Emergenza da corona virus: i rischi per il processo civile ed il ruolo dell’avvocato

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Sommario: 1. I Decreti Legge sull’attività giurisdizionale. 2. I rischi operativi per il processo civile ed il ripensamento del ruolo dell’avvocato. 3. Nuove modalità di gestione delle udienze civili.

 

Il perdurare dello stato di emergenza postula ancora la necessità di interrogarsi sul coordinamento del diritto alla salute con gli altri diritti fondamentali della persona, in particolare nell’ottica delle disposizioni del codice della protezione civile. Il dubbio sulla legittimità costituzionali dei provvedimenti restrittivi della libertà personale si coniuga necessariamente con l’auspicio  del ritorno alla mancata normalità degli uffici giudiziari. Tutta l’attività giudiziaria è stata paralizzata senza soluzione di continuità.

In data 31 gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri deliberava, per sei mesi dalla data del provvedimento, lo Stato di emergenza “in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.

A seguito di detta delibera, su frequente sollecitazione degli istituti scientifici sanitari, si sono avvicendati una serie di provvedimenti che, oltre a disciplinare i poteri straordinari attribuiti alla protezione civile e ad altre pubbliche amministrazioni, hanno inciso in modo totalmente nuovo e non scontato sui diritti dei cittadini.

Si è sovente statuito che il diritto alla salute è il primo, assoluto, diritto della persona, e che ogni altro diritto, comprese la libertà personale e la libera iniziativa economia, devono silenziosamente  cedere il passo.

Ad ogni modo, se si vuole, il primo diritto della persona riconosciuto dalla nostra Costituzione è proprio quello della libertà personale, che apre con l’art. 13 la Parte Prima dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, mentre la disciplina del diritto alla salute si trova all’art. 32.[1]

È’ vero poi che i provvedimenti assunti hanno avuto durata limitata nel tempo; ma è anche vero che essi sono già stati più di una volta prorogati, e non è dato sapere con chiarezza le modalità di ripristino dell’attività giudiziaria.

E la politica non deve semplicemente mettere in atto quanto la scienza indica, ma deve al contrario avere la capacità, dopo l’attenta audizione dei medici, di equilibrare le prescrizioni scientifiche con l’intero sistema, poiché accanto ai valori della scienza vi sono altri valori da considerare, altre esigenze di cui tener conto, altri diritti che non possono essere totalmente dimenticati, e che non spetta ai medici imporci.

Una cosa, infatti, è valutare se i limiti posti siano stati o meno conformi alla Costituzione, altra cosa è valutare se, stante l’emergenza, era possibile ritenere lecita, o comunque accettabile, una paralizzazione dei diritti costituzionalmente garantiti.

Improvvisamente è apparso che la giustizia non rappresentasse più un’attività essenziale, e le disposizioni riguardo la ripresa dell’attività non postulano risultati soddisfacenti.

Gli operatori del settore sono vittime dei numerosi e copiosi protocolli di ogni singolo Tribunale.

1. I Decreti Legge sull’attività giurisdizionale.

Il d.l. 8 marzo 2020 n. 11 ha introdotto «Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria». Il 17 marzo, successivamente, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 il cui art. 83 ha pedissequamente riprodotto le disposizioni contenute negli artt. 1 e 2 d.l. n. 11 del 2020 che sono stati abrogati (art. 83 co. 21). Le misure previste per il processo civile sono distribuite temporalmente in due periodi: un «primo periodo» (dal 9 marzo al 15 aprile) ed un secondo (dal 16 aprile al 30 giugno). Per il «primo periodo» le misure predisposte (anzitutto il differimento delle udienze e la sospensione dei termini processuali ex lege  sono già in vigore. Sicché le udienze dei procedimenti civili pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate «d’ufficio» a data successiva al 15 aprile 2020. Nel medesimo arco di tempo è disposta pure la sospensione dei termini processuali in ordine al «compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali» .

Per quanto attiene il «secondo periodo»(dal 16 aprile al 30 giugno) si prevede che possano essere adottate dai capi degli uffici giudiziari ulteriori misure (contemplate dall’art. 83, comma 7) volte ad «evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone».

I capi degli uffici possono altresì stabilire lo «svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto» , assicurando in ogni caso il diritto al contraddittorio fra le parti, la cui partecipazione, per essere «effettiva», presuppone una appropriata e chiara informazione circa le modalità di collegamento telematico.

Per le udienze civili (e sono la gran parte, come tutti sanno) «che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti», il capo dell’ufficio può adottare misure che ne consentano lo svolgimento «mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice»[2]. In tal modo, è resa possibile la eliminazione stessa della udienza – quale luogo del contatto diretto fra giudice e parti, protagonisti del processo – tramite un provvedimento insindacabile del capo dell’ufficio di carattere organizzativo-amministrativo.

