Sull’esecutività dell’ordinanza di assegnazione del credito nell’espropriazione presso terzi la giurisprudenza interviene a tutela del debitor debitoris

Redazione 13/03/20
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di Concetta Marino

Sommario

1. L’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione

2. La prospettiva sistematica suggerita dalla Cassazione a tutela del terzo perseguito in via esecutiva dal creditore assegnatario

3. La S.C. interviene ancora a chiarimento di quanto già affermato sugli adempimenti preliminari all’avvio dell’esecuzione forzata contro il terzo debitor debitoris

4. Qualche dubbio sul principio di diritto formulato dalla Cassazione

5. Prospettive di riforma

6. Quale il rimedio concesso al debitor debitoris per sottrarsi alle spese dell’esecuzione?

1. L’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione

L’ordinanza di assegnazione del credito, resa dal giudice dell’esecuzione, segna la conclusione del procedimento di pignoramento presso terzi ed è pronunciata quando il terzo non renda affatto la dichiarazione, dovendo intendersi il suo silenzio alla stregua di una non contestazione del credito, ovvero quando sulla dichiarazione non dovesse sorgere contestazione o, in caso di contestazione, quando il giudice dell’esecuzione verifichi l’esistenza del credito, in esito all’incidente cognitivo promosso a tal fine in seno al processo espropriativo.

L’assegnazione opera una sostituzione del creditore procedente, ormai assegnatario, al debitore espropriato, che non è più titolare del credito oggetto del pignoramento. L’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione, che in passato aveva diviso la dottrina[1], inducendo la giurisprudenza ad attribuirle tale efficacia per ragioni di opportunità pratica[2], oggi non è più in dubbio grazie alle modifiche apportate a questa forma espropriativa dalle leggi n. 228 del 2012; n. 162 del 2014 e n. 132 del 2015.

Questo è quanto si ricava dal 1° comma dell’art. 548 c.p.c., in cui si fa esplicito riferimento ad un’esecuzione forzata fondata sul provvedimento di assegnazione, laddove si puntualizza che la mancata dichiarazione del terzo rende il credito pignorato come non contestato anche ai fini “dell’esecuzione fondata sull’ordinanza di assegnazione”[3] e dall’art. 549 c.p.c., che utilizza un’analoga espressione riferendola però all’ordinanza resa in esito ad un giudizio “accertativo” del credito, oggi rimesso alla competenza del giudice dell’esecuzione, da compiersi unicamente nelle ipotesi in cui dovesse sorgere contestazione sulla dichiarazione resa dal terzo oppure qualora il silenzio del terzo non consenta l’esatta identificazione del credito, da intendersi come non contestato ai fini del procedimento in corso[4]. Pertanto, l’instaurazione dell’incidente esecutivo finalizzato alla verifica giudiziale del credito darà luogo, in caso di esito positivo, ad un’ordinanza cui è attribuita efficacia endoesecutiva[5], escludendosi così la sua attitudine ad acquisire valore di giudicato, ed al contempo efficacia extraprocessuale, laddove appare idonea a fondare l’esecuzione nei confronti del debitore assegnato. L’ordinanza, per esplicita previsione di legge, è impugnabile nelle forme e nei termini dell’art. 617 c.p.c.

Anche nel caso in cui il terzo non rendesse affatto la dichiarazione, l’epilogo del processo espropriativo è segnato dall’ordinanza di assegnazione che, a mente dell’art. 548, comma 3 c.p.c., è sempre impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c.[6]

L’ordinanza di assegnazione è dunque un titolo esecutivo di cui potrebbe avvalersi il creditore procedente ed assegnatario nei confronti del terzo debitor debitoris che non adempia spontaneamente[7]. Evenienza questa piuttosto remota, considerato che il terzo sarà indotto ad onorare il debito, ma possibile, al ricorrere della quale il creditore assegnatario potrà avviare nei suoi confronti una nuova procedura espropriativa, senza dover ricorrere ad un processo di cognizione finalizzato unicamente all’acquisizione di un titolo esecutivo nei confronti del terzo, così come accadeva anteriormente alle recenti riforme che hanno interessato l’espropriazione presso terzi[8]. Sono dunque ragioni eminentemente pratiche quelle che hanno indotto prima i giudici di legittimità[9] ed oggi il legislatore ad attribuire efficacia esecutiva all’ordinanza di assegnazione.

Dunque quale che sia la condotta tenuta dal terzo, sia essa collaborativa o omissiva[10], e quale che sia l’evoluzione del processo espropriativo che condurrà al provvedimento di assegnazione, questo, dopo la sua stabilizzazione[11], avrà valenza esecutiva nei confronti del terzo, nonostante il silenzio serbato al riguardo dall’art. 553 c.p.c., che nel primo comma si limita a disporre che le somme di cui il terzo si è dichiarato o è dichiarato debitore, se esigibili immediatamente o in un termine non superiore a novanta giorni, sono assegnate dal giudice dell’esecuzione, salvo esazione, ai creditori concorrenti.

