Il fatto e i motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Ancona ricorreva per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la stessa Corte di appello aveva dichiarato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 129 e 469 c.p.p., non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-ter, perché estinto per prescrizione, disponendo l’immediata restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro.
Il ricorrente, in particolare, impugnava con un motivo mediante il quale si deduceva l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale in relazione alle disposizioni di cui agli artt. 129 e 469 c.p.p. (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b)).
Si sosteneva a tal proposito come la sentenza impugnata avrebbe dovuto considerarsi viziata da nullità assoluta e insanabile ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), art. 179 c.p.p., comma 1, per violazione del principio del contraddittorio in quanto emessa senza la preventiva interlocuzione delle parti processuali.
Si assume tra l’altro come la sentenza predibattimentale di proscioglimento ex art. 469 c.p.p. fosse ammissibile soltanto nell’ambito del giudizio di primo grado e non potesse essere emessa in quello di appello stante il combinato disposto degli artt. 598, 599 e 601 c.p.p., che non effettuano alcun rinvio sul punto.
Inoltre, nell’ambito del secondo grado di giudizio, ad avviso della pubblica accusa, non sarebbe stata neanche ammissibile emanare una pronuncia ai sensi dell’art. 129 c.p.p. in quanto la dichiarazione immediata della sussistenza di una causa di non punibilità presuppone comunque che il contraddittorio sia stato pienamente ed effettivamente istaurato.
Precisava altresì il Procuratore ricorrente che l’interesse alla presente impugnazione si sostanzia nella necessità di istaurare il pieno ed effettivo contraddittorio al fine di vagliare nel merito la questione relativa al dissequestro disposto nella sentenza della Corte di appello a fronte della confisca disposta con la sentenza di primo grado trattandosi di questione meritevole di essere decisa nel merito poiché, non incidendo la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione sul provvedimento ablatorio disposto con la sentenza di condanna di primo grado, si rendeva necessario un accertamento delle attuali disponibilità patrimoniali dell’imputato nonché di un loro eventuale futuro incremento in considerazione, peraltro, del cospicuo ammontare della somma costituente il profitto del reato.
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Le argomentazioni sostenute dalla difesa
L’imputato, a sua volta, presentava memoria con la quale si osservava come l’impugnazione si fosse fondata su una non condivisa interpretazione della sentenza n. 28954 del 2017 resa dalle Sezioni unite della Corte rilevandosi al contempo come egli non avesse in animo di evadere le imposte ma si fosse trovato innanzi ad un’imponente crisi di liquidità aziendale che aveva reso impossibile far fronte al versamento delle imposte stesse che, peraltro, aveva anche corrisposto almeno parzialmente mediante accordo di rateizzazione con Equitalia.
Quindi, ad avviso del difensore, era emerso come fatto incontestato che l’imputato si fosse trovato innanzi ad una serie impressionante di perdite e nell’impossibilità di incassare le ingenti somme con cui far fronte al versamento dell’Iva e delle altre ordinarie obbligazioni ma ciò nonostante egli – pur non potendo corrispondere in un’unica soluzione il dovuto – si era attivato per concordare con Equitalia il pagamento dell’Iva a debito, rateizzandone l’importo.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.
