Una premessa
Nel panorama della legislazione europea, il riparto delle competenze nazionali e sovranazionali consente all’UE di dettare le regole in materia di concorrenza applicabili in tutti gli stati membri.
L’Unione Europea, nel contemperare le esigenze di tutela della libera concorrenza e di promozione dello sviluppo tecnologico, ha adottato negli anni della Commissione Juncker (2014-2019) la strategia del Digital Single Market. Essa mira ad abbattere le barriere dell’e-commerce negli stati membri e verrà completata dalla Digital Services Act della Commissione Von der Leyen.
A livello nazionale, la vigilanza sul rispetto delle regole di diritto della concorrenza è affidata all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), un’autorità amministrativa indipendente che gode di un’ampia autonomia rispetto al potere esecutivo. Tra le competenze ad essa assegnate tramite la legge n. 287 del 10 ottobre 1990, particolarmente interessanti risultano le due relative alla tutela della concorrenza e alla tutela del consumatore, entrambe inscindibilmente legate alla protezione dei dati personali negli acquisti online. La prima delle due, ossia la tutela della concorrenza, mira a garantire la libertà di azione degli imprenditori, censurando i comportamenti lesivi della concorrenza stessa, quali gli accordi tra competitors, i quali possono assumere diverse forme, da un accordo sui prezzi da imporre al pubblico, alla spartizione dei mercati o dei clienti. Le pratiche concordate risultano essere estremamente lesive per il mercato, in quanto da un lato impediscono ai competitors non facenti parte dell’accordo di imporsi o addirittura di penetrare nel mercato di riferimento, e dall’altro danneggiano gli stessi consumatori. Infatti, se le aziende non sono stimolate a proporre ai potenziali acquirenti dei prodotti “competitivi” (di buona qualità, in buon rapporto con il prezzo), i beni immessi sul mercato risulteranno di qualità inferiore, con nocumento dei consumatori; d’altra parte, la stessa limitazione alla libertà di scelta sui prodotti si pone in evidente contrasto con le regole del diritto della concorrenza, la cui ratio è invece proprio quella di favorire la competizione tra imprese, così indotte a produrre beni di alta qualità a prezzi congrui.
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L’avvento del commercio online e le nuove esigenze di protezione del consumatore. Il New Deal for Consumers
Il quadro generale sul diritto della concorrenza è travolto dallo sconvolgimento causato dagli acquisti online, caratterizzati dalla possibilità di acquistare prodotti in brevissimo tempo, ma senza che all’acquirente sia permesso di toccare o testare il prodotto prima di comprarlo. Negli ultimi mesi, a causa dell’oggettiva impossibilità di recarsi negli stores fisici a causa della pandemia di Coronavirus, l’e-commerce ha compiuto un balzo in avanti ancor più di quanto non stesse già facendo; in particolar modo si è assistito all’esponenziale crescita di giganti del commercio online quali Amazon. Proprio Amazon, ad esempio, ha registrato nei tre mesi al 30 giugno 2020 i profitti trimestrali più alti dalla sua nascita 26 anni fa.[1]
L’incremento esponenziale delle vendite online richiede un’attenzione al consumatore ancora più forte. I pericoli che possono annidarsi negli acquisti in rete, infatti, sono molteplici e spesso sottovalutati, a partire dalla condivisione dei dati personali ed anagrafici che sono necessari al momento della finalizzazione dell’acquisto. A tal proposito, la Commissione Europea ha adottato un “pacchetto” di riforme allo scopo di accentuare la tutela dei consumatori nel territorio dell’Unione; l’allora Primo Vicepresidente Frans Timmermans ha così descritto il New Deal: “si tratta di proteggere i consumatori ricorrendo a una maggiore trasparenza, e a un’applicazione rigorosa delle norme in caso di inganni. Grazie a questo ‘new deal’ i consumatori sapranno cosa stanno acquistando e da chi”[2].
Il cosiddetto New Deal for Consumers è composto da nuove disposizioni sulle pratiche commerciali sleali, sui diritti dei consumatori, sulle clausole abusive nei contratti e sull’indicazione dei prezzi. Il quadro delineato comporta una serie di migliorie all’attuale assetto europeo della protezione dei consumatori. In particolare, si richiede maggiore trasparenza agli online marketplaces e ad un controllo più stringente dei servizi online gratuiti: infatti questi, pur non pretendendo un pagamento in denaro, raccolgono informazioni personali sui consumatori, che diventano così una vera e propria “merce di scambio” nella prestazione di servizi sul web. Inoltre, la proposta europea prevede una maggiore trasparenza sulle recensioni dei clienti (che spesso sono falsate così da creare un illegittimo affidamento del consumatore che ritiene il prodotto recensito migliore di quello che è) nonché sul cosiddetto ‘prezzo personalizzato’. Infatti, le stesse azioni del cliente incidono anche sull’indicazione del prezzo: i rivenditori sul web possono creare offerte personalizzate in base al numero di ricerche simili effettuate (ad esempio, quante volte si è cercato lo stesso volo) o agli altri prodotti ricercati. Anche i termini e le condizioni dei siti web devono rispettare i diritti dei consumatori, in particolar modo con riferimento ai minori, i quali necessitano di tutele ancor maggiori quando immettono i propri dati sui siti Internet. A completare le novità vi sono previsioni specifiche sul contenzioso, ossia sulla legge applicabile e sul foro competente in caso di controversia: il consumatore ha diritto a scegliere il foro che ritiene consono, a differenza del professionista che è costretto ad intentare le cause nel foro in cui è domiciliato il consumatore. La Direttiva UE 2019/2161 del Parlamento Europeo e del Consiglio[3], pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 27 novembre 2019 assegna un termine di 24 mesi agli Stati membri, i quali potranno conformare la legislazione interna alla Direttiva entro il 28 novembre 2021.
