Responsabilità del medico: ecco cosa ha insegnato l’esperienza Covid

Redazione 27/07/20

Responsabilità del medico: come migliorare la gestione del rischio clinico

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LA RESPONSABILITA’ MEDICA: COSA CAMBIA DALL’EMERGENZA SANITARIA – eBook

E’ possibile affermare che, in assenza dei parametri clinico-assistenziali codificati a far riferimento all’emergenza sanitaria, risulta difficile poter identificare l’errore nella condotta dei sanitari.In caso di contenzioso, appare meno difendibile la posizione delle strutture sanitarie e socio assistenziali, che rispondono non solo per l’operato dei dipendenti, ma anche per carenze strutturali e organizzative, e dovranno rispondere anche per i danni subiti dai dipendenti non adeguatamente forniti di dispositivi di protezione e, soprattutto, non adeguatamente formati.Questa pubblicazione si propone di fornire agli operatori strumenti utili a conoscere i termini della responsabilità medica alla luce della pandemia, anche al fine di approntare efficaci strategie difensive.Fabio M. Donelli Specialista in Ortopedia e Traumatologia, Medicina Legale e delle Assicurazioni e in Medicina dello Sport. Docente nella scuola di Medicina dello Sport dell’Università di Brescia e docente in Scienze Biomediche all’Università degli Studi di Milano. Già professore a contratto in Traumatologia Forense presso l’Università degli Studi di Bologna e tutor in Ortopedia e Traumatologia nel corso di laurea in Medicina Legale presso l’Università degli Studi di Siena. Responsabile della formazione per l’Associazione Italiana Traumatologia e Ortopedia Geriatrica. Promotore e coordinatore scientifico di corsi in ambito ortogeriatrico, ortopedico-traumatologico e medico- legale.Mario Gabbrielli Specialista in Medicina Legale, già assistente di ruolo presso la USL 30 Area Senese. Già Professore Associato in Medicina Legale presso la Università di Roma La Sapienza. Professore ordinario di Medicina Legale presso la Università di Siena. Direttore della UOC Medicina Legale nella Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Legale dell’Università di Siena, membro del Comitato Etico della Area Vasta Toscana Sud, Membro del Comitato Regionale Valutazione Sinistri della Regione Toscana, autore di 160 pubblicazioni.

Fabio M. Donelli, Mario Gabbrielli (a cura di) | 2020 Maggioli Editore

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Nel contesto della gestione del rischio clinico (GRC), l’analisi retroattiva degli eventi avversi realizzata con il senno di poi si conclude con la diffusione di  raccomandazioni per trasferire le lezioni apprese ad altri al fine di evitare il ripetersi dello stesso evento con gravità uguale o anche maggiore.
Qui di seguito presentiamo una serie di suggerimenti per prevenire eventi avversi nella gestione della pandemia. Suggerimenti elaborati sulla base di articoli scientifici e documenti pubblicati da istituzioni scientifiche nazionali e internazionali in risposta a segnalazioni e quesiti inoltrati ai Responsabili del rischio clinico dell’Italian Network for Safety in Healthcare (INSH) dagli operatori di prima linea durante l’epidemia di COVID-19.
Per garantire un efficace lavoro di gruppo e altrettanto efficace comunicazione sono necessarie: 1) una pronta attivazione di una task force per l’emergenza con catena di comando, ruoli e responsabilità chiaramente delineati, 2) strumenti di condivisione delle informazioni affidabili, 3) approccio proattivo, diffusione alla prima linea di informazioni chiare e sempre aggiornate, 4) mantenimento, ma razionalizzazione e adeguamento del sistema di reporting and learning 5) raccolta e diffusione delle buone pratiche.
Le unità di GRC possono svolgere un ruolo rilevante in questa impostazione. Inoltre, dovrebbero essere implementati alcuni messaggi chiave in tema di fattore umano in situazioni stressanti: 1) briefing e de-briefing brevi ma inclusivi; 2) leadership aperta e inclusiva; 3) chiarezza dei ruoli; 4) protocolli chiari di comunicazione; 5) ascoltare e porre domande – aperte – prima di agire; 6) concentrarsi su cosa, non su chi; 7) aiutare il personale che non ha familiarità con il lavoro; 8) usare le checklist per non dimenticare nulla; 9) incoraggiare il personale a parlare e raccogliere le loro preoccupazioni; 10) fare una pausa prima di agire se ci si sente stanchi, affaticati e poco lucidi; 11) riconoscere i fattori che limitano le prestazioni (fame, sonno, rabbia ecc.) negli altri, dal momento che nessuno è bravo nel riconoscerli per se stesso.
Dal punto di vista ambientale, le organizzazioni sanitarie dovrebbero fornire istruzioni tempestive e appropriate per la disinfezione (detergenti, tempo di contatto, frequenza di detersione) per prevenire la diffusione di infezioni in ospedale. Dovrebbero anche organizzare preparazioni galeniche germicide per evitare carenze e creare un ospedale o un edificio dedicato per i pazienti infetti piuttosto che separare percorsi puliti / sporchi nello stesso blocco. Le seguenti azioni possono aiutare a ridurre la contaminazione ospedaliera: 1) colloquio di screening per coloro che accedono ai servizi sanitari per qualsivoglia ragione (intervento chirurgico, angioplastica coronarica, consegna, ecc.), compresi gli accompagnatori; 2) limitazione/sospensione di ricoveri ospedalieri non urgenti, appuntamenti ambulatoriali di routine e procedure chirurgiche differibili; 3) limitazione dell’accesso e precauzioni obbligatorie per i visitatori (ad esempio mascherine chirurgiche, distanza di 1 metro tra i sedili nelle sale d’attesa).
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Corsi di aggiornamento sulla trasmissione e gestione delle infezioni, sui dispositivi medici e di protezione individuale (DPI), sulle pratiche di sicurezza dei pazienti correlate alla pandemia (igiene delle mani, SEPSIS bundles, prevenzione della polmonite associata al ventilatore o delle infezioni del catetere venoso centrale) sono utili per migliorare la consapevolezza e le competenze del personale. Si raccomanda vivamente una valutazione preliminare della capacità massima e una strategia di riassegnazione del personale basata sulle competenze, fin quando possibile. I giovani ed eventuali colleghi provenienti da altre specialità/reparti dovrebbero essere affiancati precocemente a medici/infermieri esperti per ridurre gli errori causati dall’inesperienza.

