unite della Cassazione. Il Giudice di merito aveva provveduto alla liquidazione delle spese nella motivazione del proprio provvedimento ma, nel dispositivo non ve ne era traccia. La seconda sezione – rilevando un contrasto[1] sul punto – con ordinanza[2] n. 21048 in data 11/09/2017 rimetteva alle Sezioni Unite. Da una parte, infatti, era stato affermato che: “la sentenza che contenga una corretta statuizione sulle spese nella parte motiva, conforme al principio della soccombenza, ma non contenga poi liquidazione di esse o, come nella specie, di parte di esse nel dispositivo, non è emendabile con la procedura di correzione
dell’errore materiale, in quanto, ai fini della concreta determinazione e quantificazione
delle spese, si rende necessaria la pronuncia del giudice
[3]; dall’altra invece che: “la procedura di correzione di errore materiale è esperibile per rimediare all’omessa liquidazione delle spese processuali nel dispositivo della sentenza, qualora l’omissione non evidenzi un contrasto tra motivazione e dispositivo, ma solo una dimenticanza dell’estensore[4].

Il contrasto veniva così risolto dalle Sezioni Unite: “A fronte della mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, anche emessa ex art. 429 cpc, sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata deve fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e ss. cpc per ottenerne la quantificazione[5].

Data la risposta al primo interrogativo, ci si chiede se lo stesso rimedio sia esperibile con riguardo al decreto ingiuntivo che non contenga la statuizione sulle spese. Non si tratta, infatti, di una discrasia tra parte motiva di una sentenza e il dispositivo della stessa; anzi, a ben guardare, non vi è proprio una sentenza. Come è noto, infatti, l’art. 287 cpc, per espressa disposizione, si riferisce alle sentenze (non appellate) e alle ordinanze non revocabili. Il decreto emesso ai sensi dell’art. 633 cpc non è, con ogni evidenza, né una sentenza, né una ordinanza.

La Corte Costituzionale, investita della questione, con la sentenza n. 393 del 17/11/1994, aveva già dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 287 cpc nella parte in cui non menziona tra i provvedimenti sottoponibili a procedimento di correzione materiale anche i decreti ingiuntivi. La Corte, infatti, aveva rilevato che si trattava di una “lacuna tecnica”. Il Giudice delle Leggi, dunque, indicava la strada per risolvere il problema nella lettura dell’art. 12, 2° co. delle Disposizioni sulla legge in generale, a norma del quale: “se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe”.

Dunque, se da una parte è vero che il decreto ingiuntivo non è una sentenza e neppure un’ordinanza, è anche vero che lo stesso ha natura decisoria (equiparabile ad una sentenza di condanna) e idoneità a conseguire l’efficacia materiale del giudicato ove non opposto nei termini.

Nel senso della ricorribilità al procedimento di correzione materiale per il decreto ingiuntivo che nulla preveda sulle spese legali già si era pronunciato il Giudice del Tribunale di Napoli[6].

Richiamando espressamente il precedente del Tribunale partenopeo (oltre alle pronunce della Corte Costituzionale e delle SU della Cassazione sopra citate) anche il Tribunale di Udine è giunto alla stessa conclusione e “preso atto dell’effettivo errore materiale contenuto nel decreto ingiuntivo e consistito nell’omissione della liquidazione delle spese di procedimento (…), ritenuto che – con i necessari adattamenti imposti dalla natura a contradditorio posticipato tipica del procedimento per decreto ingiuntivo – la fattispecie di cui agli art. 287 e segg. cpc possa trovare applicazione anche nel procedimento in parola (…)”, ha provveduto alla correzione dell’errore[7].

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Note

[1] Si vedano da una parte: Cass. 7/10/2014 n. 21109

[2] Si vedano: “Omessa pronuncia sulle spese e correzione dell’errore materiale”, Fabio Cossignani, Euroconference Legal, 28/08/2018 e ‘Sui rimedi esperibili in caso di omessa liquidazione delle spese nel dispositivo”, Enrico Picozzi, ivi, 11/11/2017.

[3] Cass. 7 ottobre 2014 n. 21109.

[4] Cass. 27 luglio 2016 n. 15650, conformi: Cass. 24 luglio 2014 n. 16959, Cass. 22 maggio 2015 n. 10564.

[5] Cass. S.U. 21 giugno 2018 n. 16415.

[6] Trib. Napoli, est. dott. Ucci, 8 giugno 2015.

[7] Trib. Udine, est. dott. Luongo, 10/01/2020.

Avv. Andrea Leone D’Agata

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