Per effetto dell’ordinanza di assegnazione il credito si trasferisce in capo al creditore pignorante, il cui diritto si estingue solo dopo l’effettivo pagamento da parte del terzo-debitore ceduto, che avrà una duplice valenza satisfattiva, del credito vantato dal creditore procedente nei confronti del debitore esecutato e di quello da questi vantato nei confronti del terzo. Dunque, perché si realizzi l’effetto satisfattivo non basta la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione, ma occorre che il credito assegnato venga pagato, fino a questo momento l’assegnatario rimane creditore nei confronti del terzo ceduto per la somma assegnata, corrispondente a quanto questi avrebbe dovuto versare al debitore esecutato, suo originario creditore, nei limiti posti dall’art. 546, comma 1 c.p.c.

Nel nuovo processo espropriativo che potrà essere avviato contro il terzo debitore ceduto in caso di sua inerzia, questi potrà esperire a sua difesa gli “ordinari” rimedi oppositivi, dunque anche l’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.[12].

Riconoscere valenza di titolo esecutivo all’ordinanza resa ai sensi dell’art. 553 c.p.c. anche a fronte del silenzio del terzo, nel sistema attuale in cui l’assegnazione del credito, in tale ipotesi, non impone più un previo giudizio accertativo con vocazione al giudicato, ha senz’altro semplificato l’iter per il soddisfacimento del credito del creditore procedente, a tutto discapito della posizione del terzo. Ed è proprio questo aspetto ad aver destato le maggiori perplessità della dottrina, che ha evidenziato la singolarità di un procedimento nel quale il terzo non è parte, ma che può concludersi con un provvedimento che abbia valenza di titolo esecutivo nei suoi confronti[13].

[1] Tra i sostenitori dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione ancor prima delle recenti riforme, Vaccarella, voce Espropriazione presso terzi, in Dig. Disc. Priv., VIII, Torino, 1992, 107; Bonsignori, Assegnazione forzata e distribuzione del ricavato, Milano, 1962, 127; Arieta-De Santis, L’esecuzione forzata, in Montesano-Arieta, Trattato di diritto processuale civile, III, 2, Padova, 2007, 979. Tra i sostenitori della tesi contraria: Colesanti, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, Milano, 1967, I, 190 e 428 ss.; Monteleone, Manuale di diritto processuale civile, II, Padova, 2012, 207; Cordopatri, Posizione e tutela del debitor debitoris nel processo di espropriazione, in Riv. dir. proc., 1976, 833 e ss. Per le numerose indagini dottrinali compiute sul tema, Tota, Individuazione e accertamento del credito nell’espropriazione forzata presso terzi, Napoli, 2014, spec. 68 ss.

[2] È principio pacifico, e costantemente enunciato in sede di legittimità, che l’ordinanza di assegnazione costituisca titolo esecutivo nei confronti del terzo pignorato. In tal senso, tra le tante, Cass., 3 giugno 2015, n. 11493; 20 novembre 2012, n. 20310; 18 settembre 2007, n. 19363; 18 marzo 2003, n. 3976.

[3] Non è mancato in dottrina chi ha ritenuto che il mancato riferimento della norma ad un’esecuzione “direttamente fondata” sul provvedimento di assegnazione, potrebbe far pensare ad “un’esecuzione soltanto indirettamente fondata su detto provvedimento”, che costituirebbe dunque una delle componenti di un titolo esecutivo che si perfezionerebbe con una distinta sentenza di condanna, che il creditore potrebbe ottenere invocando l’ordinanza stessa come titolo delle proprie ragioni sostanziali contro il terzo, ormai suo debitore diretto. Così Montanari, Sui limiti di revocabilità del riconoscimento (effettivo o presunto) del credito pignorato nel nuovo sistema dell’espropriazione presso terzi, in Il processo esecutivo. Liber amicorum Romano Vaccarella, a cura di Capponi-Sassani-Storto-Tiscini, Torino, 2014, 582, spec. nota 17.

[4] Si tratta della modifica apportata dal d.l. n. 83 del 2015 convertito in l. n. 132 del 2015 che ha inteso così risolvere il problema dell’identificazione del credito o del bene del debitore nella disponibilità di un terzo, quando la loro individuazione nell’atto di pignoramento fosse solo generica. Per Luiso, Diritto processuale civile. Il processo esecutivo, vol. III, Milano, 2019, 94, tale identificazione è indispensabile per i beni mobili e non per i crediti, per i quali non è necessario accertare il titolo che “è irrilevante ai fini del pagamento che il terzo debitore deve fare al creditore assegnatario”, né “l’entità, perché questa è parametrata al credito per cui si procede” aumentato della metà.

[5] In tal senso, già anteriormente alla riforma che ha condotto l’incidente cognitivo all’interno del processo esecutivo, Cass. 13 aprile 2012, n. 5895.

[6] Per Luiso, op. cit., 91, il terzo comma dell’art. 548 c.p.c., che riconosce al terzo il potere di impugnare con opposizione agli atti esecutivi l’ordinanza di assegnazione “se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore”, deve essere inteso riferendo la particella “ne” non all’ordinanza di assegnazione, bensì a quella con la quale il giudice, mancando la dichiarazione del terzo, fissa un’udienza per la sua comparizione, non essendo razionale, secondo l’autorevole Studioso, che possa essere impugnata “l’ordinanza di assegnazione…se di essa il terzo non ha avuto conoscenza!”.

[7] In forza del provvedimento di assegnazione il terzo diviene debitore diretto del creditore assegnatario, realizzandosi una sostituzione dal lato attivo nel rapporto obbligatorio, dunque un fenomeno di cessione del credito, sulla falsariga di quella disciplinata dall’art. 1264 c.c., con carattere pro solvendo. Che è quanto sostenuto da Vaccarella, op. cit., 104. In tal senso Cass. 27 luglio 2017, n. 18719.

