Non è impugnabile l’ordinanza con cui la Corte d’Appello proroga, per cause di forza maggiore, il termine per la decisione sulla richiesta di consegna, ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 17, comma 2

Scarica PDF Stampa
(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimento normativo: L., 22 aprile 2005, n. 69, art. 17, c. 2)

Il fatto

La Corte di appello di Milano dichiarava sussistenti le condizioni per la consegna dell’arrestato alla A.G. della Francia che ne aveva fatto richiesta con mandato di arresto Europeo dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Grande Istanza di Colmar basato sulla sentenza esecutiva emessa dal Tribunale Correzionale di Colmar con la quale questi era stato condannato alla pena di 18 mesi di reclusione per sette episodi di furto aggravato in abitazione o in esercizi commerciali in concorso con altri soggetti.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Il difensore del consegnando proponeva ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a suo carico e la sentenza emessa deducendo: 1) erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2, in relazione alla L. n. 69 del 2005, artt. 16 e 21; in particolare, una volta premessa la impugnabilità, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, delle ordinanze in data 8/5/2020 e 28/5/2020, la Corte, in data 8/5/2020, aveva disposto il rinvio della procedura per l’acquisizione di copia della sentenza sulla base della quale era stata chiesta la consegna con traduzione in lingua italiana e contestualmente, ravvisata “una causa di forza maggiore” per gli asseriti ritardi “generalizzati” riscontrati – a cagione della pandemia – da parte delle diverse Autorità statuali estere ad inviare la documentazione necessaria a sostegno del M.A.E., e aveva quindi disposto la proroga di gg. 30 del termine per la decisione nonostante l’opposizione della difesa mentre, all’udienza del 28/5/2020, riproposta la medesima opposizione difensiva con revoca della ordinanza del 8/5/2020 e conseguenziale immediata liberazione del prevenuto L. n. 69 del 2005, ex art. 21, la Corte di appello aveva rigettato la richiesta ribadendo la ricorrenza della “causa di forza maggiore” e la legittimità della disposta proroga con la ultrattività della misura cautelare in atto; rilevava inoltre il ricorrente che la ricorrenza della “causa di forza maggiore” apparisse del tutto apoditticamente affermata senza alcun specifico riscontro circa gli asseriti ritardi da parte dello Stato emittente risultando piuttosto in atti una nota del Ministero della Giustizia italiano che rappresentava di aver già in data 26/3/2020 richiesto all’omologo organo francese la documentazione in questione, senza che questo avesse rappresentato difficoltà ricollegabili alla pandemia non condividendosi a tal riguarfo l’orientamento espresso dalla Corte circa l’equivalenza della ipotesi, ai fini della libertà personale, con quella prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 16, che – invece incide solo sul merito della richiesta di consegna ai sensi dell’art. 6, comma 4, della stessa legge; 2) erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. g) dal momento che risultando la sentenza, in base alla quale era stata richiesta la consegna, emessa in assenza del prevenuto e senza che vi fosse prova che egli fosse stato a conoscenza del processo ed avesse volontariamente rinunciato a comparire e, soprattutto, senza assistenza di un difensore, la previsione da parte dell’ordinamento francese di proporre opposizione avverso la sentenza indicava un termine di dieci giorni dalla notifica che è estremamente breve e soprattutto non è previsto in tale ordinamento una norma analoga al nostro art. 143 c.p.p., comma 2, nè la esplicita menzione – del notificando provvedimento – della facoltà del condannato di proporre opposizione.

La richiesta formulata dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione

Con requisitoria scritta il P.G. aveva chiesto il rigetto del ricorso perché infondato in relazione ad entrambi i motivi proposti

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva stimato inammissibile per le seguenti ragioni.

