Il fatto
La Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’appello di Bologna che a sua volta aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di partecipazione all’associazione mafiosa.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p. il condannato, a mezzo del difensore e procuratore speciale, con cui si chiedeva la correzione dell’errore materiale relativo alla costituzione della parte all’udienza perché non assistita da nessun difensore posto che il difensore di fiducia dell’imputato era deceduto in data anteriore alla notificazione dell’avviso di trattazione avvenuta tramite PEC mentre l’altro avvocato, co-difensore dell’imputato, era deceduto in data successiva alla notificazione dell’avviso di trattazione avvenuta tramite PEC ma in epoca precedente all’udienza di trattazione sicché avrebbe dovuto essere nominato un difensore di ufficio per l’imputato rimasto privo di assistenza tecnica.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso straordinario veniva reputato infondato là dove si prospettava l’obbligo della Corte di Cassazione di procedere alla nomina di ufficio del difensore per procedere all’udienza di discussione quando il difensore di fiducia sia deceduto dopo avere ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza pubblica e prima della celebrazione di essa.
A tal proposito veniva osservato in via preliminare come fosse necessario fornire preliminarmente un quadro riassuntivo delle disposizioni concernenti il patrocinio difensivo nel giudizio di legittimità.
Si evidenziava pertanto che, a norma dell’art. 613 c.p.p., comma 1, “l’atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione. Davanti alla corte medesima le parti sono rappresentate dai difensori” rilevandosi al contempo come fosse opportuno altresì rilevare che, a norma dell’art. 613 c.p.p., comma 2, “il difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente; in mancanza di nomina, il difensore è quello che ha assistito la parte nell’ultimo giudizio, purché abbia i requisiti indicati nel comma 1”.
Detto questo, gli Ermellini facevano inoltre presente che il codice di rito si occupa anche di stabilire cosa accade quando l’imputato non abbia un difensore di fiducia, prevedendo che “gli avvisi che devono essere dati al difensore sono notificati anche all’imputato che non sia assistito da difensore di fiducia” tenuto conto altresì del fatto che l’obbligo di nominare un difensore di ufficio, previsto dall’art. 613 c.p.p., comma 3, opera quando il ricorso è stato proposto da una parte diversa dall’imputato e mai in vista della proposizione del ricorso (la possibilità per la parte di proporre il ricorso personalmente è stata, del resto, abrogata dalla L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 63) dal momento che il codice si occupa essenzialmente degli avvisi da dare alle parti poiché tale adempimento costituisce, nel giudizio di legittimità, l’elemento su cui si fonda la valida instaurazione del contraddittorio, non essendo prevista la necessaria presenza della parte (rectius: del suo patrocinatore) all’udienza pubblica di cui all’art. 614 c.p.p. o camerale partecipata ex art. 127 c.p.p. ed essendo esclusa in radice la presenza delle parti all’udienza camerale ex art. 611 c.p.p..
Ciò posto, i giudici di piazza Cavour sottolineavano anche il fatto di come fosse pure importante sottolineare che il rito pubblico e quello camerale partecipato di legittimità non prevedono l’obbligatoria presenza del difensore (essendo ex se esclusa quella della parte personalmente) il quale è sentito se compare, sicché l’assenza di esso non costituisce una situazione anomala quanto piuttosto un’evenienza fisiologica quotidianamente registrata nelle aule della Corte Suprema in quanto, al di fuori del caso in cui il ricorso sia proposto dal Pubblico ministero o debba procedere alla risoluzione di un conflitto di competenza – nel qual caso l’imputato (non ricorrente) potrebbe risultare privo di difensore -, la necessità di nominare il difensore di ufficio è assolutamente sporadica perché il patrocinio deve essere venuto meno dopo la proposizione del ricorso e in coincidenza del compimento di un atto del procedimento.
Al contrario, per la Suprema Corte, è da trattare in disparte la questione dell’assistenza della parte diversa dal ricorrente perché si debba, nei casi dianzi indicati, procedere alla nomina di un difensore di ufficio nel giudizio di legittimità essendo necessario che il giudice sia a conoscenza della condizione di fatto che impone di intervenire ex art. 613 c.p.p., comma 3, e art. 97 c.p.p., comma 1, dovendosi a tal proposito trattare di un caso in cui la parte ricorrente, già assistita dal difensore nel giudizio di legittimità, sia rimasta priva del patrocinatore e si debbano compiere nei suoi confronti atti del procedimento dei quali è necessario dare avviso o ai quali il difensore è tenuto a partecipare.
