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La data del 31 gennaio 2021, salvo differimenti allo stato ancora non ufficializzati né prevedibili (per quanto auspicabili), segnerà in certa misura la fine del regime emergenziale nel processo amministrativo, forse concludendo definitivamente l’esperienza delle udienze da remoto.
Tale modalità di celebrazione è stata introdotta per far fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19 e, almeno fino al 31 gennaio, costituirà l’unica forma possibile di interlocuzione processuale tra giudice e parti, non essendo allo stato consentito, neppure in casi eccezionali, di svolgere le udienze in presenza.
Salvo il legislatore non ritenga di intervenire per dare ulteriore cittadinanza alle udienze da remoto nel processo amministrativo, a decorrere dal 1° febbraio 2021, invece, mancherà qualsiasi supporto normativo in tal senso e tale forma di celebrazione delle udienze sarà giuridicamente estinta.
In ogni caso, confidando in una proroga del regime emergenziale, è necessario esaminare alcune tra le questioni più rilevanti recentemente postesi in ordine alle udienze da remoto.
Regime dell’emergenza e udienze “in presenza”
L’art. 4, comma 1, d.l. n. 28 del 2020, la cui applicazione è stata riattivata dall’art. 25, d.l. n. 137 del 2020, nel disciplinare il funzionamento del processo amministrativo dell’emergenza, ha sostanzialmente soppresso le udienze in presenza.
Una questione recentemente sottoposta all’attenzione del giudice amministrativo è se, in via del tutto eccezionale, possa essere comunque disposta la celebrazione dell’udienza nella sua forma tradizionale, in luogo del collegamento da remoto.
Tale opzione è da escludere, in quanto il combinato disposto degli artt. 4, comma 1, d.l. n. 28 del 2020 e 25, d.l. n. 137 del 2020 prevede un regime basato su una duplice possibilità alternativa: a certe condizioni (e principalmente, seppur non esclusivamente, su impulso delle parti) può essere disposta l’udienza da remoto. Ove ciò non accada, la causa passa in decisione sugli atti. Tertium non datur.
L’udienza da remoto come unica forma possibile di celebrazione dell’interlocuzione processuale
Tale dicotomia sottintende che non sia affatto possibile – in nessun caso – disporre l’udienza in presenza. In effetti, la disciplina dell’emergenza è strutturata con un’opzione di default (il passaggio in decisione senza discussione orale), cui fa fronte un’unica alternativa eccezionale (l’udienza da remoto).
È dunque la medesima disciplina positiva che «contempla, in via straordinaria e temporanea, il collegamento da remoto come unica modalità di svolgimento della discussione orale»[1]. Ciò impone all’interprete di dedurre, dalla stessa conformazione del meccanismo normativo, l’esclusione dell’udienza in presenza come opzione solo potenziale.
Pur mancando un’espressa disposizione in tal senso dunque, la preclusione si desume dall’autosufficienza del sistema normativo, in cui – come si anticipava – tertium non datur.
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Le responsabilità della pubblica amministrazione
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Giuseppe Cassano, Nicola Posteraro (a cura di) | 2019 Maggioli Editore
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Sulla “tenuta costituzionale” della norma
Verrebbe dunque da domandarsi se, così delineato l’assetto di tale particolare articolazione del processo amministrativo dell’emergenza, l’impossibilità assoluta di svolgere le udienze con le modalità tradizionali finisca per tradursi in una violazione dei principi di ragionevolezza e del giusto processo incompatibile con il sistema minimo delle garanzie costituzionali.
Come noto, già nelle prime fasi del processo amministrativo dell’emergenza, si erano sollevati argomentati dubbi sulla conformità costituzionale delle norme che disciplinavano il regime processuale straordinario dell’emergenza.
Tali dubbi sono stati risolti in negativo persino in ordine al “passaggio in decisione senza discussione orale”[2] che rappresentava in assoluto la modalità processuale più difforme dai canoni classici. A maggior ragione è dunque conforme al patrimonio minimo di garanzie processuali l’udienza da remoto. Anzi, il Consiglio di Stato ha affermato che l’udienza da remoto ha dato prova di sperimentata idoneità a garantire il contraddittorio, e anzi non sembrerebbero esservi ragioni per ritenere l’«equivalenza della discussione orale da remoto, rispetto a quella in presenza, quanto alla sua capacità di salvaguardare in maniera adeguata l’esercizio dei diritti di difesa e la pienezza della dialettica processuale»[3].
In prospettiva “de jure condendo”
Questa ultima affermazione è davvero significativa anche in prospettiva de jure condendo perché, sancendo l’equivalenza tra le due diverse tipologie di udienza, corrobora l’idea che le udienze da remoto possano trovare cittadinanza nel processo amministrativo senza particolari preoccupazioni per l’effettività del contraddittorio (anche, dunque, pro futuro).
Il che potrebbe ragionevolmente sorreggere la conclusione che possa essere garantita la permanenza di tale modalità di svolgimento delle udienze ancora oltre, nell’evolvere della crisi pandemica, e – con qualche opportuno aggiustamento – anche dopo il ritorno alla normalità.
Non sembrerebbe infatti da scartare l’ipotesi che, nel nuovo processo amministrativo del post-emergenza, l’udienza da remoto possa restare come alternativa all’udienza tradizionale, magari per alcune tipologie di affari e a certe condizioni (dunque, sussidiariamente).
