La tutela dell’interesse alla rinnovazione della procedura di evidenza pubblica vantato, nei confronti dell’aggiudicatario, dal concorrente ammesso o illegittimamente ammesso alla gara

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A cura della Dott.ssa Filomena Farina e della Dott.ssa Fabiana Vaino

Scopo di questo articolo è quello di focalizzare l’attenzione del lettore sulla posizione del concorrente che sia stato illegittimamente ammesso ad una gara d’appalto, conclusasi con un provvedimento di aggiudicazione definitiva ad un operatore economico a sua volta risultato illegittimamente aggiudicatario dell’opera.

Più in particolare, attraverso un excursus dei più importanti interventi giurisprudenziali sul tema, si cerca di rispondere ad un interrogativo che è stato per molti anni al centro di una significativa diatriba della dogmatica e della giurisprudenza: quello della sussistenza, anche in capo al concorrente illegittimamente ammesso alla procedura dell’evidenza pubblica, di un interesse alla rinnovazione della gara.

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Il testo intende fornire un quadro completo di tutti i rimedi, giurisdizionali e non, alle controversie nascenti in materia di appalti pubblici, sia nel corso di svolgimento della procedura di gara e fino all’aggiudicazione, sia nella successiva fase di esecuzione del contratto di appalto. In primis, dopo un excursus sull’evoluzione degli ultimi anni, utile a comprenderne pienamente la ratio, viene affrontato approfonditamente il rito processuale speciale, disciplinato dal Libro IV, Titolo V del Codice del processo amministrativo, con particolare attenzione alla fase cautelare. Vi è poi un focus sul rito “super accelerato”, da ultimo dichiarato conforme alle direttive europee da una pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 14 febbraio 2019.Alle controversie sorte in fase di esecuzione dei contratti di appalto è dedicato uno specifico capitolo, che rassegna le principali pronunce del Giudice Ordinario con riferimento alle patologie più frequenti (ritardi nell’esecuzione, varianti, riserve).Infine, quanto alla tutela stragiudiziale, il testo tratta i rimedi previsti dal Codice dei Contratti Pubblici, quali l’accordo bonario, la transazione e l’arbitrato e infine approfondisce il ruolo dell’ANAC, declinato attraverso i pareri di precontenzioso, i poteri di impugnazione diretta, e l’attività di vigilanza.Più schematicamente, i principali argomenti affrontati sono:• il rito speciale dinanzi a TAR e Consiglio di Stato, delineato dagli artt. 119 e 120 del Codice del processo amministrativo;• il processo cautelare;• il rito super accelerato ex art. 120 comma 2 bis;• il contenzioso nascente dalla fase di esecuzione del contratto di appalto;• i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie: accordo bonario, transazione, arbitrato;• poteri e strumenti di risoluzione stragiudiziale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.Elio Guarnaccia, Avvocato amministrativista del Foro di Catania, Cassazionista. Si occupa tra l’altro di consulenza, contenzioso e procedure arbitrali nel settore degli appalti e dei contratti pubblici. È commissario di gara nelle procedure di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in qualità di esperto giuridico selezionato da UREGA Sicilia e dall’ANAC.È autore di numerosi saggi e articoli nei campi del diritto amministrativo e del diritto dell’informatica, nonché di diverse monografie in materia di appalti pubblici, processo amministrativo, amministrazione digitale. Nelle materie di propria competenza ha sviluppato un’intensa attività didattica e di formazione per pubbliche amministrazioni e imprese. In ambito universitario, ha all’attivo vari incarichi di docenza nella specifica materia degli appalti pubblici.

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1. La giurisdizione.

L’art. 133 co.1 lett. e) del Codice del Processo Amministrativo1 statuisce che le controversie, anche risarcitorie, relative alle procedure evidenziali di affidamento di lavori, servizi e forniture, si ascrivono nell’alveo della giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.

La dottrina più attenta ha evidenziato come, dalla lettera della suddetta norma, sia possibile delineare la cd. “latitudine oggettiva” della giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di contenzioso su appalti, ovvero l’ambito oggettivo di tale giurisdizione, che include tutti gli atti della procedura evidenziale di scelta del contraente, la quale – come previsto dall’art. 32 d.lgs. 50/2016, cd. Nuovo Codice Appalti – inizia con la pubblicazione del bando di gara e termina con il provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto.