[8] Anteriormente al 2012, il giudizio accertativo del credito, che si svolgeva secondo le forme ordinarie del processo di cognizione e si concludeva con sentenza vocata al giudicato, sarebbe stato necessario anche qualora il terzo non fosse comparso in udienza o pur comparendo si fosse rifiutato di rendere la dichiarazione. Durante lo svolgimento di questo autonomo giudizio, e fino al suo epilogo, il processo esecutivo rimaneva sospeso, con una sua inevitabile maggiore durata.

[9] V. supra nota 2.

[10] In questo caso occorrerà una duplice omissione del terzo, il quale non abbia reso la propria dichiarazione a mezzo lettera raccomandata o PEC, né abbia preso parte all’udienza fissata nell’atto di pignoramento o pur partecipando abbia mantenuto il silenzio.

[11] Ricordiamo che l’ordinanza di assegnazione si “stabilizza” dopo che sia decorso il termine per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi, il cui dies a quo è da computare dal giorno in cui l’ordinanza è stata resa in udienza alla presenta del terzo pignorato ovvero dal giorno in cui il terzo ne abbia avuto legale conoscenza. In tal senso Cass. 26 maggio 2014, n. 11642, in Riv. esecuz. forz., 2014, 641.

[12] Tale rimedio oppositivo non sarebbe ammissibile qualora il terzo intendesse dedurre mediante l’opposizione all’esecuzione i medesimi vizi dell’ordinanza di assegnazione che aveva già fatto valere con opposizione agli atti esecutivi definitivamente respinta. Così Cass. 20 novembre 2012, n. 20310, in Riv. esecuz. forz., 2013, 200 ed ivi, 382, con nota di Bonafine, L’ordinanza di assegnazione di crediti ex art. 553 c.p.c.: natura e possibili rimedi. Insomma se al terzo non è consentito rimettere in discussione, fuori dal processo esecutivo in cui è stata resa l’ordinanza di assegnazione l’iter processuale che ha condotto a tale ordinanza, se non con l’opposizione agli atti esecutivi, qualora invece intenda contestare la stessa esistenza o l’ammontare del credito ceduto per effetto dell’ordinanza di assegnazione potrà farlo con i mezzi idonei, tra cui, anzitutto, l’opposizione all’esecuzione da proporre per contrastare l’esecuzione minacciata o avviata nei suoi confronti dal creditore cessionario, escludendo così alcuna efficacia preclusiva all’ordinanza di assegnazione. In tal senso Capponi, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, 2016, 221; Monteleone, Semplificazioni e complicazioni nell’espropriazione presso terzi, in Il processo esecutivo. Liber amicorum, cit., 602; Briguglio, p>, in Riv. esecuz. forz., 2013, 31, il quale però ritiene che il terzo che abbia perso l’occasione di far valere le proprie ragioni nel procedimento espropriativo che ha condotto all’ordinanza di assegnazione, subirebbe, nel contestarla in sede di opposizione all’esecuzione, un’inversione dell’onere della prova a vantaggio del creditore cessionario. Per una distinzione dei rimedi esperibili avverso l’ordinanza di assegnazione a seconda che rimanga atto interno dell’esecuzione ovvero atto reso in esito ad un’indagine sommaria rimessa al giudice che la rende, Tiscini, Considerazioni intorno a natura, effetti e regime dell’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 553 c.p.c ., in Riv. esecuz. forz., 2012, 25 e ss. Per Bove, La nuova disciplina in materia di espropriazione del credito, in N.L.C.C., 2015, 17, quale che sia il modo in cui si sia avuta la specificazione del credito, “in ogni caso l’assegnato non subirà alcuna preclusione in ordine alla sua successiva possibilità di contestare la sussistenza del suo debito”. Nello stesso senso Luiso, op. cit., 91. Per il Trib. di Busto Arsizio, 1 marzo 2018 l’opposizione all’esecuzione servirebbe soltanto a far valere fatti estintivi o modificativi della pretesa del creditore assegnatario sopravvenuti alla pronuncia dell’ordinanza. Per una rassegna giurisprudenziale ragionata sul tema della stabilità dell’ordinanza di assegnazione, Finocchiaro, La stabilità dell’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, in Riv. esecuz. forz., 2019, 156 e ss.

[13] Senza alcuna pretesa di completezza, in tal senso: Colesanti, op. cit., 1255 e ss.; Saletti, Le novità dell’espropriazione presso terzi, in Riv. esecuz. forz., 2013, 12 e ss.; Storto, Riforma natalizia del pignoramento presso terzi: le instabili conseguenze dell’”stabilità”, ibidem, 34 e ss.; Olivieri, Modifiche legislative all’espropriazione presso terzi, in Libro dell’anno di diritto Treccani, Roma, 2014, 367; Carratta, Riforma del pignoramento preso terzi e accertamento dell’obbligo del terzo, in Giur. it., 2014, 1029.

