Il fenomeno dei diritti audiovisivi
Negli ultimi 30 anni, una delle fonti maggiori di reddito per le società professionistiche è sicuramente quella derivante dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi. Lo sport è infatti sempre più una forma di spettacolo che ormai viene visto comodamente seduti in poltrona anziché negli stadi, che a loro volta si dimostrano sempre più inospitali ed inadeguati ad attrarre gli spettatori. Sempre meno tifosi si recano allo stadio e sempre di più guardano le partite su vari supporti media, dalla televisione classica, con il digitale terrestre ed il satellitare, alle varie piattaforme elettroniche ed internet, smartphone e computer su tutti, che trasmettono le gare in diretta, per i propri abbonati o per coloro che le acquistano sul momento, con un’offerta sempre più variegata al passo con la tecnologia e con le mode del momento.
L’evento sportivo viene quindi individuato in una duplice accezione: da una parte, fatto di cronaca, accadimento di interesse ai fini di un diritto all’informazione e, dall’altra, spettacolo frutto di un’attività organizzativa che appartiene al suo organizzatore. Cosicché la disciplina dei diritti audiovisivi trova la sua ragion d’essere nella prevalenza, ma anche nei limiti, dell’interesse economico rispetto alla salvaguardia di quello di cronaca, prevalenza per giustificare la quale, da una parte, vi è chi ha individuato un diritto assoluto in capo all’organizzatore dell’evento, discendente da un principio presente nell’ordinamento giuridico in virtù del quale i risultati economici di un’attività appartengono a chi pone in essere quell’attività; dall’altra, vi è chi ha riconosciuto la prevalenza di una situazione giuridica soggettiva relativa, nata dal rapporto contrattuale fra l’organizzatore sportivo e lo spettatore con l’acquisto del biglietto per assistere alla manifestazione sportiva. In ogni caso, si tratta di prevalenza, in quanto, come vedremo, residuano ancora spazi per l’affermazione di un diritto all’informazione anche relativamente agli eventi sportivi (Sanino Verde).
Per altro verso, lo sfruttamento dei diritti sugli eventi appare sempre più diffuso e legato al progresso tecnologico. Per questo motivo, non può più parlarsi di diritti televisivi, ma quello di diritti audiovisivi è sicuramente il termine più adatto, perché consente di abbracciare tutta la gamma di piattaforme attraverso le quali poter trasmettere una gara, in diretta, in differita o anche per brevi spezzoni. Si tratta di un mondo variegato che si amplia con l’avanzare della tecnologia. Una componente che è diventata sempre più importante nel reddito delle società calcistiche, ma non solo, e che affonda le proprie radici oltreoceano, con le trasmissioni via cavo delle partite di football americano e di pallacanestro NBA, e poi, sempre per gli abbonati, di una gara del campionato italiano di calcio, oltre agli incontri di boxe, trasmissioni che poi si sono diffuse nel nostro continente, tanto da meritare un riconoscimento ufficiale sia nella Dichiarazione di Nizza sullo Sport del 2000, sia nel Libro bianco della Commissione del 2007.
Nel nostro Paese, in realtà, qualche manifestazione sportiva era stata già trasmessa in diretta dalla televisione di stato, come i mondiali o le olimpiadi, ma, fino all’avvento delle tv commerciali, le gare della giornata del nostro campionato di calcio erano appannaggio della TV di stato che le sintetizzava in servizi che andavano in onda nelle trasmissioni storiche della domenica pomeriggio e sera: 90° minuto, Domenica Sprint e, a sera inoltrata, la Domenica sportiva, raccontate da giornalisti che sono diventati pietre miliari della nostra cultura, sportiva e non.
Solo con l’avvento delle TV commerciali e, soprattutto, delle emittenti satellitari, sono iniziate le trasmissioni in diretta delle partite. Il tutto seguendo una rigida disciplina che si è man mano arricchita con una evoluzione della normativa comunitaria e poi di quella nazionale, ma anche con una giurisprudenza che ha avuto modo di emanare pronunce che hanno fatto epoca e, soprattutto, con una proliferazione di regolamenti, linee guida, ma anche di pareri e pronunce da parte di Autority che sono state il vero motore dell’evoluzione della regolamentazione nel settore. Si tratta di una disciplina necessaria, perché la commercializzazione di questi diritti coinvolge, oltre a quello sportivo, due settori chiave delle politiche comunitarie e poi nazionali: quello delle telecomunicazioni e quello della concorrenza. E le due Autority nazionali preposte alla vigilanza dei due settori hanno avuto, e stanno tuttora avendo, un ruolo preponderante nella costruzione progressiva di una disciplina nazionale in conformità con quella europea. L’acquisto dei diritti in esclusiva sugli eventi sportivi è infatti sempre stato considerato dalle società emittenti come un “ariete” per penetrare in un nuovo mercato o, per coloro che già sono presenti, per consolidare la propria posizione all’interno di quel mercato, limitando la concorrenza dei competitors (Wheaterill).
