Condutture in facciata e regolamento di condominio
E’ possibile che il singolo condomino non possa installare tubazioni sulle parti comuni per la presenza nel regolamento di condominio di una clausola contrattuale che abbia ad oggetto la conservazione della originario aspetto architettonico dell’edificio.
Tale pattuizione comprimendo il diritto di proprietà dei condomini mediante il divieto di qualsiasi opera modificativa, persino migliorativa, appresta in tale modo una tutela ben più intensa e rigorosa di quella apprestata al mero decoro architettonico dagli artt. 1120, comma 2, 1127, comma 3, e 1138, comma 1, c.c., con la conseguenza che, in presenza di opere esterne, la loro realizzazione integra di per sé una vietata modificazione dell’originario assetto architettonico dell’edificio (Cass. civ., sez. II, 23/05/2012, n. 8174).
In tale ipotesi è evidente che, una volta accertata la violazione del divieto previsto dal regolamento condominiale, debba senz’altro ritenersi illegittima l’apposizione della canna fumaria, rimanendo precluso per il giudice di merito ogni diversa valutazione circa la sussistenza di una concreta menomazione del decoro architettonico e di un effettivo pregiudizio derivato all’edificio condominiale.
Del resto è possibile che una diversa clausola di natura contrattuale preveda, sotto pena dell’obbligo di demolire la nuova opera, il divieto di apportare modifiche alle cose comuni, anche se dirette al miglioramento e all’uso più comodo e al maggior rendimento delle stesse, se non previa deliberazione dell’assemblea con una determinata maggioranza (Cass. civ., sez. II, 18/11/2019, n. 29924).
In tal caso il singolo condomino richiedente non può pretendere che l’autorizzazione gli sia concessa perché ciò equivarrebbe ad abrogare detta disposizione regolamentare.
Se gli viene concessa, però, il condomino può procedere con le modifiche in quanto l’autorizzazione, stabilita dall’assemblea su richiesta del condomino, non può che interpretarsi come riconoscimento, in concreto, del fatto che l’uso più intenso prospettato dal singolo non possa essere considerato illecito.
All’opposto, la realizzazione di opere come l’apposizione di una tubazione sulla facciata senza il consenso assembleare comporta il diritto della restante collettività condominiale a pretendere la rimozione di quanto abusivamente realizzato.
L’installazione delle tubazioni nelle parti comuni: i limiti
Ciascun condomino, ai sensi dell’art. 1102 c.c., ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, purché non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso da parte di quest’ultimi.
Entro i limiti ora ricordati, tale norma assicura al singolo partecipante, le maggiori possibilità di godimento della cosa comune, legittimandolo a servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità; del resto non si può intendere la nozione di “uso paritetico” in termini di assoluta identità di utilizzazione della parte comune perché comporterebbe il sostanziale divieto, per ciascun condomino, di fare, del bene comune, qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio.
Alla luce di quanto sopra è legittimo l’inserimento di una canna fumaria, da parte di uno dei condomini, nel muro perimetrale, se si tiene conto della possibilità del muro comune di contenere o reggere una o più canne fumarie, senza subire alterazione apprezzabile della sua principale funzione e senza compromettere l’uso medesimo da parte degli altri condomini (Trib. Milano, 23 gennaio 2020, n. 589).
Tuttavia se un condomino, senza previa autorizzazione, inserisce stabilmente e con opere murarie una canna fumaria di dimensioni non limitate in corrispondenza dell’esiguo cordolo perimetrale del lastrico solare destinato a stenditoio, pone in essere un’occupazione stabile e duratura, non consentita dalla legge, sottraendo la relativa porzione di bene comune all’uso e al godimento degli altri condomini.
In ogni caso si deve tenere conto anche della salvaguardia della stabilità e della sicurezza dell’edificio ed evitare alterazioni del decoro architettonico.
Quest’ultimo integra l’estetica, data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali, che costituiscono la nota dominante e imprimono alle varie parti dell’edificio, nonché all’edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di un fabbricato di particolare pregio artistico.
La lesione del decoro è certa se la tubazione del singolo condomino costituisce una struttura di notevoli dimensioni apposta nella facciata del palazzo priva di qualsiasi collegamento dal punto di vista architettonico o funzionale con la parete esterna dell’edificio, soprattutto se l’ingombro della struttura provoca ombra sulle finestre dei vicini, diminuendone la luminosità (Trib. Milano 19 marzo 2016, n. 3559).
Così, ad esempio, una canna fumaria, larga 30 cm e alta oltre tredici metri costituisce un manufatto di rilevante impatto, capace di interferire negativamente anche nei confronti di un edificio con modesti canoni architettonici.
In tali casi il singolo condomino che procede ad installare – senza titolo urbanistico – sulla facciata condominiale una canna fumaria a servizio della propria unità che, per tipologia e dimensioni esca dai parametri previsti dall’art. 1102 c.c., potrà ottenere sanatoria solo ove alleghi il consenso di tutti i condomini.
Canna fumaria e distanze legali
Le caratteristiche costruttive degli edifici condominiali rendono spesso molto problematica l’applicazione delle norme sulle distanze, che sono state concepite e predisposte dal legislatore per regolamentare unità immobiliari che fanno parte di edifici distinti fra di loro.
Tuttavia la normativa sulle distanze opera anche all’interno degli edifici condominiali, ma con la precisazione che ciò avviene soltanto quando siano compatibili con la disciplina specifica sulle cose comuni e che, in caso di contrasto, la norma speciale dettata per la materia condominiale (cioè l’art. 1102 c.c.) diventa prevalente e determina così l’inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà.
Pertanto, qualora dette norme sulle distanze siano invocate in un giudizio tra condomini, il giudice di merito è tenuto ad accertare se la loro rigorosa osservanza non sia nel caso irragionevole, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il contemperamento dei vari interessi al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali.
Di conseguenza qualora il giudice constati il rispetto dei limiti tutti di cui all’art. 1102 cod. civ., deve ritenersi legittima l’apposizione di una canna fumaria in aderenza al muro perimetrale.
In ogni caso la canna fumaria non è una costruzione ma un semplice accessorio di un impianto; ne deriva che, oltre a non trovare applicazione la disciplina sulle distanze delle costruzioni dalle vedute (art 907 c.c.), la sua presenza non è idonea a compromettere la funzione di un cortile condominiale, considerando che, anche in ragione della sua consistenza, sporgenza e modalità costruttiva, tale manufatto non può ritenersi un corpo di fabbrica aggettante idoneo ad incorporare una parte della colonna d’aria sovrastante (Trib. Milano 3 marzo 2020).
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