(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 172, c. 7)
Il fatto
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona, decidendo come giudice dell’esecuzione sull’opposizione di un condannato contro il provvedimento che aveva rigettato la domanda di dichiarazione della prescrizione delle pene irrogate con sei sentenze, aveva riconosciuto l’avvenuta estinzione per prescrizione delle pene irrogate con le sentenze n. 2 e n. 3 del certificato penale essendo stato rilevato come non potesse considerarsi ostativa della prescrizione la condanna che abbia ad oggetto delitti commessi prima dell’inizio del termine prescrizionale.
In particolare, veniva osservato, quanto alla sentenza n. 2 e alla sentenza n. 3, che le successive indicate nel certificato, benché divenute irrevocabili entro dieci anni all’irrevocabilità di quelle, si riferivano tutte a reati commessi prima della irrevocabilità delle stesse mentre la sentenza n. 12 del certificato era divenuta irrevocabile dopo che si era già estinta la pena per il decorso di dieci anni dall’irrevocabilità della sentenza medesima.
Le pene ivi inflitte, pertanto, ad avviso del giudice dell’esecuzione, erano prescritte.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso l’ordinanza proponeva ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona deducendo vizio di violazione di legge in quanto il giudice non aveva considerato che, anche in relazione alle pene inflitte con le sentenze n. 2 e n. 3 del certificato penale, corrispondenti alle sentenze n. 1 e n. 2 del provvedimento di cumulo, non operava l’estinzione della pena per decorso del tempo per essere stata dichiarata, in ambedue i casi e prima del termine, la recidiva qualificata ex art. 99, comma secondo n. 1 cod. pen. con la sentenza n. 12 del certificato penale corrispondente al n. 6 del provvedimento di cumulo.
A fronte di ciò, per le pene oggetto delle indicate sentenze, era stata concessa la sospensione condizionale, successivamente revocata, con la conseguenza che la decorrenza della prescrizione della pena era da computarsi dal momento in cui si era verificata la condizione risolutiva della sospensione.
Tal che se ne faceva conseguire come il termine iniziale di riferimento fosse quello del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della commissione del nuovo reato che costituisce il presupposto dal quale dipende la revoca del beneficio.
Era quindi evidente per il ricorrente come non fosse risultato scaduto il termine di prescrizione della pena in riguardo alle predette sentenze rispetto alle quali il giudice si era limitato a ritenere non operante la causa di ostatività prevista dall’art. 172, ultimo comma, cod. pen. senza considerare che era sopravvenuta la dichiarazione della recidiva entro il termine di prescrizione.
Con riferimento alle sentenze n. 2 e n. 3 del certificato penale, invero, il beneficio era stato revocato per effetto della sentenza n. 6 del casellario giudiziale mentre la recidiva era stata invece dichiarata con una sentenza divenuta irrevocabile prima che maturasse il termine di dieci anni previsto dall’art. 172, comma 1, cod. pen. la cui decorrenza era stata computata dalle date in cui erano divenuti definitivi gli accertamenti giudiziali dei fatti che erano stati causa della revoca della sospensione condizionale.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.
Si osservava innanzitutto che il tempo necessario per l’estinzione della pena, ove sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale, ha inizio non al momento della commissione del delitto che è causa della revoca della sospensione condizionale della pena della cui prescrizione si controverte ma a quello del passaggio in cosa giudicata che quel delitto abbia accertato essendosi in questo senso pronunciate le Sezioni unite stabilendo che “nel caso in cui l’esecuzione della pena sia subordinata alla revoca dell’indulto, il termine di prescrizione della pena decorre dalla data d’irrevocabilità della sentenza di condanna, quale presupposto della revoca del beneficio” – Sez. U, n. 2 del 30/10/2014 -.
Oltre a ciò, veniva altresì rilevato che siffatto principio, benché dettato in caso di esecuzione subordinata alla revoca dell’indulto, ben può essere applicato, per identità di ratio sottesa all’analogia di materia, anche a quello di esecuzione di pena subordinata alla revoca della sospensione condizionale rilevandosi al contempo che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, non occorre attendere, perché cominci a decorre il tempo necessario per la prescrizione della pena la cui esecuzione sia condizionata, l’irrevocabilità della pronuncia che ha accertato, con efficacia meramente dichiarativa, la causa della revoca, ora dell’indulto ora della sospensione condizionale, atteso che il dies a quo del termine di prescrizione decorre, in caso di revoca di benefici, nel “momento in cui siano per legge maturate le condizioni che abbiano portato alla revoca stessa…a prescindere dal fatto che queste siano state, o non, subito dichiarate, in quanto le cause di revoca dei benefici operano di diritto, e cioè all’atto del verificarsi dei loro presupposti…” – così, la sentenza delle Sezioni unite appena sopra richiamata – fermo restando però che il verificarsi del presupposto della revoca coincide non con il giorno di commissione del delitto ma con l’accertamento di tale commissione e quindi con la nuova sentenza di condanna perché con essa si avvera la condizione risolutiva della sospensione.
Orbene, una volta dedotto che, sulla base di questo principio, si rilevava che, per le pene di cui era stata dichiarata la prescrizione, la sospensione condizionale era stata revocata per effetto della sentenza di condanna divenuta irrevocabile il 5 marzo 1996, con la conseguenza che il termine utile per la prescrizione della pena andava computato correttamente a far data dal 5 marzo 1996, si riteneva inoltre necessario verificare nel merito se, nel decennio utile per la prescrizione, computato come appena precisato, fosse intervenuta la dichiarazione di recidiva – come affermato dal Procuratore della Repubblica ricorrente – con la sentenza del Tribunale di Ancona irrevocabile il 22 maggio 2003 che, alla luce della individuazione del dies a quo sì come specificata, non poteva dirsi intervenuta al di fuori del decennio di interesse nonché appurare se la dichiarazione di recidiva attenesse a fatti criminosi commessi nel decennio di riferimento in forza del principio per il quale “l’estinzione della pena per decorso del tempo non opera – ai sensi dell’art. 172, comma settimo, cod. pen. – nei confronti dei recidivi di cui ai capoversi dell’art. 99 cod. pen., a condizione che l’accertamento della recidiva aggravata sia stato compiuto nel giudizio sfociato nella condanna cui la pena si riferisce ovvero di un diverso giudizio in relazione a fatti commessi nel periodo di tempo intercorrente tra detta sentenza e la data di maturazione della prescrizione della relativa pena, con la conseguenza che è irrilevante l’accertamento compiuto prima della sentenza stessa” – Sez. 1, n. 4095 del 10/12/2019, dep. 2020 -.
L’ordinanza impugnata veniva pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio (in relazione ai punti appena citati) al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante in quanto in essa si trattano alcune tematiche inerenti l’estinzione della pena prevista dall’art. 172 c.p..
In particolare, degno di particolare attenzione è il passaggio argomentativo in cui si spiega in che termini l’art. 172, c. 7, c.p. che, come è noto, prevede taluni casi in cui siffatta estinzione non ha luogo, è applicabile in relazione ai recidivi.
Difatti, in tale pronuncia, citandosi un recente precedente conforme, si afferma che l’estinzione della pena per decorso del tempo non opera – ai sensi dell’art. 172, comma settimo, cod. pen. – nei confronti dei recidivi di cui ai capoversi dell’art. 99 cod. pen. a condizione che l’accertamento della recidiva aggravata sia stato compiuto nel giudizio sfociato nella condanna cui la pena si riferisce ovvero di un diverso giudizio in relazione a fatti commessi nel periodo di tempo intercorrente tra detta sentenza e la data di maturazione della prescrizione della relativa pena con la conseguenza che è irrilevante l’accertamento compiuto prima della sentenza stessa.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di appurare se l’art. 172, ultimo comma, c.p., in riferimento ai recidivi nei casi preveduti dai capoversi dell’art. 99 c.p., sia applicabile o meno.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica giuridica, dunque, non può che essere positivo.
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