2. La prospettiva sistematica suggerita dalla Cassazione a tutela del terzo perseguito in via esecutiva dal creditore assegnatario

Proprio al fine di tutelare il terzo coinvolto in un procedimento al quale è estraneo, essendo diretto contro il suo creditore, a fronte di una disciplina normativa poco accorta se non a favorire la ragionevole durata dei processi esecutivi, interviene la Corte di cassazione per affermare che, pur non dubitandosi dell’attitudine dell’ordinanza di assegnazione a perseguire il terzo inadempiente, rimane incerta la questione circa l’equiparabilità dell’ordinanza di assegnazione ai titoli esecutivi di formazione giudiziale con riferimento agli adempimenti prodromici all’avvio dell’esecuzione. Su tale questione il Supremo Collegio si pronuncia per la prima volta con la sentenza n. 9390 del 2016[14] per affermare che, in deroga alla regola posta dall’u.c. dell’art. 479 c.p.c., in questo caso il creditore assegnatario dovrà procedere alla notificazione disgiunta del titolo esecutivo (ordinanza di assegnazione) e dell’atto di precetto[15].

A tal fine, posto che l’avvio dell’esecuzione presuppone la conoscenza del titolo esecutivo da parte del debitore esecutando, sì da rendere consapevole il suo eventuale inadempimento, la S.C. ritiene che, nei casi in cui l’ordinanza di assegnazione sia stata resa dopo la spontanea dichiarazione del terzo, essa potrà ritenersi a questo nota soltanto dopo che gli sia stata comunicata o notificata. Diversamente, nel caso in cui l’ordinanza di assegnazione fosse stata resa in esito al giudizio di accertamento del credito di cui sia stato parte lo stesso terzo la cui dichiarazione è stata contestata, questi dovrebbe già considerarsi edotto dell’emanazione dell’ordinanza in oggetto, alla stregua di quanto accade nei titoli esecutivi di formazione giudiziale dai quali però, ad avviso della S.C. l’ordinanza di assegnazione va sempre distinta. Distinzione dalla quale si fa derivare l’esclusione dell’applicabilità della regola sancita dall’art. 479 u.c. c.p.c., che consente la contestuale notificazione degli atti prodromici al processo esecutivo, nel presupposto che il titolo si sia formato in un processo in cui il debitore abbia partecipato come parte, sì da conoscere già il titolo al quale, se vuole, potrà dare spontanea esecuzione. Insomma, la S.C., a dispetto delle apparenze, non sembra tollerare alcuna distinzione, neanche quando si sia reso necessario il giudizio di accertamento del credito oggetto del pignoramento, in cui il terzo è chiamato a partecipare in qualità di litisconsorte necessario. Con la conseguenza che l’ordinanza di assegnazione in nessun caso potrebbe avere una “diretta” valenza esecutiva nei confronti del terzo.

Posta questa premessa, per i giudici di legittimità, quale che sia la circostanza che ha portato all’emanazione dell’ordinanza di assegnazione, il terzo debitor debitoris potrà essere considerato inadempiente, solo dopo che siano decorsi almeno dieci giorni dall’avvenuta conoscenza dell’ordinanza. Termine desunto da un’applicazione analogica dell’art. 477 c.p.c., che impedisce la contestuale notificazione del t.e. e del precetto, imponendo un intervallo temporale di dieci giorni tra le due notificazioni, quando l’esecuzione forzata debba essere iniziata nei confronti degli eredi del debitore defunto, considerata la loro estraneità al processo nel quale il titolo si è formato.

Per questa ragione la S.C. giunge ad affermare che se il terzo pignorato non abbia ricevuto la previa notificazione dell’ordinanza di assegnazione, sì da beneficiare di un termine dilatorio per l’adempimento, il creditore assegnatario non potrà procedere alla notificazione congiunta del titolo esecutivo e dell’atto di precetto, perché, diversamente, si configurerebbe un abuso del processo esecutivo che basterebbe ad escludere l’applicazione dell’art. 95 c.p.c., con la conseguenza che le spese sostenute per il precetto resterebbero a carico del creditore procedente ed il corrispondente vizio del precetto, per la parte in cui sono pretese tali spese, dovrebbe essere fatto valere dal terzo mediante opposizione all’esecuzione, contestandosi in tal caso il diritto del creditore di procedere esecutivamente per il rimborso delle somme auto-liquidate in tale atto[16].

Pur invocando l’applicabilità dell’art. 477 c.p.c. la S.C., consapevole dell’estraneità dell’ordinanza di assegnazione a qualsiasi vicenda successoria, avendo questa valore di titolo esecutivo unicamente nei confronti del terzo assegnato, prudentemente fa anche riferimento al principio generale desumibile dall’art. 1264 c.c. sull’efficacia della cessione. Infatti con l’ordinanza di assegnazione si realizza il trasferimento del credito dal lato attivo, di cui il terzo deve aver avuto conoscenza, per averlo accettato o perché gli è stato notificato il relativo atto, essendo questo il momento a partire dal quale il suo pagamento avrà efficacia liberatoria se effettuato al cessionario, ormai suo creditore diretto, anziché al suo creditore originario. Insomma la legittimazione del creditore cessionario all’iniziativa espropriativa nei confronti del terzo presuppone la sua inadempienza, se così possiamo dire, consapevole, per la quale, occorre che il terzo abbia a disposizione un lasso di tempo ragionevole dalla conoscenza dell’assegnazione per scegliere la condotta da tenere. Questo termine è individuato in quello di almeno dieci giorni dalla conoscenza dell’ordinanza di assegnazione del credito, ricavato in analogia a quanto previsto dall’art. 477 c.p.c. e dall’art. 480 c.p.c., in cui il termine di dieci giorni è prescritto al fine di favorire lo spontaneo adempimento da parte del debitore, sì da scongiurare l’avvio nei suoi confronti del processo esecutivo[17].

