di Roberto Alemanno
Sommario
1. Premessa
2. La fattispecie
3. In generale, sui requisiti previsti per l’accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio
4. La meritevolezza nella liquidazione del patrimonio
5. La svolta del Tribunale di Bergamo
6. Alcuni rilievi circa la pronuncia del Tribunale di Bergamo
7. Il CCII e la nuova liquidazione controllata
1. Premessa
La procedura di liquidazione del patrimonio è disciplinata dagli artt. 14-ter ss. L. 3/2012[1] e, in via di prima approssimazione, rappresenta (in senso lato) una procedura concorsuale proponibile, alternativamente rispetto alla proposta di accordo o di piano di composizione della crisi, dal debitore (anche consumatore) sovraindebitato. Concretamente, quest’ultimo richiede la liquidazione di tutti i suoi beni per poter soddisfare (verosimilmente) parzialmente[2] i propri creditori e beneficiare, a determinate condizioni, dell’effetto esdebitatorio di cui all’art. 14-terdecies L. 3/2012, liberandosi così dai debiti contratti.
La pronuncia del Tribunale di Bergamo offre a studiosi, operatori e professionisti del settore concorsuale la possibilità di riflettere sulla menzionata procedura di liquidazione del patrimonio, ma anche -e, forse, soprattutto- sul nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (nel prosieguo anche solo “CCII”)[3], il quale (decorso il periodo di vacatio legis di diciotto mesi) abroga l’intera disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento e diventa il corpus normativo di riferimento anche di tale area concorsuale “minore”.
Infatti, se da un lato il provvedimento quivi annotato valuta -nella fattispecie concreta- la ricorrenza dei presupposti per l’apertura della procedura di liquidazione del patrimonio, dall’altro rappresenta il primo èlan vital del nuovo CCII, in quanto la valutazione del tribunale orobico circa i medesimi (richiamati) presupposti recepisce (e applica, seppur implicitamente) anche i principi ispiratori dettati dalla nuova riforma.
Nel caso di specie, il Tribunale di Bergamo valuta la meritevolezza del debitore sovraindebitato di accedere alla procedura liquidatoria di cui agli artt. 14-ter ss. L. 3/2012, requisito non espressamente previsto nella normativa tuttora vigente, ritenendolo un principio generale delle procedure di composizione della crisi (peraltro ribadito nell’art. 68, co. 3, CCII).
[1] Introdotti dall’art. 18, co. 1, lett. s) D.L. 179/2012, convertito con modifiche nella L. 221/2012.
[2] G. Lo Cascio, L’ennesima modifica alla legge sulla composizione della crisi da sovraindebitamento (L. 27 gennaio 2012, n. 3), in Il fall., 2013, 813; Id., La composizione delle crisi da sovraindebitamento (Introduzione), in Il fall., 2012, 1021 ss.; R. Battaglia, L a composizione delle crisi da sovraindebitamento del debitore non fallibile: alcuni profili problematici, in Dir. fall., 2012, 423 ss.; Id., I nuovi procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento dopo il maquillage della L. n. 3/2012 , in Il fall., 2013, 1433; F. Di Marzio, Sulla composizione negoziale della crisi da sovraindebitamento, in Dir. fall., 2010, 659 ss.; A. Guiotto, La continua evoluzione dei rimedi alle crisi da sovraindebitamento, in Il fall., 2012, 1285 ss.
[3] Cfr. artt. da 65 a 73 CCII.
2. La fattispecie
Con ricorso ritualmente depositato, il ricorrente chiedeva al Tribunale di Bergamo la nomina di un professionista ai sensi dell’art. 15 L. 3/2012 affinché svolgesse i compiti e le funzioni di cui è deputato l’Organismo di composizione della crisi (OCC). Nel ricorso veniva allegata la relazione del professionista, nella quale si prevedevano forme di risoluzione della crisi da sovraindebitamento (tra le quali la liquidazione del patrimonio ex artt. 14-ter ss. L. 3/2012).
Esaminato il ricorso, il Giudice nominava il professionista, il quale redigeva la relazione particolareggiata.
Successivamente, il debitore sovraindebitato chiedeva di essere ammesso alla procedura di liquidazione del proprio patrimonio ex artt. 14-ter L. 3/2012 e, a tal fine, metteva a disposizione tutto il suo patrimonio (in ossequio al principio di universalità del concorso dei creditori). Nel piano di liquidazione veniva previsto i) il pagamento integrale dei crediti prededucibili ii) il pagamento del 50,16% dei crediti assistiti da ipoteca iii) il pagamento del 15,89% dei creditori chirografari. Il ricorrente chiedeva, per l’effetto, di essere ammesso al beneficio dell’esdebitazione ex art. 14-terdecies L. 3/2012[4].