Per una ricostruzione, seppur schematica, della disciplina è quindi necessario tenere in considerazione tutti questi formanti, disciplina che non potrebbe però essere completa senza l’analisi di una ulteriore componente: quella privatistica degli accordi fra consociati, ossia fra le società sportive, espressi dalle delibere degli enti che li rappresentano e governano (Leghe e Federazioni), e dei contratti di scambio con i quali i diritti sono stati ceduti per la trasmissione.
E così l’attuale regolamentazione si occupa di due aspetti distinti: da una parte, la cessione vera e propria dei diritti dal titolare della manifestazione sportiva alla società che trasmetterà; dall’altra, la ripartizione dei proventi della cessione fra i vari titolari della manifestazione. Ed entrambe le fasi, pur in presenza di una rigida regolamentazione (e forse, in alcuni casi, proprio per questa presenza), hanno visto presente una forte conflittualità, che pur risolvendosi in modo estemporaneo, si è spesso ripresentata nella successiva occasione. Terza fase è la trasmissione degli eventi agli spettatori che sia un ristretto numero di abbonati ovvero il vasto pubblico. Cosicché nel mercato degli eventi sportivi possono essere individuate tre distinte figure: innanzitutto il titolare originale dell’evento, identificato nel suo organizzatore; successivamente la compagnia di telecomunicazioni, che rappresenta la domanda dei diritti televisivi e che, una volta acquistati i diritti, provvede a produrre la trasmissione relativa; ed infine il consumatore, direttamente o indirettamente coinvolto nel rapporto commerciale con la compagnia di comunicazioni, direttamente se titolari di un abbonamento, indirettamente se gli introiti per i diritti sono garantiti anche attraverso inserzioni pubblicitarie. Oltre alle concessionarie pubblicitarie, ci sono poi altri soggetti che possono partecipare nelle varie fasi, gli intermediari a vari livelli, che possono comparire sia nella fase di acquisto dei diritti dall’organizzatore, sia in quella successiva di sottoscrizione di abbonamenti. Il tutto con un limite che a sua volta necessita di una costante definizione: quello del diritto all’informazione nei suoi due aspetti del diritto di cronaca e del diritto di essere informato (Santoro).
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La natura giuridica dei diritti audiovisivi: diritti reali o diritti di credito?
Come accennato in precedenza, l’attuale disciplina dei diritti audiovisivi passa attraverso la valutazione di un conflitto di interessi fra la tutela del diritto di cronaca e quella del diritto allo sfruttamento economico del risultato dell’attività di organizzazione delle manifestazioni sportive, in modo da consentire al titolare di inibire o condizionare al suo consenso le riprese da parte di emittenti televisive. Sicuramente, la disciplina della alienazione dei diritti audiovisivi mostra una preferenza per quest’ultimo, ma, come vedremo, nella sua disciplina rimangono ampi settori in cui il diritto all’informazione viene fatto valere.
Per altro verso, come ogni diritto considerato disponibile, la commercializzazione dei diritti audiovisivi si basa sul consenso attraverso il quale si può cedere il diritto di mandare in onda le immagini relative all’evento. Ma che natura ha questo diritto? È infatti acceso il dibattito in dottrina sulla natura di questi diritti: si tratta di diritti reali su beni particolari o diritti di credito derivanti da un rapporto contrattuale in essere? Fra coloro che hanno individuato nei diritti audiovisivi situazioni reali, vi è stato innanzitutto chi ha ritenuto che la tutela dell’organizzatore si attivi per mezzo dell’applicazione diretta o indiretta delle sole norme generali in materia di diritto di proprietà, mentre altri hanno sostenuto che si trattasse di forme di proprietà intellettuale tutelate come se la gara sportiva fosse un’opera dell’ingegno umano e gli autori interpreti di un copione scritto da altri, con la conseguente applicazione della disciplina sul diritto d’autore.
Altri ancora hanno preferito mettere in risalto la natura imprenditoriale dell’attività dell’organizzatore che trova i suoi frutti nell’evento, portando così all’applicazione delle norme sulla concorrenza sleale. Dal lato di coloro che hanno collocato i diritti in questione nell’ambito delle situazioni di credito, vi è chi, seppur con differenti argomentazioni, ha ritenuto che la tutela potesse essere concessa solamente nei rapporti contrattuali fra l’organizzatore e lo spettatore, caratterizzati dal divieto, per coloro che accedono ai luoghi in cui si tiene la manifestazione sportiva, di effettuare riprese filmate e dalla relativa tutela risarcitoria di cui all’art. 1218 c.c. In realtà, come afferma parte della dottrina, ciascuna di queste teorie, se considerata autonomamente, porta a risultati fuorvianti. Affermare che la tutela possa intervenire solo nei casi di rapporti fra l’organizzatore e lo spettatore, o anche che essa debba valutare solo gli aspetti concorrenziali o proprietari appare eccessivamente riduttivo. Si tratta di situazioni di natura complessa, la cui tutela non può limitarsi ad un singolo profilo, ma deve comprenderli tutti, in funzione soprattutto della disciplina che in concreto possa risultare idonea a comporre il conflitto degli interessi di volta in volta contrapposti (Poddighe).
Certamente, il legislatore potrebbe, al momento di individuare la propria disciplina in concreto, attribuire loro una natura specifica. E qualcuno ha ritenuto rinvenire nella definizione del D.lgs. n. 9 del 2008 contenuta nell’art. 2, lett. o), per il quale i diritti audiovisivi sono “diritti esclusivi, di durata pari a cinquanta anni dalla data in cui si svolge l’evento”, una presa di posizione del nostro legislatore per la natura reale di questi diritti. In realtà, come rileva la dottrina, il legislatore ha preferito descrivere il contenuto di questi diritti e non la loro natura, laddove assolutezza, realità, immediatezza sequela non sono prerogative dei soli diritti reali. D’altro, canto nemmeno l’introduzione (con l’art. 28 del medesimo D.lgs. 9/2008) all’interno della normativa sul diritto d’autore di una norma, l’art. 78-quater, che dichiara applicabile ai diritti audiovisivi sportivi le norme sulla protezione del diritto d’autore, può ritenersi in tal senso risolutiva. Come giustamente sostiene autore, ma si è limitata ad estendere la normativa sul diritto di autore ai diritti audiovisivi nel timore di un vuoto di tutela, proprio perché i diritti in questione non sarebbero riconducibili all’ambito del diritto d’autore (Indraccolo).
Il presente contributo sulla disciplina e sulla natura dei diritti audiovisivi è tratto da “Diritto dello Sport” (AA. VV.) a cura di Giuseppe Cassano e Antonio Catricalà. Per approfondire leggi anche le pagine 259 ss.
Diritto dello Sport
Aggiornata alle recenti determinazioni del CONI, l’opera affronta a tutto tondo il diritto sportivo, ponendosi come strumento utile al Professionista che debba affrontare questioni relative alla contrattualistica, al regime di responsabilità dei soggetti coinvolti, nonché alla tutela dei diritti derivanti dai rapporti con le società sportive, sia a livello nazionale che europeo.Le tematiche principali trattate sono: – La disciplina delle società sportive;- Il contratto di lavoro sportivo e i contratti di sponsorizzazione, licensing e merchandising;- La condizione giuridica degli sportivi stranieri;- I diritti televisivi;- La responsabilità civile e l’illecito sportivo;- La giustizia sportiva.L’organicità dell’opera permette di avere chiaro il quadro complessivo del diritto sportivo, prestando particolare attenzione ai diritti e ai doveri dei protagonisti del settore.Stefano BastianonInsegna Diritto Europeo dello Sport nell’Università degli Studi di Bergamo.Angela BusaccaInsegna Diritto Sportivo nell’Università degli Studi di Reggio Calabria.Maria CimminoInsegna Diritto dello Sport nell’Università degli Studi di Napoli Parthenope.Massimo Rubino De RitisInsegna Diritto ed economia delle imprese sportive nell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanviltelli.Alessandro IzarInsegna Diritto del Lavoro Sportivo nell’Università degli Studi di Milano Bicocca.Roberta LombardiInsegna Diritto dello Sport nell’Università degli Studi del Piemonte Orientale.Marcello PieriniInsegna Diritto dell’Unione Europea Sport e Comunicazione nell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.Maria Pia PignalosaInsegna Diritto Privato dello Sport, Legislazione Sportiva e Illecito Sportivo nell’Università degli Studi di Roma Foro Italico.Maria Francesca SerraInsegna Diritto Sportivo nell’Università degli Studi di Roma Niccolò Cusano.Francesco Paolo TraisciInsegna Diritto dello Sport nell’Università degli Studi del Molise.
Stefano Bastianon, Angela Busacca, Maria Cimmino, Massimo Rubino De Ritis, Alessandro Izar, Roberta Lombardi, Marcello Pierini, Maria Pia Pignalosa, Maria Francesca Serra, Francesco Paolo Traisci | 2019 Maggioli Editore
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