Un primo commento analitico del DDL “Family Act”: delega al Governo ad adottare misure per favorire la natalità, sostenere la genitorialità e promuovere l’occupazione femminile

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SOMMARIO: 1. Premessa introduttiva – 2. Il punto sull’iter procedurale del disegno di legge nei due rami del Parlamento – 3. I tratti caratteristici dell’intervento normativo ed il suo inquadramento sistematico nel vigente quadro giuridico nazionale e comunitario – 4. Il contenuto della delega: i principi e i criteri direttivi generali e specifici da osservare (artt. 1 e 2) – 5. In merito ai profili di copertura finanziaria, clausole di chiusura e di natura procedurale (artt. 3, 4 e 5) – 6. Brevi considerazioni conclusive

 

 

1. Premessa introduttiva

 

Ha fatta molta notizia nei giorni scorsi (il 21 luglio u.s.), l’approvazione alla Camera dei Deputati, in prima lettura, del disegno di legge n. 0687 rubricato “Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale”, conosciuto anche come “Family Act”. I più hanno messo in evidenza i due importati profili che hanno caratterizzato questa primo positivo passaggio nel primo ramo del Parlamento italiano: Il voto unanime con il quale è stato licenziato il provvedimento alla Camera (452 si e un astenuto[1]) e l’introduzione, con approccio sistemico, dell’assegno unico ed universale per le famiglie con figli.

Fa scalpore, per le rare volte in cui si verifica, il voto trasversale che ha converso sull’atto legislativo organico che porta con se  le misure pensate da tempo per sostenere la genitorialità. Un precedente, tra l’altro recente, si è verificato per esame alla Camera dei deputati del DDL n. 1455[2] recante “Modifiche al codice di procedura penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, denominato “Codice rosso”, approvato il 3 aprile 2019 all’unanimità con 461 voti favorevoli e nessun contrario[3], che ha introdotto, tra l’altro, il reato di “Revenge porn” all’art. 612-ter c. p., “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, tipizzando e punendo l’odiosa e tristemente diffusa pratica consistente nel vendicarsi dell’ex partner diffondendo, spesso via internet, materiale pornografico che lo ritrae.

Nel merito, il testo delinea la cornice normativa degli interventi che si vogliono perseguire e le scadenze temporali entro le quali il Governo sarà chiamato ad approvare i decreti legislativi di attuazione della delega, con l’obiettivo di sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, contrastare la denatalità, valorizzare la crescita armoniosa delle bambine, dei bambini e dei giovani e favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare quello femminile.

Dunque, prima la comunione di intenti e dopo la soddisfazione ed esultanza, hanno accomunato tutte associazioni del settore[4] e le forze politiche che da tempo stavano lavorando sinergicamente all’avanzamento dell’iter procedurale e alla raccolta degli assensi che ha accompagnato il provvedimento in parola alla Camera dei Deputati. La Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, che ne è proponente insieme alla Ministra del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, ha dichiarato, tra l’altro: “È davvero un momento storico per il Paese e lo è per la politica, che con un voto trasversale rimarca l’assunzione di una responsabilità piena e importante, di tutti, per le famiglie. Un segnale bello da questo parlamento[5]”.

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2. Il punto sull’iter procedurale del disegno di legge nei due rami del Parlamento

È nella riunione del cinquantunesimo Consiglio dei Ministri dell’11 Giugno 2020, tenutasi come di consueto a Palazzo Chigi, sotto la Presidenza del Presidente, Avv. Giuseppe Conte, con Segretario il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, dott. Riccardo Fraccaro, che è stato approvato il disegno di legge cosiddetto “Family Act” su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, che impegna/delega il Governo ad adottare “Misure per il sostegno e la valorizzazione della famiglia”, entro dodici mesi dall’entrata in vigore delle disposizioni in commento.

Va rilevato, prima di addentrarci nel merito delle importanti novità introdotte dal provvedimento in esame, che da un’approfondita lettura delle schede relative ai lavori preparatori al disegno di legge sul sito internet istituzionale delle due Camere del Parlamento, dai resoconti dei lavori della alla XII Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati (alla quale il DDL in parola è stato assegnato), dai pareri espressi dalle altre Commissioni parlamentari[6], si apprendono importanti dati relativi alle questioni affrontate e superate e all’andamento del provvedimento stesso. I relatori risultano essere stati, l’On. LEPRI Stefano (PD) (parlamentare della maggioranza), sia in Commissione di merito che in Assemblea parlamentare, mentre solo in Commissione l’On. Guido De Martini (Lega), dimessosi in quanto il suo gruppo di appartenenza è passato all’opposizione.

Si evince, infatti, che il disegno di legge di riferimento è stato l’Atto camera n. 687[7],  primo firmatario l’On. Graziano DELRIO[8] ed altri, recante Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e la dote unica per i servizi”, in cui confluiranno le altre proposte di legge in esame alla Camera (A. C. 2155[9] e A. C. 2249[10]). Da tale abbinamento si è, dunque, scelto nella seduta del 13 novembre 2019 di adottare, come testo base dell’intervento normativo quello dell’A. C. 687 che però ha subito delle rivisitazioni, a partire dal testo (A. C. 687 – A ​ e abb.) e dall’originario titolo che è stato riformulato in: Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale”. In tale versione, dopo tutte le modifiche apportate a seguito dell’accoglimento di proposte emendative, come già detto, è stato approvato il 21 luglio 2020 e trasmesso (con modifiche rispetto al testo del proponente) al Senato il 23 luglio 2020 (identificato come Atto Senato n. 1892) ed ivi assegnato all’11ª Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) in sede referente il 28 luglio 2020[11]. Dalla predisposta consueta scheda dei lavori (ancora non avviati e che potranno essere seguiti al seguente link: http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/53180.htm), si apprende che il relatore di maggioranza risulta essere nuovamente l’On. Stefano Lepri (PD), nominato nella seduta del 30 giugno 2020 nella quale è stato proposto, altresì, il testo modificato del provvedimento e la richiesta di autorizzazione alla relazione orale.