Il Tribunale di Bergamo, valutato che ricorressero, nel caso di specie, i presupposti per l’apertura della procedura di liquidazione del patrimonio di cui agli artt. 14-ter ss. L. 3/2012 (il debitore non era soggetto alle disposizioni sul fallimento, né ha fatto ricorso, nei cinque anni precedenti, a procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento) e che, in concreto, il ricorrente fosse meritevole di accedere a benefici di legge richiesti, dichiarava aperta la predetta procedura di liquidazione, disponendo altresì che fosse escluso dal patrimonio liquidabile in favore del ceto creditorio una somma corrispondente al fabbisogno minimo del ricorrente e del suo nucleo familiare.
[4] Al tempo in cui la domanda veniva proposta, il patrimonio della parte ricorrente constava di crediti retributivi derivanti da rapporto di lavoro subordinato, di un immobile di proprietà e di un autoveicolo.
3. In generale, sui requisiti previsti per l’accesso alla procedura di liquidazione del patrimonio
La liquidazione del patrimonio[5], come si è detto, è disciplinata, in primis, dall’art. 14-ter L. 3/2012, il quale limita l’accesso alla predetta procedura prevedendo i) condizioni di ammissibilità dell’istanza di liquidazione, per le quali rinvia all’art. 7, co. 2, L. 3/2012 ii) contenuti minimi dell’istanza di liquidazione, per i quali rinvia all’art. 9 L. 3/2012.
Per quanto concerne il primo profilo, il debitore in stato di sovraindebitamento può presentare istanza di liquidazione del patrimonio solo ove
1.non sia assoggettabile (né assoggettato) alle procedure previste dall’art. 1 l. fall. (cfr. art. 7, co. 2, lett. a) L. 3/2012);
2.non abbia fatto ricorso, nei cinque anni precedenti, alla procedura di composizione della crisi (cfr. art. 7, co. 2, lett. b) L. 3/2012);
3.non abbia subito, per cause a lui imputabip>
4.non abbia fornito documentazione che non consenta di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale (cfr. art. 7, co. 2, lett. d) L. 3/2012).
Circa invece il secondo profilo, diversi ed ulteriori sono gli elementi necessari affinché il giudice possa ammettere la domanda di un soggetto (in astratto) legittimato, dichiarando aperta la procedura: unitamente alla proposta il debitore sovraindebitato deve depositare l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute, di tutti i propri beni e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, corredati delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e dell’attestazione sulla fattibilità del piano, nonché l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia[6]; il debitore che svolge attività d’impresa deve altresì depositare le scritture contabili degli ultimi tre esercizi (cfr. art. 9, co. 2 e 3, L. 3/2012).
Verificati i requisiti di cui all’art. 14-ter, il giudice dovrà in ultimo verificare, ex art. 14-quinquies L. 3/2012, che il debitore non abbia, nei cinque anni precedenti alla proposizione dell’istanza, posto in essere atti in fronde ai creditori.
[5] Sono soggetti alla domanda di liquidazione tutti i beni del debitore (tantoché deve essere allegato alla stessa l’inventario), tra cui sono sicuramente individuabili quelli attuali, gli accessori, le pertinenze ed i frutti, nonché i beni sopravvenuti nei quattro anni successivi all’apertura della procedura; al contrario, ne sono esclusi i crediti impignorabili (assolutamente o relativamente), i crediti alimentari, di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e così tutto ciò che il debitore guadagni con la sua attività. Andranno poi ulteriormente escluse le somme, quantificabili/quantificate dal giudice solo in relazione al caso concreto, strettamente necessarie al debitore per il mantenimento proprio e della sua famiglia, nonché i frutti dell’usufrutto legale sui beni del figlio, il fondo patrimoniale, e i relativi frutti (salvo quanto previsto dall’art. 170 c.c.).
[6] Previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata del certificato dello stato di famiglia.
4. La meritevolezza nella liquidazione del patrimonio
Considerati i requisiti che ricorrono per l’apertura della procedura di liquidazione del patrimonio, non si rinviene nella disciplina in esame alcuna norma a mente della quale sia richiesto un espresso giudizio di meritevolezza (come, invece, nel piano del consumatore, ove l’OCC deve relazionare anche su tale parametro[7]) da parte dell’organo giudicante.
Ne deriva che, in assenza di limiti legislativi che impongano una valutazione in tal senso, una indagine sulla meritevolezza del debitore sovraindebitato di accedere alla procedura dovrebbe ritenersi preclusa in capo al Giudice.