I giudici della S.C. non si fermano a questa affermazione, ma, sempre in ossequio all’esigenza di mettere il terzo nella condizione di adempiere e dunque di pagare al creditore cessionario, sottraendosi così alla sua eventuale iniziativa esecutiva, ritengono finanche opportuno il differimento dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione. A tal fine, in modo piuttosto singolare, viene suggerito al giudice dell’esecuzione di fissare un termine, decorrente dalla conoscenza del provvedimento d’assegnazione da parte del terzo, prima del quale il credito in esso contemplato non sia esigibile, introducendo così una sorta di sospensione temporanea dell’efficacia esecutiva del titolo, fintantoché il “nuovo” debitore non ne abbia avuto effettiva conoscenza.

[14] In Giur.it, 2017, 347 e ss. con nota parzialmente critica di Frus, Sulla ritardata esecutività dell’ordinanza di assegnazione del credito verso il terzo; in Riv. esecuz. forz., 2016, 667 e ss., con il commento di Rusciano, L’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. è equiparabile ai titoli esecutivi anche quanto agli adempimenti necessariamente prodromici all’esecuzione?

[15] Nel caso sottoposto all’esame della S.C. l’ordinanza di assegnazione veniva notificata al terzo unitamente all’intimazione ad adempiere contenuta nel rituale atto di precetto, nel quale erano indicati anche le spese e i compensi per la redazione e la notificazione di tale atto.

[16] Per una diversa modalità di censura di tale “vizio”, v. infra parag. 6.

[17] È indiscusso che già la notificazione del titolo esecutivo, quale atto preparatorio all’avvio dell’esecuzione forzata, costituisca una prima sollecitazione al pagamento di colui che dal titolo risulti debitore. È altresì vero però che il nostro legislatore ha previsto come legittima la contestuale notificazione di tale atto con quello di precetto, senza che questa, fuorché nell’ipotesi di successione dal lato passivo del titolo, comporti alcuna conseguenza pregiudizievole per colui che si sta preparando a dare avvio all’esecuzione forzata e per colui che questa esecuzione sta per subire, considerando che quest’ultimo ha sempre a disposizione l’opposizione all’esecuzione, se del caso preventiva, per contrastare l’illegittimità dell’azione esecutiva. In tal senso Frus, op. cit., 352, il quale per rafforzare la sua opinione ricorda come il legislatore abbia “accettato il rischio che sia escusso esecutivamente con titolo esecutivo e precetto una parte non legittimata, come il soggetto nei cui confronti sia fatta valere, ad esempio, una scrittura privata autenticata di cui la parte neghi la sottoscrizione”.

3. La S.C. interviene ancora a chiarimento di quanto già affermato sugli adempimenti preliminari all’avvio dell’esecuzione forzata contro il terzo debitor debitoris

Pur non potendosi negare un certo apprezzamento per gli sforzi compiuti dalla S.C. a tutela del terzo che, pur estraneo alla procedura espropriativa in cui è soltanto richiesta la sua collaborazione, si ritrovi poi coinvolto, questa volta in qualità di debitore esecutato, in un processo espropriativo per l’esecuzione forzata dell’ordinanza di assegnazione, anche nei casi in cui sia incolpevolmente ignaro della pretesa creditoria ormai in capo al creditore pignorante, ugualmente non si può negare una certa sorpresa invece per quelle affermazioni che, pur funzionali a tale intento, si rivelano del tutto prive di alcun appiglio normativo. Faccio riferimento: a) a quella sorta di sospensione temporanea dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione in attesa che la stessa sia portata a conoscenza del terzo, che dovrebbe essere disposta dal giudice dell’esecuzione nel momento in cui rende l’ordinanza di assegnazione; e b) al termine di dieci giorni che la S.C. afferma dover intercorrere tra la notificazione del titolo esecutivo e del precetto, laddove ne esclude la notificazione contestuale, introducendo una deroga alla regola sancita dall’art. 479, comma 3 c.p.c.[18].

Al riguardo è interessante notare come, sebbene queste affermazioni vengano ribadite in due successive ordinanze[19], più di recente la stessa S.C., pur condividendo l’impostazione sistematica prospettata nella sentenza n. 9390 del 2016, ha ritenuto opportuno puntualizzarne “il senso effettivo”, che “non è quello di negare l’immediata efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione”, né “quello di negare in radice la possibilità per il creditore di procedere alla notificazione di detta ordinanza unitamente all’intimazione dell’atto di precetto, ma semplicemente quello di impedire che il debitore non inadempiente possa essere gravato di spese ulteriori, non necessarie per il creditore e non giustificabili nell’ottica di un rapporto che si svolge nel rispetto del principio di correttezza e buona fede”. Pertanto, nel caso in cui titolo esecutivo e precetto vengano notificati contestualmente, se il terzo debitore intimato provveda all’integrale pagamento di tutte le somme dovute in un termine ragionevole (anche eventualmente superiore a quello di dieci giorni previsto dall’art. 480 c.p.c.), da accertarsi in concreto in base a tutte le circostanze rilevanti nella singola fattispecie, dovrà ritenersi inapplicabile l’art. 95 c.p.c. e le spese di precetto resteranno a carico del creditore intimante.

