Revenge porn. Covid-19: distanziamento sociale ed effetti collaterali

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 La quotidianità ai tempi del Covid-19

Il Covid-19 ha intensamente mutato le nostre abitudini di vita. Per molti l’ufficio si è trasferito in soggiorno, i clienti si ricevono su Skype e per le rimpatriate ci diamo appuntamento su Zoom.

Doverosamente ognuno di noi fa, come può, la propria parte. Essenziale è frenare questo virus che ha spazzato via buona parte di una generazione i cui racconti di vita, in un momento storico come questo, erano di chiara importanza.

Siamo distanti, spesso anche dalle persone con cui fino a poco fa condividevamo la nostra quotidianità.

Gli effetti collaterali non mancano.

La Polizia Postale ha già lanciato l’allarme: negli ultimi mesi le denunce inerenti la diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite sono molto aumentate. Le indagini, sostiene la Polizia, portano spesso all’individuazione del responsabile ma permane la difficoltà, o addirittura l’impossibilità, di rimuovere definitivamente le immagini dal circuito della rete, ciò con chiare conseguenze devastanti per la vittima.

Ecco perché le Autorità, in questo momento in cui si trascorrono molte ore on-line invita all’attenzione e alla prudenza, consigliando di evitare l’invio di immagini o video dal contenuto esplicito, al fine di scongiurare il rischio che questi possano esser utilizzati in modo illecito, per vendetta o peggio per ritorsione.

In tutto ciò gli Anonymous hanno lanciato #RevengeGram, a seguito della notizia inerente alcuni canali Telegram zeppi di immagini pedopornografiche utilizzate per ricattare giovani donne.

Così è stata lanciata l’operazione OpRevengeGram per contrastare gli “infami criminali”.

Non consola certo sapere che il problema non è solo del Bel Paese.

Il Regno Unito, nell’ultimo periodo, si trova a fronteggiare un numero di denunce mensili senza precedenti inerenti appunto la diffusione, senza consenso, di foto e video amatoriali, “per vendetta”. Si spiega così la nascita, con il sostegno del Governo britannico, del Revenge Porn Helpline con l’intento di dare sostegno alle vittime. Le segnalazioni sono impennate dalla settimana successiva al 23 marzo, giorno in cui anche sull’Isola britannica è scattato il lockdown, fino a registrare un record assoluto di contatti.

L’impennata non ha sorpreso gli esperti, che spiegano come la diffusione “punitiva” di immagini o video intimi sia “l’indegna sostituta” con cui il soggetto cerca di mantenere il controllo sulla vittima in un momento in cui l’isolamento limita le opportunità di contatto fisico.

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Nuove forme di reato: nuove tecnologie e nuove necessità.

Con la L. 69 del 19 luglio 2019 c.d. Codice Rosso il legislatore ha introdotto nel c.p. diverse fattispecie tra cui l’art 612 ter rubricato Diffusione illecita di video o immagini sessualmente espliciti.

Alla base, oltre all’allarme sociale suscitato dall’elevato numero di reati di aggressione commessi ai danni della persona e che si manifestano nello spazio virtuale dei Social Network o tramite le chat di messaggistica istantanea diffuse sui nostri smartphone, vi fu il vuoto normativo all’interno dell’ordinamento statale, fino a ieri totalmente sprovvisto di adeguate disposizioni legislative capaci di contrastare il dilagante fenomeno.

Oggetto di condivisione possono essere sia immagini che video, inviati dalla vittima nel contesto di una precedente relazione (cd. sexting) oppure contenuti girati consensualmente in momenti di intimità (destinati tuttavia a rimanere privati).

La fattispecie ex art 612 ter è più comunemente nota come “Revenge Porn” espressione che fotografa perfettamente il sempre più diffuso fenomeno criminale della vendetta nei confronti dell’ex partner. In realtà la nuova fattispecie comprende una casistica molto più amplia potendo, tale reato, esser commesso a prescindere dalla finalità della vendetta ed anzi, così come previsto dal comma I, anche prescindendo da ogni finalità di sorta.