Al più, si potrebbe ammettere che tale sindacato si limiti a verificare che il debitore non abbia, nei cinque anni precedenti alla proposizione dell’istanza, posto in essere atti in fronde ai creditori (così come previsto dall’art. 14-quinquies L. 3/2012). In questo caso, tuttavia, si tratterebbe di vagliare la sussistenza di elementi ostativi all’apertura della procedura di liquidazione che coincidono con l’astensione del debitore dal compimento, in un determinato arco temporale, di atti fraudolenti verso il ceto creditorio. Non ci sarebbe, invece, una indagine ufficiosa relativa a ulteriori particolari condotte poste in essere dal ricorrente a giustificazione della sua meritevolezza di accedere al beneficio della liquidazione (e della successiva esdebitazione).
[7] Ove, si noti, il proprium del giudizio di omologazione è rappresentato dall’indagine in merito al requisito della meritevolezza dell’accesso al credito da parte debitore. In tale procedimento, il requisito della meritevolezza può essere definito secondo un requisito di carattere soggettivo ed uno di natura oggettiva del ricorso al credito che, sulla base di tali parametri, deve essere ritenuto idoneo a giustificare l’omologa di un piano del consumatore. Il ricorso, infatti, dal punto di vista oggettivo, deve essere giustificato dalla sussistenza di esigenze particolarmente meritevoli di tutela giuridica documentate dalla attendibilità della documentazione allegata all’atto introduttivo delle procedure mentre, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, deve essere caratterizzato, al momento della assunzione delle obbligazioni, dalla diligenza del debitore nell’assunzione delle obbligazioni rappresentata dalla sussistenza della ragionevole prospettiva di poter adempiere alle obbligazioni assumende in quanto proporzionate alle capacità del consumatore stesso ed, inoltre, l’accesso al credito non deve essere stato determinato colposamente dal debitore. R. Bocchini, La meritevolezza dell’accesso al credito nel sovraindebitamento del consumatore, in Giur. it., 2017, 1570-1571.
5. La svolta del Tribunale di Bergamo
Chiarito che, sulla scorta del solo dato letterale, l’unico sindacato di meritevolezza del debitore dovrebbe essere limitato alla verifica del mancato compimento di atti fraudolenti verso il ceto creditorio, il provvedimento emesso dal Tribunale di Bergamo sembra rappresentare una svolta sul tema.
Nella pronuncia in esame vengono infatti valutate anche altre condotte del sovraindebitato, il quale non solo deve essersi astenuto dal recare pregiudizio verso i propri creditori, ma non deve neppure aver fatto accesso al credito in maniera colposa e negligente, ossia nella consapevolezza che, nella sua concreta situazione economica, non sarebbe mai stato in grado di adempiere a tali obbligazioni.
Per quanto attiene al caso di specie, letta la relazione dell’OCC, il giudicante ha escluso che il debitore abbia avuto comportamenti negligenti nel contrarre le obbligazioni e che le stesse cause del sovraindebitamento fossero rintracciabili in una condotta omissiva dello stesso. In altre parole, il Tribunale di Bergamo, prima di emettere il decreto di apertura della procedura liquidatoria, ha valutato la ricorrenza dei medesimi presupposti per l’omologa del piano del consumatore.
In particolare, il giudice orobico ha ritenuto di sindacare (e, nel caso di specie, riconoscere) la meritevolezza del sovraindebitato di accedere alla predetta procedura sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo: dal primo punto di vista, devono rinvenirsi esigenze particolarmente meritevoli di tutela giuridica documentate dalla attendibilità della documentazione allegata all’atto introduttivo; dal secondo, invece, deve essere caratterizzato, dalla diligenza nell’assunzione delle obbligazioni rappresentata dalla sussistenza della ragionevole prospettiva di poter adempiere alle obbligazioni assumende in quanto proporzionate alle capacità del debitore.
6. Alcuni rilievi circa la pronuncia del Tribunale di Bergamo
La pronuncia in esame pare dunque aver assimilato la liquidazione del patrimonio al piano del consumatore, quantomeno rispetto ai requisiti di accesso.
Sono dunque opportuni alcuni rilievi a riguardo.
La ratio della procedura di liquidazione del patrimonio mira a garantire al debitore sovraindebitato la possibilità di esdebitarsi da tutte le obbligazioni (e debiti) contratti nell’esercizio della propria attività e, al contempo, ad assicurare il maggior soddisfacimento del ceto creditorio.
Tuttavia, il legislatore considera l’effetto esdebitatorio della predetta procedura un rilevante beneficio e, pertanto, prescrive dei requisiti affinché il debitore vi possa accedere (cfr. par. 3).
