di Mirco Minardi
Indice
1. Introduzione
2. La notifica telematica del ricorso per cassazione e il suo deposito
3. L’autentica della notifica e della comunicazione telematica del provvedimento impugnato
4. L’autentica del provvedimento impugnato
1. Introduzione
Come noto, in Cassazione non è ancora attivo il processo civile telematico, se non con riferimento alle comunicazioni e alle notificazioni di cancelleria[1]; di conseguenza, il deposito del ricorso, del controricorso e delle memorie autorizzate ex artt. 378, 380-bis, 380-bis.1, avviene esclusivamente in forma cartacea (o “analogica”, come si usa dire sempre più spesso). Ciò, però, non significa che la forma telematica degli atti non abbia rilevanza nel giudizio di legittimità, visto che:
(a) il provvedimento impugnato viene sempre più spesso notificato per mezzo della posta elettronica certificata (breviter p.e.c.);
(b) il ricorso e il controricorso sovente si notificano tramite p.e.c.;
(c) la copia del provvedimento impugnato, da depositare previa autentica nella cancelleria della S.C. exart. 369, n. 2, c.p.c., può essere estratta direttamente dal fascicolo informatico.
Si tratta allora di capire come si innesta la natura telematica di alcuni atti processuali nel giudizio civile di cassazione, tenuto conto della mancata attivazione del p.c.t.
A tal proposito, l’art. 9, comma 1-bis della legge n. 53/1994[2], recante la disciplina delle notifiche in proprio dell’avvocato, stabilisce testualmente che «Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82».
Il successivo comma 1-ter[3] aggiunge che «In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis».
In pratica, i suddetti documenti informatici vanno stampati e dichiarati conformi ai rispettivi documenti informatici.
Va poi tenuto conto dell’art. 16-bis, comma 9-bis, del d.l. n. 179/2012[4], ai sensi del quale «Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché’ dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell’attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all’originale. Il duplicato informatico di un documento informatico deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all’ordine del giudice».
Da questo quadro normativo emerge che il potere di autentica delle notifiche ricevute ed effettuate e degli atti estratti dal fascicolo informatico è previsto e disciplinato dalla legge, pertanto nel giudizio di cassazione:
(a) il messaggio p.e.c. con cui è stato notificato il ricorso o il controricorso va depositato, unitamente alle ricevute di accettazione, di consegna e agli allegati, in copia autentica, exart. 9, comma 1-bis, l. 53/1994;
(b) il messaggio p.e.c. con cui è stato notificato o comunicato il provvedimento impugnato va autenticato, atteso che, ai sensi dell’art. 369 n. 2) c.p.c., il ricorrente ha l’onere di depositare la «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta»;
(c) il provvedimento impugnato può essere depositato previa estrazione dal fascicolo informatico, purché autenticato dal difensore, sempre ai sensi dell’art. 369 n. 2) c.p.c.
Esaminiamo, dunque, partitamente le tre ipotesi.
[1] Cfr. d.m. Giustizia, 19 gennaio 2016, emesso ai sensi dell’articolo 16, comma 10, del d.l. n. 179 del 2012.
[2] Comma aggiunto dall’articolo 16-quater, comma 1, lettera i), del D.L. 18 ottobre 2012, n.179, come introdotto dall’articolo 1, comma 19, punto 2), della Legge 24 dicembre 2012, n. 228.
[3] Comma aggiunto dall’articolo 46, comma 1, lettera c-bis) del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114.
[4] Comma aggiunto dall’articolo 52, comma 1, lettera a) del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114 e, successivamente, modificato dall’articolo 19, comma 1, lettera a), numero 2), punti 2.1) e 2.2) del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132.
2. La notifica telematica del ricorso per cassazione e il suo deposito
Per lo meno dal 15 maggio 2014[5] non è in discussione la possibilità per il difensore di notificare il ricorso per cassazione avvalendosi della p.e.c. Tuttavia, non potendo depositare i file della notifica telematicamente, all’atto della iscrizione a ruolo il difensore dovrà stampare il messaggio p.e.c., le ricevute di accettazione e consegna e, infine, gli allegati, solitamente composti dal ricorso (che può essere sottoscritto alternativamente in formato PADES o CADES[6]), dalla procura speciale alle liti e dalla relata di notificazione, ai sensi del già visto art. 9, comma 1-bis l. n. 53/1994.