 

 

3. I tratti caratteristici dell’intervento normativo ed il suo inquadramento sistematico nel vigente quadro giuridico nazionale e comunitario

Il disegno di legge in esame, composto da 5 articoli per un totale di 9 commi, sotto il profilo contenutistico presenta, come già anticipato, interventi volti al riordino delle misure di sostegno economico per i figli a carico e di quelle per la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità. Lo stesso, trattando dunque la materia delle politiche sociali e, in particolar modo, quelle a favore della famiglia con misure strutturali ed organiche, si innesta sulla vasta vigente normativa nazionale di settore, che negli anni è stata anche soggetta ad innumerevoli e ciclici  interventi legislativi modificativi ed integrativi, che hanno determinato un’eccessiva frammentarietà della regolamentazione in materia[12]. Proprio per tale ultimo motivo, con tale provvedimento si ha l’intendimento ulteriore eliminare questa settorialità, di operare un coordinamento e razionalizzazione di tutte le misure previste ed affastellatesi negli anni nonché, sotto l’aspetto propriamente economico-finanziario, addivenire all’unificazione degli istituti economici già previsti dalla legislazione vigente in un unico strumento universale, rafforzato e modulato sulla base delle concrete esigenze dei nuclei familiari. A questi ambiziosi ma ponderati obiettivi di superamento dell’attuale porfirizzazione delle misure socio-economiche in atto, si aggiunge anche un’altra pluralità di tipologia di obiettivi connessi ai primi: contrastare la ridotta partecipazione delle donne al mercato del lavoro, promuovere la parità di genere,  combattere la povertà (anche minorile), incentivare una rigorosa ripartizione dei carichi di lavoro domestici, la funzione educativa e sociale delle famiglie, valorizzare la crescita armoniosa dei bambini e dei giovani, favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare quello femminile.

Ciò detto, va comunque precisato che questi nobili intendimenti, trattandosi di una legge delega, non trovano, al momento, un’immediata, diretta e pronta azione sull’attuale assetto normativo né per modificare e men che meno per abrogare disposizioni in vigore. Quanto sopra avverrà solo nel successivo step procedurale demandato alla disciplina di dettaglio da incartare nelle previsioni dei decreti delegati che interverranno sulla legislazione vigente, secondo i principi e i criteri stabiliti in questo provvedimento di delega.

Va anche rilevato il collegamento e la contiguità del DDL in parola con le disposizioni della legge 27 dicembre 2019, n. 160 recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”. Infatti, per l’effettivo  raggiungimento delle finalità sopra illustrate, nella legge di Bilancio per l’anno 2020, all’articolo 1, comma 339[13], è stata inserita la previsione di un Fondo specifico “Assegno universale e servizi alla famiglia” che rappresenta il fondamento principale dell’adozione del provvedimento nonché della revisione di importanti istituti connessi allo stesso[14].

Riguardo ai rapporti tra l’intervento normativo in questione e le disposizioni di riferimento della Costituzione italiana, che considera e tutela ampiamente tale materia, va rilevato che il primo si presenta in linea con i relativi principi costituzionali fondanti. In particolare, si devono citare gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, in forza dei quali la Repubblica, in primis, “riconosce i diritti della famiglia” (Art. 29, c. 1) e la “agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo” (art. 31).

Anche sotto il diverso aspetto del rispetto della ripartizione delle competenze legislative costituzionalmente delineate, il contenuto della proposta di legge di iniziativa parlamentare in esame consiste prevalentemente nella «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», oggetto della potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione. Mentre, più nel dettaglio, in riferimento ai principi di delega di cui all’articolo 1, c. 2, lett. c), d) ed e), e all’articolo 2, c. 1, lettere b), e-bis) e p), viene in rilievo anche la pregnante materia delle «politiche sociali», attribuita alla competenza legislativa residuale regionale ai sensi dell’articolo 117, c. 4, della Costituzione. Una tale commistione di competenze comporterà di sicuro un opportuno coinvolgimento dei vari livelli di governo, nel procedimento di adozione dei decreti legislativi attuativi della delega.

Infine, il testo si palesa predisposto, altresì, nel rispetto dell’adempimento degli obblighi derivanti dall’ordinamento europeo, arrivando a recepire, in anticipo[15], quanto previsto dalla direttiva UE 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20.6.2019 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori ed i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE. La Direttiva richiamata, come si evince dalla rubrica della stessa, ha l’obiettivo di riformare l’accesso agli istituti volti a conciliare i tempi di vita e di lavoro, tenendo conto degli sviluppi della società europea degli ultimi decenni, attraverso una revisione di alcuni istituti quali il congedo parentale e il congedo di paternità.

Tale ultimo aspetto, fu affrontato già nella Raccomandazione 92/241/CEE del Consiglio del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini, con la quale venne espressamente richiesta una maggior partecipazione dei padri nella cura dei figli, e la promulgazione di una legislazione che sia gender neutral, al fine di dare ai genitori che lavorano specifici diritti in materia di congedi parentali[16]. Successivamente le direttive 96/34/CE[17] e 92/85/CEE[18] sono state oggetto di riforma, il cui risultato è stata l’importante Direttiva 2010/18/EU[19], entrata in vigore l’8 marzo del 2012, abrogata a sua volta dalla recente Direttiva UE 2019/1158.

Or dunque, le problematiche sociali emerse negli ultimi anni nel nostro Paese circa la carenza di un’efficace ed unitaria regolamentazione incentivante la natività, la cui tendenza alla decrescita non mostra segnali di inversione significativi e duraturi, e l’insufficienza di gran parte delle altre misure di settore in vigore, si vogliono affrontare risolutivamente guardando alla visione europea a lungo termine. Pertanto, si rende necessario mettere in campo politiche attive di lungo respiro, pluriennali, che affrontino in modo completo la questione analizzando tutti gli aspetti che hanno contribuito a generare tale fenomeno, così come è stato fatto in altri contesti europei, nei quali si è già scelto di aiutare non solo le famiglie meno abbienti bensì favorire tutte le famiglie con figli a carico, a prescindere dall’occupazione e dallo status patrimoniale dei genitori e dalle condizioni economiche.

Dunque, muta non solo la modalità dell’approccio al tema, non più intervenire in dettaglio ma in maniera organica e quanto più completa, come appare sempre opportuno operare in settori così ampi e delicati che, ad un certo punto, richiedono interventi radicali e non solo specifici e complementari, ma si è anche optato per una scelta formale adeguata al lavoro da affrontare, attraverso un disegno di legge delega che consente, come sta effettivamente avvenendo, al Parlamento di intervenire sui principi e i criteri di delega generali e specifici per le varie tipologie di intervento, contenuti nello schema, delegando poi al Governo la normativa di dettaglio, trasformando gli stessi in contenuti dei futuri decreti legislativi.