Cosa si può imparare dalla pandemia

La carenza di DPI deve essere prevenuta con un accurato inventario e un precoce rifornimento, procedure per il loro riutilizzo o l’uso limitato, uno stoccaggio e una distribuzione centralizzati, la definizione di criteri di priorità nella distribuzione. Dovrebbe essere fatto ogni sforzo per garantire che i dispositivi medici (es. emogasanalizzatori, pulsossimetri, ventilatori meccanici, pompe di aspirazione, ossigenoterapia) siano disponibili e funzionanti nelle aree di cura. Lo sviluppo di percorsi affidabili per ridurre i danni prevenibili richiede l’identificazione di step ad alto rischio nella diagnosi e nel trattamento dell’infezione, nella transizione assistenziale (dimissione ospedaliera) e in contesti o categorie speciali di pazienti (chirurgia, ostetricia, bambini, pazienti oncologici o immunosoppressi, ecc.). Diversi aspetti devono essere considerati per ottenere una diagnosi e un trattamento sicuri: 1) disponibilità del test diagnostico; 2) affidabilità e tempestività del processo diagnostico; 3) criteri chiari e aggiornati per il test diagnostico; 4) standardizzazione e validazione della qualità del test; 5) conoscenza di presentazioni non
comuni; 6) possibili complicanze e fattori prognostici; 7) criteri per la stratificazione della gravità per una sicura dimissione o allocazione in ospedale; 8) parametri da monitorare e d’allarme; 9) criteri per impostare l’aggiornamento;10) conoscenza delle interazioni farmaco-farmaco o farmaco-malattia, 11) eventuali farmaci non raccomandati o altre precauzioni di trattamento. Ad esempio, nei pazienti con COVID-19 i nebulizzatori non sono raccomandati per la potenziale diffusione del virus; la ventilazione non invasiva è consigliata solo in pazienti selezionati per non più di 1-2 ore, in caso di mancata risposta).
Le informazioni alla dimissione devono essere chiare e strutturate ed è importante dare informazioni sul follow-up e su eventuali restrizioni della vita sociale / lavorativa (se il paziente è guarito completamente o solo clinicamente, se il paziente ha bisogno di isolamento a casa, precauzioni da osservare in caso di
isolamento a casa, prossimi appuntamenti.

In gravidanza, la gestione del rischio si concentra sulla prevenzione del contagio della madre (limitazione delle cure prenatali, screening dei casi, isolamento delle donne infette) e del neonato (separazione madre-bambino, uso delle precauzioni di biosicurezza o tiralatte per l’allattamento al seno, rinuncia al parto in acqua). COVID-19 non rappresenta un criterio per praticare un parto prematuro o cesareo.
Per prevenire rischi ingiustificati nei bambini, devono essere evidenziate le differenze nella presentazione clinica, nelle caratteristiche dei test di laboratorio o strumentali e nella gestione rispetto agli adulti.
Nei pazienti oncologici o immuno-compromessi, l’obiettivo è garantire la sicurezza delle procedure richieste (il rinvio del trattamento antineoplastico deve essere valutato caso per caso; i farmaci immunosoppressori non devono essere sospesi, ma l’aumento della dose è bene che sia posticipato; scegliere vie di somministrazione adatte per il trattamento domiciliare; gli steroidi possono essere proseguiti con cautela) e prevenire il contagio (applicazione rigorosa delle misure di protezione individuale; limitazione dei visitatori nelle sale di terapia o nei reparti ospedalieri).
In contesti speciali, come la chirurgia, l’obitorio o la sala autoptica, è necessario prestare particolare attenzione all’ambiente e alla sicurezza dell’operatore, al fine di evitare la diffusione dell’infezione (ambiente a pressione negativa, DPI adeguati, attenzione alle procedure che generano aerosol, limitare il numero di persone all’essenziale, attenzione a segnalare la positività del paziente, ecc.).
I medici di medicina generale dovrebbero: 1) educare adeguatamente i loro pazienti sulla trasmissione e la prevenzione dell’infezione; 2) informarli sul percorso locale per i soggetti sospetti/affetti; 3) ridurre la contaminazione dello studio evitando il sovraffollamento, impedendo l’accesso ai pazienti sospetti, sanificando in modo appropriato e utilizzando DPI; 4) utilizzare strumenti per l’identificazione precoce e la stratificazione per gravità dei casi e checklist per evitare la perdita di informazioni e garantire la conformità normativa; 5) seguire rigorosamente i casi gestiti a casa. La creazione di speciali unità di continuità assistenziale che visitano le persone a casa aiuta a prevenire la diffusione dell’infezione e eventuali danni indesiderati ai pazienti.
Nelle lungodegenze, nelle strutture sociosanitarie (RSA) e nelle case di cura, ma anche nelle strutture psichiatriche residenziali, il rischio di diffusione dell’infezione può essere ridotto mediante: 1) adeguata pulizia dell’ambiente; 2) limitazione di visite esterne e contatti con l’ospedale; 3) restrizioni di contatto e attento monitoraggio clinico dei residenti; 4) screening giornaliero di sintomi e contatti e misurazione della temperatura corporea ad inizio turno a tutti gli operatori sanitari; 5) pronto isolamento di casi sospetti tra residenti o operatori sanitari; 6) possibile sistemazione all’interno della struttura per operatori sanitari; 7) fornitura di DPI adeguati; 8) creazione di area filtro per i nuovi residenti o quelli che rientrano dall’ospedale e di un’area di isolamento per le persone colpite dall’infezione
che non necessitano di ricovero.

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E’ possibile affermare che, in assenza dei parametri clinico-assistenziali codificati a far riferimento all’emergenza sanitaria, risulta difficile poter identificare l’errore nella condotta dei sanitari.In caso di contenzioso, appare meno difendibile la posizione delle strutture sanitarie e socio assistenziali, che rispondono non solo per l’operato dei dipendenti, ma anche per carenze strutturali e organizzative, e dovranno rispondere anche per i danni subiti dai dipendenti non adeguatamente forniti di dispositivi di protezione e, soprattutto, non adeguatamente formati.Questa pubblicazione si propone di fornire agli operatori strumenti utili a conoscere i termini della responsabilità medica alla luce della pandemia, anche al fine di approntare efficaci strategie difensive.Fabio M. Donelli Specialista in Ortopedia e Traumatologia, Medicina Legale e delle Assicurazioni e in Medicina dello Sport. Docente nella scuola di Medicina dello Sport dell’Università di Brescia e docente in Scienze Biomediche all’Università degli Studi di Milano. Già professore a contratto in Traumatologia Forense presso l’Università degli Studi di Bologna e tutor in Ortopedia e Traumatologia nel corso di laurea in Medicina Legale presso l’Università degli Studi di Siena. Responsabile della formazione per l’Associazione Italiana Traumatologia e Ortopedia Geriatrica. Promotore e coordinatore scientifico di corsi in ambito ortogeriatrico, ortopedico-traumatologico e medico- legale.Mario Gabbrielli Specialista in Medicina Legale, già assistente di ruolo presso la USL 30 Area Senese. Già Professore Associato in Medicina Legale presso la Università di Roma La Sapienza. Professore ordinario di Medicina Legale presso la Università di Siena. Direttore della UOC Medicina Legale nella Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Legale dell’Università di Siena, membro del Comitato Etico della Area Vasta Toscana Sud, Membro del Comitato Regionale Valutazione Sinistri della Regione Toscana, autore di 160 pubblicazioni.

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