Purtroppo, l’omessa autentica del messaggio p.e.c., delle ricevute e degli allegati ha originato una p>Il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, con attestazione di conformità priva di sottoscrizione autografa del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994, ne comporta l’improcedibilità rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 369 c.p.c., a nulla rilevando la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall’ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso»[7].
Sulla questione, però, sono intervenute le SS.UU. le quali, con la sentenza Cass. Civ. Sez. Un. del 24/09/2018, n. 22438, hanno preso le distanze dal più severo e formalista orientamento, affermando i seguenti principi di “massima importanza” (pronunciati, cioè exart. 363 c.p.c., stante l’avvenuta transazione tra le parti e dunque la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso):
– «Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, l. n. 53 del 1994, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ai sensi dell’art. 369, c.p.c., sia nel caso in cui il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica di detto ricorso autenticata dal proprio difensore, sia in quello in cui, ai sensi dell’art. 23, comma 2, d.lgs. n. 82 del 2005, non ne abbia disconosciuto la conformità all’originale notificatogli».
– «Anche ai fini della tempestività della notificazione del ricorso in originale telematico sarà onere del controricorrente disconoscere la conformità agli originali dei messaggi di PEC e della relata di notificazione depositati in copia analogica non autenticata dal ricorrente».
– «Ove, poi, il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato, il ricorrente potrà depositare, ai sensi dell’art. 372, c.p.c. (e senza necessità di notificazione ai sensi del secondo comma della medesima disposizione), l’asseverazione di conformità all’originale (ex art. 9, l. n. 53 del 1994) della copia analogica depositata sino all’udienza di discussione (art. 379, c.p.c.) o all’adunanza in camera di consiglio (art. 380-bis, 380-bis1 e 380-ter, c.p.c.). In difetto, il ricorso sarà dichiarato improcedibile».
– «Nel caso in cui il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale depositi il controricorso e disconosca la conformità all’originale della copia analogica informe del ricorso depositata, sarà onere del ricorrente, nei termini anzidetti (sino all’udienza pubblica o all’adunanza di camera di consiglio), depositare l’asseverazione di legge circa la conformità della copia analogica, tempestivamente depositata, all’originale notificato. In difetto, il ricorso sarà dichiarato improcedibile».
– «Nell’ipotesi in cui vi siano più destinatari della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale e non tutti depositino controricorso, il ricorrente – posto che il comportamento concludente ex art. 23, comma 2, codice amministrazione digitale (c.a.d.), impegna solo la parte che lo pone in essere – sarà onerato di depositare, nei termini sopra precisati, l’asseverazione di cui all’art. 9, l. n. 53 del 1994. In difetto, il ricorso sarà dichiarato improcedibile».
Le Sezioni Unite sono pervenute a queste conclusioni valorizzando i principi del giusto processo (art. 111 Cost.), del diritto di azione (art. 24 Cost.), della strumentalità delle forme, dell’incompatibilità dei “vuoti formalismi” con i valori anche di matrice europea (art. 47 della Carta di Nizza; art. 19 del Trattato sull’Unione Europea; art. 6 CEDU), nonché applicando le norme del C.A.D (art. 23, comma 2).
In buona sostanza, ad una pronuncia di improcedibilità si potrà pervenire solo allorquando entro l’udienza di discussione o dell’adunanza in camera di consiglio manchi l’attestazione di conformità e si sia in presenza di contestazione ovvero di mancata “costituzione” di una parte intimata.
[5] Sulla questione si veda Reale M., Commento a ordinanza Corte di Cassazione n. 14368/2015: nulla la notifica in proprio via pec effettuata prima del 15 maggio 2014, http://maurizioreale.it/archives/121.