GDPR, data retention e COVID-19
Accanto alle previsioni sulla protezione dei consumatori si innesta una fondamentale disciplina speciale a livello dell’Unione Europea, ossia quella riferita alla protezione dei dati personali, modificata recentemente dal “GDPR”, il General Data Protection Regulation. L’adozione di un nuovo insieme di regole è stato reso necessario essendo la precedente disciplina (la Direttiva 95/46/CE) inefficiente rispetto al diritto della concorrenza, in quanto non prevedeva l’armonizzazione delle regole negli stati membri e autorizzava in questo modo diversi livelli di protezione dei dati, ostacolandone la circolazione, creando un freno all’esercizio delle attività economiche e, da ultimo, falsando la concorrenza[4].
Il particolare, il Regolamento UE 2016/679, direttamente applicabile negli stati membri, affronta un tema molto delicato dell’e-commerce: il data retention, la disciplina che regola i limiti temporali entro cui il provider può trattenere i dati del consumatore. Nel GDPR è previsto che il professionista conservi i dati personali solo per le finalità che sono state comunicate e accettate dal consumatore e per il tempo strettamente necessario a tal fine. Il trasferimento dei dati in paesi che non fanno parte dello Spazio Economico Europeo d’altra parte non è pienamente libero, in quanto deve essere concesso dalla Commissione Europea, la quale verifica se nel paese di destinazione il livello di protezione dei dati è sufficiente. La previsione di stringenti regole in materia di data retention è oggi ancora più importante per i consumatori europei che si avvalgono del commercio in rete, che come noto si sta espandendo in maniera così rapida da mettere necessariamente al centro del dibattito i potenziali rischi connessi agli acquisti online. La minimizzazione della raccolta dati non sempre è agevole, e passa per la necessità che il consumatore acconsenta espressamente a che i propri dati vengano utilizzati a fini commerciali – i cookies, infatti, rappresentano una vera e propria autorizzazione all’uso commerciale dei dati personali, su cui vi è un alto grado di lascività da parte del consumatore, il quale spesso ignora le conseguenze in tema di profiling che si vengono a creare: persino i banner pubblicitari vengono personalizzati sulla base delle preferenze che vengono accettate dal cliente che acquista su Internet. L’UE assurge così a Garante fondamentale della privacy dei cittadini europei, predisponendo un sistema articolato di obblighi e sanzioni ai professionisti al fine di equilibrare un rapporto tanto disallineato quanto è quello tra consumatore e imprenditore.
Negli ultimi mesi, il divampare dell’epidemia di COVID-19 non ha interrotto i lavori della Commissione Europea in tema di data protection, Commissione che il 20 aprile ha comunicato di avviare uno screening delle piattaforme sul web al fine di indentificare potenziali truffe, avvalendosi della rete di cooperazione per la tutela dei consumatori (Consumer Protection Cooperation Network), censurando siti illegali, pubblicando posizioni comuni[5] e sensibilizzando i consumatori ad una più attenta ricerca web[6].
Oltre agli evidenti meriti della disciplina sovranazionale, non bisogna dimenticare il ruolo fondamentale che ha la conoscenza da parte dei consumatori delle pratiche di raccolta e utilizzo dei dati personali. In un periodo come quello attuale, in cui il commercio online è diventato di primario utilizzo per i cittadini europei, non si deve dimenticare il diritto alla tutela dei dati personali, diritto fondamentale ed elemento essenziale della sua persona e della vita familiare.[7]
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Note
[1] La piattaforma di Jeff Bezos, infatti, ha concluso il secondo trimestre dell’anno con 88,9 miliardi di dollari in profitti, il 40% in più del secondo trimestre del 2019, battendo persino le stime degli analisti, ferme a 81,6 miliardi (Amazon batte le stime. Utili raddoppiati nel Q2, in Pambianconews.com, 31 luglio 2020, https://www.pambianconews.com/2020/07/31/amazon-batte-le-stime-utili-raddoppiati-nel-q2-298814/ ).
[2] “New deal” per i consumatori – La Commissione europea accoglie con favore l’accordo provvisorio sul rafforzamento delle norme UE a tutela dei consumatori, in ec.europa.eu, 2 aprile 2019, https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_19_1755).
[3] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019L2161
[4] V. considerando numero 9 del Regolamento.
[5] Per approfondimenti v. https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/live_work_travel_in_the_eu/consumers/documents/cpc_common_position_covid19.pdf
[6] Sul sito della Commissione Europea è stato predisposto uno spazio dedicato ai metodi di riconoscimento dei siti frode, v. https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/consumers/enforcement-consumer-protection/scams-related-covid-19_it
[7] F. Pizzetti, Privacy e il diritto europeo alla protezione dei dati personali: Dalla Direttiva 95/46 al nuovo Regolamento europeo, 2016, Giappichelli, Torino, p. 7.
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