Sempre con riferimento al c.d. «secondo periodo» (dal 16 aprile al 30 giugno) è opportuno soffermarsi sulla  previsione contenuta nel comma 8 dell’art. 83. Vi si prevede che «per il periodo di efficacia dei provvedimenti di cui al comma 5 e 6 che precludano la presentazione della domanda giudiziale è sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi».

Orbene, non si può non rilevare, altresì, che innanzi al  giudice di pace, per il quale non è operativo il processo civile telematico, la circostanza propsettabile  è il deposito del ricorso per proporre opposizione ad una sanzione amministrativa che potrebbe, in effetti, considerarsi precluso in caso di chiusura totale degli uffici.

A ben vedere ne sono restate, senza ragione alcuna, estromesse le altre ipotesi nelle quali l’intervento urgente del giudice non è meno inevitabile (dalla sospensione della efficacia del lodo arbitrale impugnato – art. 830, comma 4, c.p.c. –, alla sospensione della esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto – art. 649 c.p.c. –, dalla sospensione della efficacia esecutiva del titolo nel caso di opposizione c.d. a precetto – art. 615, comma 1, c.p.c. – alla sospensione della esecuzione avviata – artt. 623, 624 c.p.c. –, ecc.).

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2. I rischi operativi per il processo civile ed il ripensamento del ruolo dell’avvocato.

E’ di palmare evidenza che siamo innanzi ad una inaccettabile stasi della giustizia, l’80% della giustizia civile è stata sospesa, paralizzata ed appare quindi come elemento non essenziale in una società democratica.

Si sta pagando e si pagherà che non è solo economico ma anche sociale sotto le più svariate declinazioni.

Viene da chiedersi allora: Qual è il valore della attività giudiziaria se la si può sospendere a tempo indeterminato?

C’è il processo telematico, vi è la possibilità di svolgere l’udienza a distanza ma con la grande difficoltà del colloquio diretto con il magistrato.

E le attività urgenti sono stata individuate con criteri, molto discutibili.

Il punto è che la funzione giurisdizionale deve essere garantita dalla Costituzione così come previsto dalla Costituzione stessa. Quando si tornerà alla normalità, il Paese ricorderà che sia l’Avvocatura che la Magistratura hanno ritenuto che si potesse vivere senza giustizia.

Quello che passa è un messaggio distorto perché l’attività giurisidzionale assume, immeritatamente, una utilità marginale- residuale.

Al giudice, nel processo, viene chiesto di stabilire per quel frammento di vicenda umana che è trascinata nel processo, qual è il soggetto su cui deve ricadere il rischio dell’agire umano, chi e in che modo deve pagarne il prezzo.

Vero è che il processo è strumento variabile nel tempo, risente inevitabilmente del contesto.

In quale modo tutto questo potrà incidere sulla organizzazione del processo, in quale modo potrà incidere sulla professione forense e sull’attività degli stessi giudicanti?

Il processo è destinato a cambiare nel momento in cui si diventerà  padroni e sempre più padroni degli strumenti con i quali si può trasmettere a distanza, annullandole e concependo lo strumento dell’udienza come uno strumento virtuale.

Alla luce di quanto sopra esposto vi è una considerevole insidia: la straniazione, il nuovo processo

post- emrgenza sarà un processo nel quale verrà meno quel necessario ed irrinunciabile contatto fra il giudice ed il difensore, fra il giudice e le parti.

Vi è il probabile rischio della disumanizzazione del processo, perdendo un tratto essenziale dello stesso giacchè il lavoro del giudicante non si sostanzia in una operazione aritmetica ma è anche un continuo esercizio di pietas, di compartecipazione umana alle vicende sottoposte al suo giudizio.

Lo stesso art.116 c.p.c., statuisce che : “Il giudice nel decidere valuta le prove secondo il suo prudente apprezzamento” .

L’avvocatura verrà, ancora di più, messa ai margini di un’attività oramai vista non già come il prodotto di una collaborazione e partecipazione di più soggetti ma come il risultato di un’attività solitaria che fa valere il suo aspetto autoritativo.

E’ opportuno ricordare che lo Stato riserva a sé il potere di iuris dicere ma non ha il controllo sulla quantità, sulla qualità delle risposte che vengono chieste dai cittadini.

Anche alla luce del fatto che il mondo economico va alla ricerca di strumenti che tengono conto dei costi/benefici  ottenendo il miglior risultato con il maggior risparmio.

E’ indubbio che l’area del contenzioso subirà una forte contazione, nonostante istituti  come la mediaizone e la conciliazione non abbiano avuto molto successo ci dovrà essere la possibilità di risolvere le relazioni umane fuori dal processo, l’avvocato dovrà diventare un avvocato dei negozi, un avvocato degli affari.

Una strada potrebbe essere, quindi, la consulenza preventiva, poichè il processo non dà risposte in tempi utili.

3. Modalità di gestione delle udienze civili.

Con la seduta plenaria del 26 marzo 2020 il Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato le nuove linee guida per gli Uffici Giudiziari in virtù dell’emergenza sanitaria in atto, ed altresì i protocolli in allegato.

Le indicazioni organizzative previste rappresentano un rimedio per evitare le forme di contatto personale che favoriscono il diffondersi dell’epidemia ed inoltre sono atte al contenimento degli effetti nefasti sulla attività giudiziaria. [3]

Volendosi soffermare, in questa sede, sul settore civile è utile rilevare che venogno messe a diposizione, ai dirigenti degli uffici, investiti della “adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udieze” ex art.83, comma 7 lett. d) D.L. n.18/2020 al fine di “assicurare le finalità di cui al comma 6” della norma summenzionata, molteplici indicazioni.

Si sollecita in particolare la stipula di protocolli condivisi con i Consigli dell’ordine degli avvocati locali, per fissare modalità di partecipazione da remoto di tutti i soggetti del processo ovvero procedure condivise della gestione dell’udienza a cd. trattazione scritta.

In concreto appare verosimle che la modalità per la trattazione delle udienze civile sarà quella appena menzionata, essendo possibile procedere a trattazione scritta in luogo di quella orale, previa assegnazione alle parti di termini a ritroso per il deposito di note, contenenti anche le conclusioni.

Questo consentirebbe in parte di salvaguardare il diritto al contraddittorio che sarebbe messo a dura prova qualora ci si dovesse affidare interamente all’udienza in videoconferenza che presuppone da parte di tutti i magistrati la dotazione di hardeare idoneo  e di una rete internet adeguata.

Ulteriore rischio sarebbe quello di dover far i conti con la carenza di tecnici informatici in servizio presso i Tribunali.

In data 30 aprile 2020, sulla Gazzetta Ufficiale n. 111, è stato pubblicato il Decreto Legge 30 aprile 2020 n. 28 recante ‘Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19’. Il D.L. n. 28/2020 ha inciso sulle norme che regolano l’amministrazione della giustizia in tempo di covid-19 contenute negli articoli 83, 84 e 85 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18, per come risultanti dalla legge di conversione del 24 aprile 2020 n. 27, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 29 aprile 2020.

Per esempio l’art. 3 del D.L. n. 28/2020 ha apportato le seguenti modifiche all’art. 83 del D.L. n. 18/2020, conv. in legge:  è stato prorogato al 31 luglio 2020 il termine finale, inizialmente previsto al 30 giugno 2020, del periodo durante il quale i Capi degli uffici giudiziari, uditi i Consigli dell’ordine degli avvocati e le autorità sanitarie, possono emettere provvedimenti organizzativi con il fine di evitare assembramenti e contatti ravvicinati tra le persone all’interno degli uffici stessi (commi 6 e 7);  tra i procedimenti che non vengono annoverati nel rinvio delle udienze e nella sospensione dei termini sono stati aggiunte le cause relative alla tutela dei minori e i procedimenti elettorali di cui agli artt. 22, 23 e 24 d.lgs. n. 150/2011 (comma 3)ed inoltre nella trattazione delle udienze civili da remoto è prevista la presenza nell’ufficio giudiziario del Giudice (comma 7, lett. f).

Infine alla luce delle numerose e frastagliate disposizioni legislative è auspicabile che per agevolare il lavoro di tutti gli operatori del sistema giudiziario, vi siano dei protocolli il più possibile uniformi adottati da ogni singolo Tribunale.

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La decretazione emergenziale relativa alla sospensione dei termini e delle udienze processuali ha comportato spaesamento in seno all’ordine forense, circa le attività espletabili, la gestione delle urgenze e degli atti in scadenza, nonché la prosecuzione dei procedimenti.Pur nella consapevolezza dell’indefinito numero di interrogativi che possono derivare dall’applicazione pratica della norma di cui all’art. 83 d.l. 18/2020 nei diversi procedimenti civili, col presente lavoro si è cercato di fornire una risposta in merito ai quesiti più frequenti.Roberto Di NapoliAvvocato in Roma, abilitato al patrocinio dinanzi alle Giurisdizioni Superiori. Esercita la professione forense prevalentemente in controversie a tutela degli utenti bancari e del consumatore. È autore di vari “suggerimenti per emendamenti” al disegno di legge (S307) di modifica della disciplina sui benefici alle vittime di usura ed estorsione, alcuni dei quali recepiti nella legge 3/2012. È titolare del proprio blog www.robertodinapoli.it.

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Note

[1] Civini e Scarselli, “Emergenza sanitaria. Dubbi di costituzionalità di un giudice e di un avvocato, www.questionegiustizia.it

[2] Panzarola e Farina, “L’emergenza da Corona Virus ed il processo civile. Osservazioni a prima lettura”, in www.giustizaicivile.com

[3] Cfr. Relazione Illustrativa al D.L. n.18/2020

Michele Nolasco

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