[6] In tal senso, v. Cass. Civ., SS.UU., sent. del 27/04/2018 n. 10266.
[7] Cass. Civ. ordinanza n. 30918 del 22 dicembre 2017.
3. L’autentica della notifica e della comunicazione telematica del provvedimento impugnato
Come sopra visto, il ricorrente ha l’onere di depositare anche la copia autentica del provvedimento notificatogli dalle altri parti o comunicatogli dalla cancelleria (in questo secondo caso, qualora il termine breve decorra dalla semplice comunicazione).
Con rifermento alla notifica/comunicazione telematica del provvedimento impugnato, il primo problema che può sorgere è quello della autentica del messaggio p.e.c. ricevuto e dei relativi allegati (solitamente la sentenza di secondo grado e la relata di notifica) qualora il destinatario della notifica sia un difensore diverso rispetto a quello cui sia stato conferito l’incarico di proporre ricorso per cassazione. In questa ipotesi, non vi possono essere dubbi sul fatto che autore della autentica debba necessariamente essere il destinatario della notifica, in quanto solo lui può attestare la conformità tra quanto trasmessogli telematicamente e quanto convertito in documenti analogici tramite la stampa.
In proposito, la S.C. ha stabilito un vero e proprio obbligo deontologico e professionale da parte del difensore destinatario della notifica, il quale è tenuto a consegnare prontamente al proprio cliente, ovvero all’avvocato subentrante per il giudizio di impugnazione, la stampa di quanto ricevuto telematicamente. Si riportano, a tal fine, le testuali parole della S.C. rese nell’ordinanza Cass. Civ. n. 21406/2018: «1.7. Va pure evidenziato che la necessità di documentare la notificazione della sentenza impugnata per cassazione con le modalità anzidette non soffre poi deroga nel caso (costituente l’elemento di peculiarità della fattispecie in esame) in cui il patrocinio della ricorrente in sede di legittimità sia espletato da un avvocato diverso da quello destinatario della notifica telematica della pronuncia, siccome difensore costituito o anche soltanto domiciliatario della parte nel pregresso grado di giudizio. In siffatta ipotesi, grava sul difensore costituito o domiciliatario, ancorché sia stato revocato o abbia rinunciato al mandato, l’obbligo non soltanto di informare la parte già rappresentata dell’avvenuta notificazione della sentenza ma altresì di compiere, in maniera tempestiva, le descritte attività (estrazione di copie analogiche del messaggio a mezzo PEC e della relazione di notifica ad esso allegata ed attestazione cartacea di conformità con sottoscrizione autografa) e consegnare i relativi documenti al nuovo difensore ovvero (qualora non edotto della nuova nomina) alla parte stessa. Si tratta, a ben vedere, di un differente atteggiarsi del medesimo obbligo del difensore destinatario della notificazione della sentenza in forme tradizionali, tenuto a consegnare, in maniera completa ed utile per l’esplicarsi della successiva – eventuale – attività processuale, gli atti e documenti afferenti il mandato; in entrambe le eventualità della notifica, una declinazione concreta, adeguata alle specificità della vicenda, del più generale dovere di diligenza professionale che l’avvocato, sotto pena della relativa responsabilità, deve serbare nei confronti del proprio cliente, anche se per qualsivoglia ragione sia cessato il mandato (v. Cass. Civ. 12/10/2009, n. 21589 e Cass. Civ., ord. inter., 20/12/2017, n. 30622)”.
Un problema non da poco (seppure per fortuna di rara frequenza) riguarda i casi in cui detto difensore sia impossibilitato a consegnare la stampa autenticata della notifica poiché attinto da provvedimenti disciplinari di sospensione o radiazione, ovvero perché impossibilitato di fatto (ad es. per perdita dei dati informatici, per grave malattia o per decesso). In tal caso, dovendo il ricorrente depositare necessariamente la copia autentica della notifica, l’unica possibilità di evitare una pronuncia di improcedibilità è quella di notificare il ricorso entro il termine di sessanta giorni (o nel minor tempo previsto dalle ipotesi speciali) dalla pubblicazione della decisione. Infatti, la prova della data della notifica non è necessaria allorquando sia impossibile per il ricorrente, tenuto conto della data di pubblicazione del provvedimento, essere incorso in decadenza per tardività (c.d. prova di resistenza[8]).