Note sostitutive della partecipazione all’udienza e limiti dimensionali
In ordine alle udienze da remoto più volte sono state spese considerazioni su questioni relative alle note scritte “sostitutive” della partecipazione all’udienza previste dall’art. 4, comma 1, penultimo periodo, d.l. n. 28 del 2020.
L’art. 4, comma 1, penultimo periodo, d.l. n. 28 del 2020, la cui applicazione è stata riattivata dall’art. 25, d.l. n. 137 del 2020, stabilisce che, ove sia stata disposta l’udienza da remoto, il difensore ammesso alla discussione possa, in luogo di parteciparvi, depositare brevi note ovvero un’istanza per chiedere il passaggio in decisione.
Si è già detto che tali note non debbano tradursi in un nuovo scritto defensionale avente consistenza di una memoria[4], bensì debbano svolgere un ruolo effettivamente sostitutivo della partecipazione all’udienza e, dunque, ricognitivo delle argomentazioni orali che in quella sede avrebbero potuto spendersi. Il che induce a concludere che debbano essere assoggettate a un ragionevole limite dimensionale.
Applicabilità del principio di sinteticità degli atti
Il giudice amministrativo[5] ha recentemente statuito che anche alle note in discorso si applica il principio di sinteticità e che questo ha particolare rilievo, in ragione di molteplici concorrenti circostanze, prima tra tutte il fatto che le note “scadono” in estrema prossimità dell’udienza e si aggiungono a un’attività difensiva ormai articolatamente consumata nei precedenti scritti[6].
Le note rappresentano un ultimo presidio del contraddittorio, ma non possono essere confuse, quanto a funzione ed estensione, con le memorie, se non a pena di determinare una anomala remissione in termini per la produzione degli scritti difensivi che sarebbe incompatibile con l’organicità del processo.
Conseguenze processuali della eccessiva estensione delle “brevi note”
Secondo il richiamato precedente del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, le brevi note che “brevi” non siano (nel caso esaminato, oltre quaranta pagine) e si traducano dunque in sostanza in vera e propria memoria, depositata così oltre i termini di scadenza, devono essere “degradate” a mera istanza di passaggio in decisione della causa.
Sono pertanto considerate utili unicamente come manifestazione di volontà della parte ai fini del passaggio in decisione, ma il loro contenuto non potrà essere considerato ai fini del decidere.
Il Consiglio di Giustizia, nella medesima riflessione, ha specificato che un limite ragionevole per tali note debba essere “tre-quattro pagine” ma è evidente che tale estensione sia soggetta a un tasso di intrinseca variabilità in ragione della complessità della causa.
Riflessioni sull’estensione delle note, considerando il “minutaggio” della discussione orale da remoto
Si vuol svolgere una riflessione sull’estensione delle brevi note, evocando a confronto i termini massimi per la discussione orale da remoto.
Si è detto che le note assolvono una funzione sostitutiva della partecipazione all’udienza, tanto che il loro produce l’effetto di far considerare il difensore presente in udienza[7]. Va ricordato che l’articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge n. 28 del 2020, prescrive che, in caso di discussione orale da remoto in videoconferenza, i difensori debbano contenere entro limiti temporali ragionevoli i propri interventi.
Il decreto 134 del 22 maggio 2020 del Presidente del Consiglio di stato aveva stabilito una durata massima di dieci minuti per parte ai singoli interventi. Anche il recente decreto del Presidente del Consiglio di Stato 28 dicembre 2020[8] ha confermato tale durata.
Conclusioni
Considerando che, in dieci minuti, è normalmente possibile la lettura di un testo di circa milleduecentocinquanta parole e che l’articolazione del pensiero autonomo sotteso al discorso comporta una decellerazione, è dunque ipotizzabile che in dieci minuti siano proferibili circa mille parole.
Sarà presto evidente come il numero non sia particolarmente dissimile da quello delle parole presenti in tre-quattro pagine di uno scritto difensivo[9], sicché l’estensione indicata dal giudice amministrativo appare conforme a ragionevolezza.
Si conferma così una equipollenza in uscita tra le “brevi note” e la partecipazione all’udienza.
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Note
[1] Cons. St., sez. II, decreto 15 gennaio 2021, n. 24.
[2] Sul punto sia consentito rinviare a D. Gambetta, Principio di oralità e passaggio in decisione “senza discussione” nel processo amministrativo dell’emergenza: l’art. 84 del d.l. 18 del 2020 supera una (prima) prova di costituzionalità, in questa rivista, 1° giugno 2020.
[3] Cons. St., sez. II, decreto 15 gennaio 2021, n. 24.
[4] D. Gambetta, Ancora sulle note “sostitutive” della partecipazione all’udienza da remoto nel processo amministrativo: riflessioni (critiche) a margine dei primi arresti giurisprudenziali, in questa rivista, 4 febbraio 2021.
[5] C.G.A.R.S., sez. giurisd., ord. caut. 15 gennaio 2021, n. 36.
[6] Da depositarsi nei termini di legge.
[7] C.G.A.R.S., sez. giurisd., ord. 18 dicembre 2020, n. 816, qualifica tale “presenza” quale fictio iuris.
[8] Recante “Regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico, nonché per la sperimentazione e la graduale applicazione dei relativi aggiornamenti”.
[9] Utilizzando un’interlinea, un carattere e un formato standard.
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