La S.C. affida alla discrezionalità del giudice di merito la valutazione circa la ragionevolezza del termine entro cui il terzo abbia effettuato il pagamento per poter essere esonerato dalle spese dell’atto di precetto notificato contestualmente al titolo esecutivo, sebbene poi non manchi di suggerire un parametro di congruità di tale termine, da rinvenire in quello di venti giorni dalla notificazione degli atti preparatori, desunto da quello prescritto per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi e da quello che risulterebbe dalla somma dei dieci giorni prescritti dall’art. 477 c.p.c e dall’art. 480 c.p.c. Si tratta, con tutta evidenza, di un criterio assolutamente fantasioso, ma certo efficace in considerazione della funzione perseguita.

Con questa più recente pronuncia i giudici della Cassazione, da un canto, sembrano aver voluto assestare il tiro, smussando alcune rigidità della prima pronuncia del 2016, dall’altro, però, confermano la necessità di attendere un lasso di tempo dalla conoscenza dell’ordinanza di assegnazione da parte del terzo prima che possa essere iniziato dal creditore assegnatario il processo espropriativo nei suoi confronti, per evitare al creditore di incorrere in una condotta di abuso del processo espropriativo[20].

[18] Deroga ritenuta ingiustificabile da Frus, op. loc. cit., il quale osserva come la regola posta da tale norma è stata dettata dal legislatore senza alcuna eccezione e senza distinzione alcuna tra titoli esecutivi giudiziali e stragiudiziali.

[19] Cass. 24 maggio 2017, n. 13112 e 10 agosto 2017, n. 19986.

[20] Questo è quanto affermato da Cass. 12 aprile 2018, n. 9173 e Cass. 4 luglio 2018, n. 17440, in banca dati DeJure, che nel caso in cui il pagamento avvenga in un termine ragionevole, ma non sia integrale, puntualizzano che le spese di precetto e di esecuzione siano ripetibili dal creditore nei limiti di quanto necessario per il recupero delle sole somme effettivamente non pagate tempestivamente dal debitore. Ancor più di recente, nello stesso senso, Cass. 15 maggio 2019, n. 12883, in banca dati DeJure.

4. Qualche dubbio sul principio di diritto formulato dalla Cassazione

Questo orientamento della S.C. può dirsi ormai consolidato e, sebbene maturato con riferimento ad un processo espropriativo presso terzi ancora assoggettato alla disciplina in vigore prima dei recenti interventi di riforma che hanno interessato (stravolgendola) questa forma espropriativa, deve ritenersi applicabile anche oggi, come si legge in un passaggio della sentenza n. 9390 del 2016.

Oggi anzi il principio di diritto formulato dalla S.C. dovrebbe ritenersi ancor più necessario considerando l’accentuata estraneità del terzo al processo esecutivo che si è concluso con l’ordinanza di assegnazione del credito, amplificata dalla “nuova” modalità con cui questi è invitato a rendere la dichiarazione di specificazione del credito, ormai unicamente a mezzo lettera raccomandata o PEC da indirizzare al creditore procedente[21]. Se da un canto le riforme hanno dunque accentuato l’estraneità del terzo al processo esecutivo, non avendo questi oggi più bisogno di recarsi in udienza per rendere la sua dichiarazione, dall’altro invece ne hanno aggravato la posizione, rendendolo suo malgrado “parte” del processo espropriativo. Infatti nell’ipotesi in cui il terzo scegliesse di tenere un contegno omissivo a fronte dell’invito a rendere la propria dichiarazione in ordine all’esistenza del credito oggetto del pignoramento[22], la conseguenza prescritta, di non contestazione del credito che potrebbe così essere assegnato al creditore procedente, renderà il terzo soggetto passivo dell’assegnazione senza che questi abbia mai partecipato ad alcuna udienza in tribunale, a fronte del solo avvertimento delle conseguenze della sua condotta omissiva contemplato nell’atto di pignoramento[23].

Qualora il terzo persistesse nella sua condotta omissiva, il D.L. n. 83 del 2015, conv. in l. n. 132 del 2015, modificando l’art. 549 c.p.c., ha prescritto in tal caso l’esatta identificazione del credito, indicato soltanto genericamente dal creditore al momento del pignoramento, a cura del giudice dell’esecuzione che in tale ipotesi, analogamente a quanto accade qualora sulla dichiarazione del terzo dovessero sorgere contestazioni, si avvarrà dei suoi nuovi poteri cognitivi per la determinazione dell’obbligo del terzo.

L’incidente cognitivo da compiersi ad opera del giudice dell’esecuzione vedrebbe comunque il terzo parte necessaria del giudizio a cognizione sommaria destinato a concludersi con un’ordinanza che definisca, assegnandolo, il credito pignorato. È vero però che anche in questi casi i giudici della S.C. ritengono necessario il decorso di un lasso temporale congruo dalla notificazione dell’ordinanza di assegnazione al terzo, prima che il creditore possa iniziare nei suoi confronti l’espropriazione forzata. Forse, in mancanza di una esplicita disciplina in tal senso, sarebbe stato opportuno distinguere l’ipotesi in cui il terzo sia rimasto del tutto estraneo alla vicenda processuale generatrice del titolo esecutivo nei suoi confronti[24], da quella in cui questi abbia invece partecipato al giudizio “accertativo” del credito oggetto del pignoramento, da svolgersi appunto nel contraddittorio tra le parti e con il terzo.

