Eredità e azienda: le possibili soluzioni

Redazione 20/07/20
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Eredità e azienda: il patto di famiglia

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Con la legge 14 febbraio 2006, n. 55 è stato introdotto anche nell’ordinamento italiano un fenomeno di successione nell’impresa, effettuato per atto tra vivi (pur avendo il legislatore – impropriamente e per ragioni tuzioristiche – precisato che tale istituto comporta una deroga al regime dei patti successori), che determina una vera e propria anticipazione della successione ereditaria dell’imprenditore titolare di azienda o di quote societarie.
L’espresso esonero operato dall’art. 768-quater, c.c, ultimo comma, dalla collazione e dalla riduzione, rende questo strumento molto utile e proficuo per la finalità di cui al sopra formulato esempio pratico: in sintesi, il beneficiario dell’attribuzione non dovrà conteggiare nella sua quota di legittima l’azienda o le quote ottenute a seguito del patto di famiglia, né i fratelli o la madre potranno richiedere che quel bene sia imputato in natura a seguito dell’apertura della successione di Tizio, così cristallizzando gli effetti dell’attribuzione e rendendola definitiva.
L’istituto, pur accolto con entusiasmo dagli addetti ai lavori, ha disatteso tutte le aspettative e risulta scarsamente attuato, essenzialmente per due ragioni pratiche:
1. vista la sistematica del codice e la ratio della norma, la dottrina più attenta attrae l’istituto nell’ambito delle divisioni ereditarie; da questo discende quale corollario immediato che il patto risulterebbe nullo in assenza del consenso di anche di uno solo di coloro che, in quel momento, sarebbero legittimari dell’imprenditore se si aprisse la sua successione. È evidente come tale potere di veto, posto a favore dei legittimari non beneficiari dell’azienda o delle quote, risulti un primo insormontabile ostacolo nei casi in cui non ci sia totale accordo tra i legittimari potenziali;
2. i legittimari non beneficiati, ivi incluso il coniuge, hanno diritto a essere liquidati secondo le porzioni fissate dal codice in tema di successione mortis causa; la dottrina si è interrogata su chi sia il soggetto onerato di effettuare tali liquidazioni. Il dettato normativo, tuttavia, non lascia molti dubbi: sarà il beneficiario dell’azienda o delle quote a dover sopportare il peso di soddisfare le pretese dei fratelli o del genitore non disponente. Ciò ha rappresentato il secondo insormontabile scoglio per la stipulazione del patto di famiglia: difficilmente, infatti, il legittimario discendente, beneficiato dell’attribuzione, potrà far fronte a tale incombenza, risultando, altresì, poco conveniente che costui indebiti l’azienda per liquidare gli altri legittimari.
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Nella pratica si assiste anche alla liquidazione effettuata direttamente dal disponente: tale escamotage, tuttavia, comporterà la realizzazione di un’ulteriore donazione, indiretta, da parte del genitore disponente a favore del discendente beneficiato dall’attribuzione, sicché torneranno in vigore tutti i rimedi tipici della donazione (collazione, imputazione ex se, azione di riduzione, azione di restituzione). Pur avendo individuato tutte le criticità dell’istituto e in attesa di pronunce interpretative della Suprema Corte o di un auspicabile intervento del Legislatore, si può, tuttavia, concludere che, in talune circostanze, lo strumento del Patto di famiglia potrà comunque costituire valida soluzione per la trasmissione dell’azienda con un atto inter vivos.

Legato di vendita e legato di genere

È stata avanzata l’ipotesi di nominare eredi tutti i legittimari nella quota loro riservata e il legittimario favorito anche nella quota disponibile, ponendo a loro carico e a favore di quest’ultimo (a cui si intende attribuire l’azienda o le quote societarie) un legato di contratto di vendita o di permuta della quota ereditaria contro il pagamento del prezzo o la cessione di un bene che non sia inferiore al valore della legittima spettante agli onerati medesimi.
“Nomino miei eredi universali nella quota loro spettante ex lege i miei due figli Tizio e Caio. Istituisco mio figlio Tizio erede anche nella quota disponibile. Lego a carico di mio figlio Caio e a favore di mio figlio Tizio il contratto di vendita (o permuta) della quota ereditaria a esso devoluta per legge contro il pagamento di un prezzo (o cessione di un bene) di pari valore al momento dell’apertura della successione”.
Tale soluzione è stata, tuttavia, oggetto delle seguenti obiezioni: in primis potrebbe configurarsi una violazione del disposto di cui all’art. 549 c.c. che reputa nulli tutti i pesi e le condizioni apposte sulla quota di legittima; in secondo luogo, configurandosi una modalità di scioglimento della comunione, diversa dalla divisione, sarebbe applicabile il rimedio della rescissione ultra quartum ex art. 764, comma 1, c.c.
“Nomino mio erede universale mio figlio Tizio (al fine di attribuirgli l’azienda). Lego in sostituzione della legittima ex art. 551 c.c. a mio figlio Caio una somma di denaro pari a euro … (valore della quota di legittima a esso spettante) ex art. 653 c.c. pur riconoscendo l’altruità della res ex art. 651 c.c.”.
Risulta particolarmente apprezzata questa seconda modalità: il testatore nomina erede universale il figlio al quale intende lasciare l’azienda; poi lega in sostituzione della legittima all’altro figlio una somma di denaro pari al valore dell’azienda, sebbene tale somma non risulti compresa nell’asse ereditario. Risulterà applicabile l’art. 653 c.c. (legato di genere, valido anche se di quel genere non si trova alcun bene né all’apertura della successione né al momento della redazione del testamento).
Obiezione mossa da altra dottrina riguarda il consenso del legittimario che abbia ricevuto un legato in sostituzione di legittima: infatti, a costui la legge consente di rinunziare al legato e chiedere la legittima. Così la piena attuazione della volontà del testatore risulterà assoggettata alla volontà del legatario: sarà, dunque, preferibile che il testatore renda particolarmente appetibile il legato in sostituzione.

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