I dati statistici dimostrano che notoriamente nel calcio la squadra che gioca in casa è quella che ha più probabilità di vincere, apparendo particolarmente significativo il c.d. “fattore campo” (effetto del pubblico su giocatori e giudici di gara, conoscenza del campo, assenza di stress legato al viaggio, ecc…).
Ecco perché c’è da rallegrarsi per la Sentenza pubblicata lo scorso 24 novembre dalla Corte di Giustizia Europea all’esito della causa C-59/19, avente ad oggetto il rinvio pregiudiziale sollevato dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia tedesca) nell’ambito del procedimento Wikingerhof GmbH & Co. KG contro Booking.com BV.
Secondo la richiamata decisione, infatti, all’albergatore che abbia stipulato un contratto con la piattaforma Booking.com e che lamenti un abuso di posizione dominante da parte di quest’ultima, è riconosciuta la facoltà di citarla dinanzi al proprio giudice nazionale per chiedere la cessazione del denunciato comportamento.
La vicenda oggetto della controversia
Nel caso giunto all’attenzione della Corte di Giustizia Europea, la società albergatrice tedesca (la Wikingerhof) aveva stipulato con la Booking.com un contratto tipo fornito da quest’ultima. Successivamente, la società titolare della nota piattaforma aveva mutato più volte ed unilateralmente le condizioni generali di contratto, imponendo alla sua contraente clausole più gravose. L’albergatore si era quindi opposto all’inclusione nel proprio contratto delle nuove condizioni generali, dichiarando di non avere avuto altra scelta se non quella di stipulare il suddetto contratto a causa della posizione di forza detenuta dalla Booking.com sul mercato dei servizi di intermediazione e dei portali di prenotazione alberghiera, ancorché talune pratiche siano inique e, come tali, contrarie al diritto della concorrenza.
La Wikingerhof aveva quindi citato la Booking.com dinanzi il Tribunale tedesco (il Landgericht Kiel) al fine di ottenere la cessazione dei comportamenti ritenuti vessatori ed abusivi.
La Booking.com eccepiva l’incompetenza territoriale ed internazionale del Landgericht Kiel poiché nel contratto sottoscritto tra le parti era presente una clausola attributiva della competenza a conoscere le controversie derivanti da tale contratto ai giudici di Amsterdam (Paesi Bassi).
Il Landgericht Kiel accoglieva la tesi proposta dalla Booking.com dichiarandosi incompetente e tale pronuncia veniva altresì confermata in appello dall’Oberlandesgericht Schleswig (Tribunale superiore del Land dello Schleswig, Germania).
Per tale ragione, la Wikingerhof proponeva ricorso dinanzi la Suprema Corte tedesca, il Bundesgerichtshof, sul presupposto che il giudice d’appello aveva erroneamente ritenuto che l’azione di cui era stato investito non riguardasse la contestazione di illeciti civili dolosi o colposi e quindi non rientrasse nella propria competenza ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012.
Il Bundesgerichtshof sospendeva quindi il proprio giudizio, sottoponendo alla Corte di Giustizia Europeo la seguente questione: se l’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012 debba essere interpretato nel senso che esso ammetta che un’azione diretta a inibire determinate pratiche rientri nella competenza del foro del luogo dell’evento dannoso in una situazione in cui le pratiche contestate siano previste da disposizioni contrattuali, ma l’attore sostenga che tali clausole derivino da un abuso di posizione dominante da parte del convenuto.
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La decisione della Corte di Giustizia Europea
La questione interpretativa posta all’attenzione della Corte riguarda la corretta applicazione dei criteri dei fori facoltativi previsti dall’art. 7 del Regolamento n. 1215/2012, alternativi rispetto a quello del foro generale, rappresentato dal domicilio del convenuto (art. 4).
Il citato art. 7, infatti, prevede delle “competenze speciali” in materia contrattuale (paragrafo1) ed in materia di illeciti civili dolosi o colposi (paragrafo 2), consentendo all’attore di citare in giudizio il convenuto dinanzi ad un’Autorità giudiziaria diversa da quella dello Stato dove lo stesso è abitualmente residente: quella del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio, nel primo caso, e quella del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire, nel secondo caso.
Orbene, dalla qualificazione della condotta addebitata alla Booking.com quale illecito contrattuale o extracontrattuale dipende la possibilità di poter adire o meno un giudice diverso da quello dello Stato della sede della società convenuta (Olanda).
Secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia Europea il discrimine per la corretta qualificazione non è rappresentato dall’esistenza o meno di un rapporto contrattuale tra le parti in giudizio, quanto piuttosto dalla natura della norma che si pretenda violata.
Così un’azione rientrerà “…nella materia contrattuale ai sensi dell’articolo 7, punto 1, lettera a), del regolamento n. 1215/2012, se l’interpretazione del contratto che vincola il convenuto all’attore appare indispensabile per stabilire la liceità o, al contrario, l’illiceità del comportamento che il secondo rimprovera al primo…” e ciò, di fatto, si verificherà allorquando le contestazioni oggetto del giudizio riguardino le clausole di un contratto o norme giuridiche applicabili in forza di tale contratto.
Viceversa, laddove l’attore lamenti la violazione di un’obbligazione imposta dalla legge “…e non risulti indispensabile esaminare il contenuto del contratto concluso con il convenuto per valutare la liceità o l’illiceità del comportamento contestato a quest’ultimo, poiché tale obbligazione incombeva al convenuto indipendentemente da tale contratto, la causa petendi rientra nella materia degli illeciti civili dolosi o colposi, ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012…”
Tornando al caso di specie, la società alberghiera tedesca aveva contestato alla Booking.com la violazione del diritto tedesco in materia di concorrenza, il quale prevede un divieto generale di abuso di posizione dominante, indipendentemente da qualsiasi contratto o altro impegno volontario. Secondo quanto affermato dalla Corte, per accertare l’illiceità delle pratiche addebitate alla Booking.com non è indispensabile interpretare il contratto che vincola le parti, essendo tale interpretazione necessaria, tutt’al più, per stabilire l’effettività delle suddette pratiche.
Conseguentemente, si deve ritenere che “…l’azione della Wikingerhof, essendo fondata sull’obbligo di legge di astenersi da qualsiasi abuso di posizione dominante, rientri nella materia degli illeciti civili dolosi o colposi, ai sensi dell’articolo 7, punto 2, del regolamento n. 1215/2012…” e possa essere, pertanto, introdotta dinanzi al Giudice del luogo in cui si è verificato l’evento dannoso e quindi quello della sede dell’albergatore leso (Germania).
D’altronde, tale interpretazione appare conforme agli obiettivi di prossimità e di buona amministrazione della giustizia perseguiti dal Regolamento UE, atteso che il giudice del mercato interessato dal presunto comportamento anticoncorrenziale è senz’altro il più idoneo a statuire sulla fondatezza di tale addebito, e ciò anche e soprattutto sotto il profilo della raccolta e della valutazione degli elementi di prova.
In conclusione, la Sentenza in commento non ha attribuito alcuna vittoria nella sostanza alla Wikingerhof ma, per merito della stessa, d’ora in poi, gli albergatori che utilizzino la nota piattaforma e che si ritengano lesi da comportamenti anticoncorrenziali posti in essere dalla Booking.com beneficeranno almeno del c.d. “fattore campo”, potendo “sfidare” il colosso del turismo e dell’ospitalità in un match tutto casalingo, affidandosi all’assistenza del proprio avvocato di fiducia ed utilizzando la propria lingua madre e le regole processuali dell’ordinamento di appartenenza.
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