Sebbene anche nell’ipotesi in cui il terzo abbia tenuto una condotta omissiva non può escludersi del tutto la sua conoscenza dell’ordinanza di assegnazione. Al riguardo, infatti, nonostante i dubbi interpretativi generati dal tenore testuale l’art. 548, comma 2 c.p.c.[25], sembrerebbe che l’ordinanza di assegnazione vada portata a conoscenza del terzo che non sia comparso all’udienza fissata a mente del 1° comma dell’art. 548 c.p.c. Sicché, in tal caso, una volta reso il provvedimento di assegnazione il terzo potrà contestare l’esito della procedura esecutiva proponendo il rimedio oppositivo secondo le modalità e i termini dell’art. 617 c.p.c., se provi di non averne avuto conoscenza per irregolarità della notificazione o per altra causa a lui non imputabile. Al di là dei motivi dell’impugnazione, sembrerebbe che l’ordinanza, una volta resa, vada dunque notificata al terzo per consentirgli, eventualmente, di impugnarla. Ciò dovrebbe consentire una sua ri-notificazione contestualmente all’atto di precetto, senza rischiare di trovare “impreparato” il terzo debitore assegnato e senza dunque dover rispettare la deroga all’art. 479 c.p.c. imposta in un primo tempo dai giudici di legittimità, né alcun altro termine congruo per consentire al terzo di avere conoscenza di un titolo esecutivo…che già conosce.

Inoltre con la modifica apportata dal d.l. 132 del 2014 all’art. 543, comma 2, n. 4 c.p.c., nell’atto di pignoramento è stato incluso “l’avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un’apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considerano non contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione”, dunque una previsione che intende rendere edotto il terzo di tutte le conseguenze della sua condotta omissiva, ivi compresa la valenza di titolo esecutivo nei suoi confronti dell’ordinanza di assegnazione.

[21] L’aver consentito al terzo di rendere la sua dichiarazione a distanza ha implicato lo spostamento della competenza territoriale del giudice dell’esecuzione, che non è più quello di residenza del terzo, bensì, a mente del neo introdotto art. 26 bis c.p.c., quello del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, fuorché nelle ipotesi in cui debitore sia una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’art. 413, comma 5 c.p.c. perché in tal caso si tornerà alla competenza territoriale del giudice del luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del terzo.

[22] Si tratta delle ipotesi in cui il debitor debitoris scegliesse di non rendere affatto la dichiarazione e di non comparire all’udienza indicata nell’atto di pignoramento, né a quella successiva fissata dal giudice dell’esecuzione, o si rifiutasse, in questa sede, di rendere la dichiarazione.

[23] Nella prassi accade che l’avvertimento venga ribadito dal giudice dell’esecuzione nell’ipotesi in cui, a causa della mancata dichiarazione, ai sensi dell’art. 548 c.p.c. dovrà essere fissata la data di una nuova udienza alla quale il terzo è chiamato a partecipare.

[24] Oggi unicamente nei casi in cui la dichiarazione del terzo non sia stata contestata ovvero quando, a fronte del suo silenzio, l’indicazione del credito da parte del creditore procedente sia tale da consentire l’identificazione del credito pignorato.

[25] Per i quali v. supra alla nota 6.

5. Prospettive di riforma

Alla luce delle considerazioni appena svolte, difficilmente potrebbe trovarsi il terzo impreparato a fronte dell’avvio dell’esecuzione forzata minacciata nei suoi confronti dal creditore assegnatario, tuttavia, a sua ulteriore tutela, si sarebbe potuto ipotizzare un avvertimento analogo a quello prescritto dal comma 2, n. 4 dell’art. 543 c.p.c. anche nel caso in cui la dichiarazione del terzo non fosse stata contestata. Così come sarebbe stato opportuno prevedere espressamente l’avvertimento delle conseguenze della condotta omissiva del terzo nell’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione fissa, ai sensi dell’art. 548, comma 1 c.p.c., la nuova udienza di comparizione per consentirgli di rendere la dichiarazione non ancora acquisita dal creditore[26].

Ancora, in una prospettiva de iure contendo si potrebbe immaginare un intervento legislativo a tutela del terzo nel senso già anticipato dai giudici della Cassazione, con una esplicita previsione di notificazione disgiunta dell’ordinanza di assegnazione rispetto all’atto di precetto o con una maggiorazione del termine a partire dal quale avviare l’esecuzione forzata dopo la notificazione dell’atto di precetto, soltanto nell’ipotesi in cui il terzo possa realmente essere ignaro dell’ordinanza di assegnazione[27].

Altra previsione a vantaggio del terzo potrebbe essere quella di sollecitarlo a manifestare al creditore assegnatario, previo esplicito invito formulato nell’atto di pignoramento, la sua volontà di adempiere, comunicandola già con la sua dichiarazione exart. 547 c.p.c. o anche successivamente, sì da essere sollevato dalle spese dell’atto di precetto. Ipotizzandosi un abuso dello strumento espropriativo, con la conseguente esclusione dell’art. 95 c.p.c., tutte le volte in cui, nonostante la comunicazione del terzo, il creditore assegnatario procedesse alla contestuale notificazione del titolo esecutivo e dell’atto di precetto[28].