Terminato questo excursus normativo, il Supremo Consesso osservava come la rinuncia e la revoca del mandato siano trattate in modo peculiare nel rito di legittimità proprio a cagione delle caratteristiche di esso rilevandosi a tal riguardo che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “nel giudizio di cassazione, la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, al quale sia già stato notificato l’avviso di udienza, non ha effetto con riferimento a tale udienza, che può essere ritualmente celebrata, essendo il difensore rinunciante ancora onerato della difesa dell’imputato fino alla eventuale nomina di un difensore di ufficio; ne consegue che l’assenza del difensore di fiducia all’udienza non comporta l’obbligo di nominarne uno d’ufficio al ricorrente, nè costituisce condizione ostativa alla regolare celebrazione del processo di legittimità” (Sez. 3, n. 31952 del 20/09/2016; in senso conforme: Sez. F, n. 38876 del 20/08/2015; Sez. 6, n. 8350 del 16/12/2010; Sez. 3, n. 22050 del 19/05/2006).
Ciò posto, veniva inoltre notato come tale principio sia pacificamente applicabile anche al caso della revoca del difensore perché “la previsione di cui all’art. 108 c.p.p. – che prevede la concessione di un termine a difesa nei casi di rinuncia, revoca, incompatibilità e abbandono della difesa – non si applica nel caso di revoca del precedente difensore e nomina di quello nuovo verificatesi nell’immediatezza della celebrazione del giudizio di legittimità, avuto riguardo alle peculiarità di quest’ultimo in cui l’intervento del difensore è meramente eventuale per i procedimenti che si celebrano in pubblica udienza (art. 614 c.p.p.), mentre per quelli in camera di consiglio, regolati dall’art. 611 c.p.p., il contraddittorio, salvo che sia diversamente disposto, ha natura meramente cartolare, con esclusione dell’intervento sia del P.G. presso la S.C. che del difensore del ricorrente” (Sez. 1, n. 19784 del 10/04/2015; in precedenza Sez. 5, n. 9365 del 19/11/2013).
Per la Suprema Corte, è dunque evidente che l’obbligo (art. 97 c.p.p., comma 1) per il giudice, di procedere alla nomina di un difensore di ufficio per l’imputato che ne sia (rimasto) privo, deve essere declinato rispetto alla situazione processuale nell’ambito della quale la ridetta evenienza si verifica e con riguardo all’avvenuta conoscenza di detta circostanza da parte del giudice tenuto conto altresì del fatto che la giurisprudenza di legittimità non si è mai discostata dall’insegnamento, sviluppatosi sotto il previgente codice di rito, secondo il quale “il giudice, il quale constati che l’imputato e rimasto privo assolutamente dell’assistenza di un ufficio di difesa, non può attendere l’ipotetica futura nomina di un nuovo difensore di fiducia da parte dell’imputato, ma deve immediatamente ricostituire la difesa, nominando un difensore di ufficio” (Sez. 6, n. 367 del 19/02/1969).
Ciò premesso, risultava essere centrale per la Corte di legittimità stabilire quando possa dirsi constatata, da parte del giudice, la situazione di fatto (venire meno del difensore) da cui scaturisce l’obbligo di procedere alla nomina del difensore di ufficio.
In particolare, veniva rilevato come non vi possano essere dubbi circa la conoscenza della condizione di fatto quando essa sia portata al cospetto del giudice mediante una comunicazione di parte che rappresenti la rinuncia al mandato del patrocinatore, la revoca di esso, il decesso, la sospensione cautelare, la radiazione ecc., ovvero, con riguardo a tali ultime condizioni oggettive, quando ciò risulti dalle banche dati di interesse pubblico che hanno il compito di attestare l’iscrizione del patrocinatore nel relativo albo atteso che la prima evenienza è costituita da una comunicazione specificamente indirizzata al giudice con la quale la parte lo rende edotto della situazione legittimante l’intervento ex art. 97 c.p.p., comma 1, sicché non può dubitarsi della avvenuta piena conoscenza di detta condizione da parte del giudice, una volta che l’informazione sia stata trasmessa con ogni mezzo idoneo, non essendo richieste forme particolari mentre la seconda ipotesi richiede, invece, un duplice requisito di fatto: la pubblicazione (e il suo aggiornamento) dell’informazione sul sito istituzionale dell’ordine professionale e la necessità per il giudice di dover accedere a tale tipo di informazione per compiere una specifica attività processuale e in ciò si coglie, nel caso siffatto, la ragione fondante del principio giurisprudenziale dianzi richiamato poiché il giudice ha il dovere di agire ex art. 97 c.p.p., comma 1, quando sia posto a conoscenza della situazione che legittima il suo intervento in quanto ciò accade soltanto quando il giudice deve compiere specifiche attività processuali che coinvolgono la parte e/o il difensore, non essendovi ragione di verificare l’esistenza del patrocinio al di fuori di detta ipotesi.
Oltre a ciò, veniva inoltre evidenziato che, anche grazie al progressivo sviluppo dell’informatizzazione dei servizi giudiziari, si possono annoverare varie evenienze in cui il giudice e la cancelleria accedono, sovente inconsapevolmente, poiché la procedura è totalmente automatizzata, ai pubblici registri concernenti i dati dei patrocinatori: il caso paradigmatico è costituito dalle comunicazioni, avvisi o notificazioni effettuate tramite la posta elettronica certificata.
Il sistema informatico deputato ad effettuare tali comunicazioni, a sua volta, reperisce automaticamente gli indirizzi elettronici dei patrocinatori mediante la consultazione in tempo reale di un registro degli indirizzi elettronici che i singoli ordini professionali hanno il dovere di istituire e mantenere aggiornato (decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, portante “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24”; l’art. 7, comma 2, stabilisce: “Per i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, il registro generale degli indirizzi elettronici è costituito mediante i dati contenuti negli elenchi riservati di cui al D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 16, comma 7, convertito nella L. 28 gennaio 2009, n. 2, inviati al Ministero della giustizia secondo le specifiche tecniche di cui all’art. 34”).
In forza di tali disposizioni, quando viene predisposta la comunicazione elettronica da inviare al patrocinatore il sistema informatico verifica l’iscrizione del difensore nel registro e, se non emergono ragioni ostative (cancellazione; sospensione; ecc.), provvede a inviare l’atto: il giudice è, quindi, in grado di conoscere dell’eventuale cancellazione o sospensione del professionista, restando affidato al relativo ordine professionale il compito mantenere aggiornato l’elenco dei patrocinatori e il loro indirizzo elettronico.
Orbene, a fronte di tali argomentazioni giuridiche, si decideva per la reiezione del ricorso in questione dato che, ad avviso del Supremo Consesso, nessun vizio di instaurazione del contraddittorio e del diritto di difesa si era verificato nel giudizio di legittimità poiché il Collegio non era stato informato del sopravvenuto decesso del difensore di fiducia da parte dell’imputato nè, dovendosi compiere attività processuali nei suoi confronti, aveva l’onere di verificarne l’esistenza in vita a cagione del principio di facoltatività della presenza del patrocinatore all’udienza di legittimità.
Conclusioni
La decisione in questione è assai interessante in quanto in essa si spiega quando, nel giudizio di cassazione, la rinuncia o la revoca al mandato non comporta l’obbligo di nominarne uno d’ufficio.
Difatti, citandosi giurisprudenza conforme, in tale pronuncia, si afferma, una volta postulato che, nel giudizio di cassazione, la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, al quale sia già stato notificato l’avviso di udienza, così come nel caso di revoca del mandato difensivo, non ha effetto con riferimento a tale udienza, che può essere ritualmente celebrata, essendo il difensore rinunciante ancora onerato della difesa dell’imputato fino alla eventuale nomina di un difensore di ufficio, che l’assenza del difensore di fiducia all’udienza non comporta l’obbligo di nominarne uno d’ufficio al ricorrente, nè costituisce ciò condizione ostativa alla regolare celebrazione del processo di legittimità.
Tale pronuncia, quindi, può essere presa nella dovuta considerazione al fine di verificare se la mancata nomina del difensore d’ufficio, nel giudizio pendente innanzi alla Cassazione, sia stata correttamente non disposta o meno.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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