 

 

 

4. Il contenuto della delega: i principi e i criteri direttivi generali e specifici da osservare (artt. 1 e 2)

 

La proposta legislativa di iniziativa parlamentare oltre a costituire la cornice normativa,  indica la scadenza temporale entro cui il Governo dovrà attivarsi per “riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico ed universale”, attenendosi ai delineati principi e criteri direttivi – sia di natura generale che specifica, per approvare i decreti legislativi di attuazione della delega, al fine di:

  • assicurare l’applicazione universale di benefici economici ai nuclei familiari con figli, secondo criteri di progressività basati sull’applicazione di indicatori della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo anche conto del numero della prole a carico;
  • promuovere la parità di genere all’interno dei nuclei familiari, favorendo l’occupazione femminile, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, anche attraverso la predisposizione di modelli di lavoro volti ad armonizzare i tempi familiari di lavoro e incentivare il lavoro del secondo percettore di reddito;
  • affermare il valore sociale di attività educative e di apprendimento, anche non formale, dei figli, attraverso il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dall’imponibile o detrazioni dall’imposta sul reddito delle spese sostenute dalle famiglie o attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolata allo scopo;
  • prevedere l’introduzione di misure organizzative, di comunicazione e semplificazione che favoriscano l’accesso delle famiglie ai servizi offerti e la individuazione degli stessi[20].

 

I singoli e specifici decreti delegati con i quali si prevede di attuare le misure sociali di cui sopra[21], dovranno essere adottati entro lo spatium temporis assegnato e le altre modalità indicate:

  • entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge, su proposta del Ministro con delega per la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

 

Nel testo del provvedimento, all’art. 1, comma 2, sono, altresì, fissati i princìpi e i criteri direttivi generali (quelli specifici sono recati dal successivo articolo 2), a cui i decreti legislativi in parola devono conformarsi. Nel dettaglio:

  1. l’accesso all’assegno è assicurato per ogni figlio a carico con criteri di universalità e progressività;
  2. l’ammontare dell’assegno è ponderato sulla base della condizione economica del nucleo familiare, come individuata attraverso l’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) o sue componenti, tenendo conto dell’età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel nucleo familiare;
  3. ai fini dell’accesso e per il calcolo delle prestazioni sociali agevolate diverse da quelle trattate dalla legge de qua, il computo dell’assegno può essere differenziato nell’ambito dell’ISEE fino eventualmente al suo eventuale azzeramento;
  4. l’assegno unico ed universale è pienamente compatibile con la fruizione del reddito di cittadinanza, di cui all’articolo 1 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, ed è corrisposto congiuntamente allo stesso e con le medesime modalità;
  5. l’assegno non è considerato per la richiesta e per il calcolo delle prestazioni sociali agevolate, dei trattamenti assistenziali e di altri benefici e prestazioni sociali previsti da altre norme in favore dei figli con disabilità. Le borse lavoro volte all’inclusione o all’avvicinamento in attività lavorative di persone con disabilità non sono considerate ai fini dell’accesso e per il calcolo dell’assegno;
  6. l’assegno è ripartito nella misura del 50% tra i genitori ovvero, in loro assenza, è assegnato a chi esercita la responsabilità genitoriale. Nei casi di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, l’assegno spetta, in mancanza di accordo, al genitore affidatario. Nel caso di affidamento congiunto o condiviso l’assegno, in mancanza di accordo, è ripartito in pari misura tra i genitori;
  7. l’assegno è concesso in forma di credito d’imposta ovvero di erogazione mensile di una somma in denaro;
  8. è istituito un organismo aperto alla partecipazione delle associazioni a tutela della famiglia maggiormente rappresentative, al fine di monitorare l’attuazione e verificare l’impatto del beneficio[22].

 

Oltre a quanto sopra richiamato,  i decreti legislativi dovranno osservare, nel contempo, i seguenti ulteriori principi e criteri direttivi specifici di cui all’articolo 2, comma 1:

  • a): un assegno mensile è riconosciuto per ciascun figlio minorenne a carico. Il beneficio decorre a partire dal settimo mese di gravidanza. Per i figli successivi al secondo, l’importo dell’assegno è maggiorato;
  • b): un assegno mensile è riconosciuto per ciascun figlio maggiorenne a carico, di importo inferiore a quello riconosciuto per i minorenni, fino al compimento del ventunesimo anno di età e con possibilità di corresponsione dell’importo direttamente al figlio, su sua richiesta, al fine di favorirne l’autonomia[23];
  • c): per ciascun figlio con disabilità, si prevede il riconoscimento di una maggiorazione (graduata secondo la condizione di disabilità) rispetto agli importi di cui alle lettere a) e b) in misura non inferiore al 30% e non superiore al 50%. Il riconoscimento dell’assegno di cui alla lettera b), senza maggiorazione, anche dopo il compimento del ventunesimo anno di età, qualora il figlio con disabilità risulti ancora a carico;
  • d): mantenimento delle misure e degli importi in vigore per il coniuge a carico e per gli altri familiari a carico diversi da quelli di cui alle lettere a) e b);
  • e): con riferimento ai requisiti di accesso, cittadinanza, residenza e soggiorno, il richiedente l’assegno deve cumulativamente:

– essere in possesso della cittadinanza italiana, ovvero essere un cittadino di Paesi facenti parte dell’Unione europea, o suo familiare, in quanto titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero essere un cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale;

essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia, senza limitazioni;

vivere con i figli a carico in Italia;

essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o di durata almeno biennale.

  • f: a fronte di comprovate esigenze connesse a casi particolari e per periodi definiti, su proposta dei servizi sociali e sanitari territoriali deputati alla tutela della natalità, della maternità, dell’infanzia e dell’adolescenza possono essere concesse specifiche deroghe ai criteri previsti dalla lettera e) da una Commissione nazionale, costituita d’intesa dal Ministro con delega alla famiglia e dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
  • g): progressivo superamento della contribuzione per gli assegni familiari a carico del datore di lavoro;
  • h): soppressione di tutte le misure indicate al successivo articolo 3.

 

Dunque dal punto di vista dei contenuti, tra le misure che sono previste e saranno disciplinate nel dettaglio nei futuri decreti legislativi, vi è l’assegno unico ed universale che ricomprenderà tutti i benefici a favore dei figli, misure per la conciliazione tra vita lavorativa e cura dei figli, misure di sostegno alle giovani coppie e all’indipendenza giovanile. L’impatto della scelta operata dal Governo sarà di immediato beneficio per le famiglie, che potrà contare su unica misura che ricomprenderà tutte le agevolazioni correlate allo status di genitori. I diretti destinatari del provvedimento in oggetto sono le famiglie aventi uno o più figli a carico, i genitori lavoratori, i giovani maggiorenni, supportati al fine di acquisire l’autonomia finanziaria e le giovani coppie destinatarie di alcune misure di sostegno al reddito.

Le misure che segnano una vera discontinuità con le policy fino ad oggi poste in essere dallo Stato italiano sono, senza alcun dubbio, quelle in favore delle famiglie, attualmente strutturate mediante detrazioni per figli a carico (modello fiscale) o assegni familiari di protezione sociale a favore di determinate categorie di persone (dipendenti pubblici e assimilati, famiglie a basso reddito) escludendo di fatto altre tipologie reddituali. La modalità di accesso, cosiddetto selettivo, al beneficio che tiene conto del reddito del richiedente in Italia è oggi solo pari all’8%[24]. Ciò a dimostrazione che questo sistema di incentivazione non favorisce in alcun modo le famiglie ad avere più figli e, men che meno, rappresenta un impulso per le famiglie meno abbienti, e, per ciò solo, da più parti provenivano da tempo istanze di superamento dello stesso[25].

La scelta del Governo è dunque quella di strutturare la misura in modo diametralmente opposto alla concezione attuale, non più come mezzo di contrasto alla povertà bensì come strumento efficacie di sostegno alla genitorialità e al contempo un incoraggiamento all’incremento della natalità. L’assegno così strutturato è unico ed universale e risponde, fondamentalmente, ad un criterio di equità in quanto prevede una quota aggiuntiva erogata, sulla base del reddito ISEE.

 

 

 

5. In merito ai profili di copertura finanziaria, clausole di chiusura e di natura procedurale (artt. 3, 4 e 5)

 

Come già precisato, essendo il cd. “family act”, una legge delega, la valutazione delle condizioni giuridiche, organizzative, finanziarie, economiche, sociali ed amministrative che possono incidere in modo significativo sulla concreta attuazione dell’intervento e sulla sua efficacia, dipendono dalle modalità di attuazione della riforma che sarà oggetto dei successivi decreti legislativi. Ma, nella legge delega, in merito alle disposizioni finanziarie, ci sono delle importanti indicazioni, in particolare all’art. 3 del DDL in parola, anche se va detto che l’entità delle risorse a disposizione per l’attuazione della delega, non sono state definitivamente identificate e quantificate. Pur tuttavia, appunto, l’art. 3 fornisce indicazioni sulle risorse a finanziamento di misure vigenti a sostegno della famiglia e dalla natalità da reindirizzare in favore dell’erogazione dell’assegno unico e universale.

Più precisamente da:

  • risorse del “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”, istituito dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 339, della legge 27 dicembre 2019, n. 160)[26];
  • risorse rivenienti dall’abrogazione delle seguenti misure:
  • assegno per il nucleo familiare dei Comuni.

Tale misura, introdotta all’art. 65 della legge 448/1998, è concessa in via esclusiva dai Comuni ed erogata dall’INPS. Il beneficio è rivolto alle famiglie che hanno figli minori e che dispongono di patrimoni e redditi limitati (per il 2020 pari a 8.788,99 euro);

  • assegno di natalità.

Più volte richiamato, anche detto “Bonus bebè”, previsto dalla legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 125, della legge 190/2014, e successive modificazioni). La legge di bilancio 2020 ha quantificato l’onere derivante dal riconoscimento dell’assegno di natalità nei modi e nei tempi sopra indicati in 348 milioni di euro per l’anno 2020 e in 410 milioni di euro per l’anno 2021. L’importo previsto per il 2021 è a valere sul “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”, istituito dall’articolo 1, comma 339, della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) [27].

  • premio alla nascita;

Introdotto dalla legge di bilancio 2017 (art. 1, comma 353, della legge 232/2016) che ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita o all’adozione di minore, pari ad 800 euro. Si tratta di un assegno una tantum, il cui maggior onere è stato stimato, al momento della sua istituzione, in 392 milioni di euro. Il beneficio è corrisposto in unica soluzione dall’INPS a domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto dell’adozione. Il premio non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del T. U. delle imposte sui redditi. Il beneficio è concesso in un’unica soluzione per ogni evento (gravidanza, parto, adozione o affidamento) e in relazione a ogni figlio nato, adottato o affidato. Dal febbraio 2018, come reso noto dall’INPS con il Messaggio n. 661 del 13 febbraio 2018, il beneficio è stato esteso alle donne straniere titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo (di cui all’art. 9 del D. Lgs. 286/1998), della carta di soggiorno o carta di soggiorno permanente (di cui agli articoli 10 e 17 del D. Lgs. 30/2007);

  • fondo di sostegno alla natalità;

La legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 348-349 della legge 232/2016) ha anche istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il “Fondo di sostegno alla natalità”, con una dotazione di 13 milioni di euro per il 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. A seguito del d. l. 86/2018, di riordino delle competenze dei ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro per la famiglia e le disabilità, la gestione delle risorse del Fondo[28].

 

Ed inoltre, le risorse necessarie saranno reperite anche per il tramite:

  • dalla soppressione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, delle seguenti misure:
  • Detrazioni fiscali;

L’art. 12, comma 1, lettera c) e comma 1-bis del T. U. delle Imposte sui Redditi – TUIR contengono la vigente disciplina delle detrazioni IRPEF per figli a carico[29];

  • assegno per il nucleo familiare;

Previsto dall’articolo 2 dal decreto-legge n. 69/1988, nonché assegni familiari previsti dal  testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, di cui al DPR n. 797/1955.

L’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF). L’ANF è una prestazione economica erogata dall’INPS ai nuclei familiari di alcune categorie di lavoratori, dei titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali da lavoro dipendente e dei lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi. Il riconoscimento e la determinazione dell’importo dell’assegno avvengono tenendo conto della tipologia del nucleo familiare, del numero dei componenti e del reddito complessivo del nucleo stesso. La prestazione è prevista in importi decrescenti per scaglioni crescenti di reddito e cessa in corrispondenza di soglie di esclusione diverse a seconda della tipologia familiare.

 

In chiusura di tali previsioni, al comma 2 dell’art. 3, si ribadisce che all’attuazione delle deleghe di cui agli articoli 1 e 2 si provvede nei limiti delle risorse individuate dall’articolo in esame e che “Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno o mediante l’utilizzo delle risorse di cui al comma 1, essi sono adottati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, ai sensi della quale le leggi di delega comportanti oneri recano i mezzi di copertura necessari per l’adozione dei relativi decreti legislativi[30].

Vi sono poi gli ultimi due articoli del testo del DDL approvato, artt. 4 e 5. 

Con il primo viene introdotta una “Clausola di salvaguardia” relativamente all’applicazione dell’articolato normativo nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3[31].

Infine, l’articolo 5 disciplina la procedura per l’adozione dei decreti legislativi. Si dispone, in particolare, ai sensi del comma 1, gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Se il termine per l’espressione del parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui al presente comma in esame (trenta giorni dalla data di trasmissione) o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di novanta giorni.

Il successivo comma 2, introducendo una clausola di monitoraggio dell’attuazione e della valutazione d’impatto, stabilisce che, entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi delegati, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi. Le stesse devono essere adottate nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al provvedimento de quo e con la procedura di cui al comma 1, sopra illustrata.

 

 

6. Brevi considerazioni conclusive

 

In merito al disegno di legge in commento, sulle prime, colpisce certamente l’approvazione dello stesso all’unanimità nel primo passaggio alla Camera dei Deputati. Ma va detto che ciò solitamente e propedeuticamente avviene anche nella Commissione XII – Affari sociali, assegnataria di tali siffatte proposte di legge che hanno un riverbero a favore delle componenti basiche della società tutta. Ciò a dimostrazione della sensibilità peculiare sia dei componenti della Commissione, rappresentanti le diverse forze politiche, che convergono, in particolare, per quanto riguarda le misure a sostegno delle persone in condizioni di fragilità.

Ma appare, sicuramente, più importante evidenziare la scelta di mettere al centro dell’intervento normativo che si vuole introdurre i figli, quale ganglio principale attorno a cui costruire tutte le misure pensate per le famiglie con figli. Appare chiaro che l’idea di fondo è che una figlia, un figlio siano un valore e debbano essere considerati un arricchimento sia per la famiglia in cui nascono, ma anche per la società che li deve accoglie e crescerli armoniosamente.

Per tale ragione, la comunità sociale deve supportare e condividere con i genitori l’oneroso compito di accudirli e proteggerli sin dalla nascita, pur restando la famiglia la sede privilegiata della funzione educativa, per la crescita e la formazione dei figli stessi.

Si tratta di un articolato solo apparentemente semplice, mirante a produrre effetti rilevanti e sicuramente complessi, sulla richiamata eccessiva frammentarietà della normativa di riferimento, con nuove misure come l’assegno unico ed universale, contrastare la denatalità, sostenere l’educazione dei figli e delle figlie, più flessibilità nei congedi parentali e di paternità, valorizzare la crescita armoniosa dei bambini e dei giovani, sostegno alle madri lavoratrici per incentivarne il lavoro e l’armonizzazione dei tempi ed incentivi all’autonomia giovanile.

Ci si è, dunque, resi conto che oltre a dover superare il metodo nella regolamentazione, bisogna cambiare anche la vision delle policy a favore della famiglia, trattando diversamente le rilevanti problematiche sociali che, nel corso degli ultimi anni, sono emerse nel nostro Paese. Ciò esige, appunto, un intervento del Governo con strumenti decisivi a lungo termine ed un ancor maggiore allineamento alla normativa europea, con l’obiettivo fondamentale di non creare nuove misure di contrasto alla povertà dirette alle categorie meno abbienti bensì offrire aiuti indispensabili per tutte le famiglie con figli, a prescindere da altre condizioni, ad esempio l’occupazione dei genitori. Ciò a fortiori, per segnare la discontinuità, non deve più rilevare l’essere dipendenti pubblici o lavoratori autonomi, tanto più che, ad oggi, risulta che le lavoratrici autonome prive di qualsiasi tutela di maternità sono le prime ad abbandonare il mondo del lavoro alla nascita di un figlio[32], ma garantire – a prescindere da tutto – proprio un innovativo quanto importante sostegno alla natalità.

A tal riguardo, in Italia, si assiste ormai da anni ad una fase di declino demografico che ha ricadute importanti a livello sociale, economico e territoriale. Or dunque, la denatalità rappresenta un problema che ha assunto dimensioni tali da richiedere in tempi rapidi una risposta da parte del Governo al fine di orientare la sua azione politica al contrasto dei fattori che ne hanno determinato l’origine.

Secondo i dati rilevati dall’ISTAT il 25 novembre 2019 (anno di riferimento 2018) sulla natalità e fecondità della popolazione residente, in Italia continuano a diminuire i nati: nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe 439.747 bambini, oltre 18 mila in meno rispetto all’anno precedente e quasi 140 mila in meno nel confronto con il 2008. Il persistente calo della natalità si ripercuote soprattutto sui primi figli che si riducono a 204.883, 79 mila in meno rispetto al 2008. Il numero medio di figli per donna scende ancora attestandosi a 1,29; nel 2010, anno di massimo relativo della fecondità, era 1,46[33]. L’età media arriva a 32 anni, quella alla nascita del primo figlio raggiunge i 31,2 anni nel 2018, quasi un anno in più rispetto al 2010[34].

Alla luce dell’evidenza empirica il tema del superamento dell’”emergenza demografica” è una questione di interesse nazionale e di prioritaria rilevanza. Per questo motivo sono condivisi ed accettati favorevolmente le attuali ed attuande politiche attive di lungo periodo, pluriennali, che affrontano in modo completo la situazione analizzando tutti gli aspetti che hanno contribuito a generare tale fenomeno, così come è stato fatto, in altri contesti europei.

I benefici a favore dei figli devono essere concepiti culturalmente come un investimento sul futuro, dovendo i bambini essere considerati, precipuamente, come un valore sociale, in tal modo – aprendo le misure previste a tutte le famiglie indistintamente, a prescindere dalle condizioni economiche e dallo status occupazionale dei genitori – investendo sullo sviluppo sociale del nostro paese a partire proprio dalla centralità del valore sociale della famiglia. Se ciò avviene, ovviamente nel lungo termine, la scelta di diventare genitore – sia pur sottolineandone la natura squisitamente privata – sarà meno difficile da fare. In particolar modo, per le giovani coppie che con la nascita di un figlio inevitabilmente si trova di fronte a nuove ed importanti responsabilità attualmente non debitamente supportate da valide misure e, per ciò solo, spesso si decidere di procrastinare tale decisione ovvero desistere dalla stessa.

Da ciò deriva il problema della decrescita della natalità che conduce inesorabilmente ad un danno per la società. Ed è proprio in tale direzione che vanno le predette disposizioni del provvedimento normativo in parola, accompagnando, in modo integrato e complementare, il previsto aiuto economico, da una serie di servizi adeguati che in qualche modo affiancano i genitori nel fronteggiare le situazioni di difficoltà che si possono incontrare nella quotidianità, favorendo la conciliazione famiglia-lavoro e che supportino, in particolare, la madre, dipendente o autonoma che sia, dagli oneri connessi con la cura dei figli e al contempo, le consentano di realizzarsi professionalmente.

Tale obiettivo è certamente nelle corde dei redattori delle suddette norme che, come si è detto, hanno guardato a realtà sociali europee già consolidate sotto tali profili (Germania, Olanda, Norvegia, Danimarca, Francia e Regno Unito)[35], in cui – a seguito dell’adozione di interventi normativi nazionali e comunitari (es., tra gli altri, la citata Direttiva UE 2019/1158 sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare), si è già raggiunto l’obiettivo di far conciliare i tempi di vita e di lavoro tenendo conto degli sviluppi della società degli ultimi decenni ed attraverso una revisione di alcuni istituti cruciali quali i congedi parentali e quelli a tutela della maternità e la paternità.

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Testi che possono essere consultati, tra i tanti altri che affrontano il tema trattato, per ogni opportuno approfondimento degli argomenti illustrati:

 

– A. VALONGO, “Nuove genitorialità nel diritto delle tecnologie riproduttive”, Edizioni Scientifiche Italiane, 2017;

– S. LAVIGUEUR, S. COUTU & D. DUBEAU, “Sostenere la genitorialità. Strumenti per rinforzare le competenze educative”, Erickson, 2011.

– D. GIOVANNINI, “Padri e madri: i dilemmi della conciliazione famiglia-lavoro. Studio comparativo in quattro paesi europei”, Il Mulino, 2008;

Note

[1] Dalla scheda dei lavori preparatori dei progetti di legge della Camera dei Deputati: Atto Camera n. 687, presenti 453 Deputati, votanti 452, astenuti 1, maggioranza 227 , favorevoli 452, contrati 0. Seduta n. 376  del 21/7/2020 presieduta da ROSATO Ettore. La Camera Approva.

[2] Diventato legge del nostro ordinamento, la n. 69 del 19 luglio 2019, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, (Pubbl. in G.U. n. 173 del 25-7-2019 ed entrata in vigore il 09/08/2019), dopo l’approvazione definitiva al Senato il 17 luglio 2019 con 197 voti favorevoli e 47 astenuti, nessun contrario.

[3] Dalla scheda dei lavori preparatori dei progetti di legge della Camera dei Deputati: Atto Camera n. 1455: presenti 472, votanti 380, astenuti 92, maggioranza 191 , favorevoli 380, contrari 0. Seduta del 3/4/2019 n. 155 presieduta da CARFAGNA MARIA ROSARIA. La camera approva.

[4] Anche il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, ha accolto positivamente l’approvazione alla Camera del Family act dichiarando: “Un segnale di grande maturità del Parlamento. Siamo soddisfatti. Certo manca da affrontare, dopo il passaggio al Senato, il tema delle risorse da mettere in legge di Bilancio, ma quello di oggi è un momento storico: adesso non si potranno più deludere le famiglie italiane”.

[5] Il testo integrale delle dichiarazioni della Ministra sono pubblicate sul sito del Dipartimento per le politiche della famiglia, disponibile al link: http://famiglia.governo.it/it/notizie/assegno-unico-universale-per-ogni-figlio-a-carico-dichiarazione-della-ministra-bonetti/

[6] Sul testo del provvedimento hanno espresso parere favorevole le Commissioni II (Giustizia), VI (Finanze), XI (Lavoro pubblico e privato). La I Commissione (Affari costituzionali) e la Commissione parlamentare per le questioni regionali ed il Comitato per la legislazione, hanno espresso parere favorevole con un’osservazione. La V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) esprimerà il parere di competenza nel corso dell’esame del provvedimento da parte dell’Assemblea.

[7] Tutte le informazioni disponibili al link: https://www.camera.it/leg18/126?tab=1&leg=18&idDocumento=687&sede=&tipo=

[8] Non a caso, si ritiene, il primo firmatario della proposta di legge è padre di 9 figli. Lo stesso ha twittato sul suo profilo social  “L’assegno unico per i figli aiuta a non avere paura del futuro: uno strumento semplice, robusto e giusto perché ogni figlio è una risorsa per la #famiglia ma anche per il #paese”. Il video integrale è disponibile al seguente link: https://twitter.com/graziano_delrio/status/1285604336832253956

[9] Proposta di legge: GELMINI ed altri: “Disposizioni concernenti la concessione di un assegno mensile per ogni figlio a carico, per il sostegno della famiglia e della natalità”. Presentata il 9 ottobre 2019 ed assegnata alla XII Commissione Affari sociali in sede Referente il 16 ottobre 2019. Assorbito il 21 luglio 2020 dall’approvazione di PDL abbinata.

[10] Proposta di legge: LOCATELLI ed altri: “Delega al Governo per il riordino e il potenziamento delle misure a sostegno della natalità e della famiglia”. Presentata l’11 novembre 2019 ed assegnata alla XII Commissione Affari sociali in sede Referente il 22 novembre 2019. Assorbito il 21 luglio 2020 dall’approvazione di PDL abbinata.

[11] Con previsione di pareri delle commissioni 1ª (Aff. costituzionali), 2ª (Giustizia), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze), 12ª (Sanità), Questioni regionali.

[12] Si ricordano, a titolo esemplificativo, le più rilevanti disposizioni fiscali/economiche in favore della famiglia che prevedono misure in favore della famiglia e della prole: articolo 12 del D. P. R. 22 dicembre 1986, n. 917, T. U. delle imposte sui redditi, che prevede disposizioni che consentano le detrazioni per i figli minori a carico; mentre l’assegno per il nucleo familiare, è previsto dall’articolo 2, decreto legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 13 maggio 1988, n. 153; Gli assegni familiari previsti dal D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, T. U. delle norme concernenti gli assegni familiari; l’assegno al nucleo familiari con almeno 3 figli minori, di cui all’articolo 65, legge 23 dicembre 1998, n. 448; l’assegno di natalità, c.d. “bonus bebè”, di cui all’articolo 1, comma 125, legge 23 dicembre 2014, n. 190, di recente potenziato e modificato dall’articolo 23 quater, commi 1 e 2, decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 e successivamente, dall’articolo 1, comma 340, legge 27 dicembre 2019, n. 160 ( Legge di bilancio 2020), che ha esteso il bonus anche ai nati o adottati dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2019, fino al compimento del primo anno di età o di ingresso nel nucleo familiare;  il premio alla nascita, c.d. “Bonus Mamma Domani – Premio alla Nascita” di cui all’articolo 1, comma 353, legge 11 dicembre 2016, n. 232, che dispone un beneficio economico di 800 euro erogato per ogni figlio nato, adottato o in affidamento preadottivo a partire dal 1° gennaio 2017;  il buono per il pagamento di rette relativi alla frequenza di asili nido e altri servizi per l’infanzia di cui all’articolo 1, comma 355, legge 11 dicembre 2016, n. 232 e all’articolo 1 comma 488, legge 30 dicembre 2018, n. 145 e, successivamente, dall’art. 1, comma 343, lett. a), b) e c), legge 27 dicembre 2019, n. 160; Il fondo di sostegno alla natalità previsto dall’articolo 1, comma 348 e 349, della legge 11 dicembre 2016, n. 232. In materia di congedo parentale: la legge 8 marzo 2000, n. 53 e il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Nonché nel settore scolastico: il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 recante “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107”.

[13] Si riporta di seguito il testo integrale del comma 339: “Al fine di dare attuazione a interventi in materia di sostegno e valorizzazione  della  famiglia  finalizzati  al  riordino  e  alla sistematizzazione delle  politiche  di  sostegno  alle  famiglie  con figli, nello stato di previsione del Ministero  del  lavoro  e  delle politiche sociali è istituito un fondo denominato  «Fondo  assegno universale e servizi alla famiglia », con una dotazione pari a  1.044 milioni di euro per l’anno 2021 e a 1.244 milioni  di  euro  annui  a decorrere dall’anno 2022. Con  appositi  provvedimenti  normativi,  a valere sulle risorse del Fondo di cui al primo periodo, si provvede a dare attuazione agli interventi ivi previsti nonchè, nei  limiti  di spesa stabiliti, a quanto previsto dai commi 340 e 343”.

[14] Infatti, proprio nell’ambito della legge di bilancio 2020 sono state inserite disposizioni modificative di norme vigenti disciplinanti istituti cardine nel sostegno alla famiglia e, in particolare, alla genitorialità, come il bonus asili nido, l’assegno di natalità, che è stato implementato e differenziato per fasce di reddito, nonché l’avvio della riforma dei congedi parentali e di paternità che sarà implementata proprio con questo provvedimento.

[15] La direttiva riporta nuove prescrizioni minime riguardanti la parità uomo donna sul lavoro e in merito alla conciliazione vita lavoro in caso di genitorialità o assistenza. In vigore ad agosto 2019, deve essere recepita dagli Stai membri entro il 2 agosto 2022. Entro il 2 agosto 2024 per quanto riguarda le misure riguardanti retribuzione o l’indennità corrispondente alle ultime due settimane del congedo parentale (art. 20).

Il provvedimento in particolare si riferisce:

“a) al congedo di paternità, al congedo parentale e al congedo per i prestatori di assistenza;

  1. b) a modalità di lavoro flessibili per i lavoratori che sono genitori o i prestatori di assistenza”.

[16] Art. 2, Raccomandazione 92/241/CEE del Consiglio del 31 marzo 1992 sulla custodia dei bambini, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. L 123 del 08/05/1992, pag. 0016 – 0018.

[17] Direttiva del Consiglio del 3 giugno 1996 concernente l’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES.

[18] Direttiva del Consiglio del 19 ottobre 1992 Concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

[19] Direttiva del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE. In forza dell’adozione di questa direttiva che in tutti gli Stati membri prevedono ad oggi i congedi parentali, definiti come un diritto individuale, che gli Stati possono scegliere se mantenerlo tale o metterlo a disposizione di entrambi i genitori. Essa prevedeva, inoltre, la durata minima di 4 mesi, fino al compimento degli 8 anni del bambino.

[20] Nel corso dell’esame in sede referente si è svolto un ciclo di audizioni informali nel quale sono strati sentiti esperti, soggetti istituzionali e rappresentanti delle categorie interessate dal provvedimento.

[21] Appare opportuno ribadire che le misure in arrivo saranno adottate in armonia e coordinamento con il vigente, ed anche recente,  quadro  di interventi di contrasto alla povertà: oltre il reddito di inclusione di cui al decreto legislativo n. 147 del 2017, anche il reddito di cittadinanza istituito dal decreto-legge n. 4/2019. A tal riguardo, si ricorda che, tale modus operandi si rileva anche tra altri interventi, come nel caso dell’istituzione del reddito di cittadinanza. Infatti, l’articolo 13 del decreto-legge n. 4/2019 prevede che a decorrere dal 1° marzo 2019 il reddito di inclusione non possa essere più richiesto ed a decorrere dal successivo mese di aprile non possa essere più riconosciuto né rinnovato. Per coloro ai quali il reddito di inclusione sia stato riconosciuto in data anteriore al mese di aprile 2019 il beneficio continua ad essere erogato per la durata inizialmente prevista, fatti salvi la possibilità di presentare domanda per il reddito di cittadinanza.

 

[22] Le disposizioni ora enucleate terminano con la previsione di cui all’articolo 1, comma 3, che testualmente è formulata quale norma autoapplicativa, e non quale principio di delega, che al momento della registrazione della nascita l’ufficiale di stato civile informi le famiglie sul beneficio previsto dalla presente legge, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera h), della legge 7 agosto 2015, n. 124.

[23] L’assegno è concesso solo nel caso in cui il figlio maggiorenne frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa limitata con redditi complessivi inferiori a un certo importo annuale, sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro, svolga il servizio civile universale.

[24] Con le misure in vigore, ed in riferimento ai redditi del 2017, è stato stimato che il 21,6 delle famiglie italiane, pari a 5 milioni e 580 mila, abbia beneficiato di questo tipo di sostegno per un valore medio annuo di 1.047 euro. L’incidenza delle famiglie titolari di tali assegni è maggiore al Sud (27,3%) e aumenta progressivamente al crescere del numero di minori in famiglia. Il 57,5% delle coppie con figli minori e il 41,5% delle famiglie monogenitore con figli minori ricevono tale tipo di sostegno, seppure la misura sia a favore solo dei percettori di lavoro dipendente (il 69,4%) e da pensione. Tuttavia, è stato anche evidenziato che esistono 271 mila famiglie con figli senza reddito per le quali non è previsto alcun tipo di assegno familiare e questo perché l’assegno è strettamente legato ad una posizione lavorativa presente o del recente passato (disoccupato) del beneficiario(Fonte: Istat, relazione alla XII Commissione (Affari sociali) Camera dei Deputati, del 9.10.2019 ).

[25]  A dimostrazione di ciò, basti pensare che per la definizione del “Family act”, sono stati approntati tavoli tecnici a cui sono stati invitati rappresentanti del mondo sociale, delle Università, esperti in materia di demografia, servizi alla persona e delle pari opportunità.  È stata costruita una giornata di confronto, tenutasi il 28 gennaio 2020, con la partecipazione di esperti, divisa in tre tavoli:

1)           Contrasto alla denatalità e misure di sostegno dei figli a carico;

2)           Misure di sostegno all’educazione dei figli;

3)           Congedi parentali e incentivi al lavoro femminile.

Dalle consultazioni effettuate sono emersi spunti di riflessione importanti, spesso comuni a diversi interlocutori che sono stati poi utilizzati come punto di partenza nel disegno di legge. Inoltre, attraverso il canale istituzionale delle audizione alla Camera dei Deputati, sono stati sentiti docenti esperti nella materia di importanti università italiane, rappresentanti dell’ISTAT, associazioni sindacali,  varie Associazioni familiari, di genitori e tutela dell’handicap .

[26] Per il testo della disposizione richiamata, si rimanda alla nota n. 12. Qui si ricorda solo che il predetto fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 1.044 milioni di euro per il 2021 e a 1.244 milioni di euro annui a decorrere dal 2022. Le risorse del Fondo sono indirizzate all’attuazione di interventi in materia di sostegno e valorizzazione della famiglia nonché al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. La norma non specifica quali siano i provvedimenti normativi attuativi degli interventi a valere sulle risorse del Fondo, ma indica che, dal 2021, nel Fondo sono trasferite le risorse dedicate all’erogazione dell’assegno di natalità (c.d. bonus bebè, compreso tra le misure di cui si prevede l’abrogazione) e del bonus asilo nido, anche questo modificato dall’art. 1, commi 343 e 344, della legge 160/2019 (legge di bilancio 2020).

[27] Come già evidenziato, la legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 340 e 341, della legge 160/2019) ha esteso l’assegno di natalità (c.d. Bonus bebè) per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020. Con riferimento a tali soggetti, l’assegno è corrisposto esclusivamente fino al compimento del primo anno di età ovvero del primo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione. Il Bonus, come ridisegnato dalla legge di bilancio 2020, è una prestazione ad accesso universale modulata a seconda delle fasce di reddito di riferimento (precedentemente invece spettava a condizione che il nucleo familiare fosse in possesso di un ISEE non superiore a 25.000 euro.

[28] Il fondo è diretto a favorire l’accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati a decorrere dal 1° gennaio 2017, fino al compimento del terzo anno di età ovvero entro tre anni dall’adozione, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari. La platea è individuata fra i nuclei familiari che abbiano la residenza in Italia e cittadinanza italiana, oppure di uno Stato membro dell’Unione europea oppure, in caso di cittadino extracomunitario, permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Il decreto 8 giugno 2017 ha definito i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di rilascio e di operatività delle garanzie. risorse rivenienti dall’abrogazione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, delle seguenti misure: detrazioni fiscali; assegno per il nucleo familiare (ANF).

[29] Le detrazioni fiscali cui la norma fa riferimento sono riconosciute in relazione ai figli del contribuente con redditi inferiori a 2.840 euro annui (tale soglia è elevata a 4.000 euro per i figli di età inferiore a 24 anni) e che l’ammontare del beneficio è calcolato in misura inversamente proporzionale al reddito2. La detrazione base è fissata in 950 euro annui e si azzera in presenza di redditi complessivi pari o superiori a 95.000

euro. Tale importo base: a) è incrementato a 1.220 euro in caso di figli di età inferiore a 3 anni; b) è incrementato di

400 euro in caso di figlio portatore di handicap; c) è incrementata di 200 euro in presenza di più di tre figli a carico. Inoltre, in presenza di almeno quattro figli a carico è riconosciuta un’ulteriore detrazione pari a 1.200 euro annui.

[30] Va rilevato, tuttavia, che qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell’adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

[31] A tal propositivo, si ricorda che l’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001 prevede che, sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della stessa legge costituzionale n. 3/2001 si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

[32] Si rileva anche che coloro, invece, che decidono di continuare a lavorare, nel momento di maggiore bisogno, dovendo far fronte ad una serie di spese conseguenti alla nascita di un figlio, scontano una decurtazione del trattamento economico. Il divario occupazionale di genere aumenta notevolmente dopo aver avuto i figli. Le madri tendono ad essere meno presenti sul mercato del lavoro rispetto alle donne senza figli indipendentemente dal livello di istruzione e in tutti i tipi di famiglie.

[33] Questo dato va necessariamente messo in correlazione con altri: l’aumento costante dei decessi che passano dai 593.427 del 2011 ai 649.061 del 2017. Pertanto, il costante calo delle nascite ed il progressivo incremento dei decessi provoca inevitabilmente una riduzione della popolazione complessiva. Il saldo naturale della popolazione è negativo ed è tale ormai dalla metà degli anni novanta, salvo qualche piccola eccezione.

Ne consegue che, dal 2015 in poi, anche la popolazione complessiva è in costante riduzione, cosa che non accadeva addirittura dal 1952. Negli anni 2015- 2017, la popolazione complessiva si è quindi ridotta di ben 300 mila persone e il trend è destinato a continuare anche in futuro. Gli indicatori demografici rilevano che continua a diminuire la popolazione: al 1° gennaio 2020 i residenti ammontano a 60 milioni 317mila, 116mila in meno su base annua. Aumenta il divario tra nascite e decessi: per 100 persone decedute arrivano soltanto 67 bambini (dieci anni fa erano 96). Positivi ma in rallentamento i flussi migratori netti con l’estero: il saldo è di +143mila, 32mila in meno rispetto al 2018, frutto di 307mila iscrizioni e 164mila cancellazioni. Ulteriore rialzo dell’età media: 45,7 anni al 1° gennaio 2020.

[34] Fonte dati: ISTAT documenti sulla natalità e fecondità, al link: https://www.istat.it/it/archivio/fecondit%C3%A0

[35] La Spagna ad oggi è ancora tra i paesi europei con l’orario di lavoro più lungo, 40 ore a settimana, con una media di 1.691 ore all’anno. Per ogni approfondimento sul punto, si veda il documento n. 9 “Conciliazione vita lavoro: sviluppo di policy Analisi comparata internazionale – Politiche attive”, pubblicato dall’Anpal – Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, al seguente link: https://www.anpal.gov.it/documents/552016/586444/N9_conciliazioneVITALavoro_pubblicazione.pdf/cbf6b224-9298-3b72-1323-e8282058a942?t=1573817996905

Dott. Silvio Garofalo Quinzone

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