riferimenti normativi: artt. 659 c.p.
precedenti giurisprudenziali: Cass. pen., Sez. I, Sentenza n. 48122 del 03/12/2008
La vicenda
I clienti di un bar, aperto anche di notte, disturbavano i residenti. Del resto il gestore dell’esercizio pubblico era stato autorizzato dal Comune ad occupare il suolo pubblico con 14 tavolini, 40 sedie e 6 sgabelli, con possibilità quindi dello stazionamento, nello spazio esterno del locale, di 46 clienti.
A causa di tale situazione l’amministratore di un condominio, su richiesta della collettività condominiale, presentava un esposto nei confronti del titolare dell’attività. Nel corso delle indagini, venivano sentiti tre residenti della zona, i quali, in maniera sostanzialmente conforme, riferivano che, soprattutto durante il fine settimana e in orario notturno, talora anche fino alle tre di notte, provenivano dal bar schiamazzi dovuti al vociare degli avventori.
Venivano inoltre effettuati, a seguito di segnalazioni dei residenti, numerosi interventi di varie forze dell’ordine (Polizia locale, Carabinieri, Questura) che, pur non attestando la diffusione di musica, tuttavia davano quasi sempre atto della presenza di numerosi avventori all’esterno del locale in questione.
Successivamente veniva inoltre eseguito un accertamento da parte dell’ARPA presso l’abitazione di uno dei residenti, da cui emergeva come il rumore del vociare proveniente dal bar fosse superiore ai limiti di legge.
Alla luce di quanto sopra il Tribunale disponeva il sequestro preventivo del pubblico esercizio nei confronti del gestore, indagato in ordine al reato di disturbo della quiete pubblica, perché, quale legale rappresentante dell’attività, disturbava le occupazioni e il riposo delle persone dimoranti nelle vicinanze, attraverso diffusione di musica ed emissioni acustiche ampiamente superiori ai limiti fissati dalla normativa vigente, anche in orario notturno, in particolare non impedendo i continui schiamazzi degli avventori.
Il Tribunale del Riesame, però, in accoglimento dell’istanza proposta nell’interesse dell’indagato, annullava il decreto di sequestro; secondo il Tribunale del Riesame non era provato che gli schiamazzi disturbassero una vasta platea di persone, né si poteva addebitare al gestore del bar la responsabilità per il vociare dei clienti, non essendo stato accertato chi fossero gli avventori del locale; del resto si osservava come lo stesso gestore, attraverso un cartello di invito alla moderazione, si fosse attivato per tacitare i clienti.
Il Sostituto Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione.
La questione
Il gestore del bar che non impedisce i continui schiamazzi provocati dagli avventori davanti al locale anche nelle ore notturne può arrivare a commettere il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone?
La soluzione
La Cassazione ha dato ragione al Sostituto Procuratore della Repubblica, ritenendo errate le considerazioni del Tribunale del Riesame. Secondo i giudici supremi, ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 c.p., non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come appunto un condominio. Come nota la Cassazione il disturbo era emerso dalle dichiarazione dei condomini e di altri residenti, testimonianze che sono state ritenute idonee a provare il reato, non potendosi pretendere un’indagine a tappeto tra tutti i residenti del quartiere.
Fermo restando quindi il rumore insopportabile, la Cassazione ha ritenuto che il gestore del bar abbia commesso il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone per non aver impedito i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne; i giudici supremi, infatti, hanno sottolineato come la veste di titolare della gestione di un esercizio pubblico comporti l’assunzione dell’obbligo giuridico di controllare, con tutti i mezzi possibili, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica.
Le riflessioni conclusive
Non c’è dubbio che, in riferimento a locali destinati a bar che utilizzano spazi pubblici occupati da una pluralità di persone, destinate peraltro ad alternarsi nel corso della serata, ad arrecare disturbo alle occupazioni delle persone, più che la voce del singolo cliente, è la rumorosità diffusa provocata dall’insieme degli avventori.
Tali situazione può comportare la condanna del gestore per il reato di disturbo della quiete pubblica secondo cui chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a trecentonove euro (art 659 c.p.).
Per accertare la colpevolezza del titolare del bar è necessaria però un’adeguata verifica in sede di merito, volta ad accertare la consistenza degli spazi fruibili dagli avventori, la tipologia delle emissioni sonore e le iniziative assunte dal gestore del locale per eliminarle o almeno per contenerle; tale indagine deve essere compiuta in modo esaustitvo.
In ogni caso la qualità di titolare della gestione dell’esercizio pubblico implica l’assunzione dell’obbligo giuridico di controllare (con possibile ricorso ai vari mezzi offerti dall’ordinamento, come l’attuazione l’allontanamento del cliente ed il ricorso all’autorità) che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica (Cass. pen., sez. feriale, 28/07/2015, n. 34283).
Il reato si può consumare anche con un’unica condotta rumorosa o di schiamazzo recante, in determinate circostanze, un effettivo disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone, in quanto non è necessaria la prova che il rumore abbia concretamente molestato una platea più diffusa di persone, essendo sufficiente l’idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di cittadini.
In particolare perché ricorra tale figura di reato è necessario che le immissioni rumorose abbiano la capacità di propagarsi all’interno dell’intero stabile condominiale, arrecando così potenziale disturbo ad un numero indeterminato di persone, costituite dai condomini residenti e da chiunque altro si trovasse in quel frangente nell’immobile, e non soltanto agli occupanti degli appartamenti ubicati in prossimità del locale destinato a bar (Cass. pen., sez. I, 01/03/2018, n. 9361).
Si ritiene che anche la reiterazione in giorni diversi degli schiamazzi, a prescindere dalla loro intensità, sia idonea ad arrecare disturbo al riposo delle persone, soprattutto se ciò avviene, come nel caso esaminato, in orario serale o notturno.
L’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori (come le deposizioni testimoniali) in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno idoneo ad arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete.
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