Premessa
L’argomentazione, in questione, rappresenta l’analisi di una eventuale possibilità di richiedere “l’applicazione della pena su richiesta delle parti” ai sensi dell’ex.art.444 c.p.p dopo l’ordinanza di disposizione del giudizio abbreviato, ma, comunque prima delle conclusioni, e, dunque delle richieste.
Prima di interpretare il merito del caso processuale è necessario effettuare dei passaggi sul c.d “patteggiamento” ed, in particolar modo, sul giudizio abbreviato, soffermandosi sui termini per esercitare il diritto alla richiesta di questi procedimenti alternativi.
Giudizio abbreviato
Il giudizio abbreviato o rito abbreviato è un procedimento speciale disciplinato dagli articoli 438 e seguenti del codice di procedura penale. La sua caratteristica principale è rappresentata dall’assenza del dibattimento. Il processo è quindi celebrato nell’udienza preliminare.
Con riforma apportata dalla legge numero 33 del 2019, il rito abbreviato non è più ammesso per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo. La riforma ha efficacia per tutti i reati posti in essere successivamente al 20 aprile del 2019. La richiesta di rito abbreviato dunque, per tutti i delitti commessi successivamente a tale data e puniti con l’ergastolo, sarà dichiarata inammissibile.
L’articolo 441 del codice di procedura penale stabilisce lo svolgimento delle udienze. Fatta salva diversa richiesta formulata da tutti gli imputati, il processo sarà in camera di consiglio e non in pubblica udienza.
Il rito è quello dell’udienza preliminare, e, in quanto compatibili, si applicano le norme di quella fase processuale.
La persona offesa del reato ha la possibilità (e non l’obbligo) di costituirsi parte civile e chiedere dunque il risarcimento del danno derivante dalla commissione del reato. La costituzione di parte civile da parte della persona offesa dal reato costituisce accettazione del giudizio abbreviato. Il danneggiato dal reato, laddove non si costituisca parte civile nel procedimento, avrà comunque la possibilità di attivare un separato procedimento civile per ottenere il risarcimento del danno.
Laddove il giudice non ritenga possibile decidere allo stato degli atti, potrà chiedere d’ufficio le integrazioni probatorie ritenute necessarie.
Applicazione della pena su richiesta
La norma tratta del c.d. “patteggiamento”, ovvero il procedimento speciale, di carattere “premiale”, concepito con il fine di snellire il corso del processo, che consente all’imputato di evitare l’approdo dibattimentale concordando con il pubblico ministero una pena ridotta (fino a un terzo rispetto a quella applicabile).
Il procedimento non è sempre esperibile, essendo espressamente escluso per i reati di cui al comma 1-bis dell’art. 444 c.p.p. (introdotto dalla l. n. 134/2003 e modificato da ultimo ad opera della l. n. 172/2012); inoltre, al fine di mitigarne l’estensione applicativa, il legislatore ha previsto che si possa ricorrere al patteggiamento soltanto laddove la pena detentiva, da sola o congiunta a quella pecuniaria, diminuita fino ad un terzo, non ecceda i cinque anni di reclusione (in luogo dei precedenti due, ante riforma della l. n. 134/2003).
La richiesta può essere presentata unilateralmente dall’imputato (personalmente o a mezzo procuratore speciale), con il consenso del pm, o congiuntamente dalle parti, e va formulata per iscritto (è consentita la richiesta orale soltanto in udienza).
In caso di richiesta unilaterale, la parte non richiedente potrà dare il proprio consenso o esprimere il proprio dissenso; laddove il pm, non acconsentisse al patteggiamento è tenuto a motivarne le ragioni e il giudice, qualora le ritenga ingiustificate potrà comunque concedere la riduzione della pena. Ad ogni modo, anche nell’ipotesi di rigetto, l’imputato potrà rinnovare al giudice la richiesta in dibattimento (art. 448 c.p.p.).
Il patteggiamento può essere richiesto nel corso dello svolgimento delle indagini preliminari o fino alla presentazione delle conclusioni all’udienza preliminare, nonché in caso di giudizio direttissimo o immediato, entro, rispettivamente, l’udienza di apertura del dibattimento di primo grado e il termine, stabilito dall’art. 458, comma , c.p.p., di quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato.
Prima di pronunciarsi, il giudice dovrà verificare l’ammissibilità della richiesta, appurando la correttezza della qualificazione giuridica del reato, le circostanze prospettate dalle parti e la congruità della riduzione della pena indicata.
Superato il vaglio di ammissibilità, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento dell’imputato, il giudice potrà emettere sentenza di accoglimento sulla base delle indicazioni delle parti enunciandolo nel dispositivo.
L’efficacia del patteggiamento, infine, può essere subordinata dall’imputato alla concessione della sospensione condizionale della pena. In tal caso, laddove il giudice ritenga insussistenti i presupposti per la concessione di tale beneficio ciò comporta il rigetto anche della richiesta di riduzione della pena, pur in presenza degli altri elementi per accoglierla.
Considerazioni
Ai sensi dell’art.438 rubricato “presupposti del giudizio abbreviato”, nel dettaglio al secondo comma, la disposizione normativa recita che “la richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422”. Gli articoli di rimando sono disposti nel libro V del codice di rito il quale disciplina “le indagini preliminari e l’udienza preliminare”. Il primo regolamenta la discussione in udienza preliminare, mentre il secondo le attività di integrazione probatoria del giudice nella medesima fase del procedimento. Invece con l’art.446 c.p.p, al primo comma, il legislatore si preoccupa dei termini per richiedere il c.d patteggiamento; e, pertanto, è istituto dall’art.444/1 può essere chiesto fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli artt. 421 comma3, e 422, comma3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo.
Esplicato questo, l’interrogativo si presta a ragionamenti ermeneutici rispetto al rapporto, al confronto, alla convivenza dei due riti speciali in analisi.
Il rito, scelto in udienza preliminare, riesce a convivere con un accordo tra le parti sopravvenuto perché tentato, e non trovato sul “quantum”, prima dell’ordinanza che dispone il rito abbreviato. Il rapporto tra i riti è decantato da un affermato principio di alternatività, pertanto questa visione di convivenza risulta essere una visione innovativa della lettura dell’art.444 c.p.p, utilizzato dopo l’ordinanza che dispone il rito abbreviato ma, sicuramente, prima delle conclusioni delle parti. Oggi, giurisprudenza consolidata, afferma che per ammettere al patteggiamento, post abbreviato, il giudice deve revocare la disposizione del rito (ciò avviene per abnormità). Questi sono gli spunti di riflessione deducibili da un caso processuale e sono perplessità che vanno “sviscerate” con cautela e senza azzardo giuridico.
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