È chiaro che l’effetto che si crea è assolutamente devastante: da una singola condivisione è facile che possa scatenarsi un effetto domino in grado di insidiare una scia di ulteriori condivisioni incontrollabile e destinata ad un numero indeterminabile di soggetti.

Art 612 ter c.p.

Al primo comma del nuovo art 612 ter c.p. è punito – salvo che il fatto non costituisca più grave reato – chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde, immagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate; il trattamento sanzionatorio prevede reclusione da uno a sei anni e multa da 5.000 a 15.000 euro.

La stessa pena si applica a chi avendo ricevuto o acquisito le immagini di cui al I comma, le invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentante, con il fine di causare loro nocumento.

La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da chi è o è stato legato da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se i fatti sono commessi a mezzo di strumenti informatici o telematici.

Se i fatti sono commessi ai danni di una persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica o ai danni di una donna in stato di gravidanza, la pena è aumentata da un terzo alla metà.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa proponibile entro sei mesi dal fatto. La remissione di querela può essere solo processuale. Si procede d’ufficio nel caso di cui al comma IV, o quando il fatto è connesso ad altro delitto per cui si procede d’ufficio.

In merito al comma I vi è da notare come, nonostante la condotta incriminata possa esser posta in essere da chiunque, il reato appare in realtà concretizzabile solo da chi abbia previamente realizzato o sottratto le immagini o i video a contenuto sessualmente esplicito. Ciò consente di elaborare una qualifica implicita tale da considerare il reato in esame come proprio, o comunque di mano propria, poiché il suo compiersi rientra nella sfera di competenza esclusiva di colui che abbia già realizzato o sottratto le immagini. Lo stretto legame tra autore del reato e fatto tipico viene molto ad attenuarsi nel comma II, come di seguito vedremo.

Dal punto di vista strutturale il legislatore tipicizza una fattispecie di mera condotta articolata su due distinte ipotesi che prevedono il medesimo trattamento sanzionatorio per le condotte di invio, consegna, cessione, pubblicazione e diffusione di immagini o video dal contenuto sessualmente esplicito. Il tratto distintivo fa riferimento alle modalità con cui l’agente è entrato in possesso delle immagini che successivamente ha divulgato, ossia: nel comma I è richiesto che egli abbia contribuito alla realizzazione o che le abbia sottratte, mentre nel comma II si prende in esame il caso in cui il diffusore le abbia ricevute o acquisite in altro modo.

I due comma si distinguono anche rispetto al fine perseguito: nel primo lo stesso non assume rilevanza, trovandoci quindi di fronte ad una fattispecie a dolo generico, nel secondo il fine è quello di recare nocumento alla vittima, si parla per tale di fattispecie a dolo specifico.

Veniamo adesso alle modalità della condotta.

Lo spettro delle modalità di condotta è piuttosto ampio, pare tuttavia che abbiano un livello sufficiente di tipizzazione, considerata soprattutto l’estrema genericità di casistiche cui può sostanziarsi il revenge porn.

Le condotte consistenti nell’ inviare, consegnare e cedere, fanno riferimento ad ipotesi di trasferimento di immagini tra due persone (non necessariamente via internet).

Rispetto alla pubblicazione essa si sostanzia nel momento in cui le foto o i video vengono postati su social network, siti o piattaforme online.

Quanto alla diffusione essa consiste in una distribuzione ad ampio raggio, ossia ad un’indefinita platea di soggetti, caso più classico è quello dell’inoltro del files diretto ad una chat istantanea.

L’eterogeneità delle condotte, comunque riprese nella modalità con cui si realizza il fatto tipico, pone sinceri dubbi rispetto al diverso grado di offensività, se considerate alla luce delle valutazioni da operarsi con i criteri di cui all’art 133 comma I c.p.

