precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. VI, Sentenza n. 15706 del 23/6/2017
La vicenda
Una condomina presentava un ricorso per la revoca dell’amministratore che riteneva colpevole di una grave irregolarità ex art. 1129 c.c., comma 12. Il giudice di primo grado, tuttavia, riteneva infondato il ricorso e respingeva con apposito decreto la domanda. La Corte d’appello confermava la decisione del primo giudice, evidenziando che il decreto del Tribunale era stato comunicato dalla cancelleria alla ricorrente (a mezzo pec) in data 16 gennaio 2019, mentre il reclamo era stato poi proposto il 30 gennaio 2019, senza, perciò, osservare il termine di dieci giorni stabilito dall’art. 64 disp. att. c.c.
Secondo la condomina – che ricorreva in Cassazione – l’art. 64 disp. att. c.c. andava letto alla luce dell’art. 739, comma 2 c.p.c., dovendosi, perciò, distinguere, ai fini del termine per proporre reclamo, fra decreti resi nei confronti di una parte o di più parti, sicché occorreva aver riguardo alla data della notifica del provvedimento da impugnare.
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La questione
Il termine dei dieci giorni per impugnare il provvedimento del tribunale di revoca dell’amministratore da quando decorre?
La soluzione
La Cassazione ha dato torto alla condomina. In particolare, i giudici supremi hanno ricordato che l’art. 64, comma 2, disp. att. c.c., a seguito della modifica apportata dalla riforma del condominio, dispone espressamente che contro il decreto motivato reso dal tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello, nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione della cancelleria.
Secondo la Cassazione, si tratta di scelta discrezionale del legislatore, in linea con la natura celere del procedimento di revoca dell’amministratore, non lesiva del diritto di difesa, in quanto il detto termine decorre dalla piena conoscenza del provvedimento che sia con la comunicazione protetta ovvero con la notificazione ad istanza di parte.
Le riflessioni conclusive
In via preliminare, occorre sottolineare il carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare, della potestà attribuita al giudice in una materia nella quale, in via ordinaria, il potere di revoca può essere esercitato in ogni tempo dall’assemblea dei condomini.
Risulta, infatti, evidente che solo l’esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela (superiore rispetto a quella dei singoli condomini e dei diritti dell’amministratore) ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore, può giustificare un tale intervento del giudice, suscettibile di risolvere anzitempo il rapporto di mandato tra condomini ed amministratore, senza che, peraltro, si renda necessaria la partecipazione al giudizio del condominio o degli altri condomini.
L’evidenziato carattere trova conferma nelle caratteristiche del procedimento, improntato a rapidità, informalità ed ufficiosità.
In questo caso, legittimato a contraddire è il solo amministratore (e non anche il condominio), né sussiste litisconsorzio degli altri condomini.
Per cui solo a questi deve essere notificato il ricorso e solo a lui debbono fare carico le spese processuali.
Il provvedimento finale è in forma di decreto motivato, nei cui confronti è possibile proporre reclamo alla Corte d’Appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o comunicazione.
Essendo in ambito di volontaria giurisdizione, il decreto è privo del carattere di decisorietà, in quanto assunto nell’ambito di attribuzioni di volontaria giurisdizione rivolte alla tutela di interessi anche generali, esercitate senza un vero e proprio contraddittorio. Si inserisce, quindi, nell’ambito di misure cautelari e provvisorie, che, pur coinvolgendo diritti soggettivi, non statuiscono su di essi a definizione di un conflitto tra parti contrapposte, né hanno attitudine ad acquistare autorità di cosa giudicato sostanziale.
Ne consegue che il decreto con cui la Corte d’Appello provvede, su reclamo dell’interessato, in ordine alla domanda di revoca dell’amministratore di condominio, non avendo carattere decisorio e definitivo, non è ricorribile per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost.; non è preclusa, però, la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio contenzioso, del diritto su cui il provvedimento incide, tutela che, per l’amministratore eventualmente revocato, non potrà essere in forma specifica, ma soltanto risarcitoria o per equivalente (non esistendo un diritto dell’amministratore alla stabilità dell’incarico, attesa la revocabilità in ogni tempo, in base all’art. 1129, secondo comma, c.c.).
Rimane fermo, però, che la diversità dell’oggetto e delle finalità del procedimento camerale e di quello ordinario, unitamente alla diversità delle rispettive “causae petendi”, così come impedisce di attribuire efficacia vincolante al provvedimento camerale nel giudizio ordinario, del pari non consente di ritenere che il giudizio ordinario si risolva in un sindacato del provvedimento camerale.
In ogni caso, per quanto riguarda le spese, il procedimento diretto alla revoca dell’amministratore di condominio soggiace al regolamento previsto dall’art. 91 c.p.c., i cui effetti devono esaurirsi nel rapporto tra condomino istante e amministratore (Cass. civ., sez. VI, 21/02/2020, n. 4696).
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