Si osservava a tal proposito che, quanto alla impugnabilità del provvedimento di proroga del termine per la decisione, costituisce jus receptum che, in tema di mandato di arresto europeo, non è impugnabile l’ordinanza con cui la Corte d’Appello proroga, per cause di forza maggiore, il termine per la decisione sulla richiesta di consegna, ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 17, comma 2, (Sez. F, n. 37090 del 05/09/2013) così come è stato anche affermato che, quando la Corte d’appello richiede allo Stato membro di emissione le informazioni integrative ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 16, costei non è tenuta a disporre una formale proroga del termine di sessanta giorni previsto per la decisione sulla richiesta di esecuzione del m.a.e. producendosi in tal caso un automatico prolungamento dei termini a norma della L. n. 69 del 2005, art. 17, comma 2.

Tal che se ne faceva conseguire che una proroga formale è invece doverosa in tutte le altre situazioni, non espressamente disciplinate dalla legge, in cui si ravvisi l’impossibilità oggettiva di rispettare il termine ordinario di sessanta giorni per l’adozione della decisione [Sez. 6, n. 821 del 15/12/2010 (dep. 2011)] mentre a sua volta la richiesta di informazioni integrative, trasmessa allo Stato membro di emissione ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 16, comma 1, determina un automatico prolungamento del termine entro il quale, a pena di inefficacia della misura cautelare, deve intervenire la decisione sulla richiesta di consegna, senza necessità di adottare un formale provvedimento di proroga (Sez. 6 n. 12215 del 04/12/2019).

Pure il secondo motivo veniva stimato manifestamente infondato in quanto, ad avviso degli Ermellini, la Corte di appello aveva del tutto correttamente rigettato la medesima deduzione difensiva richiamando l’orientamento di legittimità secondo il quale non viene in applicazione la L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, lett. g), che impone il rifiuto della consegna se la sentenza irrevocabile, oggetto del mandato d’arresto Europeo, non sia la conseguenza di un processo equo condotto nel rispetto dei diritti minimi dell’accusato previsti dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in relazione alla richiesta di consegna presentata dalle autorità francesi sulla base di una sentenza contumaciale passibile di opposizione e pertanto ancora provvisoria (Sez. 6, n. 3927 del 23/01/2008) cosicché, in presenza di un mandato di arresto Europeo emesso dalle autorità francesi per l’esecuzione di una sentenza contumaciale di condanna, ancora soggetta ad opposizione, l’autorità giudiziaria italiana deve applicare gli stessi parametri di valutazione previsti dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 17, comma 4, per le sentenze irrevocabili per effetto del quale, a differenza che nelle ipotesi di M.A.E. di natura processuale, non compete allo Stato di esecuzione alcuna valutazione sulle modalità di acquisizione delle prove poste alla base della sentenza irrevocabile di condanna ma solo una verifica circa l’inesistenza delle cause ostative alla consegna prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 18 (Sez. 6, n. 6920 del 13/02/2015) tra le quali non possono essere ricomprese quelle oggi indicate dalla difesa.

Conclusioni

La decisione in oggetto desta un certo interesse nella parte in cui, in relazione a quanto disposto dall’art. 17, c. 2, legge n. 69/2005 (“La decisione deve essere emessa entro il termine di sessanta giorni dall’esecuzione della misura cautelare di cui agli articoli 9 e 13. Ove, per cause di forza maggiore, sia ravvisata l’impossibilita’ di rispettare tali termini il presidente della corte di appello informa dei motivi il Ministro della giustizia, che ne da’ comunicazione allo Stato richiedente, anche tramite l’Eurojust. In questo caso i termini possono essere prorogati di trenta giorni”), si afferma, citandosi un precedente conforme, che, in tema di mandato di arresto europeo, non è impugnabile l’ordinanza con cui la Corte d’Appello proroga, per cause di forza maggiore, il termine per la decisione sulla richiesta di consegna, ai sensi della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 17, comma 2.

Tal che questo provvedimento deve essere preso nella dovuta considerazione ove si verifichi una situazione di tal genere essendo sconsigliabile impugnare questa ordinanza in tale ipotesi.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, pertanto, proprio perché fa chiarezza su tale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

Volume consigliato

Sentenza collegata

103189-1.pdf 117kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento