Il valore “binding” delle decisioni ABF

Redazione 05/03/19

di Ermelinda Hepaj

Sommario

1. La sentenza del Tribunale di Bologna n. 21077 del 19 dicembre 2018

2. Lo sviluppo dell’Arbitro per la risoluzione delle controversie bancarie e finanziarie

3. La decisione dell’ABF e il principio dello stare decisis

4. Alcuni spunti di riflessione

1. La sentenza del Tribunale di Bologna n. 21077 del 19 dicembre 2018

Con sentenza n. 21077 del 19 dicembre 2018 il Tribunale di Bologna ha posto una pietra miliare in materia di “depositi dormienti” come disciplinati dall’art. 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266[1].

Nel caso de quo, la sig.ra P.F. con atto di citazione del 18.02.2018 ricorreva il Tribunale di Bologna affermando di aver acquistato nel marzo 2005 n. 3.906,657 quote appartenenti al fondo “dividendi” di una SGR. Le medesime quote erano state poi collocate all’interno di un dossier collegato al conto corrente aperto presso la Banca convenuta.

La ricorrente, solo nel mese di ottobre 2017, prendeva atto che l’intermediario convenuto, avendo classificato come “dormiente” il conto in parola ne aveva devoluto il “contenuto” al Fondo di cui all’art. 1, comma 343, l. n. 266/2005, senza fornire alcuna informazione in tal senso. La sig.ra P.F. chiedeva pertanto, al Tribunale adito, di accertare che detta devoluzione di quote era avvenuta in violazione delle vigenti norme di legge e regolamento[2].

Nel costituirsi la Banca convenuta rilevava la propria carenza di legittimazione passiva, in quanto l’operazione oggetto di contestazione era stata perfezionata con la SGR, che seppur appartenete al medesimo gruppo della banca convenuta, era tuttavia rappresentata da un soggetto autonomo e distinto rispetto alla prima.

Il Tribunale felsineo, come si legge in motivazione, ha statuito quanto segue: “risulta dalla documentazione in atti che è la SGR ad avere in gestione le quote del fondo di cui la ricorrente è titolare, mentre l’odierna convenuta ha svolto attività di mero collocamento delle quote del fondo in riferimento al quale l’intermediario emittente è da individuare in altro e diverso soggetto (vedasi decisione Arbitro Bancario e Finanziario n. 1143/14)”:

I fatti in causa di cui al presente commento, che hanno visto rigettate le istanze della sig.ra P.F., si ritiene che possano non rimanere isolati nel nostro panorama giuridico.

Infatti nella categoria dei ‘depositi o conti dormienti’ rientrano non solo depositi di denaro, libretti di risparmio (bancari e postali), conti correnti bancari e postali, ma anche azioni, obbligazioni, certificati di deposito e fondi d’investimento nonché assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione.

Per anni i soldi non riscattati dai titolari dei conti o dagli eredi restavano alle banche, alimentando un vero e proprio tesoretto segreto. Dal 2007 (in base a quanto previsto dalla Legge Finanziaria 2006) le somme che costituiscono i conti dormienti confluiscono in un fondo istituito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per il risarcimento delle vittime dei crack finanziari (Cirio, bond argentini, ecc.). Nel 2010 la titolarità delle somme predette è invece passata alla CONSAP[3], Società interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che si occupa di gestire le domande di rimborso e offre assistenza ai titolari dei fondi dormienti o agli eredi in caso di depositi lasciati inattivi per almeno dieci anni[4].

Il termine di prescrizione del diritto ad ottenere la restituzione delle somme devolute al fondo gestito dalla CONSAP, non è tuttavia illimitato. Esso matura una volta decorsi 10 anni da quando le somme, precedentemente non movimentate per altri 10 anni[5], sono state trasferite al Fondo stesso, fatta eccezione per gli assegni circolari che hanno termini diversi di prescrizione[6].

Nel caso degli assegni circolari, di cui all’art. 84, secondo comma, R.D. n. 1736/1933, infatti, l’azione dei beneficiari contro la banca emittente si prescrive nel termine di tre anni dall’emissione dell’assegno stesso. Lo spirare di detto termine costituisce il dies a quo da cui decorre la prescrizione decennale del diritto del richiedente l’emissione dell’assegno circolare non riscosso alla restituzione del relativo importo[7].

Il MEF, di recente, con comunicato stampa n. 127 del 7 agosto 2018, ha ricordato che dal novembre 2018 “inizieranno a scadere i termini per l’esigibilità delle somme relative ai primi ‘conti dormienti’ affluiti al Fondo Rapporto Dormienti nel novembre 2008”. Scaduto dunque il termine per ottenere la restituzione delle prime somme affluite al fondo, i consumatori nulla potranno più fare per riavere i loro denari i quali andranno così ad incrementare il tesoretto del Ministero in definitiva.

Ebbene la pronuncia del Tribunale felsineo è rilevante, ai fini che qui interessano, non tanto per la soluzione alla questione giuridica sottostante al “caso” dei rapporti dormienti, ovvero sulle ragioni poste alla base “della devoluzione al Fondo Consap, quanto piuttosto per il percorso argomentativo seguito dal giudice di prime cure.

Il tribunale di Bologna non ha avuto esitazione nel richiamarsi espressamente alle decisioni dei Collegi dell’Arbitro Bancario Finanziario sul tema, forse perché aventi un expertise maggiore sul tema, riportando in motivazione quanto segue: “vedasi decisione arbitro Bancario e Finanziario n. 1143/14”.

La decisione cui il Tribunale si è riferito è stata presa dal Collegio giudicante di Milano.

Il Collegio milanese ha affermato il principio secondo cui la gestione delle quote di un fondo di cui il ricorrente-consumatore è titolare deve essere posta in capo alla SGR che gestisce il fondo, di contro, la banca convenuta, presso la quale è stato aperto il conto corrente seppur collegato al fondo medesimo, ha la sola funzione di collocatrice delle quote e pertanto non è configurabile in capo alla stessa alcun tipo di responsabilità[8]

Afferma infatti il giudice di prime cure che è la SGR e non “l a banca depositaria (convenuta), a redigere ai sensi del DM 116/07 la lista contenete le quote dei rapporti dormienti da devolvere al fondo istituito presso il ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 1, comma 345, L.266/2005″.

Quella dei fondi dormienti è senz’altro una questione molto dibattuta, per non dire controversa.

Come risulta per tabulas per la ricorrente erano trascorsi più di dieci anni senza che alcuna movimentazione venisse operata dalla medesima sulla gestione delle proprie quote, e ciò aveva fatto scattare l’obbligo in capo alla SGR di devolvere le somme di cui è contestazione al fondo Consap.

Sulle orme delle decisioni dei Collegi ABF, tutte uniformi nel negare la legittimazione passiva a stare in giudizio dell’intermediario – banca, si è pronunciato dunque anche il Tribunale di Bologna, il quale ha negato qualsiasi tipo di responsabilità in capo alla convenuta, la quale a giudizio del Tribunale si è limitata a svolgere una mera funzione collocatrice.

[1] Il comma 343 di cui all’art. 1 della legge n. 266/2005, prevede infatti che “Per indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito, è costituito, a decorrere dall’anno 2006, un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Il fondo è alimentato con le risorse di cui al comma 345, previo loro versamento al bilancio dello Stato”.

[2] Specificatamente, sosteneva la mancanza di valida previa comunicazione alla stessa come disposto ai sensi dell’art. 3 del Regolamento di attuazione dell’art. 1, comma 345, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 in materia di depositi dormienti.

[3] La Consap, come riportato dal proprio statuto, disponibile sul sito www.consap.it, altro non è se non una società avente “per oggetto prevalente, nella misura superiore all’ottanta per cento del fatturato, l’esercizio in regime di concessione di servizi assicurativi pubblici ivi compresi quelli indicati al comma 2 del presente articolo, nonché l’espletamento di altre attività e funzioni di interesse pubblico affidatele da Amministrazioni dello Stato – in quanto organismo di diritto pubblico/amministrazione aggiudicatrice – sulla base di disposizioni di legge, concessioni e convenzioni.”

[4] Vedi supra nota numero (1).

[5] Difatti l’art. 2946 del codice civile prevede che “salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni”. Pertanto se non è previsto un termine più breve o più lungo, come in questo caso, si applicherà quello decennale

[6] I criteri per individuare, nell’ambito del sistema finanziario, i conti definibili come dormienti sono stati dettati dal DPR 22 giugno 2007 n. 116, il quale all’art. 1, comma 1 lett. b) include nella categoria i rapporti contrattuali in relazione ai quali non sia stata effettuata alcuna operazione o movimentazione ad iniziativa del titolare del rapporto o di terzi da questo delegati, escluso l’intermediario non specificatamente delegato in forma scritta, per il periodo di tempo di 10 anni decorrenti dalla data di loro libera disponibilità.

Ad ogni modo al fine di tutelare i risparmiatori che risultano titolari di depositi che abbiano maturato i requisiti per essere considerati “dormienti” l’art. 3 del DPR n. 116/2007, prevede che al verificarsi delle condizioni di dormienza, l’intermediario invii al titolare del rapporto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata all’ultimo indirizzo comunicato o comunque conosciuto, o a terzi da lui eventualmente delegati, l’invito ad impartire disposizioni entro il termine di 180 giorni dalla data della ricezione, avvisandolo che, decorso tale termine, il rapporto verrà estinto e le somme ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al Fondo.

Nel caso di specie la ricorrente aveva ricevuto la comunicazione, trascorsi i 180 giorni senza alcun tipo di movimentazione, le sue quote erano state devolute al fondo.

[7] In questo senso cfr. Cass., sez. I, sent. n. 5889 del 10.03.2018.

[8] L’art.1768 c.c. così recita “Il depositario deve usare nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia“. In questo senso anche Cass. civ. n. 1510/2007 “Poiché l’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna, risponde di inadempimento all’obbligazione di adeguata custodia”. Questo vincolo di custodia in capo alla banca convenuta pare non essere stato considerato dal Tribunale di Bologna, il quale si è limitato a dichiarare la carenza di legittimazione passiva in capo alla Banca.

2. Lo sviluppo dell’Arbitro Bancario e Finanziario

La sentenza del Tribunale di Bologna sopra citata, ci dà l’occasione per tratteggiare l’istituto dell’Arbitro Bancario e Finanziario.

Sempre più spesso, infatti, le controversie tra banche e intermediari finanziari (da ora in avanti indicati come intermediari) e i loro clienti vengono definite dall’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), il sistema di risoluzione alternativo delle controversie presso Banca d’Italia, istituito con l’art. 29 della legge n. 262/2005 (che ha introdotto l’art. 128- bis del d.lgs. 385/1993).

Stando all’ultima Relazione di Banca d’Italia sull’attività dell’ABF[9], nel 2017 i ricorsi sono aumentati del 42%, arrivando a quota 30.644. La crescita vertiginosa dei ricorsi è dovuta in parte all’apertura, sul finire del 2016, dei nuovi collegi di Bari, Bologna, Palermo e Torino, che si sono aggiunti a quelli di Milano, Napoli e Roma.

L’Arbitro Bancario e Finanziario nasce come sistema volto a fornire una risposta alle crescenti richieste di giustizia provenienti dai clienti che, nella maggior parte dei casi consumatori, pur avendo subito un pregiudizio per un comportamento irregolare o illegittimo degli intermediari, scoraggiati dai costi e dai tempi della tutela giurisdizionale, evitano di affrontare il giudizio civile e finiscono, spesso, per rimanere privi di tutela.

Non si può negare che l’istituto dell’Arbitro Bancario e Finanziario, come si avrà modo di constatare nel prosieguo, incentivi il rispetto dei principi di trasparenza e correttezza nei rapporti tra gli intermediari e i clienti e induca questi ultimi a preferire la via della composizione stragiudiziale della controversia, certamente meno onerosa e più celere rispetto alla via giudiziale ordinaria.

Entrando nello specifico, la delibera del CICR n. 275 del 29 luglio 2008 ha stabilito i criteri per lo svolgimento delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie e ha affidato alla Banca d’Italia il compito di curarne l’organizzazione e il funzionamento.

In particolare, il cliente può presentare gratuitamente (salvo un contributo di 20 euro per le spese della procedura) ricorso all’ABF successivamente alla presentazione di formale reclamo all’intermediario al quale questi o non abbia risposto entro 30 giorni o abbia dato una risposta ritenuta non soddisfacente dal cliente.

Una volta presentato il ricorso all’ABF, l’intermediario ha 30 giorni per presentare eventualmente le proprie controdeduzioni. Scaduto il suddetto termine o dal momento della presentazione delle controdeduzioni, il Collegio, entro 60 giorni, si pronuncia sul ricorso con decisione motivata comunicata alle parti.

Certo è che un ruolo di particolare pregio viene svolto dalle varie segreterie tecniche che affiancano i diversi collegi. Le segreterie, infatti, curano la fase “istruttoria” del procedimento ABF, procedimento prettamente documentale, il quale vive delle sole allegazioni prodotte dalle parti.

E’ bene evidenziare, però, che l’istituto dell’ABF non ha nulla a che vedere con la conciliazione o la mediazione[10], in quanto il Collegio “decide” sulla controversia, mentre il conciliatore o il mediatore hanno il ruolo principale di permettere alle parti di giungere a un accordo.

Il Collegio è un terzo, imparziale e precostituito; proprio come il Giudice Ordinario. Tuttavia, è altrettanto certo che il giudizio davanti all’ABF non ha i caratteri di una cognizione processuale assimilabile a quella del giudice ordinario: la decisione emessa dall’ABF difetta, infatti, del requisito della vincolatività formale. Va da sé, però, che essendo le decisioni ABF anche uno “strumento” a disposizione di Banca di Italia per l’attività di vigilanza bancaria, la sanzione per l’intermediario decisa dal Collegio ha un importante carattere reputazionale. Ed è proprio questo carattere reputazionale che permette alle decisioni di avere una sorta di vincolatività di fatto; infatti, non sarebbe aderente alla realtà sostanziale dei fatti ritenere non vincolante la decisione dell’ABF perché priva di efficacia esecutiva ai sensi di legge[11] . È certo che l’adempimento dell’intermediario alla decisione assunta dal Collegio sia – di fatto – tutt’altro che spontaneo, posto che “gli esiti dei ricorsi sono valutati dalla Banca d’Italia per i profili di rilievo che essi possono avere per l’attività di vigilanza”.

In altri termini l’apparato di sanzioni a cui si espone l’intermediario è quindi tale da garantire la vincolatività della decisione ed il suo adempimento da parte dell’intermediario.

[9] Vedi Relazione sull’attività dell’Arbitro Bancario e Finanziario per l’anno 2017, disponibile integralmente sul sito: www.arbitrobancariofinanziario.it.

[10] Con il recente D.L. n. 132/2014 si è cercato di affrontare, forse in modo non troppo convincente agli addetti ai lavori, il “problema giustizia” ossia l’arretrato dei contenziosi prettamente civili dando maggiore lustro ai sistemi ADR.

[11] A tal proposito vedasi le disposizioni della Banca d’Italia del 18 giugno 2009, da ultimo aggiornate nel novembre 2016.

3. La decisione dell’ABF e il principio dello stare decisis

Come si è fatto cenno nel precedente paragrafo, la decisione dell’ABF[12] sul ricorso del consumatore è assunta sulla base della documentazione raccolta nell’ambito dell’istruttoria, applicando le disposizioni di legge[13] e regolamentari in materia, nonché eventuali codici di condotta ai quali l’intermediario aderisca.

Uno dei vantaggi della procedura ABF è certamente dato dalla rapidità che deve caratterizzare il procedimento, oltre che dalla economicità.

Analizzando le decisioni dell’ABF, non si può non rilevare che il lavoro svolto dai Collegi, da Milano a Palermo passando per Roma e Bologna, è sempre più improntato al principio del precedente vincolante – il c.d. stare decisis -, il quale trova le sue radici storiche nei sistemi giuridici di common law[14], ove è profondamente radicato, e si sostanzia, com’è noto, nel fatto che le decisioni giurisdizionali su un determinato punto di diritto hanno, generalmente, carattere vincolante per i giudici che si trovino, successivamente, investiti della medesima questione. Tale obbligatorietà dei precedenti non trova il suo fondamento nella legge, ma ha matrice consuetudinaria, derivando dal consolidamento della loro influenza di fatto, e risulta strettamente legata alle raccolte di decisioni giurisprudenziali di volta in volta prese dai Collegi giudicanti. Un esempio per tutti, dell’operato delle decisioni dei Collegi ABF, è dato da quanto riportato nella decisone n. 5775/2017 del collegio di Roma “A tale riguardo, nell’esercizio del proprio potere di fornire indicazioni per migliorare i rapporti fra intermediario e clientela, il Collegio ritiene corretto invitare l’intermediario a una maggiore attenzione e a una condotta più aderente alle previsioni normative, allo scopo di consentire agli utenti il tempestivo esercizio dei diritti lasciati impregiudicati dal trasferimento delle somme relative ai rapporti c.d. dormienti al fondo gestito dalla CONSAP (cfr. Collegio di Milano, decisione n. 1752/2014). Ciò posto – pur non sussistendo alcun dubbio in ordine all’inadempimento dell’intermediario – non si può fare a meno di evidenziare che parte ricorrente ha domandato a questo Collegio di voler disporre la restituzione delle somme depositate. La evidente limitazione del petitum alla restituzione degli importi, impedisce al Collegio di far entrare officiosamente nel procedimento interessi non espressamente evidenziati dalle parti (cfr. Collegio di Roma, decisione n. 7678/15). Al riguardo, nel solco dell’orientamento già consolidatosi presso questo Arbitro (cfr. Collegio Milano, decisione n. 1175/2014), questo Collegio rileva che la richiesta di restituzione deve essere inoltrata nei confronti di CONSAP S.p.A., cui è stata affidata (ex art. 1, comma 343, della legge n. 266/2005, a decorrere dal 14 giugno 2011) la gestione delle domande di rimborso di somme affluite al predetto Fondo (cfr. Collegio Napoli, decisione 30.06.2016, n. 6047). Pertanto, il ricorso non può trovare accoglimento, poiché manca in capo all’intermediario convenuto la necessaria legittimazione passiva, essendo CONSAP S.p.A. il soggetto cui rivolgere domande restitutorie, come quella odiernamente sottoposta all’attenzione di questo Collegio”.

Non ci si discosta quindi dai precedenti, anzi si fa tesoro di quest’ultimi, i quali costituiscono in maniera inequivocabile una forza binding per le pronunce successive dei diversi Collegi ed anche dei giudici ordinari, che con l’escamotage della motivazione per relationem mostrano di aver fatto tesoro di questi insegnamenti, i quali, a parere di chi scrive, potrebbero rientrare nel novero del generale riferimento ai “precedenti conformi” di cui all’art. 118 delle disp. att. c.p.c.[15]. E’ infatti prassi ormai consolidata quella dei nostri Tribunali di motivare le sentenze aventi ad oggetto materia bancaria facendo espresso rinvio ai precedenti dell’Arbitro Bancario e Finanziario[16].

[12] Circa il tema della risoluzione delle controversie tra consumatori e intermediari finanziari un ruolo preponderante è stato giocato dalla normativa europea. Tra le altre si segnalano l’incidenza della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori (c.d. direttiva sull’ADR per i consumatori) nonché il regolamento UE n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori

[13] Sul piano vedasi sez. VI, art. 3 comma 1 delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari.

[14] Per maggiori approfondimenti si veda F. Galgano, Atlante di diritto privato comparato, Zanichelli, 2011.

[15] L’art. 118 disp. att. c.p.c., dedicato alla motivazione della sentenza, ha avuto una modificazione con la riforma della legge 69/2009, e dal 4 luglio 2009 il primo comma di quella disposizione prevede che i giudici possano motivare “anche con riferimento a precedenti conformi”.

Si tratta della c.d. motivazione per relationem, ovvero della possibilità che ha il giudice di motivare una sentenza utilizzando la motivazione di un’altra sentenza. A tal proposito si veda anche Cass. 6 settembre 2016 n. 17640: “La sentenza di merito può essere motivata mediante rinvio ad altro precedente dello stesso ufficio, in quanto il riferimento ai precedenti conformi contenuto nell’art. 118 disp. att. c.p.c.non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile”.

[16] Cfr., ex multis, Trib. Bologna sent. del 19.05.2017 n. 881; Trib. Sassari sent. del 19.06.2017, n. 852; Trib. Savona sent. del 02.05.2017, n. 517.

4. Alcuni spunti di riflessione

Quello che si è cercato di rappresentare in queste brevi p>

Invero, sebbene le decisioni dell’ABF non siano legalmente vincolanti per le parti processuali[17], l’autorevolezza dell’Arbitro nonché l’uniformità delle decisioni dello stesso ha fatto sì che giorno dopo giorno le medesime non rimanessero isolate all’interno dei soli collegi arbitrali, ma che per l’appunto, come si evince dalla sentenza in commento, fossero considerate alla stregua di precedenti conformi persino dai giudici ordinari in sede di motivazione.

Ora, questa tendenza allo stare decisis delle decisioni dei vari Collegi ABF trova conferma nel ruolo del Collegio di Coordinamento, in attività dal 2012, il quale persegue una funzione “in senso lato” nomofilattica[18], occupandosi di questioni di particolare importanza o che hanno dato o possano dar luogo a orientamenti non uniformi tra i vari Collegi ABF[19].

Il Collegio di Coordinamento fornisce indirizzi interpretativi “uniformi” per mantenere, nei limiti del possibile, l’unità degli indirizzi dei Collegi, attraverso una sostanziale uniformità dei precedenti. Tale ruolo, normativamente attribuito alla Corte di cassazione in via esclusiva[20] si può dire sia stato ad oggi trasposto anche nei sistemi stragiudiziali di risoluzione delle controversie, che sempre più si fanno promotori del funzionamento dell’ingranaggio giustizia accrescendone a livello organizzativo efficienza e produttività.

Proprio in quest’ottica si rimane in attesa di vedere quelle che saranno le ricadute della consultazione pubblica[21] circa la proposta di modifica della Delibera CICR n. 275 del 29 luglio 2008 nonché delle disposizioni della Banca d’Italia sul funzionamento dell’arbitro bancario e finanziario, le quali prevedono, tra le altre, una istituzionalizzazione della Conferenza dei Collegi quale “sede di raccordo informativo” che sembra far presagire un ulteriore passo verso la tendenza “all’uniformità” delle decisioni assunte dai Collegi.

[17] Infatti, come espressamente disposto dall’art. 6, commi 7 e 8 della delibera CICR n. 275 del 29 luglio 2008 intermediario e consumatore hanno sempre la facoltà di ricorrere al Giudice e l’ABF non ha il potere di costringere l’intermediario ad eseguire la decisione ma, nel caso in cui l’intermediario non dovesse adempiere, si darà luogo all’applicazione di una sanzione reputazionale consistente nella pubblicazione su più strumenti di comunicazione della notizia del mancato adempimento. Per approfondimenti legati alla vincolatività delle decisioni arbitrali nei confronti degli intermediari nonché del sistema sanzionatorio e di vigilanza messo in piedi dalla banca d’Italia cfr. G. Finocchiaro, L’Arbitro Bancario Finanziario tra funzioni di tutela e di vigilanza, Giuffrè 2012, 355 e ss.

[18] Così si esprime Collegio ABF di Napoli con il provvedimento del 6 luglio 2010, commentata su www.judicium.it da M. Maione in “Profili ricostruttivi di una (eventuale) legittimazione a quo dei Collegi dell’Arbitro bancario Finanziario”.

[19] Cfr. art. 8 del Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ABF.

[20] Si veda infatti quanto disposto dal l’art. 65 della legge sull’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941 n. 12), il quale riconduce in capo alla Corte di Cassazione il compito di “garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale” che

[21] Cfr. documento per la consultazione dicembre 2018 consultabile sul sito http://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/consultazioni/2018/modif-disp-abf/index.html

Redazione

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