Sono questi i suggerimenti che potrebbero essere recepiti dal legislatore, sebbene già allo stato attuale non è da escludere che il creditore assegnatario, piuttosto che rischiare di sopportare le spese legali dell’atto di precetto, finisca per attenersi a quella deroga all’art. 479 c.p.c. di creazione giurisprudenziale, preferendo procedere ad una notificazione distinta dell’ordinanza di assegnazione e dell’atto di precetto, fermo restando che, secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente, anche nell’ipotesi in cui scegliesse di notificare gli atti preparatori all’esecuzione forzata contestualmente, dovrebbe poi attendere un lasso temporale congruo, raddoppiato rispetto a quello ordinario sancito dall’art. 480 c.p.c., per consentire al terzo di adempiere prima di intraprendere contro di lui l’esecuzione forzata.

[26] Che invero è quanto già avviene nella prassi.

[27] Unicamente nei casi indicati alla nota 24.

[28] Questa è l’opinione espressa in dottrina da Frus, op. cit., 352 e s.

6. Quale il rimedio concesso al debitor debitoris per sottrarsi alle spese dell’esecuzione?

Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale che intende sollevare il terzo debitore assegnato dalle spese legali dell’atto di precetto, nel presupposto di una sua mancata conoscenza dell’ordinanza di assegnazione valida come titolo esecutivo nei suoi confronti, qualora il terzo intendesse, non tanto contrastare il probabile avvio dell’esecuzione forzata nei suoi confronti[29], quanto piuttosto censurare la contestuale notificazione degli atti preparatori, compiuta in deroga … alla “deroga di creazione giurisprudenziale”, il rimedio preferibile, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di legittimità nella pronuncia del 2016, dovrebbe essere quello dell’opposizione agli atti esecutivi[30]. Infatti, se è pur vero che con l’opposizione all’esecuzione proposta avverso l’atto di precetto il debitore può contestare un eccesso nel diritto di procedere ad esecuzione forzata, nel caso in cui la contestazione dovesse riguardare il diritto del creditore procedente al rimborso delle somme auto-liquidate nell’atto di precetto notificato congiuntamente al titolo esecutivo, così come ritenuto dai giudici della S.C., il mancato rispetto di quel lasso temporale che dovrebbe intercorrere tra la notificazione dei due atti costituirebbe un onere formale a carico del creditore, indispensabile per garantire la legittimità dell’azione esecutiva nei confronti del terzo ignaro[31].

Diversamente il rimedio sarebbe quello dell’opposizione all’esecuzione seguendo la prospettiva sistematica successivamente proposta dalla stessa Corte di cassazione[32] che, ritenendo ammissibile la contestuale notificazione dell’ordinanza di assegnazione e dell’atto di precetto al terzo debitore ceduto, gli attribuisce però un termine più ampio di quello dei dieci giorni dalla notificazione dell’atto di precetto per adempiere alla pretesa del creditore assegnatario. Alla luce di questa nuova ricostruzione sistematica, che considera tempestivo l’adempimento compiuto entro i venti giorni dalla notificazione dell’atto di precetto, definito come termine congruo e del tutto ragionevole per consentire al debitore ceduto di effettuare il pagamento per scongiurare l’avvio dell’esecuzione forzata nei suoi confronti, l’intimazione ad adempiere minacciata quando ancora, secondo la lettura della S.C., l’inadempimento non possa ritenersi compiuto, dovrebbe ritenersi “intempestiva” e dunque censurabile con l’opposizione all’esecuzione, traducendosi in una contestazione del diritto del creditore assegnatario di procedere ad esecuzione forzata.

Con questo recente orientamento giurisprudenziale, ancora una volta, la Corte di cassazione interviene per compensare l’inefficienza del legislatore che, travolto dalla bramosia di riforma del processo esecutivo per favorirne la ragionevole durata, finisce per trascurare situazioni meritevoli di tutela, come senz’altro è quella del debitor debitoris nel pignoramento presso terzi, la cui posizione è stata ulteriormente aggravata dalle recenti riforme, che ne hanno fatto il soggetto da sacrificare sull’altare della funzionalità dell’iter espropriativo.

[29] Fermo restando che il terzo, ormai debitore esecutando, ha la possibilità di proporre il rimedio dell’opposizione all’esecuzione in via preventiva, al fine di far dichiarare la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo a fronte di un avvenuto adempimento del credito ceduto o di un qualsiasi accadimento che ne abbia determinato l’estinzione.

[30] In tal senso Rusciano, op. cit., 674. Diversamente, se si ritenesse attendibile l’affermazione rinvenibile nella sentenza n. 9390 del 2016, laddove si fa riferimento ad una sorta di efficacia esecutiva differita dell’ordinanza di assegnazione disposta dal giudice dell’esecuzione (successivamente smentita dagli stessi giudici di legittimità, secondo quanto riferito supra parag. 2 e 3), il rimedio da esperire sarebbe l’opposizione all’esecuzione.

[31] Da far valere dunque con l’opposizione agli atti esecutivi. Che è quanto ritenuto dalla S.C. nella sentenza 14 luglio 2015, n. 14653, proprio con riferimento alla violazione di quanto disposto dall’art. 477 c.p.c., invocato dagli stessi giudici di legittimità per escludere, anche nel caso dell’ordinanza di assegnazione, la contestuale notificazione del titolo esecutivo e dell’atto di precetto.

[32] Faccio riferimento a Cass. 4 luglio 2018, n. 17440, per la quale v. supra al parag. 3.

Redazione

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