L’art. 120 del C.P.A. precisa ulteriormente che l’impugnazione degli atti della procedura dell’evidenza pubblica si sottrae alla regola dell’alternatività valevole in generale per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi.

Il legislatore, infatti, all’art. 120 asserisce che gli atti della procedura evidenziale di affidamento degli appalti devono essere impugnati “unicamente” davanti al G.A., escludendo così la possibilità di esperire alternativamente avverso di essi il ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Orbene – come ribadito in svariate occasioni dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa -, ai fini della autonoma ed immediata impugnabilità degli atti e dei provvedimenti amministrativi occorre che essi abbiano una diretta incidenza nella sfera giuridica dei destinatari, ossia che arrechino una lesione puntuale e subitanea agli interessi legittimi dei privati.

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n.  994/20152, ha asserito che la mera titolarità di un interesse protetto non giustifica di per sé l’azione giudiziale, ma è necessario che quell’interesse sia stato “concretamente” leso dall’atto di cui si richiede la rimozione dalla realtà giuridica.

2. Gli atti impugnabili.

Nell’ambito della fase pubblicistica di scelta del contraente da parte della stazione appaltante, diversi sono gli atti amministrativi direttamente lesivi e che, in quanto tali, possono essere fatti oggetto di impugnazione davanti al G.E.

Fra questi, l’Adunanza Plenaria nella sentenza dell’aprile del 20183 – partendo dall’art. 120 co. 5 C.P.A. secondo cui il bando di gara è immediatamente impugnabile quando è immediatamente lesivo – ha chiarito che il bando di gara produce una immediata lesione della sfera del privato laddove contenga “clausole immediatamente escludenti” dell’aspirante concorrente, in assenza delle quali il bando, anche se illegittimo, potrà essere impugnato solo unitamente al provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Ancora, l’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 31/20124 si è espressa in ordine all’impugnabilità della proposta di aggiudicazione, che si sostanzia in uno schema preliminare da sottoporre a controlli ed approvazione definitiva.

Secondo la Plenaria, nonostante la proposta sia un atto ad effetti esclusivamente ‘interinali’, che non pone un onere di immediata impugnazione, il privato ha comunque la facoltà di impugnare tale atto – qualora lo ritenga illegittimo – senza attendere l’aggiudicazione definitiva, e ciò al fine di stimolare l’esercizio dei poteri di autotutela da parte della PA aggiudicatrice che, avvedendosi del vizio che inficia la proposta, ben potrebbe decidere di non procedere all’aggiudicazione definitiva.

Diversi sono ancora gli esempi a cui si potrebbe fare riferimento, ma alcun dubbio sussiste in dottrina e giurisprudenza in ordine al fatto che l’atto amministrativo produttivo per antonomasia di effetti diretti ed immediatamente pregiudizievoli della sfera del privato, sia il provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara di appalto.

Trattasi dell’atto conclusivo della procedura evidenziale, con il quale la stazione appaltante esprime definitivamente la sua scelta sull’affidamento del pubblico contratto.

Rileva autorevole dottrina come il provvedimento di aggiudicazione definitiva incida in maniera immediata sulla sfera del concorrente non risultato aggiudicatario dell’appalto, dal momento che egli vede pregiudicato il suo interesse legittimo ad ottenere l’affidamento dell’attività di realizzazione dell’opera pubblica.

Pertanto, il concorrente classificatosi per secondo alla gara avrà tutto l’interesse a far valere dinnanzi al G.E. l’illegittimità dell’aggiudicazione, al fine di ottenerne l’annullamento.

3. Forme di tutela.

Dall’esame dell’art. 124 C.P.A. – norma relativa alla tutela risarcitoria reale e per equivalente concessa al privato accanto all’annullamento dell’aggiudicazione illegittima e alla declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con l’affidatario illegittimo – si ricava che il concorrente non aggiudicatario che intenda impugnare l’aggiudicazione definitiva, ha la possibilità di far valere due tipi di vizi del provvedimento.

Il privato può fondare la propria richiesta di annullamento del provvedimento impugnato – e di inefficacia dell’eventuale contratto posto in essere – innanzitutto sulla presenza di un vizio “surrogatorio”: quest’ultimo è chiaramente definito dagli autori come una violazione che, se fondata, dà al ricorrente la possibilità di essere sostituito nell’aggiudicazione all’aggiudicatario illegittimo.

La dogmatica suole in proposito fare l’esempio dell’aggiudicazione viziata perché la stazione appaltante, anziché attenersi al criterio del prezzo più basso stabilito nel bando, sceglie quello che, fra i due concorrenti, ha offerto il prezzo maggiore.

In tal caso, il G.E. inciderà in maniera evidente sui risultati della gara, concedendo al ricorrente una ‘tutela reale in forma specifica’ consistente nell’affidamento in suo favore dell’appalto, in luogo dell’aggiudicatario illegittimo. Tanto disporrà il giudice sempre che, come si evince dal primo comma dell’art. 124 C.P.A., sussista la cd. “doppia pregiudiziale biunivoca”, vale a dire sempre che il G.E. oltre ad annullare l’aggiudicazione illegittima abbia altresì dichiarato l’efficacia del contratto perché, in caso contrario, la norma prevede solamente un risarcimento per equivalente economico.

Si è rilevato, dunque, nella ipotesi sopra esaminata, come in effetti la sostituzione del ricorrente all’illegittimo affidatario sia la soluzione più ragionevole, che consente di evitare una inutile rinnovazione della gara, rinnovazione che sarebbe temporalmente ed economicamente dispendiosa e che non avrebbe alcun senso, dal momento che la stazione appaltante ha indubbiamente chiaro quale sia stato il miglior offerente, a cui avrebbe senz’altro affidato ab origine l’appalto se non vi fosse stato il vizio surrogatorio (nell’esempio sopra descritto, il miglior offerente è senz’altro il ricorrente, dato che è quello che ha offerto il prezzo più basso secondo il criterio indicato nel bando).

Diverso è, invece, il caso in cui il privato abbia fatto valere l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva perché inficiato da un vizio “rinnovatorio”.

Chiariscono gli interpreti che il vizio va qualificato come rinnovatorio allorquando, se fondato, comporti che il giudice amministrativo, una volta annullata l’aggiudicazione – e, lo si ricorda, una volta dichiarata l’inefficacia dell’eventuale contratto stipulato – ordini la rinnovazione della procedura evidenziale di scelta del contraente.

Il vizio rinnovatorio implica, infatti, che il G.E. disponga il cominciamento ex novo della gara, sicché la stazione appaltante sarà tenuta a pubblicare un nuovo bando di gara e a ricominciare da capo la procedura di evidenza pubblica.

Autorevoli studiosi usano esemplificare la ipotesi in disamina facendo riferimento al caso in cui sussista un conflitto di interessi in seno alla commissione esaminatrice, conflitto che inficia inevitabilmente l’aggiudicazione e che comporta l’ottenimento da parte del ricorrente del rifacimento della gara dinnanzi ad una commissione diversamente composta.

Si tratta, come sottolineato dalla dottrina maggioritaria, di una tutela in forma specifica meno incisiva, atteso che l’intervento del giudice sul risultato della gara è senza dubbio meno invasivo rispetto all’ipotesi del vizio surrogatorio.

In tal caso, infatti, il G.E. non ordina che il ricorrente si sostituisca direttamente nell’affidamento dell’appalto, ma, pur ritenendo illegittima l’aggiudicazione, dispone che la gara si rifaccia ex novo.

Questo perché la P.A. aggiudicatrice, una volta annullata l’aggiudicazione, non ha la certezza che la miglior offerta sia proprio quella del ricorrente, per cui avrà necessità di celebrare una nuova gara affinchè, depurata del vizio rinnovatorio, possa valutare nuovamente gli operatori economici in competizione.

Dunque, dinnanzi ad una aggiudicazione illegittima, ove l’illegittimità scaturisca dalla presenza di un vizio rinnovatorio, ai sensi dell’art. 124 C.P.A. al concorrente che abbia partecipato alla gara è concessa una forma di tutela reale consistente nella rinnovazione della gara d’appalto.

4. Interesse alla rinnovazione.

Il ricorrente, infatti, in presenza di un vizio rinnovatorio, avrà tutto l’interesse a che la gara ricominci da capo.

Il Consiglio di Stato, sin dal 2010, ha asserito che l’interesse alla rinnovazione della gara è un interesse ‘strumentale’, volto a conseguire una nuova chance per ottenere il bene della vita agognato – l’aggiudicazione dell’appalto -, e che va distinto dall’interesse ‘finale’ ad ottenere direttamente il bene della vita a cui si aspira – ossia quello ad essere direttamente sostituito all’aggiudicatario illegittimo, interesse fatto valere mediante l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione per vizio surrogatorio.

Tanto pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza, la fattispecie che maggiormente ha sollevato dubbi e perplessità in capo a studiosi ed interpreti è stata quella dell’assembramento di una pluralità di ricorsi nell’ambito di un medesimo processo amministrativo.

Più precisamente, nella prassi può accadere che il G.E., oltre a decidere del ricorso principale con cui il concorrente secondo classificato lamenta l’avvenuta aggiudicazione ad un affidatario illegittimo, si ritrovi a decidere anche del ricorso incidentale a sua volta promosso dall’aggiudicatario.

Può infatti verificarsi che quest’ultimo scelga di costituirsi a sua volta in giudizio per contestare l’ammissione alla gara del ricorrente principale, asserendo che questi è privo della necessaria legittimazione ad agire processualmente poiché non poteva proprio, sin dall’inizio, essere ammesso alla gara.

Il giudice amministrativo, in siffatta ipotesi, viene a trovarsi di fronte a due domande contrapposte, l’una volta ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva illegittima e l’altra volta a dichiarare l’illegittimità dell’ammissione del ricorrente principale alla gara ed il suo difetto di legittimazione ad agire.

Si è posto, pertanto, in giurisprudenza, un problema relativamente all’ordine di trattazione di questi ricorsi.

La questione è stata oggetto di un lungo excursus giurisprudenziale, nel corso del quale sono state offerte diverse soluzioni, ciascuna influenzata dalla circostanza di ritenere o meno sussistente l’interesse alla rinnovazione della procedura evidenziale in capo al concorrente illegittimamente ammesso alla gara.

Il perno attorno al quale è ruotata l’intera questione, è stato infatti rappresentato dalla possibilità di ammettere o meno che anche il concorrente illegittimamente ammesso alla gara sia titolare dell’interesse alla rinnovazione della medesima e sia pertanto meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico.

In altre parole, il fulcro della vicenda si sostanziava nella possibilità o meno di dire che anche il concorrente illegittimamente ammesso alla procedura evidenziale avesse subito la concreta e puntuale lesione di un suo interesse legittimo a causa dell’illegittima aggiudicazione, lesione che lo rendesse legittimato ad impugnare il provvedimento illegittimo e chiederne l’annullamento, con contestuale tutela reale di carattere rinnovatorio.

In effetti, laddove si accolga una soluzione positiva, il giudice, dopo aver esaminato e ritenuto fondato il ricorso incidentale, dichiarando l’illegittimità dell’ammissione alla gara del ricorrente principale, ben potrebbe esaminare nel merito anche il ricorso principale.

5. Primi orientamenti dell’Adunanza Plenaria (sentenze del 2008 e del 2011).

Sul punto, si è espressa per la prima volta l’Adunanza Plenaria nel 20085, allorquando ha asserito che il G.E., in caso di pluralità di ricorsi, è tenuto ad esaminarli entrambi, prescindendo addirittura dall’ordine, e ciò sia per una questione di parità di armi nel processo, sia soprattutto perché una soluzione negativa si sostanzierebbe in una decisione anticomunitaria.

Spiegava la Plenaria che in effetti, laddove si fosse ritenuto che la decisione del ricorso incidentale impedisse al giudice di decidere nel merito il ricorso principale – che avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ad agire del ricorrente -, ciò avrebbe prodotto l’effetto di consolidare una aggiudicazione illegittima – atteso che la domanda del ricorrente principale, volta all’annullamento della aggiudicazione illegittima, non avrebbe più potuto essere vagliata nel merito dal giudicante.

Tuttavia, con sentenza del 20116, l’Adunanza Plenaria cambiava orientamento, ancorando il suo pronunciamento all’art. 276 co. 2 C.P.C., a sua volta richiamato dall’art. 76 co. 4 C.P.A.

Secondo l’art. 276 co. 2 C.P.C., se la questione preliminare ha effetti preclusivi rispetto alla questione principale, ossia impedisce al giudice di esaminarne il merito, allora la questione principale deve essere decisa con una pronuncia di rito.

Applicando le coordinate della suddetta norma alla fattispecie processuale amministrativa in disamina, la Plenaria identificava la questione preliminare proprio nel ricorso incidentale con cui l’aggiudicatario lamenta il difetto della legittimazione ad agire del ricorrente principale: ritenuto fondato il ricorso incidentale, esso avrebbe prodotto effetti preclusivi rispetto al ricorso principale, il quale avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile dal G.E.

Spiegava la Plenaria nel 2011, in particolare, che se il ricorrente principale, ovvero il secondo classificato alla gara, non poteva proprio essere ammesso alla procedura evidenziale per difetto di uno dei requisiti richiesti ex lege o dal bando, allora egli sarebbe stato privo del necessario interesse alla rinnovazione della gara, poiché si trattava di una gara a cui non avrebbe proprio dovuto, sin dall’inizio, partecipare.

Consentire al giudice di esaminare nel merito il ricorso principale nonostante l’intervento di una declaratoria di illegittimità dell’ammissione del concorrente alla gara, sarebbe stato inammissibile, poiché il concorrente illegittimamente ammesso non aveva affatto interesse a che la gara ricominciasse ex novo.

6. La C.G.U.E.: sentenza n. 4/2013 (caso “Fastweb”)7.

Atteso il contrasto giurisprudenziale sin qui esaminato, di fondamentale importanza è stato l’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che nella sentenza ‘Fastweb’ n. 4/2013 ha smentito che il concorrente illegittimamente ammesso alla gara sia privo di interesse alla rinnovazione della procedura, e quindi privo di interesse ad agire.

La C.G.U.E. prendeva in considerazione l’ipotesi in cui il concorrente secondo classificato e l’aggiudicatario – unici due partecipanti alla gara – proponessero due ricorsi “specchio”, ossia reciprocamente escludenti, il primo volto a dichiarare l’annullamento dell’aggiudicazione illegittima in quanto l’aggiudicatario non poteva essere ammesso alla gara ed il secondo a sua volta finalizzato a dichiarare l’illegittima ammissione alla gara del secondo classificato.

Ebbene, in siffatta ipotesi, anche laddove il ricorso dell’aggiudicatario fosse stato ritenuto fondato, ciò non avrebbe impedito al giudice di esaminare nel merito il ricorso del secondo classificato che, seppur illegittimamente ammesso alla gara, ha tutto l’interesse ad ottenere la rinnovazione della procedura di evidenza pubblica.

Nell’ottica dei giudici di Lussemburgo, è vero che il secondo classificato andava escluso dalla gara per mancanza di un requisito di partecipazione, ma è anche vero che se la sua domanda risulta fondata ed anche l’aggiudicatario andava escluso, allora emergerà chiaramente il suo interesse a che la gara venga rifatta da capo.

Non si tratta di un interesse processuale – cioè di una mera legittimazione ad agire -, ma di un vero e proprio interesse sostanziale al rifacimento della gara.

7. Adunanza Plenaria sentenza n. 9/20148.

Tanto chiarito da parte della Corte di Giustizia, è intervenuta nuovamente sulla questione l’Adunanza Plenaria nel 2014, la quale propinava una soluzione conciliativa delle due diverse tesi espresse nella sentenza del 2011 e nella sentenza Fastweb della C.G.U.E. del 2013.

Secondo i giudici della Plenaria, l’applicazione del dictum dell’una o dell’altra pronuncia dipendeva dal caso concreto.

In particolare, laddove il processo amministrativo avesse avuto ad oggetto due ricorsi a “specchio” reciprocamente escludenti – come nel caso preso in considerazione dalla Corte di Giustizia -, allora sarebbero ragionevolmente valsi i principi della sentenza “Fastweb”.

In una ipotesi del genere, infatti, ove ci sono solo due concorrenti e ciascuno fa valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta dell’altro, l’amministrazione aggiudicatrice ben può essere indotta a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di una offerta regolare e quindi a ritenere necessario indire una nuova gara.

Del resto, se le due offerte sono inficiate dal medesimo vizio, sarebbe indubbiamente contrario all’uguaglianza concorrenziale escludere solo l’offerta del ricorrente principale secondo classificato e confermare invece l’offerta dell’aggiudicatario.

Questa, tuttavia, nell’ottica dei giudici della Plenaria, sarebbe solo un’eccezione all’interno di un quadro unitario sostanzialmente immutato.

A diversa soluzione, infatti, i giudici di merito avrebbero dovuto pervenire nell’ipotesi in cui vi fossero stati più di due partecipanti alla gara, e soltanto due di questi avessero deciso di fare ricorso al G.E.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale in esame, se nel caso suddetto il ricorso incidentale dovesse essere accolto con declaratoria di inammissibilità alla gara del ricorrente principale, e nonostante ciò si esaminasse comunque nel merito il ricorso principale, il ricorrente principale, quand’anche le sue ragioni risultassero fondate, non potrebbe giammai far valere un interesse alla rinnovazione della gara.

E questo perché, anche se il ricorso principale fosse fondato e il G.E. dichiarasse l’illegittimità dell’aggiudicazione per l’esistenza di un vizio escludente in capo all’aggiudicatario, la stazione appaltante non opterebbe per una rinnovazione della gara, bensì, più ragionevolmente, procederebbe ad uno scorrimento della graduatoria e quindi all’assegnazione dell’appalto al concorrente terzo classificato.

Atteso, quindi, il difetto di interesse del ricorrente principale alla rinnovazione della gara alla quale abbiano partecipato più concorrenti –  interesse che mai potrebbe essere fatto valere per la ragione suindicata -, il giudice amministrativo dovrà decidere solo il ricorso incidentale che, se fondato, precluderà l’esame nel merito del ricorso principale.

8. C.G.U.E. Sentenza “Puligienica” del 20169.

Nonostante il correttivo apportato rispetto alla sentenza del 2011, ancora una volta l’orientamento della Plenaria appariva poco condivisibile.

In effetti, argomentazioni giurisprudenziali contrarie ponevano l’accento sulla necessità di ritenere sempre sussistente l’interesse alla rinnovazione della gara in capo al concorrente illegittimamente ammesso, anche se originariamente vi era una pluralità di partecipanti alla gara.

La circostanza per cui la stazione appaltante, in caso di accertati reciproci vizi escludenti del primo e del secondo classificato, sia obbligata a procedere ad uno scorrimento della graduatoria in favore della terza impresa classificata, non può essere ritenuta una verità assoluta.

La PA aggiudicatrice potrebbe avvedersi, infatti, che un eventuale scorrimento sarebbe scorretto, perché anche le altre offerte potrebbero essere inficiate dal medesimo vizio accertato in capo ai partecipanti al processo.

In questo senso, si sono espressi una seconda volta i giudici di Lussemburgo con la sentenza “Puligienica” del 2016, nella quale hanno asserito – proprio sulla scorta delle suddette argomentazioni – che il ricorrente principale, quand’anche andava escluso dalla gara, ha sempre interesse a che la gara venga nuovamente indetta, per cui il ricorso principale deve sempre essere esaminato nel merito.

Dunque, alla luce del sopra esposto percorso giurisprudenziale nazionale e comunitario, il quesito posto in via preliminare circa la sussistenza o meno in capo al concorrente illegittimamente ammesso alla gara di un interesse alla rinnovazione della procedura evidenziale, che gli consentisse di impugnare legittimamente il provvedimento di aggiudicazione illegittima, deve essere risolto affermativamente.

9. Adunanza Plenaria ordinanza n. 6/2018 e C.G.U.E. sentenza del 2019.

Proprio la giurisprudenza nazionale del Consiglio di Stato si è tuttavia posta un ulteriore interrogativo sulla vicenda.

Il problema concerneva la prova che il concorrente illegittimamente ammesso alla gara era tenuto a fornire al giudice amministrativo del suo interesse alla rinnovazione della gara, al fine di ottenere la tutela reale di carattere rinnovatorio.

In effetti, il problema ben avrebbe potuto essere risolto in due modi opposti.

Da un lato, potrebbe ritenersi sufficiente affermare in giudizio di avere l’interesse alla rinnovazione della gara, semplicemente asserendo che vi sia una eventualità astratta che l’amministrazione aggiudicatrice non procederà allo scorrimento della graduatoria perché le altre offerte potrebbero a loro volta essere viziate.

Dall’altro, invece, potrebbe esigersi un onere probatorio a carico del ricorrente principale, tenuto a dimostrare che sicuramente la stazione appaltante non opterà per lo scorrimento della graduatoria.

Con ordinanza n. 6/201810 la questione è stata rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che con la sentenza del settembre 201911 ha escluso espressamente la necessità di fornire la prova dell’interesse alla rinnovazione della procedura evidenziale, ossia la prova che la stazione appaltante non procederà allo scorrimento in favore della terza impresa classificata.

In effetti, si è rilevato che si tratterebbe di una vera e propria “probatio diabolica”, e che la circostanza per cui la P.A. sicuramente opterà per il rifacimento della gara è in realtà in re ipsa.

Laddove la stazione appaltante procedesse allo scorrimento, ciò significherebbe molto probabilmente che essa si “accontenterebbe” della offerta classificatasi per terza, ossia della offerta che certamente non era la migliore in assoluto tra quelle presentate in seno alla gara. È in re ipsa la preferenza dell’amministrazione aggiudicatrice di rifare la gara piuttosto che scorrere la graduatoria in favore del terzo classificato.

Dunque, non solo il concorrente illegittimamente ammesso alla gara avrà diritto alla tutela del proprio interesse al rifacimento della procedura evidenziale, ma alla luce della pronuncia dei giudici di Lussemburgo, egli non sarà nemmeno tenuto a fornire la prova di tale interesse.

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Il testo intende fornire un quadro completo di tutti i rimedi, giurisdizionali e non, alle controversie nascenti in materia di appalti pubblici, sia nel corso di svolgimento della procedura di gara e fino all’aggiudicazione, sia nella successiva fase di esecuzione del contratto di appalto. In primis, dopo un excursus sull’evoluzione degli ultimi anni, utile a comprenderne pienamente la ratio, viene affrontato approfonditamente il rito processuale speciale, disciplinato dal Libro IV, Titolo V del Codice del processo amministrativo, con particolare attenzione alla fase cautelare. Vi è poi un focus sul rito “super accelerato”, da ultimo dichiarato conforme alle direttive europee da una pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 14 febbraio 2019.Alle controversie sorte in fase di esecuzione dei contratti di appalto è dedicato uno specifico capitolo, che rassegna le principali pronunce del Giudice Ordinario con riferimento alle patologie più frequenti (ritardi nell’esecuzione, varianti, riserve).Infine, quanto alla tutela stragiudiziale, il testo tratta i rimedi previsti dal Codice dei Contratti Pubblici, quali l’accordo bonario, la transazione e l’arbitrato e infine approfondisce il ruolo dell’ANAC, declinato attraverso i pareri di precontenzioso, i poteri di impugnazione diretta, e l’attività di vigilanza.Più schematicamente, i principali argomenti affrontati sono:• il rito speciale dinanzi a TAR e Consiglio di Stato, delineato dagli artt. 119 e 120 del Codice del processo amministrativo;• il processo cautelare;• il rito super accelerato ex art. 120 comma 2 bis;• il contenzioso nascente dalla fase di esecuzione del contratto di appalto;• i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie: accordo bonario, transazione, arbitrato;• poteri e strumenti di risoluzione stragiudiziale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.Elio Guarnaccia, Avvocato amministrativista del Foro di Catania, Cassazionista. Si occupa tra l’altro di consulenza, contenzioso e procedure arbitrali nel settore degli appalti e dei contratti pubblici. È commissario di gara nelle procedure di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in qualità di esperto giuridico selezionato da UREGA Sicilia e dall’ANAC.È autore di numerosi saggi e articoli nei campi del diritto amministrativo e del diritto dell’informatica, nonché di diverse monografie in materia di appalti pubblici, processo amministrativo, amministrazione digitale. Nelle materie di propria competenza ha sviluppato un’intensa attività didattica e di formazione per pubbliche amministrazioni e imprese. In ambito universitario, ha all’attivo vari incarichi di docenza nella specifica materia degli appalti pubblici.

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Note

1          Art. 133 co.1 lett. e) c.p.a. “le controversie:

1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative;

2) relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”

2          Consiglio di Stato, Sezione 6, Sentenza del 2 marzo 2015, n. 994

3   Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza del 26 aprile 2018, n. 4

4             Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza del 31 luglio 2012, n. 31

5          Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza del 10 novembre 2008, n. 11

6          Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza del 7 aprile 2011, n. 4

7   Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Decima Sezione, Sentenza del 4 luglio 2013, nella causa C‑100/12 Fastweb

8          Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza del 25 febbraio 2014, n. 9

9   Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione, Sentenza del 5 aprile 2016, nella causa C‑689/13 Puligienica

10        Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Ordinanza del 11 maggio 2018, n. 6

11 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Decima Sezione, Sentenza del 5 settembre 2019, nella causa C‑333/18 Lombardi srl

Filomena Farina

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