L’intento sembra esser quello di limitare la viralità delle immagini e dei video; in quest’ottica occorre richiamare anche il comma II inerente il fenomeno del sexting.

È facile immaginare come contrasti interpretativi sorgeranno, in sede applicativa, rispetto alla qualifica di “sessualmente esplicito”. Sembra, da una prima interpretazione, che non possano comprendersi nell’ambito applicativo della norma semplici immagini o video di nudi, di per sé privi di evidente significato sessuale.

Sarà l’esegesi giurisprudenziale a definire il concetto di “sessualmente esplicito”, così come voluto dal legislatore.

Occorre poi che i video e le foto siano destinati a rimanere privati. La specifica funzione di questa previsione sembra esser quella di sottolineare il disvalore di colui che “tradisce la fiducia” che l’ex partner riponeva nel buon senso di colui che ha compiuto il fatto. Se ci attenessimo ad un’interpretazione letterale potremmo pensare che non abbia rilevanza penale il materiale già diffuso ad incertam persona dal soggetto rappresentato (ad esempio tramite social), dovendo invece considerarsi destinato a rimanere privato quel materiale comunque inviato ad una cerchia ristretta di destinatari pre-individuati, salvo il consenso della persona (o delle persone) rappresentate, al suo ulteriore trasferimento verso terzi.

La norma è completata dalla previsione di due circostanze aggravanti che fanno capo al rapporto personale tra il soggetto attivo e passivo del reato, o dalla realizzazione della condotta a mezzo di strumento informatico o telematico.

Il quarto e ultimo comma disciplina l’ulteriore aggravante consistente nell’aver commesso il fatto ai danni di una persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica, o ai danni di una donna in stato di gravidanza.

Appare più che ragionevole accordare una protezione rafforzata per i casi in cui le immagini o i video sessualmente espliciti riguardino un soggetto di inferiorità psichica o fisica, ma crea perplessità il fatto che non sia stata prevista un aggravante nel caso in cui ad essere ritratto sia un minore. Ciò è probabilmente giustificato dal fatto che la normativa sulla pedopornografia possa ritenersi sufficiente per tutelare i minori, adolescenti compresi.

In conclusione vi è da dire che l’efficacia deterrente della norma è rafforzata dal fatto che la stessa è inserita tra le fattispecie cui si applica la disciplina ex art 275 comma II bis terzo periodo c.p.p. ai fini della scelta delle misure cautelari, secondo il quale, derogando alla regola generale, la custodia può essere applicata a taluni delitti tra cui, ad oggi, anche la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, anche se il giudice dovesse ritenere che all’esito del giudizio la pena non supererà i tre anni.

La L. 19 luglio 2019 n. 69 si è fatta attendere non poco, importanti sono stati gli interventi di diritto processuale e di diritto penale sostanziale. La nuova fattispecie del revenge porn rispecchia le nuove (nemmeno tanto) necessità di una società sempre più tecnologica. Vi sarà da tirare le somme dei danni realizzati in un momento in cui ognuno di noi può collegarsi agli altri solo con la tecnologia.

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NOTE:

  1. Algeri Il c.d. Codice Rosso: tempi rapidi per la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere Dir. Pen. e Processo 2019

A Valsecchi “Codice Rosso” e diritto penale sostanziale: le principali novità Dir. Pen. e Processo 2020

  1. Mattia “Revenge Porn” e suicidio della vittima: il problema della divergenza tra “voluto” e “realizzato” rispetto all’imputazione oggettiva degli elementi psichici. Legislazione Penale

 

G.M. Caletti “Revenge Porn”. Prime considerazioni in vista dell’introduzione dell’art 612ter c.p.: una fattispecie esemplare, ma davvero efficace? Diritto Penale Contemporaneo 29 aprile 2019

 

A, Di Corinto Anonymous contro revenge porn e pedopornografia:” Stiamo venendo a prendervi” La Repubblica, 10 aprile 2020

 

 

Dott.ssa Ester Giovannelli

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