Si osservava prima di tutto come le Sezioni Unite avessero affermato che, nel giudizio d’appello, non è consentito pronunciare sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 c.p.p. in quanto il combinato disposto degli art. 598, 599 e 601 c.p.p. non effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, a tale disciplina, né la pronuncia predibattimentale può essere ammessa ai sensi dell’art. 129 c.p.p. poiché l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio (Sez. U, n. 28954 del 27/04/2017) fermo restando però che, da un lato, nell’enunciare il richiamato principio di diritto, le Sezioni Unite hanno precisato che, nell’ipotesi di sentenza d’appello pronunciata, come nel caso si specie, “de plano” in violazione del contraddittorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza sempreché non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2 (Sez. U., n. 28954 del 27/04/2017), dall’altro, come è noto, tale principio trova una espressa deroga nel caso in cui il giudice di appello pronunci una sentenza predibattimentale con cui dichiari l’estinzione del reato per prescrizione qualora in primo grado la parte civile abbia proposto richiesta di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni posto che, in tal caso, la causa estintiva del reato non prevale sulla nullità assoluta e insanabile della sentenza predibattimentale in quanto solo nel dibattimento può procedersi alla delibazione di merito relativamente ai capi della sentenza che concernono gli interessi civili, nel contraddittorio delle parti (Sez. 5, n. 21172 del 19/12/2016, dep. 2017) così come, allo stesso modo, ad avviso del Supremo Consesso, deve ritenersi per il caso, come quello in esame, in cui la sentenza predibattimentale di appello, di per sé sempre affetta da nullità assoluta e insanabile per violazione del contraddittorio, dichiari la prescrizione del reato revocando, di fatto, la confisca disposta in primo grado mediante la restituzione delle cose che erano state sequestrate in vista dell’emanazione del provvedimento ablativo dato che la parte pubblica ha diritto all’instaurazione del contraddittorio attraverso il normale svolgimento dell’udienza dibattimentale per poter chiedere, a condizioni esatte, la conferma delle disposizioni patrimoniali, pur in presenza di una causa estintiva del reato.
Ciò posto, si evidenziava a tal proposito che se la giurisprudenza di legittimità, nella sua più autorevole composizione, ha affermato che il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015), ha tuttavia chiarito che, invece, anche nel caso di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può disporre, a norma dell’art. 240 c.p., comma 2, n. 1, la confisca del prezzo e, ai sensi dell’art. 322-ter c.p., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto, rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015) precisandosi contestualmente che queste affermazioni, pur dovendo essere ora coordinate con la nuova disposizione di cui all’art. 578-bis c.p.p., richiedono, da un lato, che si distingua tra confisca diretta e confisca per equivalente in caso di declaratoria di prescrizione del reato e, dall’altro, confermano che erroneamente la Corte d’appello aveva pronunciato de plano una sentenza predibattimentale di proscioglimento per prescrizione e ordinato la restituzione delle cose sequestrate revocando di fatto la confisca disposta con la sentenza di condanna in primo grado, non avendo consentito, in violazione del principio del contraddittorio, alla parte pubblica di avvalersi pienamente del secondo grado di giudizio allo scopo di esprimere le proprie ragioni nei confronti della disposta confisca.
Tal che se ne faceva conseguire come sia nulla, per violazione del contraddittorio, la sentenza predibattimentale con la quale la Corte di appello dichiari de plano l’estinzione del reato tributario per prescrizione, revocando di fatto la confisca disposta con la sentenza di condanna in primo grado, avendo la parte pubblica diritto allo svolgimento dell’udienza dibattimentale di appello al fine di poter spiegare compiutamente il diritto di azione anche su tale punto.
La sentenza impugnata veniva pertanto annullata senza rinvio con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Ancona per il giudizio.
Conclusioni
La decisione in questione è assai interessante nella parte in cui affronta la tematica processuale inerente quando la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza allorchè la sentenza sia pronunciata “de plano” in violazione del contraddittorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’estinzione del reato per prescrizione.
Orbene, nell’affermare la legittimità di questa “prevalenza”, alla luce di un arresto giurisprudenziale del 2017, nella misura in cui non risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2, gli Ermellini rilevano come tale principio sia derogato nelle seguenti ipotesi: a) nel caso in cui il giudice di appello pronunci una sentenza predibattimentale con cui dichiari l’estinzione del reato per prescrizione qualora in primo grado la parte civile abbia proposto richiesta di condanna dell’imputato al risarcimento dei danni; b) qualora cui la sentenza predibattimentale di appello, di per sé sempre affetta da nullità assoluta e insanabile per violazione del contraddittorio, dichiari la prescrizione del reato revocando, di fatto, la confisca disposta in primo grado mediante la restituzione delle cose che erano state sequestrate in vista dell’emanazione del provvedimento ablativo.
In queste ipotesi, dunque, la causa estintiva del reato non prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza allorchè la sentenza sia pronunciata “de plano” in violazione del contraddittorio tra le parti essendo diritto di costoro all’instaurazione del contraddittorio attraverso il normale svolgimento dell’udienza dibattimentale e, ove avvenga ciò, una decisione di questo tipo è affetta da nullità per siffatta violazione.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale pronuncia, proprio perché fa chiarezza su tale problematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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