Prima dell’intervento delle S.U., avvenuto con la recente sentenza Cass. Civ., Sez. Un. n. 8312/2019, il semplice deposito di una copia semplice del messaggio p.e.c. e degli allegati, determinava l’improcedibilità del ricorso. Il massimo Consesso ha invece mitigato il primitivo e più draconiamo orientamento, ribadendo quanto già predicato con la precedente decisione del 2018, affermando pertanto che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia del provvedimento impugnato, della relata della notificazione telematica della decisione impugnata e del corrispondente messaggio p.e.c. con annesse ricevute, senza attestazione di conformità del difensore ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa non determina l’improcedibilità qualora:
(a) nessun controricorrente abbia disconosciuto l’autenticità;
(b) in caso di disconoscimento, ovvero in caso di mancata “costituzione” di una parte intimata, l’asseverazione sia intervenuta prima dell’udienza di discussione o dell’adunanza in camera di consiglio.
Anche in questo caso, le Sezioni Unite sono giunte a questa conclusione ribadendo i principi del giusto processo (art. 111 Cost.), del diritto di azione (art. 24 Cost.) della strumentalità delle forme, dell’incompatibilità dei vuoti formalismi con i valori anche di matrice europea (art. 47 della Carta di Nizza; art. 19 del Trattato sull’Unione Europea; art. 6 CEDU), nonché applicando le norme del C.A.D (art. 23, comma 2).
Oggi, pertanto, la produzione di una copia non autentica del provvedimento notificato telematicamente non rileva ai fini della procedibilità qualora tutte le parti intimate si siano “costituite” e non abbiano contestato l’autenticità, ovvero abbiano assolto essi stessi all’onere del deposito. Al contrario, in caso di contestazione o di mancata “costituzione” di almeno una parte, il ricorrente avrà l’onere di depositare le attestazioni prima che si svolga la pubblica udienza ovvero dell’adunanza in camera di consiglio.
[8] Tra le tante e più recenti, v. Cass. Civ., sez. VI, 16/05/2019, n.13282: «La mancata produzione della relata di notificazione costituisce motivo di improcedibilità, a meno che risulti dal ricorso “che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, secondo comma, cod. proc. civ.” (Cass., Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013, Rv. 628539-01; analogamente, Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 18645 del 22/09/2015, Rv. 636810- 01)».
4. L’autentica del provvedimento impugnato
Sempre ai sensi dell’art. 369 c.p.c. n. 2, il difensore del ricorrente ha l’onere di depositare entro venti giorni dalla notifica del ricorso anche la copia autentica del provvedimento impugnato. Se vuole potrà avvalersi del potere di estrarre la copia analogica del provvedimento impugnato dal fascicolo informatico che dovrà autenticare prima del deposito.
L’autentica del provvedimento può essere eseguita dal difensore del giudizio a quo fino a quando non sia stata rilasciata la procura per il giudizio di cassazione ad altro difensore. Difatti, a partire da questo momento solo quest’ultimo ha il potere di autenticare il provvedimento, non importa se emesso in un giudizio (ad es. l’appello) in cui non era ancora il rappresentante della parte (Cass. Civ., sez. III, 29/11/2018, n. 30846).
Dopo l’intervento delle S.U. avvenuto con la sentenza n. 8132/2019, sopra richiamata, non è in dubbio che la mancanza di autentica non spiega effetti sulla procedibilità del ricorso allorquando, ancora una volta, nessun controricorrente abbia sollevato la questione disconoscendo la conformità del provvedimento, oppure nei casi in cui, in presenza di contestazione o di mancata “costituzione” di almeno una parte intimata, il ricorrente abbia depositato le attestazioni entro la pubblica udienza oppure prima dello svolgimento dell’adunanza in camera di consiglio.
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