Sulla scorta di questa osservazione, non pare fuori luogo sostenere che, sebbene non sia espressamente previsto, in tale procedura possa trovare ingresso una indagine ufficiosa (e, ancor prima, dell’OCC), relativamente alla condotta tenuta dal sovraindebitato e alla sua meritevolezza di accedere alla liquidazione.
In particolare, tale ultimo concetto dovrebbe sostanziarsi, da un lato, dal mancato compimento di atti fraudolenti a pregiudizio dei creditori, dall’altro, dalla diligenza nell’assunzione delle obbligazioni, ossia della ragionevole prospettiva (valutata ex ante) di poter adempiere alle obbligazioni contraende.
Ciò è espressione del più generale principio di buona fede, applicabile (proprio in virtù del carattere pregnante all’interno dell’ordinamento) anche alla procedura in esame. D’altro canto, potrebbe risultare iniquo e non rispondente ad esigenze di giustizia concedere il beneficio esdebitatorio ad un debitore sovraindebitato che abbia in precedenza fatto acceso al credito in maniera colposa e negligente, nella consapevolezza di non essere in grado di adempiere alle obbligazioni contratte.
7. Il CCII e la nuova liquidazione controllata
Con il D.lgs 12 gennaio 2019, n. 14 (emanato in attuazione della Legge Delega 19 ottobre 2017, n. 155), il legislatore ha riformato la materia delle procedure concorsuali promulgando il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, il quale abroga le normative vigenti in materia (ivi compresa la L. 3/2012)[8].
Con specifico riferimento alla procedura in esame, l’ultima parte della disciplina della procedura di sovraindebitamento è regolata dagli artt. 268 ss. CCII ed è dedicata alla c.d. liquidazione controllata del debitore sovraindebitato.
Ai sensi dell’art. 268 CCII, anche nella nuova disciplina, il debitore in stato di sovraindebitamento può domandare[9] con ricorso al tribunale competente l’apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni[10][11] (con le esclusioni di cui all’art. 268, co. 3, CCII[12]).
Affinché il tribunale possa decretare l’apertura della procedura, l’istante deve allegare al ricorso una relazione, redatta dall’OCC, che esponga una valutazione sulla completezza e l’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda e che illustri la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore.
Verificati i presupposti di legge, il Tribunale dichiara con sentenza (e non, invece, con decreto) l’apertura della procedura di liquidazione controllata ex art. 270 CCII.
Nessun cenno, nessuna integrazione legislativa, rispetto alla rilevanza del criterio della meritevolezza del debitore sovraindebitato all’interno di tale procedura.
Rebus sic stantibus, anche dopo la riforma si ritiene che le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, e in particolare la liquidazione controllata, mirino a garantire al debitore sovraindebitato la possibilità di esdebitarsi da tutte le obbligazioni assunte e, allo stesso momento, ad assicurare il maggior soddisfacimento dei creditori.
Pertanto, in tale contesto normativo, e in assenza di un intervento legislativo in tal senso, si è spinti a pensare che lo scenario non sia, almeno sotto il profilo, sostanzialmente mutato.
Alla luce del nuovo CCII e dei suoi principi ispiratori (tra i quali vi è senza dubbio quello di garantire un fresh start del debitore) si ritiene che la meritevolezza del debitore sia un fondamentale presupposto per accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e, in particolare, a quella di liquidazione controllata. Diversamente, non si dovrebbe garantire l’effetto esdebitatorio al debitore che abbia fatto acceso al credito nella consapevolezza di non essere in grado di adempiere alle obbligazioni contratte.
[8] Ad eccezione di quelle relative alla amministrazione straordinaria delle grandi imprese e della liquidazione coatta amministrativa.
[9] La domanda può essere presentata da un creditore anche in pendenza di procedure esecutive individuali e, quando l’insolvenza riguardi l’imprenditore, dal pubblico ministero (art. 268, co. 2, CCII).
[10] La domanda può essere presentata oltre che dal debitore assistito dall’OCC, da un creditore o dal pubblico ministero. Si noti altresì che non sono compresi nella liquidazione alcuni crediti dettagliatamente elencati. Il deposito dell’istanza sospende il corso degli interessi legali e convenzionali sino alla chiusura della liquidazione, salvo talune deroghe previste per i crediti garantiti da ipoteca, pegno e privilegio.
[11] G. Lo Cascio, Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza: considerazioni a prima lettura, in Il fall., 2019, 267-268.
[12] Non sono compresi nella liquidazione a) i crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 c.p.c. b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e cio’ che il debitore guadagna con la sua attivita’ nei limiti, indicati dal giudice, di quanto occorre al mantenimento suo e della sua famiglia c) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’articolo 170 del codice civile d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
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