Quando il delitto di lesioni concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimenti normativi: Cod. pen., artt. 337, 582)

Il fatto

 

La Corte di appello di Bologna – in parziale riforma di quella di primo grado che aveva dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo C per essere lo stesso estinto ai sensi dell’art. 341-bis, comma 3, cod. proc. pen., e ritenuto il ricorrente colpevole degli altri reati contestati, unificati dal vincolo della continuazione, con concessione delle attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen. – dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo D perché estinto per prescrizione e, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61, n. 10 cod. pen., aveva rideterminato la pena per i residui reati, già condizionalmente sospesa, in mesi quattro di reclusione.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la decisione summenzionata veniva proposto ricorso per Cassazione deducendosi i seguenti motivi: 1) violazione degli artt. da 168-bis a 168-quater cod. pen., 3 e 25 Cost. in ordine alla ritenuta tardività della richiesta di concessione della messa alla prova, introdotta successivamente allo svolgimento dell’udienza preliminare dalla legge n. 64 del 2014, per la quale sussistevano tutti i presupposti sostanziali; 2) violazione dell’art. 61, n. 2 cod. pen. ed “erronea identificazione” di detta aggravante ritenuta sussistente con riferimento al delitto di lesioni personali dolose, aggravate in relazione all’art. 576 cod. pen., dall’aver commesso il fatto in danno di pubblico ufficiale per ragioni di servizio e dal nesso teleologico con il reato di resistenza a pubblico ufficiale contestato al capo A atteso che l’applicazione dell’aggravante del nesso teleologico al caso di specie avrebbe costituito una duplice valutazione dello stesso fatto a fini sanzionatori.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.

In particolare, il primo motivo di ricorso veniva stimato manifestamente infondato in quanto, come evidenziato dalla Corte territoriale, in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi della L. 28 aprile 2014, n. 67, deve ritenersi tardiva – in assenza di una specifica disciplina transitoria – l’istanza di sospensione proposta, come nel caso di specie, una volta scaduti i termini a tale scopo previsti dall’art. 464-bis, comma 2, cod. proc. pen., pur se la scadenza di detti termini sia intervenuta anteriormente all’entrata in vigore della predetta L. n. 67 (Sez. 3, n. 27071 del 24/04/2015, in fattispecie relativa a richiesta formulata successivamente alla dichiarazione di apertura del dibattimento) tenuto conto altresì del fatto che sempre la Cassazione aveva già ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 464 bis, comma secondo, cod. proc. pen., per contrasto all’art. 3 Cost., nella parte in cui non consente l’applicazione dell’istituto della sospensione con messa alla prova ai procedimenti pendenti al momento dell’entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, quando sia già decorso il termine finale da esso previsto per la presentazione della relativa istanza in quanto trattasi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore e non palesemente irragionevole come tale insindacabile (Sez. 6, n. 47587 del 22/10/2014; nello stesso senso, con riferimento alla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova presentata nel corso dei giudizi di impugnazione pendenti alla data dell’entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, Sez. 4, n. 43009 del 30/09/2015; Sez. 7, n. 1025 del 14/12/2017).

Ciò posto, quanto al secondo motivo, veniva anch’esso stimato, oltre che ripetitivo di analoga doglianza già congruamente esaminata e risolta dalla Corte territoriale, manifestamente infondato.

Infatti, come rilevato nella sentenza impugnata, il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse, non già quegli atti che, esorbitando da tali limiti, siano causa di lesioni personali in danno dell’interessato e, in quest’ultima ipotesi, il delitto di lesioni concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale e se l’atto di violenza, con il quale l’agente ha consapevolmente prodotto le lesioni, non risulta fine a sé stesso, ma è stato posto in essere, come motivatamente ritenuto nel caso di specie da entrambi i giudici di merito, allo scopo di resistere al pubblico ufficiale, si realizza il presupposto per ritenere la sussistenza della circostanza aggravante della connessione teleologica di cui all’art. 61, n. 2, cod. pen. (Sez. 6, n. 27703 del 15/04/2008; Sez. 6, n. 32703 del 17/04/2014).

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante in quanto in essa si spiega, avvalendosi di precedenti conformi, quando il delitto di lesioni concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale.

Invero, una volta rilevato che il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse ma non già quegli atti che, esorbitando da tali limiti, siano causa di lesioni personali in danno dell’interessato, si asserisce in tale pronuncia che, ove si verifichi quest’ultima ipotesi, il delitto di lesioni concorre con quello di resistenza a pubblico ufficiale se l’atto di violenza, con il quale l’agente ha consapevolmente prodotto le lesioni, non risulta fine a sé stesso, ma è stato posto in essere allo scopo di resistere al pubblico ufficiale in quanto, in tale ipotesi, si realizza il presupposto per ritenere la sussistenza della circostanza aggravante della connessione teleologica di cui all’art. 61, n. 2, cod. pen..

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di verificare se ricorrono le condizioni affinché questi due illeciti penali possano concorrere.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.

 

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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