(Riferimento normativo: TULPS, artt.. 17, 109)
Il fatto
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia dichiarava non doversi procedere ex artt. 129 e 459 c.p.p. nei confronti di un imputato in relazione alla richiesta di emissione del decreto penale di condanna per il reato di cui all’art. 109 TULPS per non avere comunicato all’autorità di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate nella propria struttura ricettiva.
Il giudice, investito della richiesta di decreto penale formulata dal Pubblico ministero in data 29/9/2017, in particolare, aveva ritenuto che il fatto contestato all’imputata non era previsto dalla legge come reato alla luce dell’intervenuta abrogazione, ad opera della L. n. 79 del 2011, della L. n. 135 del 2011, che aveva reintrodotto la disposizione incriminatrice.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Ricorreva il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Venezia avverso questa decisione deducendo violazione di legge con riguardo alla ritenuta assenza di penale rilevanza del fatto perchè, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice, a sua avviso, doveva ritenersi tuttora vigente l’art. 109 TULPS, nella formulazione introdotta dalla L. n. 135 del 2001, con la conseguente rilevanza penale del fatto contestato all’imputata quale soggetto al quale attribuire la condotta di cui al comma 1 del citato articolo, condotta punibile ai sensi dell’art. 17 del medesimo Testo Unico.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto fondato per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito prima di tutto che, alla sanzione applicabile per la violazione delle disposizioni di cui all’art. 109 TULPS, gli interventi normativi che si erano succeduti nel tempo avevano determinato non poche incertezze applicative.
Il D.Lgs. n. 480 del 1994, art. 4, difatti, aveva modificato il comma 4 dell’art. 109 TULPS, prevedendo la sanzione penale specifica differenziata tra persona alloggiata italiana o straniera mentre, con l’intervenuto del D.L. n. 97 del 1995, conv. L. n. 203 del 1995 (riordino della materia del turismo, spettacolo e sport), si disponeva la modifica dell’art. 109, commi 1, 3 e 5, TULPS, quest’ultimo comma ancora modificato con la previsione di un’unica sanzione amministrativa con conseguente depenalizzazione.
A sua volta, la L. n. 135 del 2001, legislazione nazionale del turismo, aveva successivamente riscritto per intero l’art. 109 TULPS in tre commi e non aveva previsto alcuna sanzione, nè penale nè amministrativa, determinando in tal modo l’applicazione della sanzione penale ai sensi dell’art. 17 TULPS rilevandosi a tal proposito come in tale senso si era già pronunciata la Cassazione affermando che l’obbligo per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricreative di comunicare all’autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate entro le ventiquattro ore successive al loro arrivo era sanzionata penalmente dalla disposizione sussidiaria di cui all’art. 17 del TULPS avendo la L. n. 135 del 2001 riformulato la norma eliminando la sanzione amministrativa che era stata introdotta con la depenalizzazione del D.L. n. 97 del 1995 (Sez. 3, n. 37145 del 07/07/2005; Sez. 1, n. 42565 del 06/11/2008).
Con il D.Lgs. n. 79 del 2011 (codice statale in tema di ordinamento e mercato del turismo), invece, era sì stata abrogata la L. n. 135 del 2001 ma, tuttavia, la sostituzione in toto della predetta legge con la novella, ad avviso degli Ermellini, non aveva affatto comportato l’eliminazione dell’effetto abrogativo sostitutivo dell’art. 109 TULPS che si era già verificato e da ciò non poteva derivarne la riviviscenza del testo introdotto con D.L. n. 97 del 1995 che prevedeva la sanzione amministrativa (Sez. 3, n. 19037 del 18/04/2007) deducendosi contestualmente come ciò avesse trovato conferma anche nel fatto che il successivo D.L. n. 201 del 2011, conv. nella L. n. 214 del 2011 (cd: decreto semplificazione del governo Monti), all’art. 40, comma 1, prevede la semplificazione degli adempimenti per la registrazione dei clienti nelle strutture ricettizie dell’art. 109 TULPS e modifica il solo comma 3 facendo riferimento al testo di detto articolo formulato dalla L. n. 135 del 2001 che, quindi, lo considera vigente anche dopo l’intervenuta abrogazione.
Orbene, secondo la Suprema Corte, doveva rilevarsi come la contestazione mossa al ricorrente si fosse riferita espressamente alla condotta di omessa comunicazione dei dati dei clienti che, a differenza del ritardo nella consegna (Sez. 1, n. 32777 del 09/04/2014, ha chiarito che “non costituisce reato, a norma del combinato disposto del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 17 e 109, e successive modifiche, la condotta di tardiva consegna all’autorità di P.S. delle schede di ospitalità dei clienti da parte del preposto alla conduzione di un albergo, in quanto l’art. 109 citato impone soltanto che vengano comunicate alle questure le generalità delle persone alloggiate avvalendosi di mezzi informatici, telematici o mediante fax”), conserva penale rilevanza posto che è tuttora prevista dalla legge come reato, nella vigente formulazione dell’art. 109, comma 3, TULPS, che impone che entro le ventiquattro ore successive all’arrivo vengano comunicate alle questure le generalità delle persone alloggiate avvalendosi di mezzi informatici e telematici o mediante fax, la condotta di omessa comunicazione, sanzionata dall’art. 17 del medesimo decreto tenuto conto altresì del fatto che il D.L. n. 113 del 2018, art. 19-bis, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018, ha disposto che l’art. 109 TULPS “si interpreta nel senso che gli obblighi in esso previsti si applicano anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni” così ulteriormente confermando la vigenza della disposizione e del conseguente apparato sanzionatorio penale.
La sentenza impugnata, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, veniva pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia perchè, nella libertà delle proprie valutazioni di merito, facesse applicazione del seguente principio di diritto: “costituisce reato, a norma del combinato disposto del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 17 e 109, e successive modifiche, la condotta di omessa comunicazione all’autorità di P.S. delle generalità dei clienti da parte del preposto alla conduzione di un albergo“.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui è affermato il principio di diritto secondo il quale costituisce reato, a norma del combinato disposto del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 17 e 109 e successive modifiche, la condotta di omessa comunicazione all’autorità di P.S. delle generalità dei clienti da parte del preposto alla conduzione di un albergo.
Pertanto, tale pronuncia deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di evitare di porre essere un comportamento di questo tipo che, proprio alla luce di quanto affermato in questo provvedimento, è perseguibile penalmente.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in cotale sentenza, proprio perché fa chiarezza su questa tematica giuridica, quindi, non può che essere positivo.
Volume consigliato
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento