Privacy: come procedere in caso di violazione?
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La prima strada che può percorrere chi ritenga di avere subito pregiudizi dalla pubblicazione di contenuti in rete in violazione del diritto alla protezione dei dati personali, come ad esempio il diritto all’oblio è sicuramente la più semplice e in teoria quella di più facile risoluzione. Difatti occorre rivolgersi all’amministrazione del sito che ha pubblicato la notizia e chiederne la rimozione. Questo può eliminare i tag che permettono l’indicizzazione della notizia, eliminare la notizia, eliminare i nomi dalla notizia.
Basterebbe, quindi, inoltrare una diffida al gestore del sito facendo leva sul suo senso di responsabilità, ma come si è avuto modo di vedere ultimamente, anche sulla base di più recenti pronunce della giurisprudenza comunitaria, l’amministratore di sito tende ad essere deresponsabilizzato a danno dei provider che assumono sempre più responsabilità, anche per il solo fatto di gestire i relativi motori di ricerca.
Nella società dell’informazione l’evoluzione della rete di comunicazione elettronica è stato un fenomeno così dirompente da coinvolgere, nella sua fitta rete più di due miliardi di persone dislocate in tutto il mondo (stima datata 2013 dagli studiosi della Forester Research). Questa è il frutto dell’esigenza di celerità che nell’odierna società è la bibbia della vita quotidiana. Di fatti, la rete è lo strumento attraverso cui è possibile consultare, ma anche scambiare velocemente ed in tempo reale un numero indecifrabile di informazioni ovunque esse siano allocate (Belli).
Tutto questo è reso possibile grazie alla figura degli Internet Service Provider (ISP), che sono definiti come “quel soggetto che esercita un’attività imprenditoriale che offre agli utenti la fornitura di servizi inerenti Internet (Viola) in sostanza è colui che fornisce ai terzi l’accesso alla rete, utilizzando una connessione remota tramite linea telefonica o banda larga.
Il Service Provider, per garantire l’accesso ad internet instaura due rapporti: con il gestore della rete di telecomunicazione; con il Network Information Service. Nel nostro paese questa funzione è demandata al Gruppo di Armonizzazione Reti e Ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Per poter far sì che l’utente possa collegarsi alla rete, l’ISP assegna al suo computer un Internet Protocol (IP), deputato all’indirizzamento e allo scambio, verso e con gli altri terminali, di pacchi di informazioni, nel rispetto di regole comuni ed uniformi di comunicazione. Quindi, si tratta di un vero e proprio intermediario tra la rete internet ed il cybernauta (utente finale).
L’omesso controllo sui dati
Per evitare che i prestatori di servizio si arroghino il potere di decidere cosa è conveniente fare e cosa non lo è […] la scelta di sottrarre i prestatori di servizi Internet ad ipotesi di responsabilità per omesso controllo ha un effetto di underdeterrence […]. In una situazione legislativa in cui ai provider non si chieda un controllo sui contenuti veicolati in Internet, ovvero ospitati sui propri siti o sul proprio server, nessuno è incentivato ad investire in software o strategie aziendali in grado, se non proprio eliminare, di limitare il rischio costituito da illeciti commessi da utenti rimasti anonimi, aumentando inevitabilmente il fenomeno della pirateria online.
Tuttavia ci si chiede come mai in relazione al trattamento dei dati personali, il legislatore comunitario abbia adottato un regime semi-oggettivo e con riferimento alla responsabilità dei provider si sia posto in maniera differente. Sostanzialmente nel primo caso, il trattamento dei dati personali, non è di certo un’attività illecita, ma se il titolare viola l’obbligo di correttezza prevista dalla normativa si incorre in una responsabilità civile, quindi in questa dimensione ha senso adottare una funzione preventiva.
Facendo qualche passo indietro, bisogna affermare che prima di giungere alle conclusioni su esposte, prima della direttiva e-commerce si rilevava l’apporto giurisprudenziale in quanto è stato anticipatore del regime introdotto da questa direttiva.
In particolar modo, con la sentenza del Tribunale di Roma del 4 luglio 1998 che ha rigettato il ricorso presentato dalla Banca del Salento con il quale si chiedeva un provvedimento d’urgenza al fine di rimuovere un messaggio ritenuto diffamatorio, il giudice non convalida il sequestro del server, ed ha affermato che il Provider non ha alcun potere di vigilanza e controllo sui messaggi messi in rete, limitandosi a fornire semplicemente uno spazio in rete all’utente. A riguardo, la giurisprudenza di merito affermò: il provider che effettua il collegamento in rete non è tenuto ad accertarsi del contenuto illecito delle comunicazioni
e dei messaggi che vengono immessi in un sito: tuttavia, sussiste la sua responsabilità per colpa, se il contenuto di dette comunicazioni da trasmettere appaia all’evidenza illecito; in questo caso , il provider, dando corso al collegamento concorre nel fatto illecito in quanto da un apporto causale alla commissione dello stesso.
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